martedì 20 giugno 2023

1559. MINTURNO. DE POETA, AD HECTOREM PIGNATELLUM, VIBONENSIUM DUCEM, LIBRI SEX. Traduzioni a cura di Maura Pini.

MINTURNO. DE POETA, AD HECTOREM PIGNATELLUM, VIBONENSIUM DUCEM, LIBRI SEX

Autore: SEBASTIANI MINTURNO, Antonio (ca. 1497-1574)

Tipografo: (Francesco Rampazetto [for Giordano Ziletti])

Dati tipografici: Venezia, 1559




UN COLOSSO TRA LE ARTES POETICAE” (WEINBERG)

4to (205x145 mm). [8], 567, [1 bianco] pp. Fascicolazione: *4 A-BBBB4. Impresa di Ziletti al frontespizio. Vitello pannellato del XVIII secolo dorato, dorso dorato nei compartimenti, scritta in marocchino rosso, bordi cosparsi (estremità e dorso sfregati). Al contropiatto anteriore ex libris inciso dei Conti di Macclesfield (cfr. The Library of the Earls of Macclesfield, Part Twelve, London, Sotheby's, 2008, n. 4619).

 

Prima edizione. “In confronto ai suoi predecessori abbastanza brevi, abbastanza scarni, abbastanza risoluti, il De poeta (1559) di Antonio Sebastiano Minturno è un colosso tra le 'artes poeticae'. I sei libri di dialoghi formano un aggregato di quasi seicento pagine. Inoltre, piuttosto che attingere quasi esclusivamente all'Ars poetica, l'opera incorpora (oltre a Orazio) quasi tutta la Poetica e abbondanti materiali da Platone (Repubblica, Leggi, Ione, ecc.), dalla Retorica di Aristotele, da Quintiliano, e da tutti gli scritti retorici di Cicerone. È dunque la prima delle arti poetiche veramente estese, la prima a tentare una dettagliata discussione di ogni aspetto della dottrina e della tecnica, la prima ad ampliare considerevolmente la gamma dei riferimenti e delle 'autorità'. Queste caratteristiche non sono prive di importanti conseguenze per la natura stessa dell'opera; perché gli danno un eclettismo di ampio respiro, che si riflette nella teoria elaborata in ultima analisi da Minturno […] Dal modo in cui si sviluppano queste varie distinzioni, dalle varie chiusure nelle direzioni del poeta o della natura o del poema o il pubblico, dovrebbe essere chiaro, il trattato di Minturno rimane principalmente eclettico e sincretico. Nessuno dei termini di riferimento ultimo arriva a dominare gli altri, a imporre un'organizzazione sistematica all'opera. Nella misura in cui c'è un ordinamento delle idee, è un ordinamento dei principi retorici. A un'estremità di ciascuna delle catene di relazione c'è un effetto sul pubblico; all'altro capo, qualche facoltà del poeta capace di produrre quell'effetto; al centro, la poesia che serve da mezzo o strumento […] Per Minturno, il poeta, la sua arte e le sue facoltà occupano una simile posizione di preminenza. Quello che fa Minturno, in sostanza, è riprendere tutto lo schematismo retorico del suo tempo, sostituire all'oratore il poeta, e introdurre - in quelli che gli sembravano i punti più verosimili del ragionamento - tutto il materiale conosciuto su l'arte della poesia. In tal modo sia la Poetica che l'Ars poetica sono, se non assimilate, almeno incorporate in un vasto compendio sull'arte” (B. Weinberg, A History of Literary Criticism in the Italian Renaissance, Chicago-Toronto, 1961, pp. 737-743)

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L'AMORE INNAMORATO.

RIME ET PROSE DEL SIG. ANTONIO MINTURNO, NUOVAMENTE MANDATE IN LUCE. ALL'ILLUSTRISSIMO SIG. DON GIROLAMO PIGNATELLO. Venezia, Francesco Rampazetto, 1559. [Bound with:] L'amore innamorato [...] [followed by:] Panegirico in laude d'amore [...]

Autore: SEBASTIANI MINTURNO, Antonio (ca. 1497-1574)

Tipografo: Francesco Rampazetto

Dati tipografici: Venezia, 1559

 

Due parti in un volume, 8vo (148x98 mm). I: [16], 247, [17] pp. Collazione: *8 A-Q8 R4. Marca tipografica al frontespizio. II-III: 157, [3] pp. Collazione: a-k8. La foglia k8 è uno spazio vuoto. Marca tipografica su entrambi i frontespizi. Il Panegirico inizia a l. h1r (p. [113]). Pergamena rigida del XVIII secolo, titolo inchiostrato al dorso, margini spruzzati. Tracce di tarlo sulle prime carte riparate, restauro marginale sul primo fascicolo e sulle ultime 35 carte, macchie marginali ovunque.

Prima edizione di queste tre opere di Minturno. Le Rime, a cura di Girolamo Ruscelli (1504-1566), segnano una svolta nella storia della lirica dell'Italia meridionale, poiché con il suo nuovo stile sperimentale "napoletano" abbandonano il modello tradizionale di Bembo e Petrarca e impostano uno stile nuovo. Con L'amore innamorato Minturno si rivolge idealmente ad altri modelli, in particolare all'Arcadia di Sannazaro e all'Ameto di Boccaccio, come egli stesso dichiara nella sua Arte poetica del 1564. Il testo, che narra le avventure di Amore, figlio di Venere, è un prosimetro, cioè alterna parti in prosa ad altre in versi, e può essere descritto come una specie di romanzo. L'autore immagina il racconto come il risultato della conversazione tra alcune ninfe in Sicilia, impegnate a discutere il tema dell'amore. Sulla stessa linea anche il Panegirico che celebra l'amore.

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Biografia

Antonio Sebastiani nacque a Minturno, presso Latina, intorno al 1497. Nel 1511 si trasferì a Sessa Aurunca per studiare con Agostino Nifo, che seguì poi a Padova e Pisa, dove, alla fine del 1520, divenne docente di poetica e oratorio. Alla fine del 1521 si trasferì a Roma come docente di teologia e filosofia. A Roma, grazie forse all'intercessione di un altro allievo del Nifo, Galeazzo Florimonte, entrò in contatto con Ludovico Beccadelli, Girolamo Seripando, Gasparo Contarini e Filippo Gheri, poi segretario del cardinale Giovanni Morone. Nel 1524 prese servizio come precettore della famiglia Colonna a Genazzano, e fu in questo periodo che entrò nell'Ordine dei Teatini. L'anno successivo torna a Napoli per riprendere gli studi; qui frequentò Girolamo Carbone, Pomponio Gaurico, Pietro Summonte, Pietro Gravina, e nobildonne come Maria di Cardona, Giulia Gonzaga e Beatrice d'Appiano d'Aragona. È molto probabile che in questo periodo abbia adottato il nome Minturno (da Minturnae, nome latino della sua città natale), che ha conferito alla sua persona una gravitas umanistica. Dall'ottobre 1527 fu precettore prima in casa di Camillo Pignatelli, conte di Borrello, e poi di Girolamo e Fabrizio Pignatelli, figli di Ettore, viceré di Sicilia. La maggior parte della produzione letteraria di Sebastiani Minturno è concentrata nel periodo 1526-1542. La vicinanza a Francesco Maria Molza, Claudio Tolomei, Luigi Tansillo e agli ambienti letterari spagnoli gli permise di sviluppare già all'inizio della sua attività letteraria nozioni e teorie estetico-critiche sulla sua produzione, che confluirono poi nelle stesure finali del De poeta e Arte poetica. Nel 1542, dopo quindici anni di servizio presso la famiglia Pignatelli, gratificato da una pensione annua di duecento ducati, tornò a Minturno. Già l'anno successivo, però, si recò a Napoli per insegnare teologia ma, a causa dei problemi sorti nel tentativo di imporre l'Inquisizione in città, fu costretto a trasferirsi in Sicilia, dove rimase almeno fino al 1548; in questa occasione fu saccheggiata e smembrata tutta la sua biblioteca, per essere recuperata solo successivamente grazie alla collaborazione di Andrea Cossa. A questo periodo risale la composizione delle Rime e dell'Amore innamorato, opere entrambe concepite all'interno del circolo letterario orbitante attorno a Maria di Cardona. Dal 1548 al 1551 tornò a Napoli, e dal 1554 al 1558 visse in Calabria. Nel 1556 tentò di far stampare a Venezia il De poeta (ma l'edizione sarebbe stata preparata solo nel 1559), e nel 1558 fu nominato vescovo di Ugento. Per intercessione di Girolamo Seripando fu convocato al Concilio di Trento. La composizione del Diocle, dei Poemata, delle Orationes, di una Moseida perduta e di altre opere e scritti testimonia il vero interesse dell'autore per la produzione latina e sottolinea il suo interesse a trasferire al tema biblico i codici ei modelli della poesia greca antica. Nel 1565 fu nominato vescovo di Crotone. Tra il 1564 e il 1565 iniziò la compilazione della Synopsis historiae patriae de episcopis Minturnensibus et Traictensibus poi pubblicata da De Gennaro nel 1570. Le opere più importanti di Minturno sono senza dubbio il De poeta, le quattro parti dell'Arte poetica.


SEBASTIANI MINTURNO, Antonio

di Gennaro Tallini - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)

SEBASTIANI MINTURNO, Antonio

Nacque a Traetto (oggi Minturno, prov. di Latina), probabilmente nel 1497, se è vero quanto riportato in un documento sui fuochi di Terra di Lavoro del 18 gennaio 1507 (in base al quale risulterebbe all’epoca di dieci anni d’età), o nel 1500 secondo altre fonti. Incerte le notizie sui genitori.

Orfano di padre a quattro anni, tra il 1507 e il 1510 studiò inizialmente a Minturno, presso la scuola di Florio Bovaccio; nel 1511 si trasferì a Sessa Aurunca per studiare con Agostino Nifo che poi seguì a Padova e quindi a Pisa dove, alla fine del 1520, era già docente di poetica e oratoria.

Alla fine del 1521 passò a Roma come docente di teologia e filosofia, e dove, grazie forse ai buoni uffici di un altro allievo di Nifo, Galeazzo Florimonte, entrò in contatto con Ludovico Beccadelli, Girolamo Seripando, Gasparo Contarini e Filippo Gheri, poi segretario del cardinale Giovanni Morone. Nel 1522 alcune fonti lo danno di nuovo a Minturno a causa della peste ed entro la fine del 1524 si trovava a Napoli. Nello stesso 1524 assunse servizio come precettore dei Colonna a Genazzano ed è a questo periodo (o al massimo entro la fine del 1525) che deve farsi risalire l’ammissione all’Ordine dei teatini da alcuni fissata al 1521, cosa non vera perché l’Ordine venne ufficialmente fondato solo nell’autunno del 1524.

L’anno successivo (e non nel 1526 come attestato da tutte le fonti) fece ritorno a Napoli per riprendere in maniera più completa i propri studi, frequentando Girolamo Carbone, Pomponio Gaurico, Pietro Summonte, Pietro Gravina, e nobildonne come Maria di Cardona, Giulia Gonzaga e Beatrice d’Appiano d’Aragona, signora di Fondi e Traetto, che con i Colonna, Florimonte, Seripando, Nifo e forse anche Mario Equicola furono importanti per il rafforzamento dei rapporti e per la sua stessa formazione. È molto probabile che in questi frangenti egli abbia adottato il nome Minturno (da Minturnae nome latino della città natale), utile a costruirsi un’aura completamente umanistica.

Dall’ottobre del 1527 fu precettore prima in casa di Camillo Pignatelli conte di Borrello e, in seguito, di Girolamo e Fabrizio Pignatelli, figli di Ettore viceré di Sicilia.

Nel periodo 1526-42 si concentra la maggior parte della produzione letteraria di Sebastiani Minturno e si riscontrano i contatti più vivi e utili alla costruzione della sua teoria letteraria. La vicinanza a Francesco Maria Molza, Claudio Tolomei e Luigi Tansillo e agli ambienti letterari spagnoli gli permisero di sviluppare già agli inizi dell’attività letteraria nozioni e teorie estetico-critiche sulla sua produzione che poi, affinata la propria riflessione nel tempo, furono riversate nelle stesure definitive del De poeta e dell’Arte poetica. Al biennio 1525-27 risale la composizione di un trattato in forma di dialogo dal titolo L’Accademia, perduto durante le vicende che colpirono Napoli nel 1527-28 e i cui estratti ci sono pervenuti attraverso le citazioni inserite nel Petrarcha con la spositione di M. Giovanni Andrea Gesualdo (Venezia 1553).

Nel 1542, dopo quindici anni di servizio presso i Pignatelli, gratificato da una pensione annua di duecento ducati, fece ritorno a Minturno, dove nel 1545 fu censito come capofamiglia. Già l’anno dopo, però, si recò a Napoli per insegnare teologia ma, a causa dei problemi sorti nel tentativo di imporre in città l’Inquisizione, si vide costretto a recarsi in Sicilia almeno fino al 1548; in questi frangenti tutta la sua libraria fu saccheggiata e smembrata: fu recuperata in seguito grazie alla collaborazione di Andrea Cossa. A questo periodo risale la composizione delle Rime e dell’Amore innamorato, opere ideate all’interno del circolo letterario orbitante intorno a Maria di Cardona.

Dal 1548 al 1551 tornò a Napoli e dal 1554 al 1558 si spostò in Calabria. Nel 1556 cercò di far stampare a Venezia il De poeta (l’edizione verrà approntata solo nel 1559) e nel 1558 fu nominato vescovo di Ugento. Per intercessione di Girolamo Seripando fu convocato al Concilio di Trento.

La composizione del Diocles, dei Poemata, delle Orationes, di un perduto Moseida e di altre opere e scritti testimonia i veri interessi dell’autore nella produzione in latino ed evidenzia il suo interesse nel trasferire sul tema biblico i codici e i modelli della poesia greca antica. Le narrazioni estratte dall’Antico Testamento, dunque, nella progettazione lirica minturnina assolvono alla stessa funzione delle «favole pagane» di cui scrive al cardinal Morone nella lettera prefatoria ai Poemata Tridentina. Nel Concilio fu impegnato nella commissione che si occupava del sostegno economico ai titolari di piccoli vescovadi, mentre i suoi interventi furono poi raccolti nel De Officis ecclesiae prestandis, edito con altre opere nel 1564 a Venezia sotto il suo diretto controllo.

Nel 1565 fu nominato vescovo di Crotone, dove svolse compiti esclusivamente pastorali, le cui tracce emergono dalle lettere a Federigo Borromeo e a Guglielmo Sirleto. Tra il 1564 e il 1565 iniziò la compilazione della Synopsis historiae patriae de episcopis Minturnensibus et Traictensibus pubblicata poi da De Gennaro nel 1570, e due anni più tardi avviò il processo contro Ottavio Ruffo di fronte al tribunale dell’Inquisizione di Napoli.

Le opere più importanti di Minturno sono sicuramente il De poeta, i quattro ragionamenti dell’Arte poetica, l’Amore innamorato e le Canzoni sopra i salmi. I due trattati si occupano di delineare, l’uno, la figura del poeta e le conoscenze che deve acquisire in materia di costruzione poetica e, l’altro, di delineare modelli e generi della poesia volgare.

Il progetto del De poeta va ricondotto ai primi anni Venti del secolo ma, solo nella lettera a Miguel Mai del 5 gennaio 1541, l’autore ne parla come di un’opera conclusa e circolante manoscritta tra diversi amici. Nel primo dei sei libri di cui è composto il trattato, Minturno delinea i caratteri principali dell’invenzione poetica, dell’organizzazione delle parole e della materia da trattare; nel secondo libro descrive l’idea di poesia rispetto alla pittura e alla scultura sulla base di Orazio e Virgilio; nel terzo traccia il profilo della tragedia e della commedia secondo le lezioni di Pomponio Gaurico e Lucio Vopisco; nel quarto tratta della poesia melica, nel quinto della elegiaca e nel sesto del linguaggio poetico e della sua diversità tra autori.

L’Arte poetica (stampata nel 1563, ma circolante manoscritta già dal 1557) presenta anch’essa problemi di datazione che ne fissano la creazione più o meno in contemporanea con il De poeta: il trattato latino ha costituito una solida base per quello in volgare, in cui l’autore dialoga con Vespasiano Gonzaga della poesia in generale, dell’epica e del romanzo, con Angelo di Costanzo di tragedia e commedia, con Bernardino Rota di poesia melica, con Ferrante Carafa della funzione delle parole, del numero, delle figure retoriche e delle forme generali del parlare.

Morì a Crotone, nel gennaio del 1574, mentre era ancora intento a scrivere e progettare opere letterarie.

Opere. Rime, in Rime diverse [...] libro quinto, raccolte da L. Domenichi, Venezia, Giolito, 1546; Lettere di meser Antonio Minturno, in Vineggia, Scoto, 1549 (rist. Venezia, Scoto, 1559); Rime, in Rime di diversi [...] autoriraccolte da L. Dolce, Venezia, Giolito, 1556; Rime, in Rime et prose [...] nuovamente mandate in luce, raccolte da G. Ruscelli, Venezia, Arrivabene, 1559; Antonii Sebastiani Minturni de Poeta..., Venetiis, Rampazetto (ma Giordano Ziletti), 1559; Antonii Sebastiani Minturni Poemata Tridentina, Venetiis, Vavassori, 1559 (rist. Venezia, Vavassori, 1564); Rime et prose del sig. A. Minturno nuovamente mandate in luce, in Vineggia, Rampazetto, 1559; L’Amore innamorato del sig. Antonio Minturno, in Venetia, Rampazetto, 1559; Del s. Antonio Sebastiano Minturno vescovo d’Ugento canzoni sopra i salmi, in Napoli, Scoto, 1561; Antonii Sebastiani Minturni Poemata, Neapoli, Scotum, 1562; L’arte poetica del sig. Antonio Minturno nella quale si contengono i precetti [...] d’ogni altra poesia..., in Venetia, Vavassori, 1563 (2ª ed. Venezia, Vavassori, 1564). Antonii Sebastiani Minturni episcopi Uxentini De officiis Ecclesiae praestandis..., Venetiis, Vavassori, 1564; Antonii Sebastiani Minturni Epigrammata et elegiae, Venetiis, Vavassori, 1564; Antonii Sebastiani Minturni Poemata ad Consalvum Pyretium summi consilij apud catholicum regem virum primarium, Venetiis, Vavassori, 1564; Antonii Sebastiani Minturni Poemata ad ill. principem m. Antonium Columnam, Venetiis, Vavassori, 1564; Antonii Sebastiani Minturni episcopi Vxentini, De officiis ecclesiae praestandis, orationes Tridentinae. Habes hic omnia, quae per sexdecim fere menses Pio IIII pont. max. in s. Synodo Tridentini, Venetiis, apud Io. Andream Valuassorem, 1564; Napoli, Biblioteca nazionale, Mss., IX.G.5, A. Sebastiani Minturni decreta diocesanae synodi Uxentinae (1564?); Basilii imperatoris romanorum Praecepta ad Leonem filium et imperii collegam. Minturno episcopo Crotoniensi interprete, Neapoli, apud Io. M. Scotum, 1565; Precetti a Leone suo figlio e imperadore, tradotti di greco in volgare dal Minturno vescovo di Crotone, in Napoli, Gio. M. Scotto, 1565; Musica de virtuosi [...] a cinque voci con le rime del sig. Antonio Minturno Libro primo, in Vineggia, Scoto, 1569; Antonii Minturni Sebastiani de Adventu Caroli V imp. in Italiam libri tres..., in Monteregali, excudebat Petrus Franc. Burghesius ciuis Vercellensis, 1570; Synopsis historiae patriae de episcopis Minturnensibus et Traiectensibus, Napoli, Amato [?], 1570.

Fonti e Bibl.: G. Toffanin, La fine dell’Umanesimo, Milano 1920, pp. 102-113; R. Calderisi, Antonio Sebastiano Minturno, poeta e trattatista del Cinquecento dimenticato, Aversa 1921; A. De Sanctis, Di Antonio Minturno umanista del Cinquecento, in Archivio della R. Società romana di storia patria, 1927, vol. 50, pp. 309-318; B. Weinberg, The poetic theories of Minturno, in Studies in honor of Frederick W. Shipley, in Washington University Studies, n.s., XIV (1942), pp. 101-129; B. Croce, Umanisti del primo e del secondo Rinascimento, Bari 1947; P.G. Ricci, Antonio da Traetto cioè il Minturno, in La Rinascita, II (1956), pp. 363-367; M. Pecoraro, Minturno, Antonio (1500-1574), in Dizionario critico della letteratura italiana, a cura di V. Branca, II, Torino 1973, pp. 611-614; La “locuzione artificiosa”. Teoria ed esperienza della lirica a Napoli nell’età del Manierismo, a cura di G. Ferroni - A. Quondam, Roma 1973; S. Ussia, Note al lessico critico in A. S. detto il Minturno, in Annali della facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Napoli, n.s., XVII (1975), pp. 157-171; G. Belloni, Di un «parto d’elephante» per Petrarca. Il commento del Gesualdo al «Canzoniere», in Rinascimento, XX (1980), pp. 359-381; A. Greco, Quindici lettere inedite di Antonio Minturno, Marina di Minturno 1983; P. Sabbatino, L’arte poetica del Minturno. L’integrazione della lirica al sistema aristotelico dei generi, in Id., Il modello bembiano a Napoli nel Cinquecento, Napoli 1986, pp. 103-124; G. Belloni, Laura fra Petrarca e Bembo. Studi sul commento umanistico-rinascimentale al «Canzoniere», Padova 1992, pp. 188-225; M. Rizzi, A. S.M. e G.A. Gesualdo, Marina di Minturno 1998, pp. 21-104; B. Grazioli, L’amore innamorato di Antonio Minturno, in Il prosimetro nella letteratura italiana, a cura di A. Comboni - D. Riccio, Trento 2000, pp. 351-401. S. Ussia, Amore innamorato. Riscritture poetiche della novella di «Amore e Psiche» (sec. XV-XVII), Vercelli 2001; D. Colombo, La struttura del «De Poeta» di Minturno, in ACME. Annali della facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Milano, LV (2002), 2 (maggio-agosto), pp. 187-200; D. Colombo, La cultura letteraria di A. Minturno, in Giornale storico della letteratura italiana, CLXXXI (2004), pp. 544-557; F. D’Alessandro, Il Petrarca di Minturno e Gesualdo. Preistoria del pensiero poetico tassiano, in Aevum, LXXIX (2005), pp. 615-637; C. Bobes Naves, Teoría de la comedia en la «Poética toscana» de Sebastiano Minturno, in Revista de literatura, LXX (2008), 140 (luglio-dicembre), pp. 371-404; A. Minturno, Amore innamorato, ed. critica a cura di G. Tallini, Roma 2008; G. Tallini, Docere e delectare nel pensiero critico di Antonio Minturno, in Esperienze letterarie, XXXIII (2008), pp. 73-100; F. D’Alessandro, «Mentre che l’un coll’altro vero accoppio»: il Petrarca di Minturno e la tradizione cristiana, in Poesia e retorica del sacro tra Cinque e Seicento, a cura di E. Ardissino - E. Selmi, Alessandria 2009, pp. 205- 234; A. Minturno, Arte poética, ed. critica e trad. a cura di C. Bobes Naves, Madrid 2009; J. Bellsolell Martínez, Miguel Mai y Antonio Sebastiano Minturno en la corte de Carlos V, in Studia aurea, IV (2010), pp. 139-178; D. Colombo, “Aristarchi nuovi ripresi”. Giraldi, Minturno e il riuso dell’antico nella trattatistica del Cinquecento, in Uso, riuso e abuso dei testi classici, a cura di M. Gioseffi, Milano 2010, pp. 153-182; R. Béhar, Le «De adventu Carolis imperatoris in Italiam» (ca. 1536) de Minturno: le célébration héroïque et mythique de Charles Quint, in La lyre et la pourpre. Poésie latine et politique de l’Antiquité tardive à la Renaissance, a cura di M.J.-L. Perrin - N. Catellani-Dufrêne, Rennes 2012, pp. 117-132; C. Burgassi, Gesualdo Lettore di Petrarca e la “prova degli artisti” (RVF 77), in Studi di filologia italiana, LXX (2012), pp. 169-181 (in partic. p. 172 n. 10); A. Minturno, Canzoni sopra i salmi, a cura di R. Morace, Roma 2014; G. de la Torre Ávalos, «... Al servitio de la felice memoria del Marchese del Vasto». Notas sobre la presencia de Bernardo Tasso en la corte poética de Ischia, in Studia aurea, X (2016), pp. 363-392; G. Toffanin, Minturno, Antonio, in Enciclopedia Italiana, XXIII, Roma 1951, p. 410.

papa, santo. - Karol Wojtyła (Wadowice, Cracovia, 1920 - Roma 2005). Primo papa non italiano dell’epoca moderna dopo Adriano VI (1522-23) e primo papa slavo della storia. ● Nato da modesta famiglia, fu studente in lettere e, durante l’occupazione nazista della Polonia, anche operaio in una cava di pietra ...a, l'Amore innamorato e le Canzoni sopra i salmi. Morì a Crotone nel gennaio 1574, mentre era ancora intento a scrivere e concepire nuove opere letterarie (cfr. G. Tallini, Sebastiani Minturno, Antonio, in: “Dizionario Biografico degli Italiani”, vol. 91, 2018, s.v.).

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domenica 11 giugno 2023

1675. Transunto cartaceo eseguito l'8 febbraio dal notaio ap.lico Pietro Paturlo, de Urbe, di: 1421, marzo 4. Arena, Calabria; a sua volta - questo - transunto di: 1101. BIVONA. RUGGERO, conte di Calabria e Sicilia, donazione perpetua de la Plagia e la totalità del Mons Bibonensem al Monastero della SS. Trinità di Mileto. [Bivona è oggi frazione del Comune di Vibo Valentia]

SEZIONE BIVONA

Il Castello di Bivona (VV)

Nuove Questioni.

 

A cura di

Giovanni Pititto

 Sommario

 Le Fonti documentarie

Presenza e persistenza del possesso su Bivona (VV); nelle Fonti documentarie dell’Abbazia di San Michele Arcangelo e della SS.ma Trinità di Mileto (1101-1804).

 Apparati:

 1. Il Castello, alla luce delle nuove indagini archivistiche.

3.  2. Il Codice delle Meraviglie: Codice Romano Carratelli ed il programma del Buon Governo: Le grandi Torri regie.

 Nota Archivistico - Bibliografica.


Apparati. 

1.1Abbazia di s. Michele Arcangelo e della SS. Trinità di Mileto. Una scheda.

1.2. Catalogo di Fonti Letterarie e Documentarie [1]



[1] Le Fonti letterarie e documentarie vengono qui presentate secondo l’ordine cronologico di edizione o di specificato  altro. 



BIVONA. CASTELLO (Da Santoro, Castelli...)


Madonna di Portosalvo, Particolare. Torri. 



1.1. Abbazia di S. Michele Arcangelo e della SS. Trinità di Mileto. Una scheda.

Fu dedicata dapprima a S. Mi­chele.

Pur con perplessità in ordine all'autenticità delle tavole fondative, è generalmente intesa quale una fondazione (1081) di Roger d’Hauteville conte di Calabria e di Sicilia. 

Fu dotata sin dai primi giorni della sua fondazione di numerosi pos­sedimenti. A distanza di pochi anni sembrerebbe aver aumentato notevolmente il proprio plateatico, come risulta dalla bolla di accettazione e di confermazione apostolica, che, promulgata a Bari da Urbano II, doveva porla - il 10 ottobre 1098 - sotto la protezione della Santa Sede. 

Durante i secoli dal XII alla metà del XVI pontefici e re sono larghi di attenzioni e di protezione verso questa abbazia. Nello stesso tempo, peraltro, i papi sono costretti dover intervenire diverse volte con lettere e con legazioni, per appianare i litigi che mettono l'abbazia in opposizione con il potere regio. Cui seguono ulteriori legazioni pacificatorie per dirimere i contrasti per questioni di giurisdizione tra i vescovi di Mileto e gli abbati della SS.ma Trinità; che occupano la prima parte del s. XIV. Su ciò la Santa Sede deve intervenire per tentare di porvi termine. 

La decadenza colpisce inesorabilmente questa abbazia, come tutti i centri monastici, dopo il 1350: si vende, si affitta al miglior offerente, senza preoccuparsi troppo degli interessi della comunità, e i papi si vedono costretti più volte a mettere un freno a codesta dilapidazione. 

Ma, nonostante considerevoli perdite, la SS.ma Trinità è ancora, all'inizio del s. XV, un'abbazia riccamente dotata. Sino a quando, dal 1451, non sarà affidata dapprima ad un amministratore designato da Roma; poi definitivamente data ad un abbate commendatario. 

E per più di un secolo l’abbazia rimase sotto il regime della commenda. In cui venne letteralmente dilapidata.

Assegnata nel 1581[1] al Pontificio Collegio Greco di Roma, ebbe – se non altro – il beneficio di una assidua cura e di una regolare amministrazione.

 

 

 


[1] 1563. (F. 15 r). Seculo Quinto. dal 1481 al 1581. L’anno 1563 il Card. Guido Ascanio Sforza d.o il Card. di S.a fiora Commend.o dell’Abb.a mandò a Mileto il P. Nicolò Bobadilla uno dei compagni di S. Ignatio a visitare alcuni monasteri della Calabria dal fervore del P.re La città di Catanzaro, e la Città di Mileto domandarono un Colleggio, ma quello di Mileto presto svanì è probabile, che d.o P.re dimorasse nel palazzo abbatiale di Mileto per riformare quei monaci che non erano già silvestrini, ma Benedettini. Ex Sacchino in Histor. Soc. Jesu libro 7° n° 25.

Madonna di Portosalvo

Diploma 001. 1101, Indizione X Ruggiero, conte di Calabria e Sicilia dona al monastero della Santissima Trinità di Mileto, da lui fondato, la terra ed il porto di Bivona, con la tonnara e sue pertinenze.   
Copia da pergamena.
ambiti e contenuto: Copia autentica su carta di pp. 5 eseguita in Roma per mano del notaio apostolico Petrus PATURLUS, l’8 feb. 1675; tratta da copia autentica dell’originale, redatta in pergamena dal regio notaio Marco Condurri il 4 marzo 1421 in Arena (Calabria Ulteriore).
note: L’originale, dal quale è tratto il transunto, era conservato nel tesoro della cattedrale di Messina.

"Ruggiero, conte di Calabria e Sicilia dona al monastero della Santissima Trinità di Mileto, da lui fondato, la terra ed il porto di Bivona, con la tonnara e sue pertinenze. , 1101  Indizione X". 
Quello che esiste infatti al numero 0001 della Serie Pignatelli Aragona Cortes - Diplomatico, in ASN, è: una Copia autentica su carta di pp. 5 eseguita in Roma per mano di notaio apostolico l'8 feb. 1675, tratta da copia autentica dell'originale, redatta in pergamena dal regio notaio Marco Condurri il 4 marzo 1421 in Arena (Calabria Ulteriore).
Cosa che, semplice per gli iniziati, può offrire qualche difficoltà intrpretativa a chi non lo è. 
Per cui: 
- presunto Originale. A) "Ruggiero, conte di Calabria e Sicilia dona al monastero della Santissima Trinità di Mileto, da lui fondato, la terra ed il porto di Bivona, con la tonnara e sue pertinenze. , 1101  Indizione X". 
- copia da A: B)  Transunto redatto in pergamena dal regio notaio Marco Condurri il 4 marzo 1421 in Arena (Calabria Ulteriore).
- copia C da copia B : C) Copia autentica su carta di pp. 5 eseguita in Roma per mano del notaio apostolico Paturlo, l'8 feb. 1675; tratta a sua volta non dalla dichiarata copia autentica dell'originale, redatta in pergamena dal regio notaio Marco Condurri il 4 marzo 1421 in Arena (Calabria Ulteriore); bensì in ACGR, dal Registro B. 

Pignatelli Aragona Cortes secc. XII - XX 
Diplomatico 1212 - 1928 
Diploma Numero 0001.  
serie Pignatelli Aragona Cortes - Diplomatico
livello di descrizione unità archivistica titolo e estremi cronologici:
Ruggiero, conte di Calabria e Sicilia dona al monastero della Santissima Trinità di Mileto, da lui fondato, la terra ed il porto di Bivona, con la tonnara e sue pertinenze. , 1101  Indizione X, segnature: 
segnatura definitiva: Pignatelli Aragona Cortes, Diplomatico, Diploma 0001 
descrizione fisica: Copia su carta
ambiti e contenuto: Copia autentica su carta di pp. 5 eseguita in Roma per mano di notaio apostolico l'8 feb. 1675, tratta da copia autentica dell'originale, redatta in pergamena dal regio notaio Marco Condurri il 4 marzo 1421 in Arena (Calabria Ulteriore).
NOTE
L'originale, dal quale risulta tratto il transunto (del 1421), era conservato nel tesoro della cattedrale di Messina.

1675, febbraio 8. Roma. Pontificio Collegio Greco di Sant'Atanasio. Pietro Paturlo, notaio del Collegio dei notai apostolici capitolini di cui in calce segue autentica (11 marzo 1675, Roma) della sottoscrizione, registrata nella Alma Camera Urbis dei Conservatori).

[Si desume da esemplare in ASN: Archivio Pignatelli Aragona Cortès, Diplomatico. N° 0001[1]] 

||62|| Diploma del conte Ruggero del 1101 [scritto a penna]

1421, 4 marzo [appuntato in margine a penna] 

In nomine Domini Amen. Anno eiusdem Domini millesimo quadringentesimovigesimo primo die 4° mensis Marti, quintadecima Indictionis. Apud nostram personalem presentiam Calabrie ulterioris. Regnante Ill.mo D. nostro D. Rege Lodovico III Dei gratia Jerusalem et Sicilie Ducatus Apulie, Pricipatus Capue Duce Andegavie Comitatus Folcalquerij Cenomanie Comitis, Regnorum vero suorum Anno 4° feliciter Regnante.

Nos Jacobus Sufla de Arenis, Annalis Judex predicte terre Arenarum.

[In nome del Signore. Amen. Nell'anno 1421 del medesimo Signore l'1 marzo, quindicesima indizione.

Alla nostra personale presenza in Calabria Ulteriore.

Sotto il regno dell'Illustrissimo Nostro Ludovico III per grazia di Dio Re di Gerusalemme e di Sicilia, del ducato di Puglia, del pricipato di Capua, duca d'Angiò, conte di Folcaquier, conte di Cenomani, nel felice anno quarto dei suoi regni.] 

Marcus Conduri de Castro veteri publicus ubilibet per Ducatum Calabrie Regia auctoritate Notarius et Testes subscripti ad hoc vocati specialiter, et rogati. Presenti scripto publico transumpto notum facimus, et testamur quod predicto die in predicta terra Arenarum apparuit coram Nobis, et testibus infrascriptis Nobilis Juvenis Robertus de Martino de Mileto Procurator Generalis et universorum Bonorum Monasterii, et Ecclesie Sancte Trinitatis de Mileto constitutus, et ordinatus per R.mum in X.pto Patrem Dominum Fratrem Robertum Abbatem Rectorem, et Gubernatorem Monasterii et Ecclesie predicte nec non et per eiusdem Monachos, et conventum, de cuius procuratione Nobis constitit per instrumentum publicum et Nos amanter rogavit, nostrum officium implorando pro parte Monasterii prelibati ac Abbatis, ac Conventus predicti quia ipsum oportet transumptare et copiam facere de quodam Privilegio facto, et concesso a quondam Domino Rogerio Calabrie et Sicilie Comite quod Nobis ostendit, et presentavit et tradidit Privilegium ipsum portando et ostendendo si [2], et quovis modo ubicumque sua, vel alterius, ....[puntini del testo lacunoso] nomine predicti Monasterij, et quovis supra propter fluviorum et viarum dispendia posset deperdi, et aliquantenus deguastari, Privilegium ipsum in formam publicam redigi, et exemplari, ex nostri auctoritate officij || 63|| faciremus ut per ipsius tramsumptum tamquam de originali fieret coram omnibus plena fides. Nos autem suis iustis precibus ut potè annuentes quia vidimus, et legimus Privilegium prefatum omni vitio ac suspicione carentem sigillatum sigillo plumbeo pendenti dicti Domini Comitis Rogerii, ipsum de verbo ad verbum nihil addito, mutato, aut diminuito in publicam formam duximus redigendum, cuius Privilegii tenor per omnia talis est.

[Marco Conduri di Castelvecchio, per regia autorità pubblico notaio in ogni parte del ducato di Calabria, e i testimoni sottoscritti, chiamati e richiesti al particolare scopo. 

Al presente pubblico transunto scritto, noi rendiamo noto e testimoniamo che nel predetto giorno nel predetto territorio di Arena comparve davanti a noi, e ai testimoni sottoscritti il nobile giovane Roberto de Martino di Mileto procuratore generale e di tutti quanti i beni del Monastero riconosciuto e nominato dal Reverendissimo Padre Signor, Fratello in Cristo, Roberto abate, rettore e governatore del Monastero e della predetta chiesa, nonché dai monaci dello stesso e dal convento, cosa che a noi fu evidente dalla procura dello stesso abate per un pubblico documento, e amabilmente ci pregò, implorando i nostri servigi in ragione del Monastero succitato e dell'abate e del predetto convento, poiché era necessario fare il transunto dello stesso <documento> e farne copia da un certo privilegio fatto e concesso un tempo dal Signore Ruggero Conte di Calabria e Sicilia, e consegnò il privilegio stesso porgendolo e mostrandolo, se mai, sia in qualunque luogo ovunque per sua o di altro... a nome del predetto monastero, sia in qualunque luogo possa esser perso per i danni dei fiumi e delle vie e guastarsi in una certa misura, facciamo che il previlegio stesso sia redatto in forma pubblica, e in un esemplare, dall'autorità del nostro ufficio, affinché risulti la piena attendibilità dinanzi a tutti, per il transunto tanto quanto dall'originale. 

Noi, poi, alle sue giuste preghiere, confermando come è possibile, poiché abbiamo visto e letto il Privilegio predetto, privo di ogni vizio e sospetto, sigillato con sigillo di piombo pendente, detto un tempo del signor Conte Ruggero, abbiamo ritenuto che lo stesso <privilegio>fosse da redigersi in forma pubblica per nulla alterato nè aumentato né diminuito, ma <transunto> parola per parola. 

Il tenore di quest'ultimo Privilegio è uguale in tutto e per tutto all'originale.]

In nomine Sancte et Individue Trinitatis. Anno ab Incarnatione Domini nostri Jhesu Christi 1101. Indictione X.

Ego Rogerius Comes Calabrie et Sicilie divina inspiratus dignatione pro salute anime mee nec non et parentum meorum seu fidelium meorum et Domini mei Ducis Fratris vidilicet mei, cuius beneficio totius honoris mei summam retineo construxi Monasterium ad honorem S.S. Trinitatis Sancteque perpetue Virginis Marie atque S. Michaelis Archangeli et aliorum Sanctorum quorum ibidem nomina et reliquiae continentur. Hanc donationem facio ego predictus Rogerius Castellarium scilicet cum Bibona et portu et Tunnaria et omnibus eorum pertinentiis videlicet culturis et vineis, sicut ego uno die et una nocte tenui. Iste vero sunt divisiones a capite tramitis, qui vocatur Campuli, sicut flumen descendit ipsius, quod vocatur Trainiti usque ad mare. Iterum autem incipit super Campuli et vadit ad locum, qui vocatur Catasphagium inde vero ascendit per vallem que est ante Corravium contra orientem et descendit usque ad flumen, quod est in divisione Castellarij et Sancti Gregorij, et a descensione fluminis usque ad locum, qui vocatur Condisphama, deinde vadit usque ad flumen, quod descendit de Planporu. Inde vero ascendit ad locum, qui dicitur Stephanacones, et inde vero ad montem Bibone et a monte Bibone vadit supra S. Honuphrium usque ad locum qui vocatur || 64||Asirum, et inde descendit ad locum qui vocatur Castellarium, et inde claudit et descendit usque a mare. Hec omnia supra scripta concedo in supradictum Monasterium iam D. Rogerio Abbati, et omnibus fratibus et villanos quos in nostra Platia .......... [nel testo] [scribere feci, in Orbini], et sigillo meo sigillavi debere habeatis pepetualiter in secula seculorum.

[In nome delle Santa e Indivisibile Trinità. Nell'anno dell'Incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo 1101 Indizione X.

Io Ruggero Conte di Calabria e Sicilia, ispirato dal divino favore per la salvezza della mia anima, nonché sia di quella dei miei familiari o dei miei fedeli sia di quella del mio Signore Duca, invero mio fratello, per beneficio del quale possiedo la somma di tutti i miei onori, ho costruito un Monastero in onore della SS. Trinità e della Santa e sempre Vergine Maria e di S. Michele Arcangelo e degli altri Santi, dei quali i nomi e le reliquie son tenuti egualmente insieme. 

Questa donazione faccio io, il predetto Ruggero: 

Castellario di sicuro con Bibona e col Porto e la Tonnara e con tutte le loro pertinenze, naturalmente con le culture e le vigne, come io le tenni per un giorno e una notte. 

Codeste sono divisioni <che partono> dall'inizio della via battuta, che si chiama Campulo, 

scende come il fiume dello stesso, che si chiama Trainiti, fino al mare. 

Di nuovo poi inizia sopra Campulo e va verso il luogo che si chiama Catafagio. 

Sale poi attraverso la valle, che è davanti Corravio, di contro a oriente, e discende fino al fiume, che separa Castellario e San Gregorio, e dalla discesa del fiume fino al luogo, che è chiamato Condisfama, quindi va fino al fiume che discende da Planporo. 

Di poi sale al luogo chiamato Stefanaconi, e da quel luogo al monte di Bibona, e dal monte di Bibona va sopra Sant'Onofrio fino al luogo chiamato Asiro, e di là scende al luogo chiamato Castellario, quindi si arresta e scende fino al mare.

Tutte queste cose sopra scritte le concedo al sopraddetto Monastero, in questo momento all'abate Ruggero e a tutti i fratelli, e ho fatto scrivere i villani che <si trovano > nella nostra Platea, e col mio sigillo ho sigillato, che voi riteniate d'essere vincolati perpetuamente nei secoli dei secoli.]

Insuper concedimus vobis, ut omnes homines qui in Bibona voluerint habitare nullus stratiotus, neque nullus Balius constringendi vel deprehendendi habeant potestatem nisi eam in suo sigillo monstraverint; adhuc quia volumus, atque precipimus ut in omnibis pertinentiis Castellarij vidilicet et Bibone nullus Græcus sive Latinus aliquam presumptionem calumniandi aliquid sumpsisse videatur super Dom. Abbatem Monacosque concessimus, ut supra diximus in suo sigillo firmissima ratione monstraverit, nec suum esse dicere presumat. Quicumque autem de meis heredibus hanc donatione contradicere voluerit, ex parte dei Omnipotentis ac B. Marie semper Virginis Santique Machaelis Archangeli et omnium Sanctorum sit excomunicatus et maledictus in secula seculorum. Cuius concessionis testes sunt hii

Robertus de Lucano

Robertus Borellus

Altavilla Villanum

Culphiberth Cunderenillo

Valerius de Canna

Robertus de Tarsa

D. Ansgerius Catanensis Episcopus

Et D. Robertus de Parisio Militensis

[Inoltre concedo a voi e a tutti gli uomini che in Bibona volessero abitare che nessun soldato o balio abbiano la potestà di costringerli in vincoli e di arrestarli se prima non la [la potestà] abbiano mostrata <impressa>nel proprio sigillo. Inoltre poichè vogliamo e prescriviamo, che, in tutte le pertinenze di Castellario, naturalmente, e di Bibona, nessun greco o latino creda di potersi arrogare una qualche temerarietà di falsare qualcosa sopra l'abate e i monaci, permettiamo che lo debba dimostrare con dimostrazione solidissima, nel proprio sigillo come sopra abbiam detto, e non presuma di dire sempre la sua.

Chiunque poi dei miei eredi vorrà dire qualcosa contro questa donazione, sia scomunicato e maledetto nei secoli dei secoli dal signore Onnipotente e dalla Beata Maria sempre Vergine e da San Michele Arcangelo e da tutti i Santi.

I testimoni di questa concessione sono:

Roberto di Lucano

Roberto Borello

Altavilla Villano

Culfiberto Cunderenillo

Valerio di Canna

Roberto di Tarsa

Don Ansgerio vescovo catanese

E Don Roberto di Parisio miletese]

Et ego Rogerius Comes hanc donationem scribere feci et sigillo meo eam sigillavi. Ut igitur de tenore ipsius privilegii apud omnes fides indubia adhibeatur, factum est exinde presens stipulans publicum transumptum per manum mei publici Notarij supradicti scriptum et subscriptum, meoque ||65|| solito signo signatum meique supra judicis et subscriptorum Testium signis et subscriptionibus roboratum. Anno, die, mense, loco, indictione premissis.

Ego Jacobus Sufla qui supra annalis Iudex terre predicte transumptioni predicte interfui tamquam Iudex et me subscripsi meamque iudicialem auctoritatem interposui graviter, et decretum.

Ego Petrus Plutinus de Stilo predicte transumpsioni tamquam testis interfui, et ideo me subscripsi

Ego Notarius Antonius de Neapoli premissis interfui, et me subscripsi

Ego Angelus de Caristina testor

Ego Iulianus Cholerius premissis interfuit, testor

Ego Nicolaus de Rogero premissis interfui

Ego Antonellus Sarlij testor.

Ego Matheus Guillet Notarius testor

Ego qui supra Marcus Conduri de Castroveteri publicus ubilibet per Ducatum Calabrie Regia auctoritate Notarius presens transumpti prefati instrumentum scripsi et me subscripsi.

[Ed io Ruggero Conte feci scrivere questa donazione e col mio sigillo l'ho sigillata. Affinchè si mostri presso tutti l'indubbia fedeltà del tenore di questo privilegio, il presente fu fatto stipulando un pubblico transunto scritto e sottoscritto per mano del pubblico notaio sopraddetto, e contrassegnato col mio solito sigillo e corroborato con segni e sottoscrizioni del mio giudice sopra <citato> e dei testimoni sottoscrittori.

<Atto stilato> nell'anno, nel giorno, nel luogo, e nell'indizione sopra indicati.

Io Jacopo Sufla, che sono giudice sopra i registri annuali delle terre predette, ho preso parte alla stesura del predetto transunto in qualità di giudice e ho sottoscritto me e ho fatto valere la mia autorità di giudice con gravità, e il decreto.

Io Pietro Plutino di Stilo ho preso parte al predetto transunto come teste e perciò mi sottoscrivo

Io notaio Antonio di Napoli sono stato presente a quanto premesso e mi sottoscrivo

io Angelo di Caristina testimonio

Io Giuliano Colerio presente a quanto detto sopra, lo testimonio.

Io Nicola di Rogero sono intervenuto a quanto sopra riferito.

Io Antonello Sarli testimonio

Io Matteo Guillet notaio testimonio]

Ego infrascriptus notarius Apostolicus fidem facio redisse et legisse et in quantum potui collationatum fuisse supra originali actum Roma die 8 february 1675.

Ego Petrus Paturlus notarius Apostolicus

Insuper fidem facio predictum originale servari in Archivio Collegij Grecorum Urbis in pervetusta carta pergamena unde ego presentem scripturam de verbo ad verbum fideliter collettionavi personaliter illuc accedens adhuc tantum R. C. Joseph Massai Soc. Jesu Rectorij eiusdem Collegij

Ego Petrus Paturlus notarius Apostolicus

||66|| Camera Alma Notarij Conservatorij

Fides facimus, et attestamur unij et singulij inspecturis ... D. Petrum Paturlum sic talem qualitate facit scriptuntque hiis publicis in inditione ...indubiam adhibitam.... [segue scrittura di difficoltosa interpretazione]

[Io notaio apostolico, sottoscritto, faccio fede di aver redatto e letto e per quanto ho potuto che <il transunto>è stato trascritto parallelamente all'originale. L'atto <steso> in Roma 8 febbraio 1675.

Io Pietro Paturlo notaio apostolico

Oltre a ciò faccio fede che il predetto originale era conservato nell'archivio del Collegio dei Greci a Roma in assai antica carta pergamena, da cui la presente scrittura da parola a parola io ho fedelmente trascritto, colà accedendo finora soltanto R. C. Giuseppe Massei Gesuita Rettore del medesimo Collegio.

Io Pietro Paturlo notaio apostolico.] 

 



[1] Qui si presenta la trascrizione e traduzione interlineare di Maura Pini. Che molto si ringrazia.

[2] in Orbini ACGR Doc. n. 140. I.VIII. Rogerii Comitis Calabrie et Sicilie. Apographum [2] An. 1421. ..."si et ||51r|| quo … [puntini nel testo] ubicumque sua vel alterius intererit nomine et pro parte predicti Monasterii et quorum supra propter fluviorum et viarum dispendia posset deperdi, et aliquantenus deguastari, ..."


ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. Ir. 


ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. 1r. 

ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, ff. 1v-2v (Omissis)


ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. 2r.

ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. 3r (segnato: 64).

ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. 4r (segnato: 5).

ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. Ir (Carpetta).





01. ACGR 092. Platea abbaziale. Beni fondiari in Bivona (ff. 135v - 136r)