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lunedì 11 maggio 2020

2018. Cristiano Marchegiani, Pompeo SCHIANTARELLI.

SCHIANTARELLI, Pompeo

di Cristiano Marchegiani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018

SCHIANTARELLIPompeo. – Nacque a Roma nel 1746 in data imprecisata da genitori d’ignota identità. Le origini bergamasche non sono state finora rilevate. Gli Schiantarelli erano di fatto i Quarenghi di Rota nella Valle d’Imagna, dove nel 1744 nacque Giacomo, celebre architetto; l’appellativo «Schiantarelli de’ Querenghi», prevalente in loco fra Cinquecento e Seicento, agli inizi Settecento si scisse in due cognomi (Bergamo, Biblioteca Civica, Carte casa Querenghi, Indice, tomi IV-V). I rari riscontri romani attestano la distinzione sociale di probabili stretti familiari: come il maestro di casa del principeValerio Santacroce (Appendice alle Riflessioni del Portoghese sul memoriale del p. generale de’ gesuiti presentato alla Santità di PP. Clemente XIII..., Genova 1759, p. 15).

Formatosi in architettura intorno alla metà degli anni Sessanta, il 24 novembre 1766 Schiantarelli vinse il primo premio clementino di prima classe, bandito dall’Accademia di S. Luca nell’agosto 1765, sul tema d’una «magnifica» biblioteca pubblica (I disegni, 1974). Tracce documentarie degli anni seguenti ricompongono una significativa premessa all’attività partenopea di «regio architetto». Nel giugno 1771 fu a Castel Madama, feudo dei Pallavicini, per progettare il rifacimento della chiesa arcipretale di S. Michele Arcangelo, apice di quel pittoresco paese di poggio. Il capomastro ticinese Giovanni Antonio Fontana compì nel 1775 la puristica aula ottagona, con cupola in tiburio e abside dal motivo palladiano di colonne libere trabeate, mutuato da Nicola Salvi e Luigi Vanvitelli; il campanile, finito nel 1781, integrò al vertice la facciata pseudoprostila del breve avancorpo, perfezionata nel 1865. Nel 1772, su incarico governativo, Schiantarelli trasse una copia dalla mappa corografica barberiniana dello Stato di Campagna e Marittima conservata nell’Archivio segreto Vaticano (Grafinger, 2002). Perito dei padri minimi di S. Francesco di Paola ai Monti, nel 1773 ristrutturò una loro casa nel vicolo dei Savelli e ricostruì un casamento presso la piazzetta di S. Chiara, terminato nel 1775; il 7 giugno 1773 presenziò a un atto di concessione d’acqua ai religiosi (Marazza, 2008, p. 26). Per il marchese Alessandro Bandini progettò nel 1777 l’appartamento nobile del palazzo di Camerino e i trumeaux per la galleria del vicino «castello» di Lanciano; l’11 febbraio 1778 lo avvertì da Roma che «un’incombenza di molto riguardo» lo chiamava a Napoli (in Capriotti, 2014, p. 952). Era al «servizio di S.M. Siciliana» quando il 4 settembre 1779 gli scolopi di Rieti inaugurarono la chiesa dei Ss. Giovanni Evangelista e Giuseppe Calasanzio, ricostruita dal 1774 su suo progetto (Gazzetta universale, n. 76, 21 settembre 1779, p. 612; demolita nel 1931). Fra vari impegni a Rieti con il capitolo della Cattedrale, verso il 1775 Schiantarelli diede consulenza per una revisione decorativa e per le dorature della cupola della cappella di S. Barbara, iniziata nel 1653 su disegno di Bernini ma inaugurata solo nel 1778 (Palmegiani, 1926).

La corte borbonica invitò Schiantarelli a coadiuvare Ferdinando Fuga nella riforma del palazzo già dei «Regi studi» (spostati nell’ex Collegio gesuitico), destinato da Ferdinando IV a «Real Accademia delle scienze e delle belle lettere» e a «Museo generale»: inedito polo culturale contemplante gabinetti scientifici e di storia naturale, una «scuola del disegno», un orto botanico, la reale stamperia, una biblioteca che riuniva la Palatina e la Gesuitica alla Farnesiana, un museo-pinacoteca d’arte antica e moderna in cui far confluire le ereditate collezioni romane di palazzo Farnese, il Museo Farnesiano di pittura e antichità di Capodimonte e l’Ercolanense di Portici.

Il presidente dell’Accademia don Michele Imperiale, principe di Francavilla, aveva incaricato Fuga sul finire del 1777, benché sgradito al primo ministro, Giuseppe Beccadelli marchese della Sambuca, per «maniera dispendiosa» e senile inabilità operativa (in Ceci, 1906, pp. 152 s.). Affidata nel 1780 la direzione dell’opera a Schiantarelli, dal 1778 al fianco del fiorentino (morto nel 1782), il giovane architetto concordò con lui un nuovo progetto; è perciò ritenuto suo «allievo» dalla storiografia partenopea, che ne ha anticipato l’arrivo a Napoli «verso il 1762» (Id., 1921, p. 92) ovvero nel 1776 (Divenuto, 1984, p. 175). Lavorò quindi alla soprelevazione del palazzo e sino al 1798 alla problematica organizzazione del Museo reale, elaborando negli anni 1782, 1785-86, 1789, 1792 quattro progetti d’ampliamento, ciascuno in più varianti, rimasti inattuati. Oscillanti fra un retorico cinquecentismo romano gradito al re e un classicismo romantico di tono internazionale, essi studiarono di attestare alla fronte postica dapprima un «gran teatro semicircolare» internamente porticato, e, dal secondo progetto del 1785 (dopo una pausa di due anni «per mancanza di denaro»; p. 164), un raddoppio planimetrico, confermato dall’approvazione regia del terzo progetto il 28 luglio 1790. In tal caso, con opposti ingressi in quota da un «atrio corintio» (Breve descrizione, 1792), il nuovo fabbricato avrebbe accolto i musei Ercolanense e Farnesiano al livello della biblioteca e delle omonime quadrerie di pittura antica e moderna; erano previsti laboratori di restauro, alloggi per direttore e custodi, spazi per mostre temporanee, per concorsi, per raccolte di modelli e disegni. In concreto, l’architetto completò il centrale salone della biblioteca (il pavimento a riggiole fu saldato il 24 gennaio 1785 come da misura dei «regi ingegneri» Gaetano Bronzuoli e Schiantarelli; Garzya Romano, 1978, p. 53), raggiungibile dal sottostante vestibolo pilastrato, già svisato da Fuga in tre corridoi, salendo per lo scalone ridefinito nel 1782 nella mezza tholos dell’ex «teatro letterario» (Divenuto, 1984, figg. 14-17). Chiusa a fine decennio col placet dell’Accademia romana di S. Luca la polemica sullo stravolgimento del monumento architettonico di Giulio Cesare Fontana con la prevista «costruzione del secondo piano» (Ceci, 1906, p. 155), fu «terminata tutta l’ossatura della fabbrica» (Celano, 17924, p. 98) con la soprelevazione delle ali porticate e l’arrangiamento cinquecentista delle fronti. Disposta nel marzo 1791 la creazione di un osservatorio astronomico e di una meridiana, l’intrapresa torre della specola restò interrotta poco sopra le fondazioni nell’angolo nordorientale del palazzo; la meridiana fu realizzata nel pavimento della biblioteca come fascia diagonale punteggiata da ovali con i segni dello zodiaco, ritenuti dipinti da Johann Heinrich Wilhelm Tischbein, che dirigeva «lavori di pittura in alcune sale» e l’Accademia d’arte (Divenuto, 1984, pp. 57 s.). Fu studiata la sistemazione delle accademie di pittura e scultura e d’architettura nelle «sale a pian terreno» ai lati dell’ingresso (Breve descrizione, 1792, p. 69), e si provvide ad allestire al piano nobile i «Musei Farnese ed Ercolano in diverse stanze, adornate da un gran numero di colonne di verde antico» (Sigismondo, 1789, p. 88), secondo Istruzioni regie trasmesse il 2 marzo 1785 all’architetto dal curatore museale, il pittore Jakob Philipp Hackert (Divenuto, 1984, doc. 9, in partic. pp. 165 s.). Schiantarelli curò nel 1787 il trasporto via mare di una prima serie di sculture dell’eredità farnesiana, partendo il 28 luglio da Roma (con «l’abil ebanista sig. Crispi», da impiegare nella «nuova fabbrica del Museo», fors’anche per badare ai cassoni lignei; Notizie del mondo, n. 63, 8 agosto 1787), in missione con il marchese Domenico Venuti, soprintendente ai restauri dei marmi; l’incarico della sistemazione «interina» nella «fabrica de’ Regi dismessi Studi» non ottenne, per problemi più o meno contingenti, se non il lungo protrarsi di una situazione precaria e confusa; solo nel 1797 Schiantarelli poté elaborare per il celebre Ercole Farnese un idoneo basamento e adattare un locale del «Real Museo»: «una delle meno infelici stanze», designata già dieci anni prima, nella quale, come scrisse l’architetto a Venuti il 29 dicembre 1787, non s’era potuta collocare subito la statua colossale («che formò l’ammirazione e la Scuola delle belle arti in Roma, ed ora ne forma il pianto»), perché, liberata dal cassone in cui giacque in orizzontale, si riscontrarono sfasature ai giunti di restauro del braccio sinistro con la spalla e delle gambe originarie, cedute al Borbone dal principe Marcantonio Borghese e restituite alla statua nel laboratorio romano di Carlo Albacini (De Franciscis, 1944-1946, pp. 178-181, 193 s.). In generale, i limiti di spazio indussero a scelte improprie, come per i locali dei laboratori di restauro e della scuola di disegno, rimediati chiudendo i portici dei cortili, e peraltro Schiantarelli non ne trovò per l’Accademia di scienze e lettere, come osservò Francesco Maresca, succedutogli nel giugno 1801, nella relazione a un progetto d’ampliamento pure rimasto sulla carta (Ceci, 1906, pp. 154-157).

L’onorevole ma spinoso incarico patì reiterate sospensioni, in «un clima di diffidenza e di soprusi» (Divenuto, 1984, p. 69). Nel 1783 fu imposto a Schiantarelli di far parte della spedizione della Reale Accademia delle scienze e belle lettere in Calabria meridionale e nel Messinese, colpiti tra febbraio e marzo da un fortissimo terremoto: tale assenza di qualche mese fu di «grave danno» per i «suoi interessi» e «la sua famiglia» (doc. 9, in partic. p. 162). Avuta, in partenza, «una patente di accademico socio ascritto a tutte le classi, col carattere di socio direttore de’ disegni della Reale Accademia» di Napoli, rilasciata dal presidente, Antonio Pignatelli principe di Belmonte (ibid.), Schiantarelli diresse la documentazione grafica per il resoconto del segretario Michele Sarcone, pubblicato nel 1784: prima ricognizione scientifica del genere. Delle 68 tavole incise in rame da Antonio Zaballi, selezionate dal Belmonte fra le 86 disegnate «dal vero» e a colori, circa la metà è firmata dall’«architetto direttore» e le altre dall’architetto Ignazio Stile, tranne alcune anonime da riferire a Bernardino Rulli, secondo «disegnatore».

Il filtro pittoresco al resoconto grafico del «tremoto» non ne attenuò l’obiettività. Vedute come quelle del Palazzo Reale, della Palazzata e del Campanile e prospetto del Duomo di Messina devastati (tavv. LVIII-LXIV), e delle stupefacenti stimmate tettoniche del paesaggio, stravolsero il comune senso estetico delle rovine e dell’accidentata natura. Due vedute della calabra Polistena distrutta e in ricostruzione in pianura (tavv. XVII-XVIII) hanno causato l’equivoco della paternità di Schiantarelli per il nuovo insediamento, da ascrivere invece fra gli interventi del Real corpo degli ingegneri militari nelle aree colpite.

Il coinvolgimento dell’architetto nella rischiosa spedizione è stato riferito all’«intento» della corte «di allontanarlo» dall’impresa napoletana; il maggiordomo maggiore del re, lo stesso principe di Belmonte, artefice della sua partenza, tentò «di sostituirlo in quel cantiere con il proprio architetto di fiducia Gaetano Bronzuoli» anche dopo il rientro dalla Calabria (ibid., pp. 69, 84, 162). Un nuovo incarico regio, il progetto di un lazzaretto «sporco» per Messina a complemento di quello riattivato da Ferdinando IV nel gennaio 1786 dopo i danni del terremoto, comportò lo studio di analoghe strutture, documentato da otto delle dieci tavole (non datate) incise da Aniello Cataneo su disegni di Schiantarelli, e conservate presso la Biblioteca Nazionale di Napoli (ibid., figg. 69-78). Vi figurano i «semplici impianti di Corfù, Zante, Malta», il messinese (detto «di osservazione»), i «più complessi» tre lazzaretti livornesi, il pentagono vanvitelliano di Ancona, il lazzaretto ideato e pubblicato da John Howard nella sua indagine sulle strutture europee uscita a Londra nel 1789, e infine il progetto in questione, d’impianto ottagono con ampio avancorpo rettangolare, inattuato (pp. 89-92).

Da Pietroburgo Giacomo Quarenghi, architetto della corte imperiale dal 1779, scrisse il 18 gennaio 1784 all’abate Vincenzo Corazza, istitutore dei figli di Ferdinando IV, chiedendogli di dare sue «nuove» all’«amico» Pompeo (Böhmig, 2008, p. 162). Il regio architetto, assistente fra il 1779 e il 1781 di Mario Gioffredo ai «miglioramenti» del palazzo Gravina, di proprietà del cardinale Domenico Orsini (Divenuto, 1984, doc. 1), vantava rilevanti incarichi dall’aristocrazia di corte per «riattazioni» e nuove realizzazioni palaziali e di «delizie». Al suo trasferimento partenopeo non prima del febbraio 1778 seguì quella che è ritenuta «la prima opera napoletana certa» (p. 95), tuttora datata «verso il 1776» (Nocerino, 1787): la villa di Scipione Lancellotti principe di Lauro a Portici, di tono romano vignolesco. Da Fuga ereditò, fra l’altro, i lavori per il principe di Caramanico, Francesco d’Aquino, al palazzo napoletano (perduti gli interni originali) e alla villa di San Giorgio a Cremano (1782-87), per il cui giardino fra il 1783 e il 1784 elaborò «grottoni e grillaggi» (Divenuto, 1984, doc. 3; Garzya Romano, 1978, pp. 64 s.) di un parterre come sole raggiante, alludente al ruolo del principe quale gran-maestro dell’Oriente di Napoli. Fra il 1782 e il 1783 risistemò il palazzo di Camilla Caitana, duchessa di Traetto alla Sanità. Per la marchesa Maria Arezzo Patrizi fra il 1784 e il 1785 progettò ed eresse un «casino» (scomparso) in un «podere sito in Castellone nel luogo detto Rialdo», presso Gaeta (cit. in Garzya Romano, 1978, p. 65). Curò «nuove riattazioni» e decorazioni interne agli appartamenti del palazzo dei Cattaneo di San Nicandro in via Stella (1785-89) e lavorò per quello baronale di Pomigliano d’Arco (del 1787 è un suo «camino di marmo bianco statuario» eseguito da Vincenzo D’Adamo; Divenuto, 1984, doc. 6). Scomparso nel 1785 Gioffredo, progettista della riforma del palazzo napoletano a Chiaia di don Tommaso d’Avalos marchese del Vasto e di Pescara, l’architetto romano sottoscrisse misure negli anni 1787, 1789, 1791, 1796 (Luise, 2012, p. 296) e nel 1798 attese a imprecisate opere, forse dopo la caduta di «varie soffitte» nel 1797 (Napoli Signorelli, 1921, p. 92); sempre per il D’Avalos «piombò il pavimento di una magnifica galleria di stucchi eccellenti» (ibid.) e progettò nel 1793 «un nuovo molino ad acqua da stabilirsi nel fiume Pescara in Abruzzo» (Morelli, 1826; Luise, 2012, p. 256). Terminò nel 1794 la riforma del palazzo di Filippo Lieto principe di Polignano in via Toledo, costruzione avviata nel 1754 dal duca padre, come da epigrafe sul portale nella torreggiante fronte a tre assi. Il sintetico cinquecentismo e il modello di serrata matrice di cornici, cantoni di bugne piatte e catene di finestre a rivestimento del netto dado edilizio di palazzo Lieto attestano l’autografia di tre palazzi in via Foria dirimpetto all’Orto botanico, dotati di «tre diverse soluzioni di scale aperte», riferiti a Schiantarelli e «allievi» (Divenuto, 1984, pp. 105-108 e figg. 94-100). Nel 1798 l’architetto lavorava al completamento del palazzo del principe Marcantonio Doria, principe d’Angri, in via Toledo e al giardino del castello di Angri.

Scarse notizie attengono alla famiglia reale. Mentre fra il 1785 e il 1786 Carlo Vanvitelli secondava a Caserta la passione della regina per i giardini all’inglese, Schiantarelli fu inviato a Roma a vedere quanto creava il paesaggista veneziano Francesco Bettini negli Orti di Raffaello del cardinale Giuseppe Maria Doria Pamphilj, fuori Porta Pinciana (Heimbürger Ravalli, 1976, p. 222); nell’occasione si offrì di curare l’edizione riveduta, che non ebbe seguito, della proposta presentata in Francia nel 1784 da Bettini di un giardino anglo-franco-cinese, ideato per la villa padovana dell’ambasciatore Andrea Dolfin (Ead., 1981, p. 51). Per la festa da ballo data a Napoli la sera del 18 agosto 1790 nella «Villa Reale, ossia Touillerie», dall’ambasciatore austriaco principe Francesco Ruspoli, latore della «richiesta delle due principesse primogenite in spose dell’arciduca Francesco e arciduca Ferdinando» (Gazzetta universale, n. 68, 24 agosto 1790, pp. 543 s.), l’architetto allestì «un’immensa galleria, che comunicava a varj appartamenti» (n. 70, 31 agosto 1790, p. 559). Alla poco congruente proposta progettuale di Alexandre-Théodore Brogniart per la riforma del palazzo Cellamare a Chiaia (di Maria Eleonora Caracciolo, principessa della Villa, dal 1782 affittato alla regina), sottopostagli nel 1789 per un parere dal marchese del Vasto, nuovo maggiordomo maggiore del re, Schiantarelli presentò un coerente progetto d’ampliamento, che ai peristilî dell’allievo di Blondel e Boullée oppose una severa sodezza romana (Divenuto, 1984, figg. 114-120). Fra gli incarichi regi e governativi, nel 1802 l’architetto menzionò lavori al Palazzo Reale e all’annesso teatro di S. Carlo, non individuati.

Fra gli impegni pubblici, un suo progetto del settembre 1782, presentato un mese dopo l’incarico del Tribunale della Fortificazione, stabilì nel sito triangolare «a mano destra all’uscire» dall’appena demolita porta di Chiaia il palazzo d’affitto detto Miranda (poi Medici d’Ottajano; ibid., pp. 103-105 e figg. 90-92), e «nel lato opposto» il palazzo S. Arpino, mentre la «demolizione della Porta» e le costruzioni spettarono agli «ingegneri» del Tribunale, Gaetano Barba e Pasquale de Simone (doc. in Pignatelli, 2006, pp. 144, 156). Fra il 1793 e il 1795 Schiantarelli fu «architetto direttore» della riforma dell’ex convento di S. Francesco di Paola fuori Porta Capuana a «ospedale dei poveri carcerati» (Divenuto, 1984, doc. 7).

In ambito ecclesiale e religioso, dal 1780 Schiantarelli intervenne nel complesso di S. Maria Maddalena de’ Pazzi, compiendo la chiesa del SS. Sacramento con l’«architetto del monastero» Orazio Salerno, dopo aver revisionato nel 1781 il progetto di Giuseppe Astarita posto in esecuzione dal 1770 con la successiva consulenza di Fuga (1774-80) e di Carlo Vanvitelli (1782; ibid., doc. 4); «l’unico ambiente rimasto, sia pure in parte, [...] è il comunichino» (p. 175 e figg. 86-87). Il «regio ingegnere» seguì anche i lavori dell’annesso educandato (1785-93), e negli anni 1790, 1792 e 1793 curò le «macchine» delle Quarantore per la nuova chiesa delle carmelitane. Si occupò del restauro della cappella gentilizia San Nicandro nella chiesa di S. Maria della Stella, dei padri minimi, in corso nell’ottobre 1787 (Pinto, 2018, p. 1574): gli si riferisce perciò il monumento marmoreo di Domenico Cattaneo principe di San Nicandro, morto nel dicembre 1782, aio del re nella reggenza della minorità, distrutto con la chiesa nei disastri bellici del 1943-44.

L’erede Francesco Cattaneo, duca di Termoli, nell’ottobre 1785, ad opera compiuta, riconobbe al «regio ingegnere» 15 scudi «per i suoi diritti alla solita ragione del 5 per cento» sui 300 pagati al mastro fabbricatore Giuseppe Chianese secondo il suo «scandaglio» (pp. 1573 s.). Un disegno a trompe l’oeil esibisce il «bel sepolcro» scolpito da Giuseppe Sammartino, con «grande urna» a vaso e allegorie dell’Educazione e della Mestizia su un severo basamento (Celano, 17924, p. 196; Causa Picone, 1974): saggio del trapasso dal classicismo rococò a una neoclassica compostezza.

Del 1783 è una perizia della cappella protoseicentesca del Tesoro di S. Gennaro in Duomo (Russo, 2014, p. 72). Nel 1787 Schiantarelli fu interpellato con Carlo Vanvitelli e Antonio de Sio per i restauri della relativa cupola danneggiata da un fulmine, stante il disaccordo d’intenti fra i progettisti: al rifacimento interno del tamburo secondo più corretti canoni, sostenuto da Gaetano Barba, Antonio de Simone opponeva il solo restauro. Replicando Barba al giudizio conservativo della commissione con quello favorevole dell’Accademia di S. Luca di Roma, lo confutò un opuscolo di Schiantarelli, consocio di quell’Accademia, provocando strascichi polemici con il soccombente, più anziano architetto: disamina convalidata da nuovi pareri di otto professori di S. Luca circa le ragioni esigenti il rispetto dell’«unità del carattere di tutta l’opera», regolata in origine per la piena visibilità della cupola affrescata: sagace «libertà» che distingue il «valente architetto dall’artista materiale» (Schiantarelli, 1787, pp. XI, XXII). Fu al contempo scartata la dispendiosa proposta di impreziosire con «emblemi», «ornamenti», «bugne piane o rilevate [...] su l’idea antica» la facciata del Duomo ([D’Onofrj], 1788, p. 42, nota a), restaurata fra il 1787 e il 1788 dall’architetto del capitolo Tommaso Senese in tono con la chiesa gotica.

Schiantarelli ebbe il titolo di accademico di merito di S. Luca il 3 giugno 1787 grazie al favore riscosso dal secondo progetto del Museo reale, presentato nel 1786 all’Accademia romana. Ritenuto maestro di «gusto attico», diede lezioni di architettura ad allievi aristocratici quale il giovane principe Diego Ferrante d’Avalos (Giornale, 1797, p. 107), formando inoltre validi collaboratori come Leopoldo Laperuta e Giuliano De Fazio, entrambi di Portici.

Da tempo «membro della libera muratoria napoletana» (Di Castiglione, 2006, p. 545), nella prima metà del 1799 fu architetto ufficiale della Repubblica Napoletana: adattò il Palazzo Nazionale, già Reale, a sede degli uffici amministrativi dipartimentali, quello dell’ex ministro Acton a residenza del generale in capo dell’armata francese, la Panatica a gendarmeria (Nappi, 1999). Dalla restaurazione, in giugno, la sua carriera declinò repentinamente. Si ha notizia del solo «disegno della macchina» allestita nel novembre 1801 in S. Luigi dei minimi di S. Francesco di Paola e offerta dalla truppa urbana di fanteria e cavalleria per la messa di suffragio per l’arciduchessa Maria Clementina d’Asburgo Lorena, sposa del principe ereditario Francesco, morta il 15 di quel mese (D’Onofrj [1802], p. 68). Gravato da forti debiti, fece istanza circa i crediti non riscossi sia per i «vecchi Studi, che per li disegni ed altro in occasione de’ tremuoti di Calabria», nonché «per tutte le altre fatiche riguardanti il Teatro Reale, Castello Nuovo, questo Reale Palazzo, Carceri della Vicaria ed altro», e nell’aprile 1802 il governo borbonico gli assicurò «la dilazione di quattro mesi» di «salvaguardia» dai creditori e l’impegno a soddisfarli dei milletrecentoquarantuno ducati dovuti; l’anziano architetto chiese il 24 settembre 1802 un’ulteriore «proroga della moratoria» (Divenuto, 1984, doc. 10).

Morto poi in data imprecisata, nel 1805 la vedova ne consegnò alla Regia Camera della Sommaria «scritture [...] disegni e carte» attestanti i crediti (ibid., doc. 9): procedura sfumata nel 1806 con il rovesciamento murattiano del governo borbonico.

Fonti e Bibl.: Orazione e componimenti poetici in lode delle belle arti. Relazione del solenne concorso e della distribuzione de’ premi celebrata sul Campidoglio dall’Insigne Accademia del Disegno in S. Luca il dì 24 novembre 1766..., Roma [1766], p. 18; Gazzetta universale, n. 76, 21 settembre 1779, p. 612; [M. Sarcone], Istoria de’ fenomeni del tremoto avvenuto nelle Calabrie e nel Valdemone nell’anno 1783..., Napoli 1784, pp. XIII, 226, 385 s.; Descrizione della tomba dell’eccellentissimo d. Domenico Cattaneo fu principe di S. Nicandro, in Giornale enciclopedico di Napoli, I, settembre 1785, pp. 34-40; N. Nocerino, La Real Villa di Portici, Napoli 1787, p. 112; Notizie del mondo, n. 63, 8 agosto 1787, p. n.n.; P. S., Relazione ingenua del giudizio dato intorno al ristauro della cappella di S. Gennaro nel Duomo di Napoli al rispettabile collegio dell’insigne Accademia di S. Luca in Roma..., Roma 1787; [P. d’Onofrj], Succinte notizie intorno alla facciata della Chiesa Cattedrale napoletana..., [Napoli 1788], p. 42; G. Sigismondo, Descrizione della città di Napoli e suoi borghi, III, Napoli 1789, pp. 88 s.; Gazzetta universale, n. 70, 31 agosto 1790, p. 559; Breve descrizione della città di Napoli e del suo contorno, Napoli 1792, pp. 69-71; C. Celano, Delle notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli..., Napoli 17924Giornata settima, pp. 98, 100, 196; Giornale letterario di Napoli..., LXXXII, Napoli 1797, p. 107; A S.A.R. Francesco Gennaro de’ Borboni principe ereditario delle Due Sicilie inconsolabile per la immatura perdita di Maria Clementina arciduchessa austriaca sua sposa amatissima questo sepolcral elogio che la virtuosa di lei vita accenna P. d’O[nofrj] della congregazione dell’Oratorio umilmente dedica offre consacra, [Napoli 1802]; N. Morelli, Biografia dei contemporanei del Regno di Napoli chiari per iscienze, lettere, armi ed arti del volgente sec. XIX, I, Napoli 1826, p. 157; G. Ceci, Il Palazzo degli Studi. Parte III, in Napoli nobilissima, XV (1906), pp. 151-157; P. Napoli Signorelli (note di G. Ceci), Gli artisti napoletani della seconda metà del secolo XVIIIibid., s. 2, II (1921), pp. 90-93 (in partic. p. 92); F. Palmegiani, La Cattedrale basilica di Rieti..., Roma 1926, p. 36; A. De Franciscis, Per la storia del Museo Nazionale di Napoli, in Archivio storico per le Province Napoletane, n.s., XXX (1944-1946), pp. 169-200 (in partic. pp. 178-181, 193 s.); A. Venditti, Architettura neoclassica a Napoli, Napoli 1961, pp. 58, 72, 74, 78, 80, 106, 148; G.E. Rubino, La sistemazione del Museo Borbonico di Napoli nei disegni di Fuga e Schiantarelli (1777-1779), in Napoli nobilissima, s. 3, XII (1973), pp. 125-144; M. Causa Picone, Disegni della Società Napoletana di Storia Patria, Napoli 1974, p. 174; I disegni di architettura dell’Archivio Storico dell’Accademia di San Luca, a cura di P. Marconi - A. Cipriani - E. Valeriani, I, Roma 1974, nn. 641-646; M. Heimbürger Ravalli, Francesco Bettini e l’introduzione del giardino romantico a Roma, in Studia romana in honorem Petri Krarup septuagenarii, a cura di K. Ascani et al., Odense 1976, pp. 213-225 (in partic. p. 222); C. Garzya Romano, Interni neoclassici a Napoli, Napoli 1978, pp. 47, 53, 64 s., 161, 184; M. Heimbürger Ravalli, Disegni di giardini e opere minori di un artista del ’700: Francesco Bettini, Firenze 1981, pp. 51, 98; F. Divenuto, P. S. Ricerca ed architettura nel secondo Settecento napoletano, Napoli 1984; Id., Alexandre-Théodore Brongniart ed il progetto della «maison de plaisance» per il re di Napoli, in I disegni d’archivio negli studi di storia dell’architettura. Atti del convegno... 1991, a cura di G. Alisio et al., Napoli 1994, pp. 121-124; A. Tosti, La casa dei Paolotti in Via di S. Chiara, in Roma, le case, la città, a cura di E. Debenedetti, Roma 1998, pp. 359-364; E. Nappi, Banchi e finanze della Repubblica Napoletana, Napoli 1999, pp. 47, 49, 85, 110 s., 113; Ch.M. Grafinger, Die Ausleihe vatikanischer Handschriften und Druckwerke: 18. Jahrhundert, II, Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano 2002, p. 239; S. Costanzo, La Scuola del Vanvitelli. Dai primi collaboratori del Maestro all’opera dei suoi seguaci, Napoli 2006, pp. 216-218, 239 s., 321-326, 344 s.; R. Di Castiglione, La Massoneria nelle Due Sicilie e i «fratelli» meridionali del ’700, Roma 2006, pp. 235, 544 s.; G. Pignatelli, Napoli tra il disfar delle mura e l’innalzamento del muro finanziere, Firenze 2006, pp. 115, 144, 148, 156, 161; I. Corsetti, S., P., in Architetti e ingegneri a confronto. L’immagine di Roma fra Clemente XIII e Pio VII, III, a cura di E. Debenedetti, Roma 2008, pp. 235-237; M. Böhmig, Le lettere di Giacomo Quarenghi all’abate Vincenzo Corazza (1779-1788), in Bergomum, CII (2008), pp. 137-168 (in partic. p. 162); V. Marazza, P. S. nel cantiere settecentesco della chiesa di San Michele Arcangelo a Castel Madama, in Quaderni degli Archivi Storici Comunali associati di Castel Madama e Vicovaro, II (2008), pp. 23-31; F. Luise, L’archivio privato D’Avalos, Napoli 2012, pp. 256, 296, 317; G. Capriotti, «...non sono spese da Provincia». L’attività di Anton Maria Garbi e Tommaso Appiotti nella Galleria di Lanciano e la committenza artistica di Alessandro Bandini Collaterali, in Il capitale culturale, X (2014), in rete, pp. 945-966; V. Russo, «Et piglia forma della volta del Cielo». Il cantiere seicentesco della cupola della Cappella del Tesoro di San Gennaro, in San Gennaro patrono delle arti. Conversazioni in cappella 2014, a cura di S. Causa, Napoli 2014, pp. 54-75 (in partic. p. 72); A. Pinto, Raccolta di notizie per la storia, arte, architettura di Napoli e contorni, 2.2, Luoghi (Fuori del Centro antico), 2018, pp. 1573 s. (www.fedoa.unina.it).

lunedì 25 giugno 2012

TONNARA DI BIVONA: IL COMUNE E' PIU' VIRTUOSO DELLA REGIONE CALABRIA. SPESI SOLO 666 EURO PER SBANDIERARE LA SEDE DEI VIGILI!!!

due bandiere all'interno della sala riunione vigili
La notizia che la Regione Calabria abbia acquistato dieci  bandiere da sistemare negli uffici più importanti di Palazzo Campanella, spendendo la modica cifra 12.148 euro, iva inclusa [VEDI LINK], in barba ad ogni moderna spending review, obbliga ad accostarvi immediatamente la notizia che anche il nostro comune, quello di Vibo Valentia ha recentemente fatto lo stesso tipo di acquisto.
due bandiere all'esterno della tonnara
Per rendere più sbandierante il giorno dell'inaugurazione della consegna dei locali della Tonnara di Bivona (ricordiamo monumento vincolato e demanio statale) ai Vigili Urbani, avvenuta il 13 agosto dello scorso anno, ha pensato bene di esporre permanentemente 2 bandiere italiane e 2 della Comunità Europea. In verità eravamo convinti si trattasse di un riuso, visto che in qualche modo quella improvvisa destinazione era stata fatta senza alcun parere della Soprintendenza ai Beni Monumentali nè concessione d'uso del Demanio.
In realtà eravamo stati tratti in inganno dal fatto di non vedere citate le 4 bandiere tra le spese per la pulizia straordinaria dei locali e quelle per l'acquisto della dotazione informatica e della mobilia degli uffici dei vigili: insomma avevamo dato per scontato che almeno per le bandiere si trattasse del virtuoso riciclo di quattro delle tante bandiere che in qualche modo erano depositato in qualche polveroso deposito comunale.
Invece no.  Qualche giorno fa ritroviamo il Kit delle bandiere italiane ed europee citate in una determina del mese scorso, per un importo complessivo di euro 666,00 iva inclusa.
Il mese e l'anno di pagamento son dunque gli stessi di quelli della Determina del Consiglio Regionale, vuoi vedere che uguale è anche il principio della rappresentatività istituzionale?



Certo, fatte le dovute proporzioni di bilancio tra Comune di Vibo e Regione, la spesa è altrettanto importante e forse non sarebbe sfuggita ad una locale spending review, ma quello che rende paradossale il loro sventolio istituzionale ...  è proprio che quella inaugurazione si è dimostrata una vera e propria occupazione, non avendo il Comune nè richiesto e nè avuto in concessione quei locali, nè ha mai richiesto nè a mai avuto alcuna autorizzazione a quel tipo di uso da parte della competente Soprintendenza! Al pari degli usi concessi a terzi (questo è ancor più sorprendente!), come  fosse possibile dare legittimamente in subconcessione locali che non hai assolutamente in concessione!
Se quelle bandiere sono state acquistate per sbandierare il proprio saper fare ... beh! Sono state somme proprio buttate al vento!
Così come al vento sembrano buttate le parole di quanti, come noi, ritengono che questo modo di fare vada al più presto sanato, per valorizzare una Tonnara? Non lo sappiamo. Di certo è che in questo anno, quello che è un bene identitario della città,  ha perso gran parte del suo valore per gli usi illegittimi e non conformi ai finanziamenti ottenuti per il suo restauro! Per non parlare degli antichi barconi rimasti all'esterno ormai marciti, diventati ormai simbolo di una sorda e cieca ignoranza! 
Insomma tra atti illegittimi ed omissione di atti, l'unica cosa da sbandierare su quel monumento svilito è l'irresponsabilità con la quale si trattano i beni che appartengono ... questi si, alla storia della cultura italiana!
Per completare l'informazione riportiamo l'ennesimo articolo sulla paradossale vicenda della Tonnara di Bivona (ai quali da un anno non vi è mai stata replica o smentita!) apparso sulle pagine del Il Quotidiano del 18 giugno scorso ...  unitamente alla determina d'acquisto del kit di bandiere!
Viva l'Italia e Viva l'Europa!




venerdì 11 maggio 2012

TONNARA DI BIVONA: DA IERI L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE CONOSCE UFFICIALMENTE IL D.L. 85/2010!





Apprendiamo dalla stampa che nei giorni scorsi la Fondazione Carical ha promosso un incontro al quale hanno partecipato rappresentanti dell'Anci e di Mecenate 90, per sottoscrivere una convenzione utile a sostenere, anche economicamente, gli enti locali nelle richieste di utilizzo e valorizzazione dei beni demaniali monumentali, da inviare allo Stato per la gestione dei Beni Demaniali.
La Fondazione, ribadendo che la condizione per il trasferimento dallo Stato agli Enti Locali è che questi siano mantenuti e valorizzati con un progetto ben definito, è rimasta positivamente colpita dal numero delle richieste avanzate dal Comune di Vibo Valentia, uno dei soli due comuni intervenuti.
Noi,   che da un anno ormai abbiamo illustrato obblighi e vantaggi del Decreto Legislativo 85/2010, in particolare riferendoci alla paradossale vicenda della Tonnara di Bivona, continuiamo ad augurarci  che l'incontro possa aver aperto la mente ai nostri amministratori.
E' certo comunque che da ieri, dalla data di quell'incontro nella sede della Fondazione Carical a cui ha partecipato il nostro Assessore alla Cultura (vedi filmato),  nessuno a Vibo Valentia può più far finta che il Decreto Legislativo che disciplina i modi e le forme con cui gestire i Beni Demaniali, non esista! Certo, localmente a nulla sono valse le denuce, a nulla le interpellanze ed a nulla la discussione in Consiglio Comunale ... e le prospettive non sono molto entusiasmanti. Anche i  resoconti di stampa non sono forieri di notizie positive: tra le 6 proposte di assistenza avanzate figura, ad esempio,  il Castello di Bivona, che seppur sottoposto a vincolo risulta sia stato acquistato dal Comune proprio lo scorso anno, mentre ahinoi sembra non compaia ... proprio la Tonnara di Bivona, che attualmente non risulta nemmeno essergli data in concessione!
C'è da sperare sia un refuso di stampa ... o siamo destinati a restare vittime dell'incapacità?


martedì 24 aprile 2012

TONNARA DI BIVONA: IN ITALIA E' IL PRIMO BENE "CONFISCATO"... ALLO STATO!!!

Come ben dice don Giacomo Panizza, i beni confiscati alla mafia, non sono solo beni economici. Sono di più, hanno una forte carica simbolica, sono beni “posizionali”, attraverso i quali la mafia ostenta potenza e prepotenza. Per tale ragione una volta confiscati il loro riuso non può che essere da "bene relazionale”, idonei a mettere in rapporto e in collaborazione persone e gruppi, enti e istituzioni. Così andrebbero considerati, perché così essi parlano e insegnano.

Con la Tonnara di Bivona accade il contrario: il Bene Monumentale Demaniale paradossalmente ... si può ben affermare che ad oggi rappresenti il primo bene "confiscato" allo Stato.


Ovviamente il dramma non è solo che tal tipo di "confisca" si possa rivelare come illegittima, ma che il suo "riuso" avviene appunto in modo "posizionale": in maniera del tutto autoreferenziale, viene usata per rieducare la "comunità divisa" a restare tale, ostentando la pre-potenza e la potenza della politica!
link: http://www.gazzettadelsud.it/NotiziaArchivio.aspx?art=54419&Edizione=11&A=20120424


Murales a Favelloni

martedì 20 marzo 2012

TONNARA DI BIVONA: LA STORIA NON SI PUO' NASCONDERE...

Bivona 1892 - 1: Tonnaja Vecchia; 2: Tonnaja Nuova 
Pochi conoscono la Tonnara di Bivona, la sua storia ed il suo valore monumentale; ancor meno sono coloro che conoscono la storia della Tonnara precedente... alla attuale Tonnara (Scarica il libro gratuitamente!)
Alla fine dell'800 il nucleo abitativo di Bivona era costituito addirittura solo dalle due Tonnare, la Vecchia e la Nuova, ed intorno ad esse v'era solo arenile e terra aratoria.


Crediamo di fare cosa utile nel far "vedere" qual'era l'antica disposizione delle due Tonnare pubblicando l'immagine di una PLANIMETRIA redatta il 23 luglio 1892 dal Perito Geometra Francesco RAHO, Ricevitore del Registro di Monteleone, per localizzare "due zone di terreno arenile siti nella Marina di Bivona, venduti dal Demanio dello Stato al Sig. PICCOLO Vincenzo di Giuseppe da S. Pietro". Un disegno particolareggiato, con tanto di "schizzo delle sue adiacenze col passaggio della ferrovia" e tra questa... ecco apparire le due tonnare!
Incredibile vero? La planimetria è una recente quanto inedita scoperta d'archivio, ma la divulghiamo con piacere. Nel 1892 Bivona di S. Pietro era costituita urbanisticamentesolo da due Tonnare divise tra loro dalla linea ferroviaria! Oggi potete facilmente collocare i palazzi che occupano l'area dell'antica tonnara (vedi GoogleMaps) e tutti quelli che circondano la nuova!
Bivona nel 2012 - 1: Tonnara scomparsa; 2: Tonnara salvata
Solo pochissime persone, le più anziane sopravvissute al boom delle seconde case, ne ricordano i resti: della tonnara antica, meno monumentale ma ben più grande e possente, non è rimasto più nulla, nel silenzio più totale degli stessi abitanti di Bivona. Questo dimostra che l'essere residenti in quel sito non è affatto garanzia della sopravvivenza della seconda ... anzi, il contrario.
La cosa incredibile che paradossalmente dopo 117 anni dalla redazione di questa mappa, nonostante i tanti soldi spesi dal 1990 per il suo recupero, la Tonnara rimane vittima di un destino "irrecuperabile".
Il 30 marzo scadrà la proroga (di 90gg.) della convenzione provvisoria (90gg.), d'uso della Casa del Rais, mentre non vi sono notizie sul temporaneo "posto fisso" di Polizia Municipale, che comprende l'intero primo piano del monumento. Sembra che entrambi gli usi provvisori saranno provvisoriamente prorogati, mentre nessun passo è stato compiuto per ripristinare la legittimità degli attuali usi. E' incredibile l'imprudenza della politica, che nel silenzio pretende di nasconderne la storia ... come se la storia possa essere nascosta!


sabato 10 marzo 2012

TONNARA DI BIVONA: UN "PIENO" DI PESCATORI ... MENTRE I CONSIGLIERI COMUNALI "DESERTANO"!!!

E' stato emozionante oggi vedere la Tonnara di Bivona strapiena di pescatori provenienti dall'intero compartimento marittimo. E' stato come vedere una visione  "prendere corpo": la Tonnara che diventa luogo in cui  l'intera comunità marittima regionale avvia percorsi di recupero delle identità e concretizzi percorsi di valorizzazione.
Questa ottima occasione, ovviamente la si deve al Comandante Marzio, della Capitaneria di Porto, che unitamente all'Ufficiale Pesca ed al Nostromo del Porto, hanno scelto i locali della Tonnara come sede di un importante incontro con le associazioni dei pescatori riunite nell'ACI - Alleanza Cooperative Italiane (Lega Pesca/Legacoop - Federcoopesca/Confcooperative e Agci/Agrital), incontro utile per infomare e rendere operativo il Piano di Gestione Locale del versante tirrenico della Calabria, che si prospetta come una grande opportunita' per integrare attivamente i pescatori nelle complesse e multisettoriali strategie di gestione delle risorse del mare.

Ovviamente all'incontro non c'era nessuno dell'Amministrazione Comunale, ed è stato un peccato perchè era l'occasione giusta per comprendere quante occasioni  l'uso illegittimo di quel monumento potrebbe impedire se non addirittura far perdere! Ricordiamo, nella speranza che qualcuno voglia finalmente usare la testa, che tantissime sono le opportunità in gioco, tutte legate, oltre ai PGL del quale si è discusso oggi, all'uso dei Fondi Europei della pesca Fep/Gac - con capofila proprio il Parco Marino Regionale "Costa degli Dei" - che da qui al 2020 programmerà e concretizzerà il futuro sviluppo del nostro compartimento marittimo in attività da proporre capaci di mantenere la prosperità economica e sociale del territorio costiero; per preservare e incrementare l’occupazione nelle zone di pesca sostenendo la diversificazione e l'ecocompatibilità del settore; per promuovere la qualità dell’ambiente e la cultura del mare;  rivitalizzare e sviluppare i paesi costieri con storiche attività pesca; preservare e migliorare il patrimonio naturale e architettonico. 

Insomma, ci sarebbe tanta attività da compiere, tanto da trasformare gli storici locali della Tonnara in un vero e proprio "cantiere aperto" di idee e programmi utili a dare un forte impulso culturale e umano, tale da rendere la nostra città un esempio europeo di buona prassi! Tra l'altro, nel GAC "Costa degli Dei" un progetto da implementare è tutto legato al Museo della Tonnara, con risorse spendibili proprio per valorizzare la nostra cultura del mare. Certo, qualcuno dell'amministrazione comunale avrà chiesto all'associazione "x" (che fino al 30 marzo ha in concessione provvisoria 1/3 della Tonnara) di ospitare l'evento, perchè in verità l'uso finora fattone è stato ben diverso.
Abbiamo infatti assistito inebetiti nei giorni scorsi a sfilate di mascherine carnevalesche, ed a conferenze stampa legate alla manifestazione contro la stessa amministrazione comunale (manifestazione giustissima del resto, ma la scelta del sito era tutt'altro che opportuna!) della quale abbiamo detto nel post scorso!
Così come ancora inebetiti assistiamo a quella che è proprio un'indebita occupazione di un intero piano della Tonnara per un fantomatico "posto fisso estivo" di Polizia Municipale, che di fatto occupa i locali per 12 mesi l'anno.
E' paradossale vero,  scoprire  la sorprendente vitalità del mondo legato al mare, del tutto sottostimata da una classe politica del tutto demotivante, se non addirittura distruttiva. 
Per meglio comprendere la nostra delusione riportiamo integralmente la Deliberazione n. 9 del 28 febbraio scorso (estratta dall'Albo Pretorio Online), della seduta del Consiglio Comunale nella quale si è discusso dell'OdG del Consigliere Stefano Luciano, che con serietà ha fatto proprie tutte le nostre perplessità su quanto accade intorno all'uso di quel Monumento Identitario. Scoprirete come una seduta iniziata alle 16,00 con 29 consiglieri su 41 (sindaco compreso), con un tema importante perchè mette in discussione non solo la visione di una corretta valorizzazione del nostro monumento storico, ma anche la legittimità degli atti compiuti, ebbene ...  circa mezz'ora dopo scendono a 15 consiglieri presenti, ridottisi soltanto a 10 la mezz'ora successiva, seduta comunale che terminerà alle 18,10 per mancanza del numero legale!!!
  






Incredibile vero? Per completare il paradosso, consigliamo la lettura di una determina del settore 2 e 5, che abbiamo allegato alla fine del pdf, la quale rende noto che ... per gli arredi e le attrezzature informatiche "necessari" per allestire all'interno delle tre grandi sale espositive del primo piano della Tonnara di Bivona il fantomatico "posto fisso estivo" di Polizia Municipale, si è spesa una cifra di poco inferiore ai 7 mila euro.
Ci domandiamo: ma prima o poi, qualcuno, in questa città ... comincerà ad usare la testa? 

mercoledì 29 febbraio 2012

TONNARA DI BIVONA: SI SMETTA DI DIVIDERE E SI RICOMINCI A COSTRUIRE!

2^ Inaugurazione della Tonnara di Bivona: fisher a parete (fonte: web)
E così, inaspettatamente, la Tonnara di Bivona riesce ad entrare in Consiglio! A noi non resta che riconfermare il nostro plauso e la nostra gratitudine alla convinta determinazione con cui il consigliere comunale Stefano Luciano ha investito il Consiglio Comunale della paradossale vicenda legata alla Tonnara di Bivona.
Eravamo convinti che la discussione in Consiglio, prevista ormai da diverse settimane, del punto posto all'Odg, sarebbe stata l'occasione per chiarire la legittimità (noi parliamo sempre di questo, giammai di illeciti, per come riportato alcune volte erroneamente dai quotidiani) degli atti compiuti in relazione all'uso dell'intero complesso monumentale, ma nel leggere i quotidiani, a parte l'affermazione pura e semplice che tutto sia a posto, questo chiarimento ahinoi non è arrivato. Fortunatamente l'Odg forse approvato impegna l'amministrazione a chiarire presto la vicenda. Attenderemo fiduciosi.
Se quanto riportato dalla stampa è vero, allarma e dispiace costatare dalle parole del Capogruppo del PD Soriano, che in fondo ... l'associazione di cui è socio ha solo in uso un pezzo della Tonnara (vedi CalabriaOra), e che del resto l'ultimo finanziamento di 135mila euro si è ottenuto grazie al loro impegno, percui ... interpretiamo noi, che c'è di male c'è se quel pezzo lo gestiamo?
Questa posizione rivela un sorprendente egoismo intellettuale che nega addirittura quanto sia un valore preservarne l'integrità (tra l'altro obbligo di legge) per ogni corretta valorizzazione.
Questa visione - che alimenta separazioni anche nella nostra comunità - la consideriamo un rischio mortale per il futuro della città e dello stesso monumento.
1^ Inaugurazione Tonnara di Bivona: fishers a parete
Proprio queste parole allora ci obbligano a dare atto alla Pro Loco di Vibo Marina di aver consentito il recupero della Tonnara, di averne conseguito la tutela integrale con specifico provvedimento del Ministero dei Beni Culturali, di aver attuato iniziative utili a reperire finanziamenti per anni a fine museali (che hanno superato i 2 milioni e mezzo di euro), di aver convinto alla donazione - per tale fine - dei barconi, di averne tolto il fango dopo l'alluvione ... e di aver con lungimiranza compreso che un simile monumento, una simile struttura non poteva certamente essere correttamente e degnamente gestita e valorizzata da una associazione di volontariato locale, seppur con tante e buone intenzioni. Pensando al futuro della città e dei suoi giovani ed alla necessità di rendere la Tonnara una vera occasione culturale e sviluppo, l'associazione si è col tempo convinta che necessitasse un ente pubblico per una simile impresa, che con scopo statutario e mezzi finanziari adeguati ne programmasse il percorso di valorizzazione.
Una visione espressa più volte al Sindaco ed agli Assessori, con la giunta di destra e di sinistra, e da tutti loro condivisa, anche in incontri pubblici.
Del resto il cammino è complesso: è da perfezionare la gestione stessa della struttura demaniale monumentale, con un accordo di Valorizzazione con il Ministero; lo stesso accordo di valorizzazione presuppone una condivisione di intenti con la Soprintendenza ai Beni Monumentali; occorre reperire risorse per il restauro dei barconi (che tra l'altro sono a rischio non solo di distruzione ma anche che possano essere reclamati dagli Eredi De Riso per la scadenza della donazione finalizzata!) e l'allestimento museale; occorre avere un progetto che abbia l'opportunità di fruire di finanziamenti ed adeguati sostegni pubblici.
Del resto il Monumento ha ricevuto finanziamenti statali, regionali ed europei a tale scopo ed ogni uso difforme (anche con la parolina "temporaneo" rinnovata ogni 90gg. con delibere di giunta) - lo ripetiamo - oltre che illegittimo rappresenta un danno erariale evidente!
Non piace l'idea che a compiere questa missione sia l'Ente Regionale Parco Marino Costa degli Dei (non si spiega altrimenti la preferenza dell'associazione locale ad un ente regionale)? Si lavori allora per istituire un Ente museale apposito (Comunale o Regionale, Fondazione o Consorzio)! Cosa c'è di più creativo, unificante, culturalmente rilevante che mentre si da seguito ai nuovi lavori di recupero della Loggia, si utilizzino i locali come "laboratorio aperto di progetti" che concretizzi idee e opportunità tale scopo (c'è tutta una ricerca da concretizzare di documenti, oggetti e testimonianze) piuttosto che prendere la deriva del "frazionamento" opportunistico, con usi decisi nel ristretto cerchio dei soci di  una associazione o dell'arredatore delle stanze dei vigili, compiendo lavori all'interno inconcepibili per la sua corretta valorizzazione (vedi fishers per mobili pensili o per scaffali porta acquari, privi di senso ed autorizzazioni)!
E' forse ora di smettere di usare il prezioso Monumento per dividere e ricominciare a costruire (del resto anche per i legittimi bisogni di socializzazione, a Bivona esistono a 10 metri di distanza, gli ampi spazi dell'ex scuola elementare, ristrutturata e chiusa) ... prima che qualcuno scopra che usi diversi sono abusi, tra l'altro privi di alcuna logica pubblica e sociale!




Concludiamo il post odierno riportando l'articolo di Angelo De Luca, apparso ieri su Calabria Ora, che ricorda l'altrettanto paradossale destino dei preziosi barconi della tonnara. De resto non è tanto peregrina la possibile rinuncia degli Eredi De Riso al rinnovo della scaduta donazione (vedi link) , visto che i comportamenti dell'amministrazione fin qui resi vanno in senso opposto alla realizzazione del Museo.





martedì 14 febbraio 2012

IL CENTRODESTRA CONFERMA: NOTI ESPONENTI DEL CENTROSINISTRA ... IN MOSTRA ALLA TONNARA DI BIVONA!!!

Una Vibo Marina in lacrime fa da sfondo al radiocommento sulla ennesima inaugurazione dell'auditorium della Tonnara. Confermato così l'orizzonte culturale della scelta ... è facile prevedere che alla stessa logica partitocratica non verrà sottratto il destino del Castello di Bivona.
Terminati i lavori di restauro e collaudato da poco (la Tonnara di Bivona non ancora!), anch'esso chiuso da tempo immemorabile, a breve vedrete, gli capiterà la stessa sorte: verrà stipulata convenzione temporanea con un'altra associazione - nella quale non mancheranno d'essere iscritti anche noti esponenti dello schieramento di centrodestra.
Ovviamente anche per il Castello sarà possibile che l'associazione "ristrutturi" qualcosa a piacimento, al pari della Tonnara! In fondo son solo i soli Beni Monumentali di Bivona: uno alla sinistra e l'altro alla destra ... di chi non merita altro!

lunedì 6 febbraio 2012

ALLARME TONNARA DI BIVONA: IL COMUNE POTREBBE NON ESSERE PIU' IL PROPRIETARIO DEI BARCONI!

L'argomento del blocco edilizio ha obbligato il Consiglio Comunale a rinviare alla prossima seduta l'argomento Tonnara, e così sabato scorso, a  Bivona si è svolta la terza inaugurazione in poco meno di sei mesi. Alla inaugurazione benedicente della cappella ed a quella  posto fisso estivo della Polizia Municipale si è aggiunta l'inaugurazione della sala auditorium della Tonnara, restaurata con proprie risorse da una associazione. In quest'ultima occasione, a leggere i quotidiani locali, non si è perfettamente capito se è l'associazione locale che consegna un pezzo di tonnara al comune o se è il comune che lo consegna all'associazione, ma questo è particolare di poco conto visto che nella sostanza tutti concordano nell'affermare che è stato restituito alla collettività un prezioso bene strutturale, utile per convegni, congressi e all'occorrenza cineforum.
Emblematica foto pubblicata dalla Gazzetta del Sud del 05.02.2012
Chissà perchè questa volta ci aspettavamo un segnale ben diverso dalla manifestazione, certamente non dall'associazione, che obbiettivamente ha ben poca esperienza, quanto dall'amministrazione comunale che si è "presa" l'onere, unitamente ai cospicui contributi statali e regionali, di valorizzare in maniera efficace ed opportuna il più prezioso "bene monumentale" e "bene identitario" dell'area costiera!
Chissà perchè eravamo convinti che tra i partecipanti, o gli invitati istituzionali, fossero sollecitati ad intervenire il  Comandante della Capitaneria di Porto e il Soprintendente ai Beni Monumentali (o un suo delegato).
E' stata un'assenza pesante, che a noi rivela - più di altre assenze istituzionali - la incomprensibile volontà della Giunta Comunale di "volare basso", su questo importante bene monumentale! Sicuramente agli altri palazzi Gagliardi della città è stato dato un valore - sia nei modi che nei tempi - più alto! 
Eppure, oltre che a dare il senso di quanto si intende fare ... sarebbe stata l'occasione per definire una chiara e comune strategia, nel rispetto delle norme e dei ruoli, per perseguire in maniera efficace il percorso utile alla valorizzazione del bene che è al contempo tutelato dal Ministero dei Beni Culturali e dal Demanio.
Sarebbe stata l'occasione per attivarsi a ritrovare il Fascio Documentale dell'archivio Demaniale, relativo alla Tonnara di Bivona (che contiene preziosi documenti e planimetrie dei primi anni del '900) che, introvabile in Capitaneria,  pare sia stato consegnato ai tecnici comunali all'epoca degli ultimi lavori di restauro, utile per definirne lo stato di diritto.
Sarebbe stata l'occasione per far conoscere alla Soprintendenza gli interventi previsti nell'imminente intervento di recupero della Loggia, chiarendo con il Codice dei Beni Culturali alla mano, le competenze spettanti agli enti locali sul bene monumentale, visto che su questo argomento le perplessità sulla leggittimità sull'uso fatto in questi mesi dal comune provengono da più parti, oltre che da noi.
Niente di tutto ciò. Anzi, a leggere i resoconti giornalisti, la loro assenza emerge in tutta la sua gravità, ancor più della costatazione che la parola "museo" non sia stata nemmeno pronunciata.
Per qualcuno degli intervenuti ... quell'auditorium restaurato è "un miracolo", per qualche altro è una "una depandance di prestigio, in cui il decoro si sostituisce al degrado"; per qualche altro si è ridata "l'anima ad un corpo che ne era priva".
Prendiamo atto dunque di quest'altra assenza e seppur preferiamo pensare che solo per dimenticanza non si sia fatto cenno al suo futuro museale, ci dichiariamo certi  in tutti prevarrà l'impegno a raggiungere questo prezioso traguardo. Per tale ragione continuiamo comunque a dare il nostro fattivo contributo segnalando la necessità di attivare al più presto tutte le opportune procedure utili a salvare i preziosi barconi della tonnara.
Già, perchè proprio grazie ad una recente quanto fortunata ricerca d'archivio abbiamo scoperto che si deve ad un'altra parimenti virtuosa associazione locale la donazione - fatta dal Marchese Riccardo De Riso - di tutti i barconi della Tonnara al Comune di Vibo Valentia, nel lontano 24 settembre del 1997.
Ovviamente, per evitare agli attuali amministratori una ricerca dall'esito incerto tra le carte comunali, pubblichiamo l'atto di donazione integralmente sul nostro blog, unitamente alla lettera con la quale l'associazione sensibilizzava a tale scopo il generoso Marchese De Riso, compresi gli articoli di stampa dell'epoca.




Perchè riportiamo l'atto? Al di là del dato storico ... le ragioni sono due, entrambi allarmanti. La prima è legata alle condizioni delle imbarcazioni (in particolar modo per quelle rimaste senza protezione all'esterno della Loggia -[ricordiamo che all'intervento di copertura l'amministrazione comunale preferì effettuare la semplice recinzione dei barconi e la realizzazione di un'area giochi per bambini, assecondando la richiesta delle mamme di Bivona]), che ad oggi non hanno avuto il benchè minimo intervento di restauro. L'intervento in realtà è ormai improcrastinabile, anche perchè,  stando all'atto di donazione ed all'opportuna tutela e valorizzazione, i "Barconi della Tonnara di Pizzo e di Bivona" dovranno essere "dopo la loro restaurazione, situati presso la struttura dove sono già depositate affinchè costituiscano il nucleo iniziale del costituendo Museo multimediale della Civiltà del Mare e centro di educazione ambientale"
La seconda ragione è legata alla titolarità della proprietà, che - come riteniamo - potrebbe non essere più del Comune, se non si rinnova immediatamente la volontà allora espressa dal Marchese De Riso con gli attuali eredi. La donazione del 1997 infatti era "subordinata all'onere che detto Museo sia di fatto realizzato nel termine di tre anni da oggi", mentre di anni ne sono trascorsi ben 15!
Dunque, se è sincera la volontà di realizzare il museo, è bene che i giovani amministratori si mettano subito al lavoro, evitando che la comunità perda - per incuria e per sopponenza - questi preziosi beni!
Un consiglio lo diamo, come sempre.
Contemporaneamente alla soluzione dell'importante problema della proprietà di barconi con gli eredi, che ovviamente immaginiamo chiederanno nuove garanzie sulla loro destinazione museale, sarà  necessario attivare da subito (sic! noi sono anni che lo chiediamo!) la "Verifica dell'interesse culturale" dei Barconi, ai sensi dell'art.12 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, affinchè siano sottoposti all’accertamento dell’interesse culturale etnoantropologico, e possano così fruire di risorse pubbliche per il loro restauro.
Per far questo bisogna contattare la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, non trascurando di attivare la richiesta di verifica anche via internet, oltre che in modalità cartacea, mediante la compilazione di una modulistica on-line, presente nell' area autorizzati del sito istutuzionale del Ministero Beni Monumentali [http://www.benitutelati.it/verifica.html].
Insomma c'è ancora tanto buon lavoro da fare ... e del resto amministrare vuol dire proprio questo! La comunità ringrazia.