Genova. Via di Pré e Piazza Caricamento.
Squarci nelle Profondità dell'Essere.
Foto di Giovanni Pititto (30 luglio 2011).
FU LA PALMA
NEL GRAN DESERTO ANTICO
SQUARCIO ALL'IPOGÈO.
***
NEL GRAN DESERTO ANTICO
SQUARCIO ALL'IPOGÈO.
***
Stéphane Mallarmé
(1842-1898)
Tristezza d'estate
Il sole sulla sabbia, mia Ribelle dormiente, /
scalda ne' tuoi capelli un bagno di languore: /
e, consumando incensi sulla tua gota ardente, /
frammischia con le lacrime un suo filtro d'amore./
Il sole sulla sabbia, mia Ribelle dormiente, /
scalda ne' tuoi capelli un bagno di languore: /
e, consumando incensi sulla tua gota ardente, /
frammischia con le lacrime un suo filtro d'amore./
Del bianco abbarbaglìo l'implacabile calma, /
ti ha fatto dire, dopo l'aspro imenèo: /
"Noi non avremo mai, laggiù, sotto una palma, /
nel gran deserto antico, un unico ipogèo". /
ti ha fatto dire, dopo l'aspro imenèo: /
"Noi non avremo mai, laggiù, sotto una palma, /
nel gran deserto antico, un unico ipogèo". /
Ma la tua chioma, cara, è un fiume di tepori,
dove annegare l'anima, quando ci ha fatto sazi, /
per rintracciar quel Nulla, che tu, beata, ignori. /
dove annegare l'anima, quando ci ha fatto sazi, /
per rintracciar quel Nulla, che tu, beata, ignori. /
Io vo' gustare il bistro, pianto dalle tue ciglia, /
perchè mi doni al cuore, che tu colpisci e strazi, /
l'apatia della pietra, oppur della conchiglia. // (1)
perchè mi doni al cuore, che tu colpisci e strazi, /
l'apatia della pietra, oppur della conchiglia. // (1)
01. Genova. Via Prè. Squarci nelle Profondità dell'Essere.
Pablo Neruda
La canzone disperataIl tuo ricordo emerge dalla notte in cui sono. /
Il fiume riannoda al mare il suo lamento ostinato. /
Abbandonato come i moli all'alba. /
E' l'ora di partire, oh abbandonato! /
Sul mio cuore piovono fredde corolle. /
Oh sentina di rifiuti, feroce tana di naufraghi! /
In te si accumularono le guerre e i voli. /
Da te innalzarono le ali gli uccelli del canto. /
Tutto hai inghiottito, come la lontananza. /
Come il mare, come il tempo. Tutto in te fu naufragio! /
Era l'ora felice dell'assalto e del bacio. /
L'ora dello stupore che ardeva come un faro. /
Ansietà di nocchiero, furia di palombaro cieco, /
torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio! /
Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita. /
Scopritore perduto, tutto in te fu naufragio! /
Ti attaccasti al dolore, ti aggrappasti al desiderio. /
Ti abbattè la tristezza, tutto in te fu naufragio! /
Feci retrocedere la muraglia d'ombra, / ***
andai oltre il desiderio e l'atto. / ***
Oh carne, carne mia, donna che amai e persi, /
te, in quest'ora umida, evoco e canto. /
Come una coppa albergasti l'infinita tenerezza, /
e l'infinito oblio t'infranse come una coppa. /
Era la nera, nera solitudine delle isole, /
e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia. /
[p. 147] Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta. /
Erano il dolore e le rovine, e tu fosti il miracolo. /
Ah donna, non so come hai potuto contenermi /
nella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia! /
Il mio desiderio di te fu il più terribile e corto, /
il più sconvolto ed ebbro, il più teso e avido. /
Cimitero di baci, c'é ancora fuoco nelle tue tombe, /
ancora ardono i grappoli sbeccuzzati d'uccelli. /
Oh la bocca morsa, oh le baciate membra, /
oh gli affamati denti, oh i corpi intrecciati. /
Oh la copula pazza di speranza e di vigore /
in cui ci annodammo e ci disperammo. /
E, la tenerezza, lieve come l'acqua e la farina. /
E la parola appena incominciata sulle labbra. /
Questo fu il mio destino e in esso viaggiò il mio anelito, /
e in esso cadde il mio anelito, tutto in te fu naufragio! /
Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva, che / ***
dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca. / ***
Di caduta in caduta ancora fiammeggiasti e cantasti. /
In piedi come un marinaio sulla prua di una nave. /
Ancora fioristi in canti, ancora prorompesti in correnti. /
Oh sentina di rifiuti, pozzo aperto e amaro. /
Pallido palombaro cieco, sventurato fromboliere, /
scopritore perduto, tutto in te fu naufragio! /
E' l'ora di partire, la dura e fredda ora /
che la notte lega ad ogni orario. /
Il cinturone rumoroso dei mare cinge la costa. /
Sorgono stelle fredde, emigrano neri uccelli. /
Abbandonato come i moli nell'alba. /
Solo l'ombra tremula si contorce nelle mie mani. /
Ah più in là di ogni cosa. Ah più in là di ogni cosa. /
E' l'ora di partire. Oh abbandonato! // (2)
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Pablo Neruda
La canzone disperataIl tuo ricordo emerge dalla notte in cui sono. /
Il fiume riannoda al mare il suo lamento ostinato. /
Abbandonato come i moli all'alba. /
E' l'ora di partire, oh abbandonato! /
Sul mio cuore piovono fredde corolle. /
Oh sentina di rifiuti, feroce tana di naufraghi! /
In te si accumularono le guerre e i voli. /
Da te innalzarono le ali gli uccelli del canto. /
Tutto hai inghiottito, come la lontananza. /
Come il mare, come il tempo. Tutto in te fu naufragio! /
Era l'ora felice dell'assalto e del bacio. /
L'ora dello stupore che ardeva come un faro. /
Ansietà di nocchiero, furia di palombaro cieco, /
torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio! /
Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita. /
Scopritore perduto, tutto in te fu naufragio! /
Ti attaccasti al dolore, ti aggrappasti al desiderio. /
Ti abbattè la tristezza, tutto in te fu naufragio! /
Feci retrocedere la muraglia d'ombra, / ***
andai oltre il desiderio e l'atto. / ***
Oh carne, carne mia, donna che amai e persi, /
te, in quest'ora umida, evoco e canto. /
Come una coppa albergasti l'infinita tenerezza, /
e l'infinito oblio t'infranse come una coppa. /
Era la nera, nera solitudine delle isole, /
e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia. /
[p. 147] Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta. /
Erano il dolore e le rovine, e tu fosti il miracolo. /
Ah donna, non so come hai potuto contenermi /
nella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia! /
Il mio desiderio di te fu il più terribile e corto, /
il più sconvolto ed ebbro, il più teso e avido. /
Cimitero di baci, c'é ancora fuoco nelle tue tombe, /
ancora ardono i grappoli sbeccuzzati d'uccelli. /
Oh la bocca morsa, oh le baciate membra, /
oh gli affamati denti, oh i corpi intrecciati. /
Oh la copula pazza di speranza e di vigore /
in cui ci annodammo e ci disperammo. /
E, la tenerezza, lieve come l'acqua e la farina. /
E la parola appena incominciata sulle labbra. /
Questo fu il mio destino e in esso viaggiò il mio anelito, /
e in esso cadde il mio anelito, tutto in te fu naufragio! /
Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva, che / ***
dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca. / ***
Di caduta in caduta ancora fiammeggiasti e cantasti. /
In piedi come un marinaio sulla prua di una nave. /
Ancora fioristi in canti, ancora prorompesti in correnti. /
Oh sentina di rifiuti, pozzo aperto e amaro. /
Pallido palombaro cieco, sventurato fromboliere, /
scopritore perduto, tutto in te fu naufragio! /
E' l'ora di partire, la dura e fredda ora /
che la notte lega ad ogni orario. /
Il cinturone rumoroso dei mare cinge la costa. /
Sorgono stelle fredde, emigrano neri uccelli. /
Abbandonato come i moli nell'alba. /
Solo l'ombra tremula si contorce nelle mie mani. /
Ah più in là di ogni cosa. Ah più in là di ogni cosa. /
E' l'ora di partire. Oh abbandonato! // (2)
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02. I LIMONI
Ascoltami, i poeti laureati /
si muovono soltanto fra le piante /
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. /
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi /
fossi dove in pozzanghere /
mezzo seccate agguantano i ragazzi /
qualche sparuta anguilla: /
le viuzze che seguono i ciglioni, /
discendono tra i ciuffi delle canne /
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni. /
Ascoltami, i poeti laureati /
si muovono soltanto fra le piante /
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. /
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi /
fossi dove in pozzanghere /
mezzo seccate agguantano i ragazzi /
qualche sparuta anguilla: /
le viuzze che seguono i ciglioni, /
discendono tra i ciuffi delle canne /
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni. /
Eugenio Montale
01. IN LIMINE
01. IN LIMINE
"Godi se il vento ch'entra nel pomario /
vi rimena l' ondata della vita: /
qui dove affonda un morto /
viluppo di memorie, /
orto non era, ma reliquario. /
Il frullo che tu senti non è un volo, /
ma il commuoversi dell'eterno grembo; /
vedi che si trasforma questo lembo /
di terra solitario in un crogiuolo. /
[p.16] Un rovello è di qua dall’erto muro./
Se procedi t’imbatti/
tu forse nel fantasma che ti salva: /
si compongono qui le storie, gli atti/
scancellati pel giuoco del futuro./
Cerca una maglia rotta nella rete/
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!/
va, per te l’ho pregato, - ora la sete/
mi sarà lieve, meno acre la ruggine…" // (3)
Eugenio Montale
Eugenio Montale
***
Meglio se le gazzarre degli uccelli /
si spengono inghiottite dall'azzurro: /
più chiaro si ascolta il susurro /
[p. 20] dei rami amici nell'aria che quasi non si muove, /
e i sensi di quest'odore /
che non sa staccarsi da terra /
e piove in petto una dolcezza inquieta. /
Qui delle divertite passioni /
per miracolo tace la guerra, /
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza /
ed è l'odore dei limoni. /
si spengono inghiottite dall'azzurro: /
più chiaro si ascolta il susurro /
[p. 20] dei rami amici nell'aria che quasi non si muove, /
e i sensi di quest'odore /
che non sa staccarsi da terra /
e piove in petto una dolcezza inquieta. /
Qui delle divertite passioni /
per miracolo tace la guerra, /
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza /
ed è l'odore dei limoni. /
***
Vedi, in questi silenzi in cui le cose /
s'abbandonano e sembrano vicine /
a tradire il loro ultimo segreto, /
talora ci si aspetta /
di scoprire uno sbaglio di Natura, /
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, /
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta /
nel mezzo di una verità. /
s'abbandonano e sembrano vicine /
a tradire il loro ultimo segreto, /
talora ci si aspetta /
di scoprire uno sbaglio di Natura, /
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, /
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta /
nel mezzo di una verità. /
***
Lo sguardo fruga d'intorno, /
la mente indaga accorda disunisce /
nel profumo che dilaga /
quando il giorno piú languisce. /
Sono i silenzi in cui si vede /
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità./
Lo sguardo fruga d'intorno, /
la mente indaga accorda disunisce /
nel profumo che dilaga /
quando il giorno piú languisce. /
Sono i silenzi in cui si vede /
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità./
***
Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo /
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra /
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. /
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta /
[p. 21] il tedio dell'inverno sulle case, /
la luce si fa avara - amara l'anima. /
Quando un giorno da un malchiuso portone /
tra gli alberi di una corte /
ci si mostrano i gialli dei limoni; /
e il gelo dei cuore si sfa, /
e in petto ci scrosciano /
le loro canzoni /
le trombe d'oro della solarità. // (4)
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra /
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. /
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta /
[p. 21] il tedio dell'inverno sulle case, /
la luce si fa avara - amara l'anima. /
Quando un giorno da un malchiuso portone /
tra gli alberi di una corte /
ci si mostrano i gialli dei limoni; /
e il gelo dei cuore si sfa, /
e in petto ci scrosciano /
le loro canzoni /
le trombe d'oro della solarità. // (4)
02. Genova. Piazza Caricamento. Squarci nelle Profondità dell'Essere.
Eugenio Montale
03. CORNO INGLESE
Il vento che stasera suona attento /
- ricorda un forte scòtere di lame - /
gli strumenti dei fitti alberi e spazza /
l'orizzonte di rame /
dove strisce di luce si protendono /
come aquiloni al cielo che rimbomba /
03. CORNO INGLESE
Il vento che stasera suona attento /
- ricorda un forte scòtere di lame - /
gli strumenti dei fitti alberi e spazza /
l'orizzonte di rame /
dove strisce di luce si protendono /
come aquiloni al cielo che rimbomba /
[p. 23] (Nuvole in viaggio, chiari /
reami di lassù! D'alti Eldoradi /
malchiuse porte!) /
e il mare che scaglia a scaglia, /
livido, muta colore /
lancia a terra una tromba /
di schiume intorte; /
il vento che nasce e muore /
nell'ora che lenta s'annera /
suonasse te pure stasera /
scordato strumento, /
cuore. // (5)
reami di lassù! D'alti Eldoradi /
malchiuse porte!) /
e il mare che scaglia a scaglia, /
livido, muta colore /
lancia a terra una tromba /
di schiume intorte; /
il vento che nasce e muore /
nell'ora che lenta s'annera /
suonasse te pure stasera /
scordato strumento, /
cuore. // (5)
03. Genova. Piazza Caricamento. Squarci nelle Profondità dell'Essere.
Eugenio Montale
04. QUASI UNA FANTASIA
Raggiorna, lo presento /
da un albore di frusto /
argento alle pareti: /
lista un barlume le finestre chiuse. /
Torna l'avvenimento /
del sole e le diffuse /
voci, i consueti strepiti non porta. /
04. QUASI UNA FANTASIA
Raggiorna, lo presento /
da un albore di frusto /
argento alle pareti: /
lista un barlume le finestre chiuse. /
Torna l'avvenimento /
del sole e le diffuse /
voci, i consueti strepiti non porta. /
[p. 25] Perché? Penso ad un giorno d'incantesimo /
e delle giostre d'ore troppo uguali /
mi ripago. Traboccherà la forza /
che mi turgeva, incosciente mago, /
da grande tempo. Ora m'affaccerò, /
subisserò alte case, spogli viali. /
e delle giostre d'ore troppo uguali /
mi ripago. Traboccherà la forza /
che mi turgeva, incosciente mago, /
da grande tempo. Ora m'affaccerò, /
subisserò alte case, spogli viali. /
***
Avrò di contro un paese d'intatte nevi /
ma lievi come viste in un arazzo. /
Scivolerà dal cielo bioccoso un tardo raggio. /
Gremite d'invisibile luce selve e colline /
mi diranno l'elogio degl'ilari ritorni. /
ma lievi come viste in un arazzo. /
Scivolerà dal cielo bioccoso un tardo raggio. /
Gremite d'invisibile luce selve e colline /
mi diranno l'elogio degl'ilari ritorni. /
***
Lieto leggerò i neri /
segni dei rami sul bianco /
come un essenziale alfabeto. /
Tutto il passato in un punto /
dinanzi mi sarà comparso. /
Non turberà suono alcuno /
quest'allegrezza solitaria. /
Filerà nell'aria /
o scenderà s'un paletto /
qualche galletto di marzo. // (6)
segni dei rami sul bianco /
come un essenziale alfabeto. /
Tutto il passato in un punto /
dinanzi mi sarà comparso. /
Non turberà suono alcuno /
quest'allegrezza solitaria. /
Filerà nell'aria /
o scenderà s'un paletto /
qualche galletto di marzo. // (6)
04. Genova. Piazza Caricamento. Squarci nelle Profondità dell'Essere.
Eugenio Montale
Eugenio Montale
05. FALSETTO
Esterina, i vent'anni ti minacciano, /
grigiorosea nube /
che a poco a poco in sé ti chiude. /
Ciò intendi e non paventi. /
Sommersa ti vedremo /
nella fumea che il vento /
lacera o addensa, violento. /
Poi dal fiotto di cenere uscirai /
adusta più che mai, /
proteso a un'avventura più lontana /
l'intento viso che assembra /
Esterina, i vent'anni ti minacciano, /
grigiorosea nube /
che a poco a poco in sé ti chiude. /
Ciò intendi e non paventi. /
Sommersa ti vedremo /
nella fumea che il vento /
lacera o addensa, violento. /
Poi dal fiotto di cenere uscirai /
adusta più che mai, /
proteso a un'avventura più lontana /
l'intento viso che assembra /
l'arciera Diana. /
***
[p. 27] Salgono i venti autunni, /
t'avviluppano andate primavere; /
ecco per te rintocca /
un presagio nell'elisie sfere. /
Un suono non ti renda /
qual d'incrinata brocca /
[p. 27] Salgono i venti autunni, /
t'avviluppano andate primavere; /
ecco per te rintocca /
un presagio nell'elisie sfere. /
Un suono non ti renda /
qual d'incrinata brocca /
percossa!; io prego sia /
per te concerto ineffabile /
di sonagliere. /
per te concerto ineffabile /
di sonagliere. /
***
La dubbia dimane non t'impaura. /
Leggiadra ti distendi /
sullo scoglio lucente di sale /
e al sole bruci le membra. /
Ricordi la lucertola /
ferma sul masso brullo; /
te insidia giovinezza, /
quella il lacciòlo d'erba del fanciullo. /
L'acqua è la forza che ti tempra, /
nell'acqua ti ritrovi e ti rinnovi: /
noi ti pensiamo come un'alga, un ciottolo, /
come un'equorea creatura /
che la salsedine non intacca /
ma torna al lito piú pura. /
Leggiadra ti distendi /
sullo scoglio lucente di sale /
e al sole bruci le membra. /
Ricordi la lucertola /
ferma sul masso brullo; /
te insidia giovinezza, /
quella il lacciòlo d'erba del fanciullo. /
L'acqua è la forza che ti tempra, /
nell'acqua ti ritrovi e ti rinnovi: /
noi ti pensiamo come un'alga, un ciottolo, /
come un'equorea creatura /
che la salsedine non intacca /
ma torna al lito piú pura. /
***
Hai ben ragione tu! Non turbare /
di ubbie il sorridente presente. /
La tua gaiezza impegna già il futuro /
ed un crollar di spalle /
[p. 28] dirocca i fortilizi /
del tuo domani oscuro. /
T'alzi e t'avanzi sul ponticello /
esiguo, sopra il gorgo che stride: /
il tuo profìlo s'incide /
contro uno sfondo di perla. /
Esiti a sommo del tremulo asse, /
poi ridi, e come spiccata da un vento /
t'abbatti fra le braccia /
del tuo divino amico che t'afferra. /
di ubbie il sorridente presente. /
La tua gaiezza impegna già il futuro /
ed un crollar di spalle /
[p. 28] dirocca i fortilizi /
del tuo domani oscuro. /
T'alzi e t'avanzi sul ponticello /
esiguo, sopra il gorgo che stride: /
il tuo profìlo s'incide /
contro uno sfondo di perla. /
Esiti a sommo del tremulo asse, /
poi ridi, e come spiccata da un vento /
t'abbatti fra le braccia /
del tuo divino amico che t'afferra. /
***
Ti guardiamo noi, della razza /
di chi rimane a terra. // (7)
di chi rimane a terra. // (7)
***
Stéphane Mallarmé, Tristesse d'été.
Le soleil, sur le sable, ô lutteuse endormie, / En l'or de tes cheveux chauffe un bain langoureux / Et, consumant l'encens sur ta joue ennemie, / Il mêle avec les pleurs un breuvage amoureux. /
De ce blanc Flamboiement l'immuable accalmie / T'a fait dire, attristée, ô mes baisers peureux, / « Nous ne serons jamais une seule momie / Sous l'antique désert et les palmiers heureux! » /
Mais ta chevelure est une rivière tiède, / Où noyer sans frissons l'âme qui nous obsède / Et trouver ce Néant que tu ne connais pas. /
Je goûterai le fard pleuré par tes paupières, / Pour voir s'il sait donner au coeur que tu frappas / L'insensibilité de l'azur et des pierres. // (8)
De ce blanc Flamboiement l'immuable accalmie / T'a fait dire, attristée, ô mes baisers peureux, / « Nous ne serons jamais une seule momie / Sous l'antique désert et les palmiers heureux! » /
Mais ta chevelure est une rivière tiède, / Où noyer sans frissons l'âme qui nous obsède / Et trouver ce Néant que tu ne connais pas. /
Je goûterai le fard pleuré par tes paupières, / Pour voir s'il sait donner au coeur que tu frappas / L'insensibilité de l'azur et des pierres. // (8)
Pablo Neruda
LA CANCIÓN DESESPERADA
Emerge tu recuerdo de la noche en que estoy. / El río anuda al mar su lamento obstinado./
Hice retroceder la muralla de sombra, / anduve más allá del deseo y del acto. /
De tumbo en tumbo aún llameaste y cantaste. / [ved. note]
De pie como un marino en la proa de un barco./ [Id.]
LA CANCIÓN DESESPERADA
Emerge tu recuerdo de la noche en que estoy. / El río anuda al mar su lamento obstinado./
Abandonado como los muelles en el alba. / Es la hora de partir, oh abandonado!/
Sobre mi corazón llueven frías corolas. / Oh sentina de escombros, feroz cueva de náufragos!/
En ti se acumularon las guerras y los vuelos. / De ti alzaron las alas los pájaros del canto./
Todo te lo tragaste, como la lejanía. / Como el mar, como el tiempo. Todo en ti fue naufragio! /
Era la alegre hora del asalto y el beso. / La hora del estupor que ardía como un faro. /
Ansiedad de piloto, furia de buzo ciego, / turbia embriaguez de amor, todo en ti fue naufragio! /
En la infancia de niebla mi alma alada y herida. / Descubridor perdido, todo en ti fue naufragio! /
**[Te ceñiste al dolor, te agarraste al deseo. / Te tumbó la tristeza, todo en ti fue naufragio!]
Hice retroceder la muralla de sombra, / anduve más allá del deseo y del acto. /
Oh carne, carne mía, mujer que amé y perdí, / a ti en esta hora húmeda, evoco y hago canto. /
Como un vaso albergaste la infinita ternura, / y el infinito olvido te trizó como a un vaso. /
Era la negra, negra soledad de las islas, / y allí, mujer de amor, me acogieron tus brazos. /
[p. 146] Era la sed y el hambre, y tú fuiste la fruta. / Era el duelo y las ruinas, y tú fuiste el milagro. /
Ah mujer, no sé cómo pudiste contenerme / en la tierra de tu alma, y en la cruz de tus brazos! /
Mi deseo de ti fue el más terrible y corto, / el más revuelto y ebrio, el más tirante y ávido. /
Cementerio de besos, aún hay fuego en tus tumbas, / aún los racimos arden picoteados de pájaros. /
Oh la boca mordida, oh los besados miembros,/ oh los hambrientos dientes, oh los cuerpos trenzados./
Oh la cópula loca de esperanza y esfuerzo / en que nos anudamos y nos desesperamos./
Y la ternura, leve como el agua y la harina. / Y la palabra apenas comenzada en los labios./
Ése fue mi destino y en él viajó mi anhelo,/ y en él cayó mi anhelo, todo en ti fue naufragio!/
***[Oh sentina de escombros, en ti todo caía, / qué dolor no exprimiste, qué olas no te ahogaron.]
De tumbo en tumbo aún llameaste y cantaste. / [ved. note]
De pie como un marino en la proa de un barco./ [Id.]
Aún floreciste en cantos, aún rompiste en corrientes./ Oh sentina de escombros, pozo abierto y amargo./
Pálido buzo ciego, desventurado hondero, / descubridor perdido, todo en ti fue naufragio!/
Es la hora de partir, la dura y fría hora / que la noche sujeta a todo horario./
El cinturón ruidoso del mar ciñe la costa. / Surgen frías estrellas, emigran negros pájaros. /
Abandonado como los muelles en el alba. / Sólo la sombra trémula se retuerce en mis manos. /
Ah más allá de todo. Ah más allá de todo. / Es la hora de partir. Oh abandonado! // (9)
NOTE
(1) Stéphane Mallarmé (1842-1898), Tristezza d'estate (è del 1864), in: Vincenzo Errante (a cura di), Parnassiani e simbolisti francesi / [liriche scelte e tradotte da Vincenzo Errante], Firenze, Sansoni, 1953, pag. 327.
(2) Pablo Neruda, La Canzone Disperata (In Pablo Neruda (a cura e con versione di Giuseppe Bellini), Venti poesie d'amore e una canzone disperata, Milano, Sansoni, 1971, pp. 145-7, con testo spagnolo a fronte). Per motivi non comprensibili i quattro versi indicati con *** non sono presenti nell'edizione:
Feci retrocedere la muraglia d'ombra, / ***
andai oltre il desiderio e l'atto. / ***
(...)
Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva, che / ***
dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca. / ***(3) Eugenio Montale, In Limine, (in: Eugenio Montale, Ossi di Seppia <e altri scritti>, Verona, Mondadori, XV Ediz., 1969, pp. 14-16.
(2) Pablo Neruda, La Canzone Disperata (In Pablo Neruda (a cura e con versione di Giuseppe Bellini), Venti poesie d'amore e una canzone disperata, Milano, Sansoni, 1971, pp. 145-7, con testo spagnolo a fronte). Per motivi non comprensibili i quattro versi indicati con *** non sono presenti nell'edizione:
Feci retrocedere la muraglia d'ombra, / ***
andai oltre il desiderio e l'atto. / ***
(...)
Oh sentina di rifiuti, in te tutto cadeva, che / ***
dolore non spremesti, che dolore non ti soffoca. / ***(3) Eugenio Montale, In Limine, (in: Eugenio Montale, Ossi di Seppia <e altri scritti>, Verona, Mondadori, XV Ediz., 1969, pp. 14-16.
(4) Eugenio Montale, Movimenti: I Limoni, Id., pp. 17-21.
(5) Eugenio Montale, Movimenti: Corno Inglese, Id., pp. 22-3.
(6) Eugenio Montale, Movimenti: Quasi una Fantasia, Id., pp. 24-5.
(7) Eugenio Montale, Movimenti: Falsetto, Id., pp. 26-8.
(8) Stéphane Mallarmé (1842-1898), Tristesse d'été - Tristezza d'estate. Testo originale francese da: http://cage.ugent.be/~dc/Literature/Mallarme/Mal14.html - Si ringrazia)
(9) Pablo Neruda, La Cancion Desperada - La Canzone Disperata. Da: http://www.neruda.uchile.cl/obra/obra20poemas6.html
Con le avvertenze: Antología de Pablo Neruda. Todos los derechos pertenecen a la Fundación Pablo Neruda.
- Annotazioni di Losfeld:
- Dopo i versi: "En la infancia de niebla mi alma alada y herida. / Descubridor perdido, todo en ti fue naufragio! /" si riscontrano i versi: **Te ceñiste al dolor, te agarraste al deseo. / Te tumbó la tristeza, todo en ti fue naufragio! / che non esistono nel testo spagnolo e versione italiana di cui alla pubblicazione a cura di Giuseppe Bellini, cit.
- Idem: dopo: "Ése fue mi destino y en él viajó mi anhelo,/ y en él cayó mi anhelo, todo en ti fue naufragio!/" si riscontra: "Oh sentina de escombros, en ti todo caía, / qué dolor no exprimiste, qué olas no te ahogaron./" di cui si rileva come sopra.
- Al verso: "De tumbo en tumbo aún llameaste y cantaste. /" il punto dopo "cantaste" manca.
- Ed al verso: "De pie como un marino en la proa de un barco./" l'iniziale non è maiuscola come in testo a cura di Bellini.
- Al verso: "De tumbo en tumbo aún llameaste y cantaste. /" il punto dopo "cantaste" manca.
- Ed al verso: "De pie como un marino en la proa de un barco./" l'iniziale non è maiuscola come in testo a cura di Bellini.
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