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martedì 8 maggio 2012
ALLUVIONE: QUEL TORRENTE IN UN TUBO DA 30 CENTIMETRI!
E' vero. Ormai di quel tragico 3 luglio 2006 non importa che a pochi. C'è una frenesia nella rimozione di quell'evento, che trae origine dalla voglia di ritornare alla normalità. Normalità che però, dalle nostre parti, è altro, che è ben descritto nelle parole del Procuratore citate nell'articolo di Nicola Lopreiato di oggi: la normalità è che nessuno controlli e che nessuno segnali.
Qualunque sarà l'esito del processo, già oggi, quasi a sei anni dall'alluvione, possiamo ben dire che siamo ritornati alla normalità! Buona Lettura.
"È un quadro impietoso quello "dipinto" dal procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo dentro il quale sono state tratteggiate le cause principali della disastrosa alluvione del 3 luglio 2006. Un evento drammatico che portò alla morte del piccolo Salvatore Gaglioti, di appena 16 mesi, e di due guardie giurate, Ulisse Gaglioti (zio del piccolo) e Nicola De Pascale. Tutti travolti e uccisi in due momenti differenti sulla Statale 18, nel tratto tra Vibo e Longobardi. Valanghe di fango e detriti spazzarono via i loro corpi trascinandoli per centinaia di metri.
Una vera e propria catastrofe ambientale che provocò, tra l'altro, feriti, danni per decine di milioni di euro e centinaia di sfollati. Intere famiglie si ritrovarono senza casa, senza auto e con tutti i loro beni ed effetti personali seppelliti sotto il fango.
Le valutazioni del procuratore Mario Spagnuolo di fronte al giudice delle udienze preliminari Alessandro Piscitelli sono partite da una sentenza, tra l'altro di «non luogo a procedere» scaturita dalla prima inchiesta avviata dalla Procura sull'alluvione del 3 luglio del 2006. In quel procedimento erano stati coinvolti i vertici nazionali della Protezione civile, i responsabili regionali dell'Anas e dell'assessorato ai Lavori pubblici. Un verdetto attraverso il quale il giudice se da una parte non individuava alcuna responsabilità a carico delle persone coinvolte, dall'altra «fotografava – ha rilevato il Procuratore – il disastro del 3 luglio 2006».
Un "giudizio" che già allora stabiliva che quei danni erano stati causati dalla massiccia cementificazione che era stata realizzata a monte dai luoghi del disastro (Cocari e Zufrò su tutti). «Indagini rigorose – ha spiegato il pm – attraverso interrogatori, consulenze e avvisi di conclusione indagini. Nulla è stato lasciato al caso. Sappiamo bene che il nostro sistema giuridico per quanto concerne i reati ambientali è piuttosto debole. Fino ad oggi, infatti, sono state solo due – ha ricordato il Procuratore – le sentenze passate in giudicato per quanto riguarda reati di natura ambientale».
E soffermandosi sulle cause che hanno provocato quella alluvione, Spagnuolo ha, a più riprese, posto una serie di interrogativi lasciando chiaramente intendere le risposte:
«Cosa sarebbe successo se gli uffici competenti avessero tenuto fede alle condotte imposte dall'ordinamento giuridico? E cosa sarebbe successo, se in località Cocari, la parte alta della città non fosse stata permessa tutta quella edificazione come la normativa in materia avrebbe voluto? E ancora, cosa sarebbe successo se a valle i canali ed i fossi non fossero stati ostruiti dalla mano dell'uomo?».
Tutti quesiti che portano, secondo il pm, ad una conclusione: se non ci fosse stata quell'urbanizzazione selvaggia che per anni ha caratterizzato l'intero territorio molto probabilmente le conseguenze di quel violento nubifragio sarebbero state meno disastrose. Nella sua discussione il Procuratore ha focalizzato gran parte del suo intervento su contrada Cocari, la zona residenziale della città, «che non gode assolutamente – ha sottolineato – di una immunità extraterritoriale... In questa zona sono state realizzate ville con piscine, senza alcuna opera di urbanizzazione. Si è consentito inoltre di costruire sui fossi Zufrò e Bravo. In particolare nel primo caso il torrente è stato sostituito da un tubo di appena 30 centimetri».
Spagnuolo prima di arrivare a chiedere il rinvio a giudizio per tutti i 15 imputati, ha brevemente ripercorso l'origine del grande evento alluvionale tornando a ribadire che la concentrazione d'acqua è stata in prossimità della cabina del gas di località Cocari. Una enorme massa d'acqua che non ha trovato i suoi sbocchi naturali, bensì ha trovato davanti a sè lottizzazioni, muri di recinzione, giardini, ville e fossi del tutto insufficienti a smaltire quella enorme valanga di melma che mano a mano si andava ingrossando. Il tutto ha provocato due grandi colate fuori da ogni controllo che hanno completamente invaso la Statale 18, il punto dove furono travolti e uccisi il piccolo Salvatore Gaglioti e le due guardie giurate.
«Cosa sarebbe accaduto – si è chiesto ancora il Procuratore – se il territorio fosse stato posto sotto controllo, se i tecnici avessero fatto il loro dovere e il comandante della Polizia Municipale avesse posto sotto sequestro quelle opere abusive o fatto le dovute segnalazioni agli uffici tecnici?».
Infine, il procuratore ha ricordato che nel 2001 la Regione ha adottato il Pai, lo strumento che perimetra le zone a rischio. Ma gli enti istituzionali (Provincia, Comune e Consorzio industriale) secondo quanto accertato dalla Procura non avrebbero provveduto a disporne l'attuazione attraverso le valutazioni tecniche dei rispettivi uffici.
Nel corso della stessa udienza il procuratore ha provveduto a depositare la perizia Aronica-Scalamandrè relativamente allo studio sulle portate dei fossi. L'avv. Ernesto D'Ippolito, del foro di Cosenza, difensore degli indagati Ugo Bellantoni e Domenico Corigliano ha chiesto la nullità della richiesta di rinvio a giudizio perché non sufficientemente esplicitate le contestazioni.
Nel procedimento in qualità di responsabili civili anche Comune con l'avv. Nicola Lo Torto e la Provincia con l'avv. Emilio Stagliano. Il giudice ha poi fissato le date delle prossime udienze per le discussioni della difesa: 28 maggio e 18 giugno."
Articolo di Nicola Lopreiato, Gazzetta del Sud del 08.05.2012
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lunedì 30 gennaio 2012
UN CONSIGLIO COMUNALE SUL DISSESTO IDROGEOLOGICO ... APERTO ALMENO AI PARROCI DELLA CITTA' !!!
Gazzetta del Sud di oggi |
E così, nuovamente, assistiamo inebetiti al diniego di un Consiglio Comunale Aperto sul tema del dissesto idrogeologico del territorio. Nuovamente, perché su questo tema il Consiglio aveva già detto di no a discuterne a Vibo Marina, qualche mese dopo la ferita mortale del 6 luglio 2006. Perché un simile argomento deve rimanere un “tabù istituzionale” nei rapporti tra cittadini ed amministrazione locale?
Quantunque ci si sforzi, non riusciamo a trovarne ragioni.
A nostro soccorso è utile richiamare alla memoria quanto scrisse, circa 40 anni fa, lo scrittore Ennio Flaiano nel libro “Le ombre bianche” (Editore Rizzoli, Milano, 1972), con il quale vinse il Premio Estense. Con la sua incisiva penna di uomo di cultura affronta il tema del dissesto idrogeologico della Calabria, ambientando il suo racconto in un paese dell’Appennino calabrese “dove tutti sono in allarme perché da qualche tempo il paese sta franando a valle. Questione di qualche centimetro al mese, di qualche casa che si spacca, di qualche strada che cede. Le piogge, ma soprattutto il taglio indiscriminato dei boschi, che prima facevano corona al paese, sta ora producendo i suoi effetti”.
Flaiano descrive lo stato d’animo dei cittadini, che cercano di correre ai ripari: “Un rimedio forse ci sarebbe: rimboschire presto, attivamente. Soltanto dopo si potrà pensare a rimettere in sesto le case pericolanti.”
Ma chi si accolla la spesa enorme di un rimboschimento così esteso? Il Comune non ha soldi, la Provincia nemmeno, il Governo ha promesso aiuti, ma non manda niente. Tutta la lotta politica di quegli anni, si svolgeva attorno all’unico tema del rimboschimento, con la stessa litania di parole della politica vibonese: “Promesse, promesse, promesse. I partiti promettono moltissimo. L’onorevole monarchico accusa i repubblicani, anzi la Repubblica; i comunisti accusano i signori; i signori accusano i contadini che hanno tagliato i boschi per coltivare il grano. Tutti parlano”.
Ennio Flaiano |
Dunque, chiacchiere, tante chiacchiere. Fatti? Nessuno.
A questo punto l’incisiva satira di Flaiano inventa la soluzione possibile, inattesa quanto efficace e concreta: “Un bel giorno si vede infatti una donna che va a piantar un albero nelle forre della strada di circonvallazione. Il giorno dopo, le piantatrici, sono due, tre, cinque. Nei giorni seguenti vediamo anche qualche uomo. Cosa è successo? Gli alberi piantati sono quasi un centinaio, e il loro numero aumenta ogni giorno, come mai questo nuovo senso negli abitanti?”
Al lettore che, durante la lettura fa suoi questi interrogativi, lo scrittore fornisce una risposta che è possibile solo "riaccendendo" con ironia un possibile legame tra uomo e territorio:
“la risposta è semplice. Il vecchio parroco, un uomo poverissimo, quando confessa i suoi fedeli invece di dar loro per penitenza qualche preghiera, ha pensato che è più utile impegnarli a piantare alberi. I peccati così serviranno a qualcosa, da ora in poi”.
“Tra qualche anno - dice il parroco- se i miei fedeli seguiteranno a peccare come sempre hanno fatto, il rimboschimento sarà completo”. E il sindaco? Non protesta per quell’occupazione di suolo pubblico?
No, anzi il sindaco va anche lui a piantare il suo alberello senza dare alla cerimonia un carattere ufficiale”.
Fantastico Flaiano! L’esempio positivo del fare, contro la negatività del disinteresse per il proprio territorio. È davvero straordinaria la lezione!
Al prossimo Consiglio Comunale Aperto … magari negato a tutti i cittadini, ma aperto almeno i Parroci della città!
venerdì 13 gennaio 2012
GOLDEN HOUSE: RASSEGNA STAMPA E DOCUMENTI STORICI...
Il Processo Golden House è alle sue battute finali. Dopo le ultime testimonianze e la requisitoria del Procuratore, è giunta l'ora della difesa e presto vi sarà la sentenza di primo grado. Pensiamo sia utile arricchire il nostro blog, che ha seguito sin dai primi atti la vicenda, con una breve rassegna stampa degli articoli dei quotidiani di questi ultimi giorni.
In qualsiasi modo si concluderà la vicenda a noi rimane il rammarico che il Comune di Vibo Valentia non abbia mai voluto rivendicare l'area in cui era collocata la Società Anonima Gaslini, visto che con l'atto deliberativo del 1935, (Delibera Commissario Prefettizio n. 85/1935), l'amministrazione dell'epoca aveva inteso ribadire quanto condizionasse la vendita alla destinazione ed uso industriale dell'area, altrimenti il contratto, poteva ritenersi “ipse facto e ipse iure, risoluto”!
Ritenevamo che proprio in virtù dell'atto di vendita, il comune avrebbe potuto rivendicare i suoi diritti sull'area, ma come ben sapete, siamo sempre nella Marina di Vibo Valentia, dove i diritti collettivi vengono dopo del dopo. Lo avevamo detto e scritto. Inutilmente, ieri come oggi.
Ad ogni buon conto riportiamo i link ai documenti storici, già pubblicati su questo blog il 22 febbraio 2008, legati all'acquisto dell'area, ed ai progetti costruttivi della Gaslini ... sempre utili, almeno per una bella tesi di laurea!
domenica 25 luglio 2010
TONNARA DI BIVONA: CHIEDIAMO UNA DECISA REVOCA ... DELLA INGIUSTIFICABILE REVOCA!!!
Comprendiamo le ragioni dell'Assessore al Bilancio MANCINI Giacomo, che lo obbligano ad apportare correttivi, con una razionalizzazione delle uscite, per affrontare il drammatico stato di crisi in cui versa la Regione Calabria; Comprendiamo la necessità di un oculato assestamento del Bilancio di Previsione della Regione Calabria per l'esercizio finanziario 2010 e del bilancio pluriennale 2010-2012; comprendiamo come l'attuazione del federalismo fiscale obbliga la Regione ad eliminare qualunque tipo di spreco; Comprendiamo tutto!
Riteniamo però che la revoca del finanziamento [vedi articolo su Il Quotidiano della Calabria] di 135.000 euro per il definitivo recupero della Tonnara di Bivona non sia uno spreco ma ... una IATTURA, che condanna più del dovuto una comunità che aspetta da troppi anni di poter vedere rivivere il suo gioiello!
E' una IATTURA per una serie di ragioni:
Primo, perchè senza quel finanziamento la Tonnara di Bivona, non essendo ancora agibile (nonostante quanto sin qui speso), sarà definitivamente condannata all'abbandono ed al degrado;
Secondo perchè quanto sino ad oggi speso per il suo recupero verrà definitivamente buttato alle ortice, trasformando quella cifra (quasi 2 milioni e mezzo di euro) in un'ingiustificabile danno erariale! Ciò senza considerare l'inestimabile valore storico dell'immobile, alla quale perdita vanno assommati i 75.000 euro spesi dal Comune (con soldi della Regione) per gli arredi oggi messi a marcire in qualche sperduto garage;
Terzo costringerà Bivona a perdere definitivamente "la sua vera occasione" di risollevarsi dalle disastrose conseguenze dell'alluvione del 2003, recidendo alla radice la possibilità che la cittadina possa essere sede del Parco Marino Regionale "Costa degli Dei" e di un prestigioso Museo della Cultura del Mare, sulla presenza della quale la comunità puntava per il suo riscatto!
Insomma, una IATTURA che costerà mille volte di più di quei 135 mila euro!
E' possibile che la Regione revochi la revoca?
Noi percorreremo ogni strada ... compresa quella di invitare [clicca per invitarlo su Facebook] l'Assessore Mancini a visitare con noi la Tonnara, verificarne le attuali condizioni dopo il grande investimento fatto per recuperarla e prospettarne gli opposti destini conseguenti alla scelta della revoca ... ed alla revoca della revoca!
Essendo un bene che riguarda la comunità costiera dubitiamo che qualcuno, dal Palazzo di Città, si adopererà per evitare che quel finanziamento (già inserito nel Piano Pluriennale dei Lavori Pubblici) si perda ... per cui siamo rassegnati ad azioni di sdegno solitarie!
Quando smetterà la politica a mantenerci sempre al limite ... sempre in bilico tra i rischi dell'abbandono e le opportunità di riscatto?
Riteniamo però che la revoca del finanziamento [vedi articolo su Il Quotidiano della Calabria] di 135.000 euro per il definitivo recupero della Tonnara di Bivona non sia uno spreco ma ... una IATTURA, che condanna più del dovuto una comunità che aspetta da troppi anni di poter vedere rivivere il suo gioiello!
E' una IATTURA per una serie di ragioni:
Primo, perchè senza quel finanziamento la Tonnara di Bivona, non essendo ancora agibile (nonostante quanto sin qui speso), sarà definitivamente condannata all'abbandono ed al degrado;
Secondo perchè quanto sino ad oggi speso per il suo recupero verrà definitivamente buttato alle ortice, trasformando quella cifra (quasi 2 milioni e mezzo di euro) in un'ingiustificabile danno erariale! Ciò senza considerare l'inestimabile valore storico dell'immobile, alla quale perdita vanno assommati i 75.000 euro spesi dal Comune (con soldi della Regione) per gli arredi oggi messi a marcire in qualche sperduto garage;
Terzo costringerà Bivona a perdere definitivamente "la sua vera occasione" di risollevarsi dalle disastrose conseguenze dell'alluvione del 2003, recidendo alla radice la possibilità che la cittadina possa essere sede del Parco Marino Regionale "Costa degli Dei" e di un prestigioso Museo della Cultura del Mare, sulla presenza della quale la comunità puntava per il suo riscatto!
Insomma, una IATTURA che costerà mille volte di più di quei 135 mila euro!
E' possibile che la Regione revochi la revoca?
Noi percorreremo ogni strada ... compresa quella di invitare [clicca per invitarlo su Facebook] l'Assessore Mancini a visitare con noi la Tonnara, verificarne le attuali condizioni dopo il grande investimento fatto per recuperarla e prospettarne gli opposti destini conseguenti alla scelta della revoca ... ed alla revoca della revoca!
Essendo un bene che riguarda la comunità costiera dubitiamo che qualcuno, dal Palazzo di Città, si adopererà per evitare che quel finanziamento (già inserito nel Piano Pluriennale dei Lavori Pubblici) si perda ... per cui siamo rassegnati ad azioni di sdegno solitarie!
Quando smetterà la politica a mantenerci sempre al limite ... sempre in bilico tra i rischi dell'abbandono e le opportunità di riscatto?
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