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lunedì 18 giugno 2012
ITALCEMENTI: ONLINE IL BRUTTO DELIBERATO DEL CONSIGLIO COMUNALE, CHE VENDE FUMO AI CITTADINI E ALL'AZIENDA!!!
Abbiamo atteso con trepidazione la pubblicazione online della delibera del consiglio comunale aperto di Vibo Valentia, con la quale - dopo ampia discussione, secondo le cronache dei quotidiani locali, si recepisce l'atto approvato in prefettura qualche giorno fa.
La trepidazione era tutta legata a capire quali "forti contenuti" conteneva il documento ufficiale, amministrativo, che sarebbe poi stato portato nei confronti diretti con l'azienda o nei tavoli istituzionali come grimaldello utile a scardinare la strategia economico-produttiva dell'azienda, che la porta oggi a chiudere la produzione e ad destinare l'area, le sue strutture ed i suoi uomini a semplice mulino di clinker e deposito di materiali vari.
Ebbene di quel deliberato ... SIAMO DELUSI. Molto delusi, talmente delusi che con difficoltà potremmo definirlo un documento amministrativo che possa produrre alcun frutto. Sia a favore degli operai che a favore di quei poveri illusi ambientalisti.
Per noi, che abbiamo letto delibere del nostro civico municipio, dell'800 o del 900, specialmente quelle convocate "aperte" alla cittadinanza ... beh! E' amara sorpresa, sia nella forma che nei contenuti.
Ve la facciamo leggere integralmente, affinchè possiate apprezzarla voi stessi.[scarica pdf dall'albo online]
Ma a parte la delusione di ritrovarvi un testo che riporta malamente tutto ed il contrario di tutto, e che mette tra parentesi le competenze tutti i limiti dell'amministrazione (?) ... la delusione è non trovarvi alcun accenno al valore del nostro territorio; un territorio con molti settori produttivi, alcuni dei quali messi in secondo ordine, ai quali si pongono dei limiti rispetto ai bisogni attuali e futuri dell'azienda bergamasca.
Non capiamo perchè una premessa ed una conclusione ai punti dichiarati in deliberato, che paiono una resa totale ed incondizionata ad un nemico del quale non si conoscono le intenzioni, non sia stata posta!
Un deliberato così ... si presenta del tutto inutile a garantire una sorte diversa ... agli operai al pari di tutti gli altri cittadini.
Sarebbe stato utilissimo ribadire all'azienda che, in caso tenga ferma la decisione di chiudere la produzione l'amministrazione non avrebbe accolto altra destinazione alternativa!
Sarebbe stato utilissimo ribadire che, in caso di rifiuto del riavvio della produzione e della riassunzione degli operai, l'amministrazione avrebbe rivisto tutte, proprio tutte - comprese quelle in itinere - le posizioni concessorie fatte in 70 anni all'azienda!
Con poche parole in più la Delibera 26 del 2012 avrebbe certamente ribaltato i rapporti di forza tra interessi dell'azienda azienda ed interessi del territorio!
Cosa costava ai nostri amministratori affermare in deliberato ... ad esempio, che in caso contrario avrebbero sostenuto finanziariamente l'idea cooperativistica degli operai?
Cosa costava deliberare che, ad esempio, si sarebbe preteso entro ottobre un piano di recupero e risanamento ambientale e riuso a fine pubblico delle strutture? cosa costava ribadire in delibera che si sarebbe altrimenti preteso che il Piano di Recupero, avrebbe dovuto vedere coinvolte esclusivamente le maestranze oggi vilipese nonchè tutte le ditte esterne per la sua realizzazione ...
Del resto, ad un uso diverso dell'impianto ... anche a fini turistico-culturale, si lavora da tempo, come rivela la pubblicazione "Le cattedrali del Mare", in cui su riflette su una possibile riconversione di alcuni insediamenti industriali, che hanno scandito i "templi laici del lavoro lungo il complesso confine tra terra ed acqua. Per ogni regione italiana si è scelto un esempio emblematico (Italcementi Vibo, per la Calabria) di questo intreccio, nel suo delicato equilibrio tra riconversione ed implosione, tra opere della natura e dell’uomo. Si è posta l'attenzione su tanti manufatti dimenticati ma anche sui sistemi culturali territoriali di riferimento". Insomma ... viste le aziende che hanno promosso quel percorso è facile dedurre che non poche guardino senza pregiudizi all'area industriale occupata dall'impianto, il quale probabilmente si potrebbe meglio valorizzare ... vendendolo!
La politica locale che fa, invece? Non immagina scenari diversi e con la solita cecità continua a vendersi il territorio ... con una bruttissima delibera. Brutta perchè è priva di una sola considerazione o proposta in grado di dare dignità e valore al territorio ed alla comunità vibonese!
In ogni caso, visto che tale deliberato avrebbe dovuto indirizzare ad un futuro contrario a quanto meriti tutta la comunità ..possiamo esclamare: per fortuna lo hanno partorito così, con questo modo così grossolano ed evidente di vendere fumo... proprio all'Italcementi!
martedì 8 maggio 2012
ALLUVIONE: QUEL TORRENTE IN UN TUBO DA 30 CENTIMETRI!
E' vero. Ormai di quel tragico 3 luglio 2006 non importa che a pochi. C'è una frenesia nella rimozione di quell'evento, che trae origine dalla voglia di ritornare alla normalità. Normalità che però, dalle nostre parti, è altro, che è ben descritto nelle parole del Procuratore citate nell'articolo di Nicola Lopreiato di oggi: la normalità è che nessuno controlli e che nessuno segnali.
Qualunque sarà l'esito del processo, già oggi, quasi a sei anni dall'alluvione, possiamo ben dire che siamo ritornati alla normalità! Buona Lettura.
"È un quadro impietoso quello "dipinto" dal procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo dentro il quale sono state tratteggiate le cause principali della disastrosa alluvione del 3 luglio 2006. Un evento drammatico che portò alla morte del piccolo Salvatore Gaglioti, di appena 16 mesi, e di due guardie giurate, Ulisse Gaglioti (zio del piccolo) e Nicola De Pascale. Tutti travolti e uccisi in due momenti differenti sulla Statale 18, nel tratto tra Vibo e Longobardi. Valanghe di fango e detriti spazzarono via i loro corpi trascinandoli per centinaia di metri.
Una vera e propria catastrofe ambientale che provocò, tra l'altro, feriti, danni per decine di milioni di euro e centinaia di sfollati. Intere famiglie si ritrovarono senza casa, senza auto e con tutti i loro beni ed effetti personali seppelliti sotto il fango.
Le valutazioni del procuratore Mario Spagnuolo di fronte al giudice delle udienze preliminari Alessandro Piscitelli sono partite da una sentenza, tra l'altro di «non luogo a procedere» scaturita dalla prima inchiesta avviata dalla Procura sull'alluvione del 3 luglio del 2006. In quel procedimento erano stati coinvolti i vertici nazionali della Protezione civile, i responsabili regionali dell'Anas e dell'assessorato ai Lavori pubblici. Un verdetto attraverso il quale il giudice se da una parte non individuava alcuna responsabilità a carico delle persone coinvolte, dall'altra «fotografava – ha rilevato il Procuratore – il disastro del 3 luglio 2006».
Un "giudizio" che già allora stabiliva che quei danni erano stati causati dalla massiccia cementificazione che era stata realizzata a monte dai luoghi del disastro (Cocari e Zufrò su tutti). «Indagini rigorose – ha spiegato il pm – attraverso interrogatori, consulenze e avvisi di conclusione indagini. Nulla è stato lasciato al caso. Sappiamo bene che il nostro sistema giuridico per quanto concerne i reati ambientali è piuttosto debole. Fino ad oggi, infatti, sono state solo due – ha ricordato il Procuratore – le sentenze passate in giudicato per quanto riguarda reati di natura ambientale».
E soffermandosi sulle cause che hanno provocato quella alluvione, Spagnuolo ha, a più riprese, posto una serie di interrogativi lasciando chiaramente intendere le risposte:
«Cosa sarebbe successo se gli uffici competenti avessero tenuto fede alle condotte imposte dall'ordinamento giuridico? E cosa sarebbe successo, se in località Cocari, la parte alta della città non fosse stata permessa tutta quella edificazione come la normativa in materia avrebbe voluto? E ancora, cosa sarebbe successo se a valle i canali ed i fossi non fossero stati ostruiti dalla mano dell'uomo?».
Tutti quesiti che portano, secondo il pm, ad una conclusione: se non ci fosse stata quell'urbanizzazione selvaggia che per anni ha caratterizzato l'intero territorio molto probabilmente le conseguenze di quel violento nubifragio sarebbero state meno disastrose. Nella sua discussione il Procuratore ha focalizzato gran parte del suo intervento su contrada Cocari, la zona residenziale della città, «che non gode assolutamente – ha sottolineato – di una immunità extraterritoriale... In questa zona sono state realizzate ville con piscine, senza alcuna opera di urbanizzazione. Si è consentito inoltre di costruire sui fossi Zufrò e Bravo. In particolare nel primo caso il torrente è stato sostituito da un tubo di appena 30 centimetri».
Spagnuolo prima di arrivare a chiedere il rinvio a giudizio per tutti i 15 imputati, ha brevemente ripercorso l'origine del grande evento alluvionale tornando a ribadire che la concentrazione d'acqua è stata in prossimità della cabina del gas di località Cocari. Una enorme massa d'acqua che non ha trovato i suoi sbocchi naturali, bensì ha trovato davanti a sè lottizzazioni, muri di recinzione, giardini, ville e fossi del tutto insufficienti a smaltire quella enorme valanga di melma che mano a mano si andava ingrossando. Il tutto ha provocato due grandi colate fuori da ogni controllo che hanno completamente invaso la Statale 18, il punto dove furono travolti e uccisi il piccolo Salvatore Gaglioti e le due guardie giurate.
«Cosa sarebbe accaduto – si è chiesto ancora il Procuratore – se il territorio fosse stato posto sotto controllo, se i tecnici avessero fatto il loro dovere e il comandante della Polizia Municipale avesse posto sotto sequestro quelle opere abusive o fatto le dovute segnalazioni agli uffici tecnici?».
Infine, il procuratore ha ricordato che nel 2001 la Regione ha adottato il Pai, lo strumento che perimetra le zone a rischio. Ma gli enti istituzionali (Provincia, Comune e Consorzio industriale) secondo quanto accertato dalla Procura non avrebbero provveduto a disporne l'attuazione attraverso le valutazioni tecniche dei rispettivi uffici.
Nel corso della stessa udienza il procuratore ha provveduto a depositare la perizia Aronica-Scalamandrè relativamente allo studio sulle portate dei fossi. L'avv. Ernesto D'Ippolito, del foro di Cosenza, difensore degli indagati Ugo Bellantoni e Domenico Corigliano ha chiesto la nullità della richiesta di rinvio a giudizio perché non sufficientemente esplicitate le contestazioni.
Nel procedimento in qualità di responsabili civili anche Comune con l'avv. Nicola Lo Torto e la Provincia con l'avv. Emilio Stagliano. Il giudice ha poi fissato le date delle prossime udienze per le discussioni della difesa: 28 maggio e 18 giugno."
Articolo di Nicola Lopreiato, Gazzetta del Sud del 08.05.2012
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