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lunedì 11 maggio 2020

2018. Cristiano Marchegiani, Pompeo SCHIANTARELLI.

SCHIANTARELLI, Pompeo

di Cristiano Marchegiani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018

SCHIANTARELLIPompeo. – Nacque a Roma nel 1746 in data imprecisata da genitori d’ignota identità. Le origini bergamasche non sono state finora rilevate. Gli Schiantarelli erano di fatto i Quarenghi di Rota nella Valle d’Imagna, dove nel 1744 nacque Giacomo, celebre architetto; l’appellativo «Schiantarelli de’ Querenghi», prevalente in loco fra Cinquecento e Seicento, agli inizi Settecento si scisse in due cognomi (Bergamo, Biblioteca Civica, Carte casa Querenghi, Indice, tomi IV-V). I rari riscontri romani attestano la distinzione sociale di probabili stretti familiari: come il maestro di casa del principeValerio Santacroce (Appendice alle Riflessioni del Portoghese sul memoriale del p. generale de’ gesuiti presentato alla Santità di PP. Clemente XIII..., Genova 1759, p. 15).

Formatosi in architettura intorno alla metà degli anni Sessanta, il 24 novembre 1766 Schiantarelli vinse il primo premio clementino di prima classe, bandito dall’Accademia di S. Luca nell’agosto 1765, sul tema d’una «magnifica» biblioteca pubblica (I disegni, 1974). Tracce documentarie degli anni seguenti ricompongono una significativa premessa all’attività partenopea di «regio architetto». Nel giugno 1771 fu a Castel Madama, feudo dei Pallavicini, per progettare il rifacimento della chiesa arcipretale di S. Michele Arcangelo, apice di quel pittoresco paese di poggio. Il capomastro ticinese Giovanni Antonio Fontana compì nel 1775 la puristica aula ottagona, con cupola in tiburio e abside dal motivo palladiano di colonne libere trabeate, mutuato da Nicola Salvi e Luigi Vanvitelli; il campanile, finito nel 1781, integrò al vertice la facciata pseudoprostila del breve avancorpo, perfezionata nel 1865. Nel 1772, su incarico governativo, Schiantarelli trasse una copia dalla mappa corografica barberiniana dello Stato di Campagna e Marittima conservata nell’Archivio segreto Vaticano (Grafinger, 2002). Perito dei padri minimi di S. Francesco di Paola ai Monti, nel 1773 ristrutturò una loro casa nel vicolo dei Savelli e ricostruì un casamento presso la piazzetta di S. Chiara, terminato nel 1775; il 7 giugno 1773 presenziò a un atto di concessione d’acqua ai religiosi (Marazza, 2008, p. 26). Per il marchese Alessandro Bandini progettò nel 1777 l’appartamento nobile del palazzo di Camerino e i trumeaux per la galleria del vicino «castello» di Lanciano; l’11 febbraio 1778 lo avvertì da Roma che «un’incombenza di molto riguardo» lo chiamava a Napoli (in Capriotti, 2014, p. 952). Era al «servizio di S.M. Siciliana» quando il 4 settembre 1779 gli scolopi di Rieti inaugurarono la chiesa dei Ss. Giovanni Evangelista e Giuseppe Calasanzio, ricostruita dal 1774 su suo progetto (Gazzetta universale, n. 76, 21 settembre 1779, p. 612; demolita nel 1931). Fra vari impegni a Rieti con il capitolo della Cattedrale, verso il 1775 Schiantarelli diede consulenza per una revisione decorativa e per le dorature della cupola della cappella di S. Barbara, iniziata nel 1653 su disegno di Bernini ma inaugurata solo nel 1778 (Palmegiani, 1926).

La corte borbonica invitò Schiantarelli a coadiuvare Ferdinando Fuga nella riforma del palazzo già dei «Regi studi» (spostati nell’ex Collegio gesuitico), destinato da Ferdinando IV a «Real Accademia delle scienze e delle belle lettere» e a «Museo generale»: inedito polo culturale contemplante gabinetti scientifici e di storia naturale, una «scuola del disegno», un orto botanico, la reale stamperia, una biblioteca che riuniva la Palatina e la Gesuitica alla Farnesiana, un museo-pinacoteca d’arte antica e moderna in cui far confluire le ereditate collezioni romane di palazzo Farnese, il Museo Farnesiano di pittura e antichità di Capodimonte e l’Ercolanense di Portici.

Il presidente dell’Accademia don Michele Imperiale, principe di Francavilla, aveva incaricato Fuga sul finire del 1777, benché sgradito al primo ministro, Giuseppe Beccadelli marchese della Sambuca, per «maniera dispendiosa» e senile inabilità operativa (in Ceci, 1906, pp. 152 s.). Affidata nel 1780 la direzione dell’opera a Schiantarelli, dal 1778 al fianco del fiorentino (morto nel 1782), il giovane architetto concordò con lui un nuovo progetto; è perciò ritenuto suo «allievo» dalla storiografia partenopea, che ne ha anticipato l’arrivo a Napoli «verso il 1762» (Id., 1921, p. 92) ovvero nel 1776 (Divenuto, 1984, p. 175). Lavorò quindi alla soprelevazione del palazzo e sino al 1798 alla problematica organizzazione del Museo reale, elaborando negli anni 1782, 1785-86, 1789, 1792 quattro progetti d’ampliamento, ciascuno in più varianti, rimasti inattuati. Oscillanti fra un retorico cinquecentismo romano gradito al re e un classicismo romantico di tono internazionale, essi studiarono di attestare alla fronte postica dapprima un «gran teatro semicircolare» internamente porticato, e, dal secondo progetto del 1785 (dopo una pausa di due anni «per mancanza di denaro»; p. 164), un raddoppio planimetrico, confermato dall’approvazione regia del terzo progetto il 28 luglio 1790. In tal caso, con opposti ingressi in quota da un «atrio corintio» (Breve descrizione, 1792), il nuovo fabbricato avrebbe accolto i musei Ercolanense e Farnesiano al livello della biblioteca e delle omonime quadrerie di pittura antica e moderna; erano previsti laboratori di restauro, alloggi per direttore e custodi, spazi per mostre temporanee, per concorsi, per raccolte di modelli e disegni. In concreto, l’architetto completò il centrale salone della biblioteca (il pavimento a riggiole fu saldato il 24 gennaio 1785 come da misura dei «regi ingegneri» Gaetano Bronzuoli e Schiantarelli; Garzya Romano, 1978, p. 53), raggiungibile dal sottostante vestibolo pilastrato, già svisato da Fuga in tre corridoi, salendo per lo scalone ridefinito nel 1782 nella mezza tholos dell’ex «teatro letterario» (Divenuto, 1984, figg. 14-17). Chiusa a fine decennio col placet dell’Accademia romana di S. Luca la polemica sullo stravolgimento del monumento architettonico di Giulio Cesare Fontana con la prevista «costruzione del secondo piano» (Ceci, 1906, p. 155), fu «terminata tutta l’ossatura della fabbrica» (Celano, 17924, p. 98) con la soprelevazione delle ali porticate e l’arrangiamento cinquecentista delle fronti. Disposta nel marzo 1791 la creazione di un osservatorio astronomico e di una meridiana, l’intrapresa torre della specola restò interrotta poco sopra le fondazioni nell’angolo nordorientale del palazzo; la meridiana fu realizzata nel pavimento della biblioteca come fascia diagonale punteggiata da ovali con i segni dello zodiaco, ritenuti dipinti da Johann Heinrich Wilhelm Tischbein, che dirigeva «lavori di pittura in alcune sale» e l’Accademia d’arte (Divenuto, 1984, pp. 57 s.). Fu studiata la sistemazione delle accademie di pittura e scultura e d’architettura nelle «sale a pian terreno» ai lati dell’ingresso (Breve descrizione, 1792, p. 69), e si provvide ad allestire al piano nobile i «Musei Farnese ed Ercolano in diverse stanze, adornate da un gran numero di colonne di verde antico» (Sigismondo, 1789, p. 88), secondo Istruzioni regie trasmesse il 2 marzo 1785 all’architetto dal curatore museale, il pittore Jakob Philipp Hackert (Divenuto, 1984, doc. 9, in partic. pp. 165 s.). Schiantarelli curò nel 1787 il trasporto via mare di una prima serie di sculture dell’eredità farnesiana, partendo il 28 luglio da Roma (con «l’abil ebanista sig. Crispi», da impiegare nella «nuova fabbrica del Museo», fors’anche per badare ai cassoni lignei; Notizie del mondo, n. 63, 8 agosto 1787), in missione con il marchese Domenico Venuti, soprintendente ai restauri dei marmi; l’incarico della sistemazione «interina» nella «fabrica de’ Regi dismessi Studi» non ottenne, per problemi più o meno contingenti, se non il lungo protrarsi di una situazione precaria e confusa; solo nel 1797 Schiantarelli poté elaborare per il celebre Ercole Farnese un idoneo basamento e adattare un locale del «Real Museo»: «una delle meno infelici stanze», designata già dieci anni prima, nella quale, come scrisse l’architetto a Venuti il 29 dicembre 1787, non s’era potuta collocare subito la statua colossale («che formò l’ammirazione e la Scuola delle belle arti in Roma, ed ora ne forma il pianto»), perché, liberata dal cassone in cui giacque in orizzontale, si riscontrarono sfasature ai giunti di restauro del braccio sinistro con la spalla e delle gambe originarie, cedute al Borbone dal principe Marcantonio Borghese e restituite alla statua nel laboratorio romano di Carlo Albacini (De Franciscis, 1944-1946, pp. 178-181, 193 s.). In generale, i limiti di spazio indussero a scelte improprie, come per i locali dei laboratori di restauro e della scuola di disegno, rimediati chiudendo i portici dei cortili, e peraltro Schiantarelli non ne trovò per l’Accademia di scienze e lettere, come osservò Francesco Maresca, succedutogli nel giugno 1801, nella relazione a un progetto d’ampliamento pure rimasto sulla carta (Ceci, 1906, pp. 154-157).

L’onorevole ma spinoso incarico patì reiterate sospensioni, in «un clima di diffidenza e di soprusi» (Divenuto, 1984, p. 69). Nel 1783 fu imposto a Schiantarelli di far parte della spedizione della Reale Accademia delle scienze e belle lettere in Calabria meridionale e nel Messinese, colpiti tra febbraio e marzo da un fortissimo terremoto: tale assenza di qualche mese fu di «grave danno» per i «suoi interessi» e «la sua famiglia» (doc. 9, in partic. p. 162). Avuta, in partenza, «una patente di accademico socio ascritto a tutte le classi, col carattere di socio direttore de’ disegni della Reale Accademia» di Napoli, rilasciata dal presidente, Antonio Pignatelli principe di Belmonte (ibid.), Schiantarelli diresse la documentazione grafica per il resoconto del segretario Michele Sarcone, pubblicato nel 1784: prima ricognizione scientifica del genere. Delle 68 tavole incise in rame da Antonio Zaballi, selezionate dal Belmonte fra le 86 disegnate «dal vero» e a colori, circa la metà è firmata dall’«architetto direttore» e le altre dall’architetto Ignazio Stile, tranne alcune anonime da riferire a Bernardino Rulli, secondo «disegnatore».

Il filtro pittoresco al resoconto grafico del «tremoto» non ne attenuò l’obiettività. Vedute come quelle del Palazzo Reale, della Palazzata e del Campanile e prospetto del Duomo di Messina devastati (tavv. LVIII-LXIV), e delle stupefacenti stimmate tettoniche del paesaggio, stravolsero il comune senso estetico delle rovine e dell’accidentata natura. Due vedute della calabra Polistena distrutta e in ricostruzione in pianura (tavv. XVII-XVIII) hanno causato l’equivoco della paternità di Schiantarelli per il nuovo insediamento, da ascrivere invece fra gli interventi del Real corpo degli ingegneri militari nelle aree colpite.

Il coinvolgimento dell’architetto nella rischiosa spedizione è stato riferito all’«intento» della corte «di allontanarlo» dall’impresa napoletana; il maggiordomo maggiore del re, lo stesso principe di Belmonte, artefice della sua partenza, tentò «di sostituirlo in quel cantiere con il proprio architetto di fiducia Gaetano Bronzuoli» anche dopo il rientro dalla Calabria (ibid., pp. 69, 84, 162). Un nuovo incarico regio, il progetto di un lazzaretto «sporco» per Messina a complemento di quello riattivato da Ferdinando IV nel gennaio 1786 dopo i danni del terremoto, comportò lo studio di analoghe strutture, documentato da otto delle dieci tavole (non datate) incise da Aniello Cataneo su disegni di Schiantarelli, e conservate presso la Biblioteca Nazionale di Napoli (ibid., figg. 69-78). Vi figurano i «semplici impianti di Corfù, Zante, Malta», il messinese (detto «di osservazione»), i «più complessi» tre lazzaretti livornesi, il pentagono vanvitelliano di Ancona, il lazzaretto ideato e pubblicato da John Howard nella sua indagine sulle strutture europee uscita a Londra nel 1789, e infine il progetto in questione, d’impianto ottagono con ampio avancorpo rettangolare, inattuato (pp. 89-92).

Da Pietroburgo Giacomo Quarenghi, architetto della corte imperiale dal 1779, scrisse il 18 gennaio 1784 all’abate Vincenzo Corazza, istitutore dei figli di Ferdinando IV, chiedendogli di dare sue «nuove» all’«amico» Pompeo (Böhmig, 2008, p. 162). Il regio architetto, assistente fra il 1779 e il 1781 di Mario Gioffredo ai «miglioramenti» del palazzo Gravina, di proprietà del cardinale Domenico Orsini (Divenuto, 1984, doc. 1), vantava rilevanti incarichi dall’aristocrazia di corte per «riattazioni» e nuove realizzazioni palaziali e di «delizie». Al suo trasferimento partenopeo non prima del febbraio 1778 seguì quella che è ritenuta «la prima opera napoletana certa» (p. 95), tuttora datata «verso il 1776» (Nocerino, 1787): la villa di Scipione Lancellotti principe di Lauro a Portici, di tono romano vignolesco. Da Fuga ereditò, fra l’altro, i lavori per il principe di Caramanico, Francesco d’Aquino, al palazzo napoletano (perduti gli interni originali) e alla villa di San Giorgio a Cremano (1782-87), per il cui giardino fra il 1783 e il 1784 elaborò «grottoni e grillaggi» (Divenuto, 1984, doc. 3; Garzya Romano, 1978, pp. 64 s.) di un parterre come sole raggiante, alludente al ruolo del principe quale gran-maestro dell’Oriente di Napoli. Fra il 1782 e il 1783 risistemò il palazzo di Camilla Caitana, duchessa di Traetto alla Sanità. Per la marchesa Maria Arezzo Patrizi fra il 1784 e il 1785 progettò ed eresse un «casino» (scomparso) in un «podere sito in Castellone nel luogo detto Rialdo», presso Gaeta (cit. in Garzya Romano, 1978, p. 65). Curò «nuove riattazioni» e decorazioni interne agli appartamenti del palazzo dei Cattaneo di San Nicandro in via Stella (1785-89) e lavorò per quello baronale di Pomigliano d’Arco (del 1787 è un suo «camino di marmo bianco statuario» eseguito da Vincenzo D’Adamo; Divenuto, 1984, doc. 6). Scomparso nel 1785 Gioffredo, progettista della riforma del palazzo napoletano a Chiaia di don Tommaso d’Avalos marchese del Vasto e di Pescara, l’architetto romano sottoscrisse misure negli anni 1787, 1789, 1791, 1796 (Luise, 2012, p. 296) e nel 1798 attese a imprecisate opere, forse dopo la caduta di «varie soffitte» nel 1797 (Napoli Signorelli, 1921, p. 92); sempre per il D’Avalos «piombò il pavimento di una magnifica galleria di stucchi eccellenti» (ibid.) e progettò nel 1793 «un nuovo molino ad acqua da stabilirsi nel fiume Pescara in Abruzzo» (Morelli, 1826; Luise, 2012, p. 256). Terminò nel 1794 la riforma del palazzo di Filippo Lieto principe di Polignano in via Toledo, costruzione avviata nel 1754 dal duca padre, come da epigrafe sul portale nella torreggiante fronte a tre assi. Il sintetico cinquecentismo e il modello di serrata matrice di cornici, cantoni di bugne piatte e catene di finestre a rivestimento del netto dado edilizio di palazzo Lieto attestano l’autografia di tre palazzi in via Foria dirimpetto all’Orto botanico, dotati di «tre diverse soluzioni di scale aperte», riferiti a Schiantarelli e «allievi» (Divenuto, 1984, pp. 105-108 e figg. 94-100). Nel 1798 l’architetto lavorava al completamento del palazzo del principe Marcantonio Doria, principe d’Angri, in via Toledo e al giardino del castello di Angri.

Scarse notizie attengono alla famiglia reale. Mentre fra il 1785 e il 1786 Carlo Vanvitelli secondava a Caserta la passione della regina per i giardini all’inglese, Schiantarelli fu inviato a Roma a vedere quanto creava il paesaggista veneziano Francesco Bettini negli Orti di Raffaello del cardinale Giuseppe Maria Doria Pamphilj, fuori Porta Pinciana (Heimbürger Ravalli, 1976, p. 222); nell’occasione si offrì di curare l’edizione riveduta, che non ebbe seguito, della proposta presentata in Francia nel 1784 da Bettini di un giardino anglo-franco-cinese, ideato per la villa padovana dell’ambasciatore Andrea Dolfin (Ead., 1981, p. 51). Per la festa da ballo data a Napoli la sera del 18 agosto 1790 nella «Villa Reale, ossia Touillerie», dall’ambasciatore austriaco principe Francesco Ruspoli, latore della «richiesta delle due principesse primogenite in spose dell’arciduca Francesco e arciduca Ferdinando» (Gazzetta universale, n. 68, 24 agosto 1790, pp. 543 s.), l’architetto allestì «un’immensa galleria, che comunicava a varj appartamenti» (n. 70, 31 agosto 1790, p. 559). Alla poco congruente proposta progettuale di Alexandre-Théodore Brogniart per la riforma del palazzo Cellamare a Chiaia (di Maria Eleonora Caracciolo, principessa della Villa, dal 1782 affittato alla regina), sottopostagli nel 1789 per un parere dal marchese del Vasto, nuovo maggiordomo maggiore del re, Schiantarelli presentò un coerente progetto d’ampliamento, che ai peristilî dell’allievo di Blondel e Boullée oppose una severa sodezza romana (Divenuto, 1984, figg. 114-120). Fra gli incarichi regi e governativi, nel 1802 l’architetto menzionò lavori al Palazzo Reale e all’annesso teatro di S. Carlo, non individuati.

Fra gli impegni pubblici, un suo progetto del settembre 1782, presentato un mese dopo l’incarico del Tribunale della Fortificazione, stabilì nel sito triangolare «a mano destra all’uscire» dall’appena demolita porta di Chiaia il palazzo d’affitto detto Miranda (poi Medici d’Ottajano; ibid., pp. 103-105 e figg. 90-92), e «nel lato opposto» il palazzo S. Arpino, mentre la «demolizione della Porta» e le costruzioni spettarono agli «ingegneri» del Tribunale, Gaetano Barba e Pasquale de Simone (doc. in Pignatelli, 2006, pp. 144, 156). Fra il 1793 e il 1795 Schiantarelli fu «architetto direttore» della riforma dell’ex convento di S. Francesco di Paola fuori Porta Capuana a «ospedale dei poveri carcerati» (Divenuto, 1984, doc. 7).

In ambito ecclesiale e religioso, dal 1780 Schiantarelli intervenne nel complesso di S. Maria Maddalena de’ Pazzi, compiendo la chiesa del SS. Sacramento con l’«architetto del monastero» Orazio Salerno, dopo aver revisionato nel 1781 il progetto di Giuseppe Astarita posto in esecuzione dal 1770 con la successiva consulenza di Fuga (1774-80) e di Carlo Vanvitelli (1782; ibid., doc. 4); «l’unico ambiente rimasto, sia pure in parte, [...] è il comunichino» (p. 175 e figg. 86-87). Il «regio ingegnere» seguì anche i lavori dell’annesso educandato (1785-93), e negli anni 1790, 1792 e 1793 curò le «macchine» delle Quarantore per la nuova chiesa delle carmelitane. Si occupò del restauro della cappella gentilizia San Nicandro nella chiesa di S. Maria della Stella, dei padri minimi, in corso nell’ottobre 1787 (Pinto, 2018, p. 1574): gli si riferisce perciò il monumento marmoreo di Domenico Cattaneo principe di San Nicandro, morto nel dicembre 1782, aio del re nella reggenza della minorità, distrutto con la chiesa nei disastri bellici del 1943-44.

L’erede Francesco Cattaneo, duca di Termoli, nell’ottobre 1785, ad opera compiuta, riconobbe al «regio ingegnere» 15 scudi «per i suoi diritti alla solita ragione del 5 per cento» sui 300 pagati al mastro fabbricatore Giuseppe Chianese secondo il suo «scandaglio» (pp. 1573 s.). Un disegno a trompe l’oeil esibisce il «bel sepolcro» scolpito da Giuseppe Sammartino, con «grande urna» a vaso e allegorie dell’Educazione e della Mestizia su un severo basamento (Celano, 17924, p. 196; Causa Picone, 1974): saggio del trapasso dal classicismo rococò a una neoclassica compostezza.

Del 1783 è una perizia della cappella protoseicentesca del Tesoro di S. Gennaro in Duomo (Russo, 2014, p. 72). Nel 1787 Schiantarelli fu interpellato con Carlo Vanvitelli e Antonio de Sio per i restauri della relativa cupola danneggiata da un fulmine, stante il disaccordo d’intenti fra i progettisti: al rifacimento interno del tamburo secondo più corretti canoni, sostenuto da Gaetano Barba, Antonio de Simone opponeva il solo restauro. Replicando Barba al giudizio conservativo della commissione con quello favorevole dell’Accademia di S. Luca di Roma, lo confutò un opuscolo di Schiantarelli, consocio di quell’Accademia, provocando strascichi polemici con il soccombente, più anziano architetto: disamina convalidata da nuovi pareri di otto professori di S. Luca circa le ragioni esigenti il rispetto dell’«unità del carattere di tutta l’opera», regolata in origine per la piena visibilità della cupola affrescata: sagace «libertà» che distingue il «valente architetto dall’artista materiale» (Schiantarelli, 1787, pp. XI, XXII). Fu al contempo scartata la dispendiosa proposta di impreziosire con «emblemi», «ornamenti», «bugne piane o rilevate [...] su l’idea antica» la facciata del Duomo ([D’Onofrj], 1788, p. 42, nota a), restaurata fra il 1787 e il 1788 dall’architetto del capitolo Tommaso Senese in tono con la chiesa gotica.

Schiantarelli ebbe il titolo di accademico di merito di S. Luca il 3 giugno 1787 grazie al favore riscosso dal secondo progetto del Museo reale, presentato nel 1786 all’Accademia romana. Ritenuto maestro di «gusto attico», diede lezioni di architettura ad allievi aristocratici quale il giovane principe Diego Ferrante d’Avalos (Giornale, 1797, p. 107), formando inoltre validi collaboratori come Leopoldo Laperuta e Giuliano De Fazio, entrambi di Portici.

Da tempo «membro della libera muratoria napoletana» (Di Castiglione, 2006, p. 545), nella prima metà del 1799 fu architetto ufficiale della Repubblica Napoletana: adattò il Palazzo Nazionale, già Reale, a sede degli uffici amministrativi dipartimentali, quello dell’ex ministro Acton a residenza del generale in capo dell’armata francese, la Panatica a gendarmeria (Nappi, 1999). Dalla restaurazione, in giugno, la sua carriera declinò repentinamente. Si ha notizia del solo «disegno della macchina» allestita nel novembre 1801 in S. Luigi dei minimi di S. Francesco di Paola e offerta dalla truppa urbana di fanteria e cavalleria per la messa di suffragio per l’arciduchessa Maria Clementina d’Asburgo Lorena, sposa del principe ereditario Francesco, morta il 15 di quel mese (D’Onofrj [1802], p. 68). Gravato da forti debiti, fece istanza circa i crediti non riscossi sia per i «vecchi Studi, che per li disegni ed altro in occasione de’ tremuoti di Calabria», nonché «per tutte le altre fatiche riguardanti il Teatro Reale, Castello Nuovo, questo Reale Palazzo, Carceri della Vicaria ed altro», e nell’aprile 1802 il governo borbonico gli assicurò «la dilazione di quattro mesi» di «salvaguardia» dai creditori e l’impegno a soddisfarli dei milletrecentoquarantuno ducati dovuti; l’anziano architetto chiese il 24 settembre 1802 un’ulteriore «proroga della moratoria» (Divenuto, 1984, doc. 10).

Morto poi in data imprecisata, nel 1805 la vedova ne consegnò alla Regia Camera della Sommaria «scritture [...] disegni e carte» attestanti i crediti (ibid., doc. 9): procedura sfumata nel 1806 con il rovesciamento murattiano del governo borbonico.

Fonti e Bibl.: Orazione e componimenti poetici in lode delle belle arti. Relazione del solenne concorso e della distribuzione de’ premi celebrata sul Campidoglio dall’Insigne Accademia del Disegno in S. Luca il dì 24 novembre 1766..., Roma [1766], p. 18; Gazzetta universale, n. 76, 21 settembre 1779, p. 612; [M. Sarcone], Istoria de’ fenomeni del tremoto avvenuto nelle Calabrie e nel Valdemone nell’anno 1783..., Napoli 1784, pp. XIII, 226, 385 s.; Descrizione della tomba dell’eccellentissimo d. Domenico Cattaneo fu principe di S. Nicandro, in Giornale enciclopedico di Napoli, I, settembre 1785, pp. 34-40; N. Nocerino, La Real Villa di Portici, Napoli 1787, p. 112; Notizie del mondo, n. 63, 8 agosto 1787, p. n.n.; P. S., Relazione ingenua del giudizio dato intorno al ristauro della cappella di S. Gennaro nel Duomo di Napoli al rispettabile collegio dell’insigne Accademia di S. Luca in Roma..., Roma 1787; [P. d’Onofrj], Succinte notizie intorno alla facciata della Chiesa Cattedrale napoletana..., [Napoli 1788], p. 42; G. Sigismondo, Descrizione della città di Napoli e suoi borghi, III, Napoli 1789, pp. 88 s.; Gazzetta universale, n. 70, 31 agosto 1790, p. 559; Breve descrizione della città di Napoli e del suo contorno, Napoli 1792, pp. 69-71; C. Celano, Delle notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli..., Napoli 17924Giornata settima, pp. 98, 100, 196; Giornale letterario di Napoli..., LXXXII, Napoli 1797, p. 107; A S.A.R. Francesco Gennaro de’ Borboni principe ereditario delle Due Sicilie inconsolabile per la immatura perdita di Maria Clementina arciduchessa austriaca sua sposa amatissima questo sepolcral elogio che la virtuosa di lei vita accenna P. d’O[nofrj] della congregazione dell’Oratorio umilmente dedica offre consacra, [Napoli 1802]; N. Morelli, Biografia dei contemporanei del Regno di Napoli chiari per iscienze, lettere, armi ed arti del volgente sec. XIX, I, Napoli 1826, p. 157; G. Ceci, Il Palazzo degli Studi. Parte III, in Napoli nobilissima, XV (1906), pp. 151-157; P. Napoli Signorelli (note di G. Ceci), Gli artisti napoletani della seconda metà del secolo XVIIIibid., s. 2, II (1921), pp. 90-93 (in partic. p. 92); F. Palmegiani, La Cattedrale basilica di Rieti..., Roma 1926, p. 36; A. De Franciscis, Per la storia del Museo Nazionale di Napoli, in Archivio storico per le Province Napoletane, n.s., XXX (1944-1946), pp. 169-200 (in partic. pp. 178-181, 193 s.); A. Venditti, Architettura neoclassica a Napoli, Napoli 1961, pp. 58, 72, 74, 78, 80, 106, 148; G.E. Rubino, La sistemazione del Museo Borbonico di Napoli nei disegni di Fuga e Schiantarelli (1777-1779), in Napoli nobilissima, s. 3, XII (1973), pp. 125-144; M. Causa Picone, Disegni della Società Napoletana di Storia Patria, Napoli 1974, p. 174; I disegni di architettura dell’Archivio Storico dell’Accademia di San Luca, a cura di P. Marconi - A. Cipriani - E. Valeriani, I, Roma 1974, nn. 641-646; M. Heimbürger Ravalli, Francesco Bettini e l’introduzione del giardino romantico a Roma, in Studia romana in honorem Petri Krarup septuagenarii, a cura di K. Ascani et al., Odense 1976, pp. 213-225 (in partic. p. 222); C. Garzya Romano, Interni neoclassici a Napoli, Napoli 1978, pp. 47, 53, 64 s., 161, 184; M. Heimbürger Ravalli, Disegni di giardini e opere minori di un artista del ’700: Francesco Bettini, Firenze 1981, pp. 51, 98; F. Divenuto, P. S. Ricerca ed architettura nel secondo Settecento napoletano, Napoli 1984; Id., Alexandre-Théodore Brongniart ed il progetto della «maison de plaisance» per il re di Napoli, in I disegni d’archivio negli studi di storia dell’architettura. Atti del convegno... 1991, a cura di G. Alisio et al., Napoli 1994, pp. 121-124; A. Tosti, La casa dei Paolotti in Via di S. Chiara, in Roma, le case, la città, a cura di E. Debenedetti, Roma 1998, pp. 359-364; E. Nappi, Banchi e finanze della Repubblica Napoletana, Napoli 1999, pp. 47, 49, 85, 110 s., 113; Ch.M. Grafinger, Die Ausleihe vatikanischer Handschriften und Druckwerke: 18. Jahrhundert, II, Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano 2002, p. 239; S. Costanzo, La Scuola del Vanvitelli. Dai primi collaboratori del Maestro all’opera dei suoi seguaci, Napoli 2006, pp. 216-218, 239 s., 321-326, 344 s.; R. Di Castiglione, La Massoneria nelle Due Sicilie e i «fratelli» meridionali del ’700, Roma 2006, pp. 235, 544 s.; G. Pignatelli, Napoli tra il disfar delle mura e l’innalzamento del muro finanziere, Firenze 2006, pp. 115, 144, 148, 156, 161; I. Corsetti, S., P., in Architetti e ingegneri a confronto. L’immagine di Roma fra Clemente XIII e Pio VII, III, a cura di E. Debenedetti, Roma 2008, pp. 235-237; M. Böhmig, Le lettere di Giacomo Quarenghi all’abate Vincenzo Corazza (1779-1788), in Bergomum, CII (2008), pp. 137-168 (in partic. p. 162); V. Marazza, P. S. nel cantiere settecentesco della chiesa di San Michele Arcangelo a Castel Madama, in Quaderni degli Archivi Storici Comunali associati di Castel Madama e Vicovaro, II (2008), pp. 23-31; F. Luise, L’archivio privato D’Avalos, Napoli 2012, pp. 256, 296, 317; G. Capriotti, «...non sono spese da Provincia». L’attività di Anton Maria Garbi e Tommaso Appiotti nella Galleria di Lanciano e la committenza artistica di Alessandro Bandini Collaterali, in Il capitale culturale, X (2014), in rete, pp. 945-966; V. Russo, «Et piglia forma della volta del Cielo». Il cantiere seicentesco della cupola della Cappella del Tesoro di San Gennaro, in San Gennaro patrono delle arti. Conversazioni in cappella 2014, a cura di S. Causa, Napoli 2014, pp. 54-75 (in partic. p. 72); A. Pinto, Raccolta di notizie per la storia, arte, architettura di Napoli e contorni, 2.2, Luoghi (Fuori del Centro antico), 2018, pp. 1573 s. (www.fedoa.unina.it).

lunedì 25 giugno 2012

TONNARA DI BIVONA: IL COMUNE E' PIU' VIRTUOSO DELLA REGIONE CALABRIA. SPESI SOLO 666 EURO PER SBANDIERARE LA SEDE DEI VIGILI!!!

due bandiere all'interno della sala riunione vigili
La notizia che la Regione Calabria abbia acquistato dieci  bandiere da sistemare negli uffici più importanti di Palazzo Campanella, spendendo la modica cifra 12.148 euro, iva inclusa [VEDI LINK], in barba ad ogni moderna spending review, obbliga ad accostarvi immediatamente la notizia che anche il nostro comune, quello di Vibo Valentia ha recentemente fatto lo stesso tipo di acquisto.
due bandiere all'esterno della tonnara
Per rendere più sbandierante il giorno dell'inaugurazione della consegna dei locali della Tonnara di Bivona (ricordiamo monumento vincolato e demanio statale) ai Vigili Urbani, avvenuta il 13 agosto dello scorso anno, ha pensato bene di esporre permanentemente 2 bandiere italiane e 2 della Comunità Europea. In verità eravamo convinti si trattasse di un riuso, visto che in qualche modo quella improvvisa destinazione era stata fatta senza alcun parere della Soprintendenza ai Beni Monumentali nè concessione d'uso del Demanio.
In realtà eravamo stati tratti in inganno dal fatto di non vedere citate le 4 bandiere tra le spese per la pulizia straordinaria dei locali e quelle per l'acquisto della dotazione informatica e della mobilia degli uffici dei vigili: insomma avevamo dato per scontato che almeno per le bandiere si trattasse del virtuoso riciclo di quattro delle tante bandiere che in qualche modo erano depositato in qualche polveroso deposito comunale.
Invece no.  Qualche giorno fa ritroviamo il Kit delle bandiere italiane ed europee citate in una determina del mese scorso, per un importo complessivo di euro 666,00 iva inclusa.
Il mese e l'anno di pagamento son dunque gli stessi di quelli della Determina del Consiglio Regionale, vuoi vedere che uguale è anche il principio della rappresentatività istituzionale?



Certo, fatte le dovute proporzioni di bilancio tra Comune di Vibo e Regione, la spesa è altrettanto importante e forse non sarebbe sfuggita ad una locale spending review, ma quello che rende paradossale il loro sventolio istituzionale ...  è proprio che quella inaugurazione si è dimostrata una vera e propria occupazione, non avendo il Comune nè richiesto e nè avuto in concessione quei locali, nè ha mai richiesto nè a mai avuto alcuna autorizzazione a quel tipo di uso da parte della competente Soprintendenza! Al pari degli usi concessi a terzi (questo è ancor più sorprendente!), come  fosse possibile dare legittimamente in subconcessione locali che non hai assolutamente in concessione!
Se quelle bandiere sono state acquistate per sbandierare il proprio saper fare ... beh! Sono state somme proprio buttate al vento!
Così come al vento sembrano buttate le parole di quanti, come noi, ritengono che questo modo di fare vada al più presto sanato, per valorizzare una Tonnara? Non lo sappiamo. Di certo è che in questo anno, quello che è un bene identitario della città,  ha perso gran parte del suo valore per gli usi illegittimi e non conformi ai finanziamenti ottenuti per il suo restauro! Per non parlare degli antichi barconi rimasti all'esterno ormai marciti, diventati ormai simbolo di una sorda e cieca ignoranza! 
Insomma tra atti illegittimi ed omissione di atti, l'unica cosa da sbandierare su quel monumento svilito è l'irresponsabilità con la quale si trattano i beni che appartengono ... questi si, alla storia della cultura italiana!
Per completare l'informazione riportiamo l'ennesimo articolo sulla paradossale vicenda della Tonnara di Bivona (ai quali da un anno non vi è mai stata replica o smentita!) apparso sulle pagine del Il Quotidiano del 18 giugno scorso ...  unitamente alla determina d'acquisto del kit di bandiere!
Viva l'Italia e Viva l'Europa!




venerdì 22 giugno 2012

ITALCEMENTI: LA PROVA D'AUTORE ... HA FUNZIONATO?

Rassicuriamo tutti. Ma non perchè la paura di quanto accadrà nei prossimi mesi è svanita, ma solo perchè per almeno un mese ... abbiamo deciso che non scriveremo più di Italcementi!
Non scriveremo dunque  - per non influenzare le altalenanti borse - della finta definitiva chiusura dell'Italcementi Vibo (perchè in realtà qui cesserà solo la produzione di cemento), della finta del licenziamento di tutti gli 82 dipendenti (perchè per la  - già decisa e comunicata - destinazione di produzione di clinker e deposito di materiale primo e secondo, di operai ne serviranno certamente tanti), della finta sorpresa dei sindacati della mobilità (perchè la Cassa integrazione era già stata decisa il 7 maggio), delle finte delibere di autorizzazioni  a far bruciare CDR, usare cave e porto per come si vuole (perchè tutti sanno - amministratori pubblici e privati - di essere sottoposti alle tante leggi di tutela ambientale, per le quali se i pareri sono stati ad oggi negativi, tali resteranno finchè l'azienda non convicerà Nuclei di Valutazione e Soprintendenze,  investendo concretamente nella tutela certa), della finta vittoria romana della delegazione politica e sindacale vibonese (perchè, come lascia intendere il comunicato diramato dal Presidente della Giunta Regionale [vedi post precedente], l'azienda sembra aver già compiuto la sua scelta, sulla quale la politica non conta più nulla [ed ascolta dichiarazioni Sindaco];[leggi lettera prefettura]), della finta folta partecipazione della comunità alle manifestazioni operaie (perchè in realtà - come dicono gli operai stessi - la città non c'era, solidale si, ma divisa non certamente a metà).



Non scriveremo nemmeno più di bonifica e valorizzazione di una eventuale area in dismissione, proponendo usi alternativi ecocompatibili o culturalmente e finanziariamente possibili, per un futuro migliore alla comunità (perchè è ormai chiaro che l'Italcementi manterrà per intero tutta l'area in suo possesso, con i depositi, concessioni e aree di rispetto), nè scriveremo del peso della verità più grande emersa in questi giorni, vale a dire che il rapporto di forza tra azienda e operai è saltato e che la posizione degli operai non è più l'elemento che condizionerà le scelte aziendali, essendosi il rapporto tra addetti interni all'azienda ridotta ad 1/4 rispetto ai lavoratori delle ditte esterne. Il che va benissimo all'azienda, la quale, anche mantenendo il suo presidio aziendale limitato alla sola mulinatura di clinker e depositi vari (pet-coke compreso), mantiene e manterrà inalterato il suo consenso con la maggior parte (tre quarti dunque) d'imprese locali legate all'indotto della manutenzione, dello smistamento del materiale di cava, del deposito e smistamento petcoke (e qui, paradossalmente, la disponibilità della Capitaneria a raddoppiare il tonnellaggio d'accesso al porto si rivelerà un boomerang, utile solo a confermare la destinazione ad area di deposito, piuttosto che a riavviare la produzione) ed alla "vigilanza".
Non ne parleremo dunque per un mese (o forse più) perchè è tutto deciso. Era tutto deciso.
Non sappiamo in realtà se quella che abbiamo considerato sin dall'inizio una prova ... una sorta di "esercitazione d'emergenza" d'autore ... abbia dato all'azienda le informazioni che si attendeva.
Di fatto ... la politica ha dimostrato il suo peso, la comunità e gli operai anche. Ad un certo punto però l'azienda deciderà di dire d'aver deciso. E comunicherà, dall'alto della sede centrale bergamasca, la sua scelta. Secondo noi dirà che "salverà" dalla Cassa Integrazione, riassumendoli, un tot di dipendenti (magari tra essi un bel numero di sindacalisti), ne trasferirà un tot in altre sedi (quelli legati al controllo e gestione della produzione) e ne licenzierà (ahinoi, questa volta davvero)  un'altro tot! Con molta più lucidità e freddezza di come possa apparire facciamo noi ora. 
E passerà il messaggio, nonostante la congiuntura, si saranno mantenuti i posti di lavoro, non quanti si voleva, ma è comunque un risultato positivo rispetto ai primi di giugno, bla, bla e bla ...
E' una mossa già pronta, rinviata solo perchè bisogna stare attenti a non far abbassare il prezzo delle proprie azioni in borsa (proprio ora che viaggiano sul + 0,02 quotidiano è una fase molto delicata), e supponiamo,  perchè non è ancora compresibile a chi  fare andare per intero ... il merito del "salvataggio" del lavoro, della famiglia e dei figli vibonesi.
Ovviamente siamo conviti che sarà più facile continuare a riflettere obiettivamente su questa vicenda senza le nostre considerazioni, anzi ... il nostro temporaneo silenzio servirà a rafforzare le idee di quanti credono sulla storica missione dell'azienda nel nostro territorio!

Ci congediamo però linkandovi questo ironico articolo apparso oggi su Il Quotidiano della Calabria, di Pino Paolillo del WWF Calabria, al quale basta dare un piccolissimo accenno al nostro paradosso più grande nella relazione tra comunità e politica, per darci l'idea di come un "territorio migliore" di questo ... l'Italcementi non lo trova (a parte quello di Porto Empedocle, come direbbe Alfano a Pesenti - vedi filmato)!
Buona lettura.  

NB: Ribadiamo che la nostra indignazione è tutta indirizzata alle scelte dell'azienda e del sistema politico/affaristico che gliele consente. Non rappresentare la propria contrarietà a quanto accade solo perchè i padri di famiglia assunti dall'azienda (che volendo alternative lavorative potrebbe darne) non avrebbero di che vivere ... per noi sarebbe come non essere contro la 'ndrangheta (che alternative non vuole darne) solo perchè da di che vivere a padri di famiglia!







giovedì 21 giugno 2012

ITALCEMENTI: UN ALTRO MESE ... SOLO PER CAPIRE SE I PROBLEMI LOCALI SONO LA GIUSTIFICAZIONE DI UNA SCELTA GIA' FATTA!


Riportiamo integralmente il recentissimo comunicato stampa della Regione Calabria. Il nostro commento  lo pubblicheremo nei prossimi giorni, agli esiti effettivi, ancora poco chiari, dell'incontro romano ... però questo comunicato, al contrario di quello pacioso e tranquillizzante di polici locale, tradisce una delusione che lascia sbigottiti e che non promette nulla di buono: 
è come dire, "Come? gli abbiamo promesso tutto e di più, come prima e più di prima e non è servito a spostare di un millimetro la scelta ... già presa? Vi facciamo veder noi se, dinanzi agli scenari del mercato internazionale, non contiamo niente!". 
E così, di fronte ad un Governo neutro ed ininfluente, ed all'azienda che consiglia agli operai di ritornare in fabbrica, ai nostri politici non rimarrà che sperare di poter vendere - entro il prossimo mese - la Calabria (Vibo ha già dato il porto, il petcoke, il cdr)... dove non solo si spenderanno tanti soldi (ci sono 1 miliardo e 200 circa milioni i fondi del piano per il Sud, c’è una disponibilità di fondi FESR per circa 800 milioni, da tre o quattro ospedali che dovremo costruire per oltre 450 milioni ... c'è pure la costruzione del Ponte sullo Stretto con le opere accessorie) ... ma sarà possibile farlo anche con pochi vincoli normativi!





Vertenza Italcementi; Il Presidente Scopelliti e la Vicepresidente Stasi hanno partecipato al tavolo presso il Ministero dello Sviluppo Economico

Folta presenza delle istituzioni calabresi al tavolo tecnico sulla chiusura degli stabilimenti della Italcementi in Calabria e Sicilia che si è tenuto presso il Ministero dello Sviluppo Economico a Roma. Assieme al Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, alla vicepresidente Antonella Stasi, al sen. Francesco Bevilacqua ed al Prefetto di Vibo Valentia Michele Di Bari erano presenti anche il Presidente della Provincia di Vibo Valentia Francesco De Nisi e il sindaco della città Nicola D’Agostino.
I rappresentanti della Italcementi hanno illustrato le problematiche che hanno indotto la società alla decisione di chiudere alcuni stabilimenti al Sud, tra cui Vibo Valentia. Su tutti il forte decremento della produzione di cemento dovuto alla mancanza di mercato nell’edilizia residenziale, commerciale e delle infrastrutture.

Il Presidente Scopelliti, a tal proposito, ha sottolineato che l’azienda non ha mai manifestato alcuna difficoltà in questi anni. "Noi confermiamo la nostra disponibilità ad affrontare i problemi che sono stati esposti per la Calabria. Ciò che vorrei capire a questo tavolo – ha sottolineato il Presidente – se i problemi sui quali siamo disposti a lavorare per trovare soluzioni sono una semplice motivazione per giustificare una scelta già fatta. La Calabria non è disponibile a far ricadere sulla sua classe dirigente politica scelte che non le appartengono. Ci viene detto che c’è un problema per l’autorizzazione all’uso delle cave, ma a noi non risulta e sul porto di Vibo c’è la disponibilità del comandante a rivedere le limitazioni attualmente esistenti”.

Disponibilità confermata anche dalla vicepresidente Stasi che parteciperà a un tavolo in cui verranno affrontate le questioni sollevate sia dalla Italcementi ma anche da altre aziende. “Ora dobbiamo capire prima di intraprendere una battaglia per il diritto al lavoro – ha continuato Scopelliti - se i problemi sono quelli enunciati e allora ci impegneremo a trovare le soluzioni adeguate, o indipendentemente dalle scelte aziendali su cui non esprimiamo considerazioni ma che ci sembrano già predefinite, se dobbiamo concentrare le nostre azioni sul governo centrale. Io guardo alla Calabria dove ci sono 1 miliardo e 200 circa milioni i fondi del piano per il Sud, c’è una disponibilità di fondi FESR per circa 800 milioni, la costruzione del Ponte sullo Stretto con le opere accessorie, ai tre o quattro ospedali che dovremo costruire per oltre 450 milioni. In prospettiva, sul territorio ci sono importanti interventi e se esiste un problema temporale la Regione farà la sua parte”.

Il tavolo è terminato con la proposta di una nuova riunione a breve tra gli attori principali della vicenda e per trovare soluzioni per il mantenimento degli stabilimenti a rischio chiusura.
Nel frattempo il delegato della Italcementi ha ricordato che l’azienda ha ribadito di aver acconsentito al ritiro della procedura di mobilità con l’obiettivo di individuare, nella cabina di regia istituita presso il Ministero dello Sviluppo Economico, ogni soluzione che consenta il mantenimento dell’attuale presidio produttivo e industriale nel territorio vibonese.
In attesa di individuare possibili alternative imprenditoriali da implementare entro l’arco temporale coperto dal ricorso di altri ammortizzatori sociali, i dipendenti sono stati riammessi integralmente al lavoro.


Comunicato stampa Presidenza
Data pubblicazione: 21-06-2012

mercoledì 20 giugno 2012

ITALCEMENTI: IL CIELO ORA E' GRIGIO ... NON PIU' NERO.


Ed ecco la prima news vibonese. Sembra manchi qualcosa (a parte le righe)... ma la pubblichiamo com'è estratta da zoomsud.it e da strill:it:

Si è conclusa la  riunione , programmata per questa mattina a Roma, presso il Ministero dello Sviluppo economico, per affrontare il problema della chiusura dello stabilimento industriale della Italcementi di Vibo Marina.
Un importante incontro  nel corso del quale il direttore generale dell’area economica  del Ministero dell’Economia , ha,  di fronte ai  rappresentanti istituzionali nazionali, regionali e provinciali, ai  vertici della società Italcementi, ai sindacati di categoria nazionali, regionali e territoriali, alle Rsu dello stabilimento industriale di Vibo Marina, evidenziato l’importante delibera  approvata  dal consiglio comunale di Vibo Valentia, definendola  come .



Al termine della riunione anche il Sindaco Nicola D’Agostino,  si è dichiarato fiducioso ..
Una riunione definita, dal Sentare Bevilacqua . < Si è aperto, con oggi, uno spiraglio che ci fa auspicare  alla risoluzione in modo positivo del problema. L’azienda, è passata da una posizione iniziale  di totale chiusura,  ad una possibilistica, soprattutto alla luce delle garanzie date dal presidente della Giunta Regionale, Scopelliti, circa la risoluzione di alcuni problemi  espressi dall’azienda che ne hanno determinato la decisione di chiusura. Altro aspetto importante da segnalare- ha concluso il Senatore- è la compattezza dimostrata dalle classe dirigente a tutti  i livelli e senza distinzione : Siamo stati tutti uniti dimostrando , con in testa il   Prefetto di Vibo Valentia, Di Bari, la vicinanza ai dipendenti e la sinergia di intenti che, siamo certi, porterà ad una conclusione positiva della vicenda>.
Ancora il Sindaco Nicola D’Agostino , accompagnato dai consiglieri comunali Lombardo e Fuscà, si è trovato concorde con quanto espresso dal Prefetto di Vibo Valentia, Michele Di Bari, che, sempre al termine della riunione,  ha evidenziato la positività dell’incontro interlocutorio come momento che  . 


http://www.strill.it/index.php?option=com_content&view=article&id=133703:vibo-valentia-cz-italcementi-positivo-lincontro-di-roma&catid=43:vibo&Itemid=93 


http://www.zoomsud.it/flash-news/35193-vv-vicenda-italcementi-positivo-lincontro-a-roma.html

ed ecco quello comprensibile, pubblicato su Febea Radio alle 20,00.

Vibo: Italcemnti, positivo incontro a Roma. Sindaco D'Agostino fiducioso
Mercoledì 20 Giugno 2012

Si è conclusa la  riunione , programmata per questa mattina a Roma, presso il Ministero dello Sviluppo economico, per affrontare il problema della chiusura dello stabilimento industriale della Italcementi di Vibo Marina.
Un importante incontro  nel corso del quale il direttore generale dell’area economica  del Ministero dell’Economia , ha,  di fronte ai  rappresentanti istituzionali nazionali, regionali e provinciali, ai  vertici della società Italcementi, ai sindacati di categoria nazionali, regionali e territoriali, alle Rsu dello stabilimento industriale di Vibo Marina, evidenziato l’importante delibera  approvata  dal consiglio comunale di Vibo Valentia, definendola  come < un  atto importante e realmente concreto >.
Al termine della riunione anche il Sindaco Nicola D’Agostino,  si è dichiarato fiducioso .< L’esito dell’incontro interlocutorio, lascia ben sperare, anche se siamo in una fase , come chiarito, interlocutoria, che però ci permette di auspicare ad una soluzione certamente diversa da quella paventata la settimana scorsa, quando anche l’azienda sembrava esser ormai decisa a chiudere lo stabilimento e licenziare gli 82 operai di Vibo Marina>.
Una riunione definita, dal Sentare Bevilacqua . < Si è aperto, con oggi, uno spiraglio che ci fa auspicare  alla risoluzione in modo positivo del problema. L’azienda, è passata da una posizione iniziale  di totale chiusura,  ad una possibilistica, soprattutto alla luce delle garanzie date dal presidente della Giunta Regionale, Scopelliti, circa la risoluzione di alcuni problemi  espressi dall’azienda che ne hanno determinato la decisione di chiusura. Altro aspetto importante da segnalare- ha concluso il Senatore- è la compattezza dimostrata dalle classe dirigente a tutti  i livelli e senza distinzione : Siamo stati tutti uniti dimostrando , con in testa il   Prefetto di Vibo Valentia, Di Bari, la vicinanza ai dipendenti e la sinergia di intenti che, siamo certi, porterà ad una conclusione positiva della vicenda>.
Ancora il Sindaco Nicola D’Agostino , accompagnato dai consiglieri comunali Lombardo e Fuscà, si è trovato concorde con quanto espresso dal Prefetto di Vibo Valentia, Michele Di Bari, che, sempre al termine della riunione,  ha evidenziato la positività dell’incontro interlocutorio come momento che  < se non riporta il sereno, almeno ci permette di vedere il cielo non più nero, ma grigio>.

http://www.febearadio.it/area-news/32014-vibo-italcemnti-positivo-incontro-a-roma-sindaco-dagostino-fiducioso/

ITALCEMENTI: DALLA CALABRIA SILENZIO, DALLA SICILIA LE INFORMAZIONI.


Visto che non è possibile ancora reperire notizie sulla sorte del tanto atteso incontro al Ministero dello Sviluppo Economico (?)  della nutrita delegazione vibonese, sulle sorti che attendono lo stabilimento di Vibo, cerchiamo di capire quali potranno essere  le decisioni prese, riportando le tante news che pervengono da Porto Empedocle (che condivide la stessa sorte di Vibo), in questi minuti.
Questo scarto cronologico tra i siciliani ed i calabresi, renderà interessante il confronto delle dichiarazioni che renderanno (appena pronti) ... daranno i nostri politici.
vele e 6x3 a sostegno dei lavoratori.


Italcementi, tavolo di concertazione a Roma, qualcosa si muove

"Nuova, seppur piccola, apertura da parte dell'Italcementi durante il vertice tenutosi stamattina al Ministero delle Attività produttive alla presenza, tra gli altri, della Rsu dello stabilimento di Porto Empedocle, dei rappresentanti di Filca, Fillea e Feneal e dell'Ugl, del sindaco di Porto Empedocle Lillo Firetto e della deputazione della Provincia.
Se le tematiche riguardanti gli ammortizzatori sociali sono state al momento accantonate, dato che non era quello il luogo deputato, da parte dell'Italcementi pare si sia manifestata l'intenzione di poter discutere, nei mesi a venire, del futuro dello stabilimento, sebbene non vi siano stati passi indietro sulla valutazione dell'attuale situazione di mercato.
Tre sarebbero nello specifico le problematiche riguardanti lo stabilimento di Porto Empedocle: la crisi del marcato, un non meglio specificato problema riguardante le cave e l'alto tasso di umidità delle materie prime. L'azienda, tra l'altro, durante l'incontro, ha riferito come, nonostante negli ultimi due anni abbia richiesto alla Regione Sicilia fondi straordinari per rilanciare le aree produttive, non abbia mai ricevuto risposta.



La richiesta da parte di Italcementi, ovviamente, è quella di sospendere immediatamente la protesta. Una valutazione che sarà presa domani, durante una lunga assemblea permanente.
Durante l'incontro di oggi, tra l'altro, sono stati programmati due nuovi tavoli di confronto, uno il 26 giugno alla Regione Sicilia e un altro il 15 luglio sempre presso il Ministero, durante i quali saranno affrontati tutti gli aspetti di natura economica e tecnici dell'impianto."
http://www.agrigentonotizie.it/cronaca/italcementi-tavolo-di-concertazione-a-roma-qualcosa-si-muove.html

Italcementi, incontro a Roma: discussione rimandanta a luglio
E’ tutto rimandato ai primi del prossimo mese di luglio: così la questione Italcementi è ancora in bilico anche se  qualcosa sembra sia iniziato a muoversi. A Roma,al ministero del lavoro, c’è stata la massima apertura per discutere sul futuro dello stabilimento di Porto Empedocle. All’incontro sono stati messi sul tavolo i problemi dello stabilimento legati alla crisi del mercato.L’azienda, tra l’altro, durante l’incontro, ha riferito come, nonostante negli ultimi due anni abbia richiesto alla Regione Sicilia fondi straordinari per rilanciare le aree produttive, non abbia mai ricevuto risposta. I vertici nazionali dell’azienda chiedono di sospendere la protesta, decisione che sarà presa domani durante una lunga assemblea permanente.
http://www.agrigentoflash.it/2012/06/20/italcementi-incontro-a-roma-discussione-rimandanta-a-luglio/


Italcementi, anche la provincia a Roma
Proficuo apporto della delegazione della Provincia regionale di Agrigento, all’incontro di quest’oggi al Ministero dello Sviluppo economico di Roma convocato per discutere della vertenza occupazionale dell’Italcementi di Porto Empedocle. Gli assessori provinciali Paolo Ferrara e Piero Giglione hanno infatti rappresentato al Tavolo della discussione, quelle che sono le possibilità di uscita dalla crisi attraverso il salvataggio di decine di posti di lavoro.“Abbiamo chiesto ai rappresentanti del Governo presenti all’incontro – spiega l’assessore Ferrara – di risolvere la questione legata ai limiti di spesa del patto di Stabilità per enti virtuosi come la Provincia Regionale di Agrigento che potrebbe usare i tanti milioni di euro risparmiati proprio per vertenze delicate come quelle dell’Italcementi o dei precari”.All’incontro odierno, hanno preso parte anche i parlamentari agrigentini Michele Cimino, Benedetto Adragna ed Angelo Capodicasa. “Prendiamo atto di questo primo passo avanti – ha commentato il presidente Eugenio D’Orsi – e speriamo che la prossima riunioe, convocata pe rla prima quindicina del mese di luglio, possa portare oltre che ad un ragionamento interlocutorio, anche a decisioni precise per il futuro dell’Italcementi
http://www.agrigentoflash.it/2012/06/20/italcementianche-la-provincia-a-roma/


Cimino:” “Italcementi non può chiudere”.”
“Intervenendo alla riunione a Roma ,al Ministero dello Sviluppo Economico, per le vertenze Italcementi, Moncada Energy e per i licenziamenti dei lavoratori del dissalatore di Porto Empedocle Michele Cimino,deputato regionale di Grande Sud, ha dichiarato : “”Oltre ad esprimere la mia piena solidarietà ai lavoratori dell’Italcementi che rischiano di perdere il loro posto di lavoro e che sono disposti a sacrifici per il rilancio dell’ azienda ,sono pronto a lottare insieme a loro affinchè l’Italcementi non chiuda battenti .E’ importante capire,continua Cimino, se l’Italcementi ha presentato progetti di rilancio con finanziamenti regionali ed europei e se questi sono stati negati o accantonati o se vi siano state autorizzazioni negate dall’Assessorato Ambiente. Occorre fare chiarezza e dire la verità sulle reali condizioni e su quello che occorre per riaprire i cancelli dell’Italcementi empedoclino, bisogna fattivamente lavorare alla risoluzione della vertenza senza chiacchiere a scarica barile. L’’unico dato certo è che non si può chiudere un’azienda che dà lavoro a trecento famiglie specialmente in un momento come quello che sta vivendo l’intero Paese. Faccio un appello,conclude Cimino,a tutti i parlamentari siciliani,sia regionali che nazionali affinché insieme si intervenga per scongiurare questa tragedia e sbloccare quelle opere già finanziate,come la realizzazione del rigassificatore di Porto Empedocle”.
http://www.agrigentoflash.it/2012/06/20/cimino%C2%94-italcementi-non-puo-chiudere-%C2%94/

Italcementi, incontro tra il sindaco Firetto e il ministro Passera
Il sindaco di Porto Empedocle, Calogero Firetto, accompagnato dal presidente nazionale dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, ha incontrato il ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, sulla questione dell’Italcementi di Porto Empedocle. In occasione di questo incontro a Roma, il sindaco Firetto ha disegnato al ministro la grave situazione economico e occupazionale in cui versa la provincia di Agrigento, illustrando in particolare la crisi che colpisce il settore del cemento e dei materiali edili in genere, che determina la crisi dello stabilimento empedoclino. Il ministro Corrado Passera ha assicurato che seguirà direttamente il tavolo di monitoraggio tra le organizzazioni sindacali nazionali di categoria, l’azienda Italcementi e le istituzioni locali. domani mattina sono in programma due assemblee tra i lavoratori e i sindacati, con la presenza di Firetto, per fare il punto della situazione dopo l’incontro romano e decidere il da farsi. Probabile un ritorno a lavorare, in attesa di ulteriori sviluppi.
http://www.agrigentoflash.it/2012/06/20/italcementi-incontro-tra-il-sindaco-firetto-e-il-ministro-passera/


lunedì 18 giugno 2012

ITALCEMENTI: ONLINE IL BRUTTO DELIBERATO DEL CONSIGLIO COMUNALE, CHE VENDE FUMO AI CITTADINI E ALL'AZIENDA!!!


 Abbiamo atteso con trepidazione la pubblicazione online della delibera del consiglio comunale aperto di Vibo Valentia, con la quale - dopo ampia discussione, secondo le cronache dei quotidiani locali, si recepisce l'atto approvato in prefettura qualche giorno fa.
La trepidazione era tutta legata a capire quali "forti contenuti" conteneva il documento ufficiale, amministrativo, che sarebbe poi stato portato nei confronti diretti con l'azienda o nei tavoli istituzionali come grimaldello utile a scardinare la strategia economico-produttiva dell'azienda, che la porta oggi a chiudere la produzione e ad destinare l'area, le sue strutture ed i suoi uomini a semplice mulino di clinker e deposito di materiali vari.
Ebbene di quel deliberato ... SIAMO DELUSI. Molto delusi, talmente delusi che con difficoltà potremmo definirlo un documento amministrativo che possa produrre alcun frutto. Sia a favore degli operai che a favore di quei poveri illusi ambientalisti.
Per noi, che abbiamo letto delibere del nostro civico municipio, dell'800 o del 900, specialmente quelle convocate "aperte" alla cittadinanza ... beh! E' amara sorpresa, sia nella forma che nei contenuti. 
Ve la facciamo leggere integralmente, affinchè possiate apprezzarla voi stessi.[scarica pdf dall'albo online]

Ma a parte la delusione di ritrovarvi un testo che riporta malamente  tutto ed il  contrario di tutto, e che mette tra parentesi le competenze tutti i limiti dell'amministrazione (?) ... la delusione è non trovarvi alcun accenno al valore del nostro territorio; un territorio con molti settori produttivi, alcuni dei quali messi in secondo ordine, ai quali si pongono dei limiti rispetto ai bisogni attuali e futuri dell'azienda bergamasca.
Non capiamo perchè una premessa ed una conclusione ai punti dichiarati in deliberato, che paiono una resa totale ed incondizionata ad un nemico del quale non si conoscono le intenzioni, non sia stata posta!
Un deliberato così ... si presenta del tutto inutile a garantire una sorte diversa ... agli operai al pari di tutti gli altri cittadini.


Sarebbe stato utilissimo ribadire all'azienda che, in caso tenga ferma la decisione di chiudere la produzione l'amministrazione non avrebbe accolto altra destinazione alternativa! 


Sarebbe stato utilissimo ribadire che, in caso di rifiuto del riavvio della produzione e della riassunzione degli operai, l'amministrazione avrebbe rivisto tutte, proprio tutte - comprese quelle in itinere - le posizioni concessorie fatte in 70 anni all'azienda!

Con poche parole in più la Delibera 26 del 2012 avrebbe certamente ribaltato i rapporti di forza tra interessi dell'azienda azienda ed interessi del territorio!

Cosa costava ai nostri amministratori affermare in deliberato ... ad esempio, che in caso contrario avrebbero sostenuto finanziariamente l'idea cooperativistica degli operai?
Cosa costava deliberare che, ad esempio, si sarebbe preteso entro ottobre un piano di recupero e risanamento ambientale e riuso a fine pubblico delle strutture? cosa costava ribadire in delibera che si sarebbe altrimenti preteso che il Piano di Recupero, avrebbe dovuto vedere coinvolte esclusivamente le maestranze oggi vilipese nonchè tutte le ditte esterne per la sua realizzazione ...

Del resto, ad un uso diverso dell'impianto ... anche a fini turistico-culturale, si lavora da tempo, come rivela la pubblicazione "Le cattedrali del Mare", in cui su riflette su una possibile riconversione di alcuni insediamenti industriali, che hanno scandito i "templi laici del lavoro lungo il complesso confine tra terra ed acqua. Per ogni regione italiana si è scelto un esempio emblematico (Italcementi Vibo, per la Calabria) di questo intreccio, nel suo delicato equilibrio tra riconversione ed implosione, tra opere della natura e dell’uomo. Si è posta l'attenzione su tanti manufatti dimenticati ma anche sui sistemi culturali territoriali di riferimento". Insomma ... viste le aziende che hanno promosso quel percorso è facile dedurre che non poche guardino senza pregiudizi all'area industriale occupata dall'impianto, il quale probabilmente si potrebbe meglio valorizzare ... vendendolo!
La politica locale che fa, invece? Non immagina scenari diversi e con la solita cecità continua a vendersi il territorio ... con una bruttissima delibera. Brutta perchè è priva di una sola considerazione o proposta in grado di dare dignità e valore al territorio ed alla comunità vibonese!

In ogni caso, visto che tale deliberato avrebbe dovuto indirizzare ad un futuro contrario a quanto meriti tutta la comunità ..possiamo esclamare: per fortuna lo hanno partorito così, con questo modo così grossolano ed evidente di vendere fumo... proprio all'Italcementi!

venerdì 15 giugno 2012

ITALCEMENTI: CASSA INTEGRAZIONE? LA SCELTA FATTA ... E' L'UNICA ASSUNTA!


"L'azienda ha firmato con le organizzazioni sindacali un verbale in base al quale si prevede un percorso che, partendo dal ritiro della procedura di mobilità, porterà all’utilizzo di diversi e alternativi ammortizzatori sociali, al fine di contenere l’impatto sociale della chiusura degli impianti di Vibo Marina e Porto Empedocle. La decisione di cessare l’attività nei due impianti rimane confermata, non essendo cambiato il difficile quadro economico che ha portato l’Azienda ad assumerla"

Esito dell'incontro in Federmaco Confindustria a Roma del 14 giugno. 

Mentre aspettiamo i commenti della triplice, riportiamo i primi commenti della politica e dei sindacati. Tassone (Udc) Sangue (Ugl) ; Centrella (Ugl)

Per essere più completi nell'informazione però ... è il caso di approfittare di quanto rintracciamo su un altro blog, su questa drammatica vicenda, il cui lato occupazionale è drammaticissimo ... ma ancor più drammaticamente inquietante è l'atteggiamento dei protagonisti locali, che giocano con sorprendente leggerezza sulla pelle degli operai al pari di come fanno con la pelle dei cittadini.
Eh, si! Si perchè, tra le altre cose, scopriamo che quello che oggi ci viene venduto come risultato dell'attuale "lotta sindacale ed impegno politico" alla chiusura dello stabilimento, vale a dire la CIGS , in realtà risulta già decisa e firmata dal Ministero del Lavoro a maggio scorso, esattamente il 7/5/2012, con Decreto n. 65650(leggi il decreto online dal sito del Ministero) , e tutti ... e ancor più sindacati degli stabilimenti elencati ... ne erano al corrente! E questo dunque conferma quanto dice l'azienda, di non aver fatto alcun atto che non fosse già noto, smentendo così quanti ancora oggi affermano che la chiusura è un colpo a tradimento, a sorpresa!


Non possiamo dunque che riprendere l'articolo integralmente - del quale condividiamo interamente  il contenuto - segnalandovene il link, perchè gli spunti di documentazione e riflessione, meritano di essere conosciuti ed approfonditi! Ovviamente se queste cose dovessero trovare una autorevole (?) smentita, saremo pronti a chiedere venia, rettificare e rimuovere l'articolo. Ma, mentre dubitiamo che vi sia in giro ormai l'ombra dell'autorevolezza, ci poniamo un quesito grande come un "altoforno":  è ancora possibile l'etica della correttezza in questo territorio?

"La stampa, oggi, riporta che “da parte di Comune di Vibo Valentia, Provincia di Vibo Valentia e Regione Calabria è stata prospettata la possibilità che l'azienda ottenga il permesso di utilizzare il combustibile da rifiuto e la rivisitazione delle autorizzazioni per le attività estrattive all'acquisizione della materie prime e la riduzione delle limitazioni degli arrivi di nave che trasportano il carbone” (fonte: corrieredellacalabria.it). La stessa stampa riporta che anche le organizzazioni sindacali si dicono unitariamente d’accordo (fonte: ilquotidianoweb.it ). Mentre ieri il Governatore Scopelliti ha annunciato urbi et orbi che chiederà immediatamente un tavolo di crisi al Ministero dello Sviluppo economico”. 
Cosa vuol dire ciò?
Semplicemente, che ancora una volta si adotta la politica del fatalismo e del “caliamo le brache” e che lo si fa fino a mettere la rischio la pelle e la salute dei cittadini vibonesi tutti?
La trattativa sulla CIGS si è conclusa nel gennaio scorso e i sindacati lo sapevano, come si evince dalle rassegne stampa delle loro dirette organizzazioni sindacali (vedi qui). E il Ministero del Lavoro ha concesso la CIGS (firmata con decreto n.65650 del 7/5/2012) a partire dal 1 febbraio 2012 fino al 31/01/2013.  
Dov’erano le rappresentanze sindacali vibonesi? Non è, quindi, giustificabile la “caduta dal pero” delle rappresentanza sindacali, istituzionali e politiche vibonesi, visto che le stesse sapevano da oltre 5 mesi che sarebbe arrivata la “tegola”.
Questo porta, inevitabilmente, a fare delle considerazioni sulla reale capacità, di certi “sindacalisti” e certi politici locali, di rappresentare (realmente e lealmente) i lavoratori e i cittadini vibonesi: quali presunzioni si celano dietro un comportamento del genere? E, soprattutto, a chi giova?
La “vertenza Italcementi” di Vibo Marina appare chiaramente come la classica “polpetta avvelenata” che la Comunità vibonese dovrà ingoiare sotto ricatto. Solo che questa volta – a differenza di ciò che si vuole fare credere - il “ricatto” è endogeno, non esogeno.
Infatti, il “ricatto” non lo fa l’Italcementi (essa persegue i suoi interessi, magari con metodi rozzi, se si vuole, ma pur sempre legittimi), che si prende anche il lusso di “cazziare” le “istituzioni” locali praticamente dicendo loro che si potevano svegliare prima. Bensì le Istituzioni – pubbliche e private – che hanno la presunzione e la supponenza di “gestire” un territorio e il suo fragile tessuto economico con un’incoscienza amaramente disarmante.
Come si fa a dare fiducia a certi rappresentanti (politici e sindacali)?
Perché accettare di partecipare – palesemente dalla parte del torto, peraltro – a quella che, ogni giorno che passa, si trasforma in una guerra tra poveri e disperati?

Basta leggere la relazione al resoconto intermedio di gestione al 31 marzo 2012 (trimestrale) di Italcementi, per capire quali sono le strategie di sviluppo del gruppo: utilizzare le dismissioni in Italia, per fare investimenti in Bulgaria e India. In altre parole, delocalizzare. O, in alternativa, abbattere i costi di energia (ed incrementare gli utili) con attività di revamping (CDR, PFU, petcoke).

Il progetto ravamping (CDR, PFU e petcoke) è un progetto criminale per tutta la Comunità! Per capirlo, al di là delle annose inefficienze delle istituzioni e degli enti che dovrebbero tutelare la salute pubblica, basta leggere le relazioni e le “condizioni” poste  dall’Italcementi (e avallate da Comune, Provincia e Regione) per portare a termine il progetto. (Proprio su questo blog è stato coniata, a suo tempo, la definizione “Cemento Armato” riferita al progetto revamping CDR, PFU e petcoke all’Italcementi di Vibo Marina).
E se tale progetto non è stato ancora avviato, non si deve certo alle iniziative delle istituzioni e/o dei rappresentati politici e/o sindacali del vibonese, chiedendo precise garanzie per la tutela della salute pubblica. Si deve principalmente a quelle (in apparenza) poche persone che hanno cuore la salute pubblica e l’ambiente di Vibo Marina. Persone che s’informano e obiettano con argomenti concreti alle parole vane e meramente propagandistiche di chi è stato eletto per rappresentare gli interessi della Comunità tutta.

Per fortuna, la Calabria fa ancora parte dell’Italia. E in Italia vigono leggi sulla tutela della salute pubblica e ambientale, che hanno reso, fino ad oggi, inattuabile il “progetto revamping” (che – è bene specificarlo - non è altro che un inceneritore di ogni schifezza possibile e immaginabile, senza avere però le caratteristiche, i “filtri” e le “garanzie” di un inceneritore vero e proprio).

Infine, per chiudere il cerchio del ragionamento: a cosa serve il tanto proclamato “tavolo di crisi da aprirsi presso il Ministero dello Sviluppo economico”, di cui il Governatore Scopelliti ne ha annunciato la “immediata” richiesta, nei giorni scorsi? E’ troppo scaltro il “caro Beppe” – evidentemente, già in rampa di lancio per candidarsi al Parlamento nazionale nel 2013 -, per confondere il Ministero del Lavoro (che si occupa di CIGS) con il Ministero dello Sviluppo Economico. La sua non è una gaffe. Infatti, il messaggio è stato subito recepito dai sindacalisti e dai politici vibonesi, i quali hanno immediatamente avviato l’operazione di fine strategia “caliamo le brache”. 
Alta politica allo stato puro… Purtroppo, solita vecchia politica dell’emergenza. Quella “politica” che porta a gestire il tutto “in deroga”. 
Anche di quelle leggi che salvaguardano la salute pubblica e l’ambiente. Per questo, si chiede un “tavolo” presso il Ministero dello Sviluppo Economico: per superare i limiti imposti dalla legge (e non tenuti in nessuna considerazione dalle Istituzioni calabresi che a suo tempo hanno avallato il progetto revamping, con la scusa dell’emergenza rifiuti…) e ri-presentarsi candidamente agli elettori con l’ennesima operazione “re-virgination” truffa. A spese della salute e della dignità di tutta la Comunità vibonese.
Ma, del resto, da personaggi così “sensibili” e “responsabili cosa ci si può aspettare? In tutta questa messe di parole in libertà, da nessuno si è sentito esprimere un concetto semplice e dignitoso: Cara Italcementi, se decidi di andare sei libera di farlo, ma non prima di aver ripristinato e bonificato le aree che la tua attività ha inevitabilmente intaccato."


estratto da TimpaJanca