domenica 11 giugno 2023

1675. Transunto cartaceo eseguito l'8 febbraio dal notaio ap.lico Pietro Paturlo, de Urbe, di: 1421, marzo 4. Arena, Calabria; a sua volta - questo - transunto di: 1101. BIVONA. RUGGERO, conte di Calabria e Sicilia, donazione perpetua de la Plagia e la totalità del Mons Bibonensem al Monastero della SS. Trinità di Mileto. [Bivona è oggi frazione del Comune di Vibo Valentia]

SEZIONE BIVONA

Il Castello di Bivona (VV)

Nuove Questioni.

 

A cura di

Giovanni Pititto

 Sommario

 Le Fonti documentarie

Presenza e persistenza del possesso su Bivona (VV); nelle Fonti documentarie dell’Abbazia di San Michele Arcangelo e della SS.ma Trinità di Mileto (1101-1804).

 Apparati:

 1. Il Castello, alla luce delle nuove indagini archivistiche.

3.  2. Il Codice delle Meraviglie: Codice Romano Carratelli ed il programma del Buon Governo: Le grandi Torri regie.

 Nota Archivistico - Bibliografica.


Apparati. 

1.1Abbazia di s. Michele Arcangelo e della SS. Trinità di Mileto. Una scheda.

1.2. Catalogo di Fonti Letterarie e Documentarie [1]



[1] Le Fonti letterarie e documentarie vengono qui presentate secondo l’ordine cronologico di edizione o di specificato  altro. 



BIVONA. CASTELLO (Da Santoro, Castelli...)


Madonna di Portosalvo, Particolare. Torri. 



1.1. Abbazia di S. Michele Arcangelo e della SS. Trinità di Mileto. Una scheda.

Fu dedicata dapprima a S. Mi­chele.

Pur con perplessità in ordine all'autenticità delle tavole fondative, è generalmente intesa quale una fondazione (1081) di Roger d’Hauteville conte di Calabria e di Sicilia. 

Fu dotata sin dai primi giorni della sua fondazione di numerosi pos­sedimenti. A distanza di pochi anni sembrerebbe aver aumentato notevolmente il proprio plateatico, come risulta dalla bolla di accettazione e di confermazione apostolica, che, promulgata a Bari da Urbano II, doveva porla - il 10 ottobre 1098 - sotto la protezione della Santa Sede. 

Durante i secoli dal XII alla metà del XVI pontefici e re sono larghi di attenzioni e di protezione verso questa abbazia. Nello stesso tempo, peraltro, i papi sono costretti dover intervenire diverse volte con lettere e con legazioni, per appianare i litigi che mettono l'abbazia in opposizione con il potere regio. Cui seguono ulteriori legazioni pacificatorie per dirimere i contrasti per questioni di giurisdizione tra i vescovi di Mileto e gli abbati della SS.ma Trinità; che occupano la prima parte del s. XIV. Su ciò la Santa Sede deve intervenire per tentare di porvi termine. 

La decadenza colpisce inesorabilmente questa abbazia, come tutti i centri monastici, dopo il 1350: si vende, si affitta al miglior offerente, senza preoccuparsi troppo degli interessi della comunità, e i papi si vedono costretti più volte a mettere un freno a codesta dilapidazione. 

Ma, nonostante considerevoli perdite, la SS.ma Trinità è ancora, all'inizio del s. XV, un'abbazia riccamente dotata. Sino a quando, dal 1451, non sarà affidata dapprima ad un amministratore designato da Roma; poi definitivamente data ad un abbate commendatario. 

E per più di un secolo l’abbazia rimase sotto il regime della commenda. In cui venne letteralmente dilapidata.

Assegnata nel 1581[1] al Pontificio Collegio Greco di Roma, ebbe – se non altro – il beneficio di una assidua cura e di una regolare amministrazione.

 

 

 


[1] 1563. (F. 15 r). Seculo Quinto. dal 1481 al 1581. L’anno 1563 il Card. Guido Ascanio Sforza d.o il Card. di S.a fiora Commend.o dell’Abb.a mandò a Mileto il P. Nicolò Bobadilla uno dei compagni di S. Ignatio a visitare alcuni monasteri della Calabria dal fervore del P.re La città di Catanzaro, e la Città di Mileto domandarono un Colleggio, ma quello di Mileto presto svanì è probabile, che d.o P.re dimorasse nel palazzo abbatiale di Mileto per riformare quei monaci che non erano già silvestrini, ma Benedettini. Ex Sacchino in Histor. Soc. Jesu libro 7° n° 25.

Madonna di Portosalvo

Diploma 001. 1101, Indizione X Ruggiero, conte di Calabria e Sicilia dona al monastero della Santissima Trinità di Mileto, da lui fondato, la terra ed il porto di Bivona, con la tonnara e sue pertinenze.   
Copia da pergamena.
ambiti e contenuto: Copia autentica su carta di pp. 5 eseguita in Roma per mano del notaio apostolico Petrus PATURLUS, l’8 feb. 1675; tratta da copia autentica dell’originale, redatta in pergamena dal regio notaio Marco Condurri il 4 marzo 1421 in Arena (Calabria Ulteriore).
note: L’originale, dal quale è tratto il transunto, era conservato nel tesoro della cattedrale di Messina.

"Ruggiero, conte di Calabria e Sicilia dona al monastero della Santissima Trinità di Mileto, da lui fondato, la terra ed il porto di Bivona, con la tonnara e sue pertinenze. , 1101  Indizione X". 
Quello che esiste infatti al numero 0001 della Serie Pignatelli Aragona Cortes - Diplomatico, in ASN, è: una Copia autentica su carta di pp. 5 eseguita in Roma per mano di notaio apostolico l'8 feb. 1675, tratta da copia autentica dell'originale, redatta in pergamena dal regio notaio Marco Condurri il 4 marzo 1421 in Arena (Calabria Ulteriore).
Cosa che, semplice per gli iniziati, può offrire qualche difficoltà intrpretativa a chi non lo è. 
Per cui: 
- presunto Originale. A) "Ruggiero, conte di Calabria e Sicilia dona al monastero della Santissima Trinità di Mileto, da lui fondato, la terra ed il porto di Bivona, con la tonnara e sue pertinenze. , 1101  Indizione X". 
- copia da A: B)  Transunto redatto in pergamena dal regio notaio Marco Condurri il 4 marzo 1421 in Arena (Calabria Ulteriore).
- copia C da copia B : C) Copia autentica su carta di pp. 5 eseguita in Roma per mano del notaio apostolico Paturlo, l'8 feb. 1675; tratta a sua volta non dalla dichiarata copia autentica dell'originale, redatta in pergamena dal regio notaio Marco Condurri il 4 marzo 1421 in Arena (Calabria Ulteriore); bensì in ACGR, dal Registro B. 

Pignatelli Aragona Cortes secc. XII - XX 
Diplomatico 1212 - 1928 
Diploma Numero 0001.  
serie Pignatelli Aragona Cortes - Diplomatico
livello di descrizione unità archivistica titolo e estremi cronologici:
Ruggiero, conte di Calabria e Sicilia dona al monastero della Santissima Trinità di Mileto, da lui fondato, la terra ed il porto di Bivona, con la tonnara e sue pertinenze. , 1101  Indizione X, segnature: 
segnatura definitiva: Pignatelli Aragona Cortes, Diplomatico, Diploma 0001 
descrizione fisica: Copia su carta
ambiti e contenuto: Copia autentica su carta di pp. 5 eseguita in Roma per mano di notaio apostolico l'8 feb. 1675, tratta da copia autentica dell'originale, redatta in pergamena dal regio notaio Marco Condurri il 4 marzo 1421 in Arena (Calabria Ulteriore).
NOTE
L'originale, dal quale risulta tratto il transunto (del 1421), era conservato nel tesoro della cattedrale di Messina.

1675, febbraio 8. Roma. Pontificio Collegio Greco di Sant'Atanasio. Pietro Paturlo, notaio del Collegio dei notai apostolici capitolini di cui in calce segue autentica (11 marzo 1675, Roma) della sottoscrizione, registrata nella Alma Camera Urbis dei Conservatori).

[Si desume da esemplare in ASN: Archivio Pignatelli Aragona Cortès, Diplomatico. N° 0001[1]] 

||62|| Diploma del conte Ruggero del 1101 [scritto a penna]

1421, 4 marzo [appuntato in margine a penna] 

In nomine Domini Amen. Anno eiusdem Domini millesimo quadringentesimovigesimo primo die 4° mensis Marti, quintadecima Indictionis. Apud nostram personalem presentiam Calabrie ulterioris. Regnante Ill.mo D. nostro D. Rege Lodovico III Dei gratia Jerusalem et Sicilie Ducatus Apulie, Pricipatus Capue Duce Andegavie Comitatus Folcalquerij Cenomanie Comitis, Regnorum vero suorum Anno 4° feliciter Regnante.

Nos Jacobus Sufla de Arenis, Annalis Judex predicte terre Arenarum.

[In nome del Signore. Amen. Nell'anno 1421 del medesimo Signore l'1 marzo, quindicesima indizione.

Alla nostra personale presenza in Calabria Ulteriore.

Sotto il regno dell'Illustrissimo Nostro Ludovico III per grazia di Dio Re di Gerusalemme e di Sicilia, del ducato di Puglia, del pricipato di Capua, duca d'Angiò, conte di Folcaquier, conte di Cenomani, nel felice anno quarto dei suoi regni.] 

Marcus Conduri de Castro veteri publicus ubilibet per Ducatum Calabrie Regia auctoritate Notarius et Testes subscripti ad hoc vocati specialiter, et rogati. Presenti scripto publico transumpto notum facimus, et testamur quod predicto die in predicta terra Arenarum apparuit coram Nobis, et testibus infrascriptis Nobilis Juvenis Robertus de Martino de Mileto Procurator Generalis et universorum Bonorum Monasterii, et Ecclesie Sancte Trinitatis de Mileto constitutus, et ordinatus per R.mum in X.pto Patrem Dominum Fratrem Robertum Abbatem Rectorem, et Gubernatorem Monasterii et Ecclesie predicte nec non et per eiusdem Monachos, et conventum, de cuius procuratione Nobis constitit per instrumentum publicum et Nos amanter rogavit, nostrum officium implorando pro parte Monasterii prelibati ac Abbatis, ac Conventus predicti quia ipsum oportet transumptare et copiam facere de quodam Privilegio facto, et concesso a quondam Domino Rogerio Calabrie et Sicilie Comite quod Nobis ostendit, et presentavit et tradidit Privilegium ipsum portando et ostendendo si [2], et quovis modo ubicumque sua, vel alterius, ....[puntini del testo lacunoso] nomine predicti Monasterij, et quovis supra propter fluviorum et viarum dispendia posset deperdi, et aliquantenus deguastari, Privilegium ipsum in formam publicam redigi, et exemplari, ex nostri auctoritate officij || 63|| faciremus ut per ipsius tramsumptum tamquam de originali fieret coram omnibus plena fides. Nos autem suis iustis precibus ut potè annuentes quia vidimus, et legimus Privilegium prefatum omni vitio ac suspicione carentem sigillatum sigillo plumbeo pendenti dicti Domini Comitis Rogerii, ipsum de verbo ad verbum nihil addito, mutato, aut diminuito in publicam formam duximus redigendum, cuius Privilegii tenor per omnia talis est.

[Marco Conduri di Castelvecchio, per regia autorità pubblico notaio in ogni parte del ducato di Calabria, e i testimoni sottoscritti, chiamati e richiesti al particolare scopo. 

Al presente pubblico transunto scritto, noi rendiamo noto e testimoniamo che nel predetto giorno nel predetto territorio di Arena comparve davanti a noi, e ai testimoni sottoscritti il nobile giovane Roberto de Martino di Mileto procuratore generale e di tutti quanti i beni del Monastero riconosciuto e nominato dal Reverendissimo Padre Signor, Fratello in Cristo, Roberto abate, rettore e governatore del Monastero e della predetta chiesa, nonché dai monaci dello stesso e dal convento, cosa che a noi fu evidente dalla procura dello stesso abate per un pubblico documento, e amabilmente ci pregò, implorando i nostri servigi in ragione del Monastero succitato e dell'abate e del predetto convento, poiché era necessario fare il transunto dello stesso <documento> e farne copia da un certo privilegio fatto e concesso un tempo dal Signore Ruggero Conte di Calabria e Sicilia, e consegnò il privilegio stesso porgendolo e mostrandolo, se mai, sia in qualunque luogo ovunque per sua o di altro... a nome del predetto monastero, sia in qualunque luogo possa esser perso per i danni dei fiumi e delle vie e guastarsi in una certa misura, facciamo che il previlegio stesso sia redatto in forma pubblica, e in un esemplare, dall'autorità del nostro ufficio, affinché risulti la piena attendibilità dinanzi a tutti, per il transunto tanto quanto dall'originale. 

Noi, poi, alle sue giuste preghiere, confermando come è possibile, poiché abbiamo visto e letto il Privilegio predetto, privo di ogni vizio e sospetto, sigillato con sigillo di piombo pendente, detto un tempo del signor Conte Ruggero, abbiamo ritenuto che lo stesso <privilegio>fosse da redigersi in forma pubblica per nulla alterato nè aumentato né diminuito, ma <transunto> parola per parola. 

Il tenore di quest'ultimo Privilegio è uguale in tutto e per tutto all'originale.]

In nomine Sancte et Individue Trinitatis. Anno ab Incarnatione Domini nostri Jhesu Christi 1101. Indictione X.

Ego Rogerius Comes Calabrie et Sicilie divina inspiratus dignatione pro salute anime mee nec non et parentum meorum seu fidelium meorum et Domini mei Ducis Fratris vidilicet mei, cuius beneficio totius honoris mei summam retineo construxi Monasterium ad honorem S.S. Trinitatis Sancteque perpetue Virginis Marie atque S. Michaelis Archangeli et aliorum Sanctorum quorum ibidem nomina et reliquiae continentur. Hanc donationem facio ego predictus Rogerius Castellarium scilicet cum Bibona et portu et Tunnaria et omnibus eorum pertinentiis videlicet culturis et vineis, sicut ego uno die et una nocte tenui. Iste vero sunt divisiones a capite tramitis, qui vocatur Campuli, sicut flumen descendit ipsius, quod vocatur Trainiti usque ad mare. Iterum autem incipit super Campuli et vadit ad locum, qui vocatur Catasphagium inde vero ascendit per vallem que est ante Corravium contra orientem et descendit usque ad flumen, quod est in divisione Castellarij et Sancti Gregorij, et a descensione fluminis usque ad locum, qui vocatur Condisphama, deinde vadit usque ad flumen, quod descendit de Planporu. Inde vero ascendit ad locum, qui dicitur Stephanacones, et inde vero ad montem Bibone et a monte Bibone vadit supra S. Honuphrium usque ad locum qui vocatur || 64||Asirum, et inde descendit ad locum qui vocatur Castellarium, et inde claudit et descendit usque a mare. Hec omnia supra scripta concedo in supradictum Monasterium iam D. Rogerio Abbati, et omnibus fratibus et villanos quos in nostra Platia .......... [nel testo] [scribere feci, in Orbini], et sigillo meo sigillavi debere habeatis pepetualiter in secula seculorum.

[In nome delle Santa e Indivisibile Trinità. Nell'anno dell'Incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo 1101 Indizione X.

Io Ruggero Conte di Calabria e Sicilia, ispirato dal divino favore per la salvezza della mia anima, nonché sia di quella dei miei familiari o dei miei fedeli sia di quella del mio Signore Duca, invero mio fratello, per beneficio del quale possiedo la somma di tutti i miei onori, ho costruito un Monastero in onore della SS. Trinità e della Santa e sempre Vergine Maria e di S. Michele Arcangelo e degli altri Santi, dei quali i nomi e le reliquie son tenuti egualmente insieme. 

Questa donazione faccio io, il predetto Ruggero: 

Castellario di sicuro con Bibona e col Porto e la Tonnara e con tutte le loro pertinenze, naturalmente con le culture e le vigne, come io le tenni per un giorno e una notte. 

Codeste sono divisioni <che partono> dall'inizio della via battuta, che si chiama Campulo, 

scende come il fiume dello stesso, che si chiama Trainiti, fino al mare. 

Di nuovo poi inizia sopra Campulo e va verso il luogo che si chiama Catafagio. 

Sale poi attraverso la valle, che è davanti Corravio, di contro a oriente, e discende fino al fiume, che separa Castellario e San Gregorio, e dalla discesa del fiume fino al luogo, che è chiamato Condisfama, quindi va fino al fiume che discende da Planporo. 

Di poi sale al luogo chiamato Stefanaconi, e da quel luogo al monte di Bibona, e dal monte di Bibona va sopra Sant'Onofrio fino al luogo chiamato Asiro, e di là scende al luogo chiamato Castellario, quindi si arresta e scende fino al mare.

Tutte queste cose sopra scritte le concedo al sopraddetto Monastero, in questo momento all'abate Ruggero e a tutti i fratelli, e ho fatto scrivere i villani che <si trovano > nella nostra Platea, e col mio sigillo ho sigillato, che voi riteniate d'essere vincolati perpetuamente nei secoli dei secoli.]

Insuper concedimus vobis, ut omnes homines qui in Bibona voluerint habitare nullus stratiotus, neque nullus Balius constringendi vel deprehendendi habeant potestatem nisi eam in suo sigillo monstraverint; adhuc quia volumus, atque precipimus ut in omnibis pertinentiis Castellarij vidilicet et Bibone nullus Græcus sive Latinus aliquam presumptionem calumniandi aliquid sumpsisse videatur super Dom. Abbatem Monacosque concessimus, ut supra diximus in suo sigillo firmissima ratione monstraverit, nec suum esse dicere presumat. Quicumque autem de meis heredibus hanc donatione contradicere voluerit, ex parte dei Omnipotentis ac B. Marie semper Virginis Santique Machaelis Archangeli et omnium Sanctorum sit excomunicatus et maledictus in secula seculorum. Cuius concessionis testes sunt hii

Robertus de Lucano

Robertus Borellus

Altavilla Villanum

Culphiberth Cunderenillo

Valerius de Canna

Robertus de Tarsa

D. Ansgerius Catanensis Episcopus

Et D. Robertus de Parisio Militensis

[Inoltre concedo a voi e a tutti gli uomini che in Bibona volessero abitare che nessun soldato o balio abbiano la potestà di costringerli in vincoli e di arrestarli se prima non la [la potestà] abbiano mostrata <impressa>nel proprio sigillo. Inoltre poichè vogliamo e prescriviamo, che, in tutte le pertinenze di Castellario, naturalmente, e di Bibona, nessun greco o latino creda di potersi arrogare una qualche temerarietà di falsare qualcosa sopra l'abate e i monaci, permettiamo che lo debba dimostrare con dimostrazione solidissima, nel proprio sigillo come sopra abbiam detto, e non presuma di dire sempre la sua.

Chiunque poi dei miei eredi vorrà dire qualcosa contro questa donazione, sia scomunicato e maledetto nei secoli dei secoli dal signore Onnipotente e dalla Beata Maria sempre Vergine e da San Michele Arcangelo e da tutti i Santi.

I testimoni di questa concessione sono:

Roberto di Lucano

Roberto Borello

Altavilla Villano

Culfiberto Cunderenillo

Valerio di Canna

Roberto di Tarsa

Don Ansgerio vescovo catanese

E Don Roberto di Parisio miletese]

Et ego Rogerius Comes hanc donationem scribere feci et sigillo meo eam sigillavi. Ut igitur de tenore ipsius privilegii apud omnes fides indubia adhibeatur, factum est exinde presens stipulans publicum transumptum per manum mei publici Notarij supradicti scriptum et subscriptum, meoque ||65|| solito signo signatum meique supra judicis et subscriptorum Testium signis et subscriptionibus roboratum. Anno, die, mense, loco, indictione premissis.

Ego Jacobus Sufla qui supra annalis Iudex terre predicte transumptioni predicte interfui tamquam Iudex et me subscripsi meamque iudicialem auctoritatem interposui graviter, et decretum.

Ego Petrus Plutinus de Stilo predicte transumpsioni tamquam testis interfui, et ideo me subscripsi

Ego Notarius Antonius de Neapoli premissis interfui, et me subscripsi

Ego Angelus de Caristina testor

Ego Iulianus Cholerius premissis interfuit, testor

Ego Nicolaus de Rogero premissis interfui

Ego Antonellus Sarlij testor.

Ego Matheus Guillet Notarius testor

Ego qui supra Marcus Conduri de Castroveteri publicus ubilibet per Ducatum Calabrie Regia auctoritate Notarius presens transumpti prefati instrumentum scripsi et me subscripsi.

[Ed io Ruggero Conte feci scrivere questa donazione e col mio sigillo l'ho sigillata. Affinchè si mostri presso tutti l'indubbia fedeltà del tenore di questo privilegio, il presente fu fatto stipulando un pubblico transunto scritto e sottoscritto per mano del pubblico notaio sopraddetto, e contrassegnato col mio solito sigillo e corroborato con segni e sottoscrizioni del mio giudice sopra <citato> e dei testimoni sottoscrittori.

<Atto stilato> nell'anno, nel giorno, nel luogo, e nell'indizione sopra indicati.

Io Jacopo Sufla, che sono giudice sopra i registri annuali delle terre predette, ho preso parte alla stesura del predetto transunto in qualità di giudice e ho sottoscritto me e ho fatto valere la mia autorità di giudice con gravità, e il decreto.

Io Pietro Plutino di Stilo ho preso parte al predetto transunto come teste e perciò mi sottoscrivo

Io notaio Antonio di Napoli sono stato presente a quanto premesso e mi sottoscrivo

io Angelo di Caristina testimonio

Io Giuliano Colerio presente a quanto detto sopra, lo testimonio.

Io Nicola di Rogero sono intervenuto a quanto sopra riferito.

Io Antonello Sarli testimonio

Io Matteo Guillet notaio testimonio]

Ego infrascriptus notarius Apostolicus fidem facio redisse et legisse et in quantum potui collationatum fuisse supra originali actum Roma die 8 february 1675.

Ego Petrus Paturlus notarius Apostolicus

Insuper fidem facio predictum originale servari in Archivio Collegij Grecorum Urbis in pervetusta carta pergamena unde ego presentem scripturam de verbo ad verbum fideliter collettionavi personaliter illuc accedens adhuc tantum R. C. Joseph Massai Soc. Jesu Rectorij eiusdem Collegij

Ego Petrus Paturlus notarius Apostolicus

||66|| Camera Alma Notarij Conservatorij

Fides facimus, et attestamur unij et singulij inspecturis ... D. Petrum Paturlum sic talem qualitate facit scriptuntque hiis publicis in inditione ...indubiam adhibitam.... [segue scrittura di difficoltosa interpretazione]

[Io notaio apostolico, sottoscritto, faccio fede di aver redatto e letto e per quanto ho potuto che <il transunto>è stato trascritto parallelamente all'originale. L'atto <steso> in Roma 8 febbraio 1675.

Io Pietro Paturlo notaio apostolico

Oltre a ciò faccio fede che il predetto originale era conservato nell'archivio del Collegio dei Greci a Roma in assai antica carta pergamena, da cui la presente scrittura da parola a parola io ho fedelmente trascritto, colà accedendo finora soltanto R. C. Giuseppe Massei Gesuita Rettore del medesimo Collegio.

Io Pietro Paturlo notaio apostolico.] 

 



[1] Qui si presenta la trascrizione e traduzione interlineare di Maura Pini. Che molto si ringrazia.

[2] in Orbini ACGR Doc. n. 140. I.VIII. Rogerii Comitis Calabrie et Sicilie. Apographum [2] An. 1421. ..."si et ||51r|| quo … [puntini nel testo] ubicumque sua vel alterius intererit nomine et pro parte predicti Monasterii et quorum supra propter fluviorum et viarum dispendia posset deperdi, et aliquantenus deguastari, ..."


ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. Ir. 


ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. 1r. 

ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, ff. 1v-2v (Omissis)


ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. 2r.

ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. 3r (segnato: 64).

ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. 4r (segnato: 5).

ASN. Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Diplomatico. n° 001, f. Ir (Carpetta).





01. ACGR 092. Platea abbaziale. Beni fondiari in Bivona (ff. 135v - 136r) 














2023. Genova-Pegli. Zanobia Del Carretto Doria. Biografia.

Genova Pegli. Villa Centurione-Doria.
Giovanni Andrea Doria - Zenobia Del Carretto Doria.
Foto di Giovanni Pititto




01. A Zanobia Del Carretto Doria (n. 1541 - m. 18 dicembre 1590).


L'incisione di fine del XVI, raffigurante Giovanni Andrea Doria è: Anonimo, Ritratto del principe Giovanni Andrea Doria. Cartiglio: IOAN. ANDREAS DORIA DNUS MALFITANUS A CONS. SACR. S. CATHOLICHAE REG. M. ET CLASSIS IPSIUS IMPERATOR SUMMUS. // - Iscrizione: Est hic IOANNES ANDREAS AURIA patri Neptuno similis, munere, mente, manu. - Roma, Palazzo Doria-Pamphilj. - Foto Arti Doria (si desume da: Vilma Borghesi (a cura di), Vita del principe Andrea Doria, scritta da lui medesimo, Genova, 1997, Barboni editore - Compagnia dei Librai, /ultima Tav. ). -

Il volto femminile in medaglione è particolare del fregio agli affreschi del Salone di Villa Doria. Salvo inconfutabili aspetti stilistico-cronologici non ne smentiscano l'assunto, così come orientandosi per altro e diverso personaggio femminile (la madre, non la moglie del principe Giovanni Andrea) inerentemente la pala d'altare della chiesa genuense di S. Benedetto al Porto, il Curatore di Losfeld è dell'opininione potersi ipoteticamente trattare - questo medaglione della Villa Doria in Pegli - di una raffigurazione idealizzata - ex post - di Zanobia del Carretto Doria, amatissima moglie del principe Giovanni Andrea Doria.

Oppure... il Salone di Villa Doria in Pegli racchiude un altro e ben fitto ed ancora di più suggestivo mistero?

Il volto femminile in medaglione è particolare del fregio agli affreschi del Salone di Villa Centurione-Doria in Pegli. Si è nel dubbio se si possa ipoteticamente trattare di una raffigurazione idealizzata - ex post - di Zanobia del Carretto Doria, amatissima moglie del principe Giovanni Andrea Doria. Oppure, sempre idealizzazione, di un'altra donna che - sembrerebbe - abbia avuto un ruolo molto importante nella vita di questo principe: Katharina (o Katherine) von Braunschweig-Calenberg? - Katherine di cui da varie fonti se ne registrerebbe un matrimonio segreto con il principe. Già nel primo ipotetico caso una qualunque interpretazione apporterebbe il doversi conseguentemente orientare per altro e diverso personaggio femminile inerentemente quella pala d'altare della chiesa genuense di S. Benedetto al Porto: ove, ossia, non della moglie del principe Giovanni Andrea: Zenobia del Carretto Doria, morta il 18. 12. 1590, se ne dovrebbe dire, bensì della madre del principe: Ginetta Centurione (n. Genova c. 1520 - m. ivi, 18.08.1593; sposata con Giannettino Doria nel 1515). A tanto apporterebbe l'aspetto morfologico-fisiognomico della matrona effigiata unitamente al principe anzidetto alla destra del registro inferiore nella pala d'altare della chiesa di S. Benedetto: apparirebbe molto più anziana del probabile aspetto di Zenobia prima della infermità e morte. I lavori per detta chiesa rimontano poi al 1593; in tale anno muore Ginetta Doria; medesima data viene riportata nelle epigrafi affisse sotto il pronao della chiesa: l'una declamatoria dei titula del principe fondatore: Giovanni Andrea, l'altra (a dx) attestativa di avere questi adempiuto alle volontà di Zenobia. Ma tali volontà ne erano sulla scelta dei Trinitari. Il frale di Zenobia non è in detta chiesa, è altrove; venne ricongiunto a quello dell'amato consorte nel 1606, anno di morte del principe stesso.

Ma sta di fatto anche che il "mistero" inerente Katherine s'infittisce ove si riscontri, come pur se ne deve in varie fonti riscontrare, che se è noto che il principe Giovanni Andrea (I) decede nel suo palazzo il 2 di febbraio dell'anno di grazia 1606..., ebbene...misteriosamente ne abbiamo che anche tale Katherine risulta deceduta anch'essa nello stesso giorno, mese, anno. 

/ Segue / L'incisione di fine del XVI, raffigurante Giovanni Andrea Doria è di Anonimo: Ritratto del principe Giovanni Andrea Doria. Cartiglio: IOAN. ANDREAS DORIA DNUS MALFITANUS A CONS. SACR. S. CATHOLICHAE REG. M. ET CLASSIS IPSIUS IMPERATOR SUMMUS

// - Iscrizione: Est hic IOANNES ANDREAS AURIA patri Neptuno similis, munere, mente, manu. - Roma, Palazzo Doria-Pamphilj. - Foto Arti Doria (si desume da: Vilma Borghesi (a cura di), Vita del principe Andrea Doria, scritta da lui medesimo, Genova, 1997, Barboni editore - Compagnia dei Librai, /ultima Tav. ).


(https://www.youtube.com/watch?v=JZ9pHBEUWPo&list=RDxKWWyO-C2o0&index=2)
Per le immagini degli interni della Villa Doria in Pegli: Courtesy Istituzione Musei del Mare e della Navigazione - Museo Navale di Pegli - Genova. Si ringrazia la Direzione di: Mu.MA - Istituzione Musei del Mare e della Navigazione - Comune di Genova. In particolar modo la Curatrice del Museo Navale di Pegli. 
(Autorizzazione 19 luglio 2011).



 

 




Renato Zero, I migliori anni della nostra Vita,
nella meravigliosa interpretazione di Mina





02. Genova - Pegli, Piazza Bonavino: Villa Centurione - Doria. Veduta frontale corpo centrale.




03. Genova - Pegli, Piazza Bonavino: Villa Centurione - Doria. Nicolosio Granello, Giasone e gli Argonauti (part.) -  Salone, riquadro centrale.




 
04. Genova - Pegli, Piazza Bonavino: Villa Centurione - Doria. Affreschi Salone centrale. Lunette e Fregio. 

  

05. Alla Dama Occhi Lago di Nuvole di Villa Centurione-Doria in Pegli. 

Si è ipotizzato - ved. sopra - che il volto femminile in medaglione possa essere una raffigurazione idealizzata - ex post - di Zanobia del Carretto Doria, moglie del principe Giovanni Andrea Doria. Tanto ove dal 1591, anno di edificazione della Cappella Doria - in Pegli - e comunque non posteriore al 1592: momento di collocazione dell'epigrafe commemorativa di Zenobia posta sul portone della stessa. 
Illogico ne sarebbe stato nel periodo dal 1584 (anno in cui il principe formalizza l'acquisto della Villa Centurione in Pegli, poi Villa Centurione-Doria), al 1590: morte di Zenobia. 
Ove il medaglione attenga invece all'impianto pittorico-decorativo antecedente al 1584, è ipotizzabile potesse essere un Lacerto di Memoria del proprietario Adam Centurione?




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APPARATI.

1. GENEALOGIE E BIOGRAFIE DORIA

Giovanni Andrea Doria sposa, nel 1558, Zenobia DEL CARRETTO (anche nelle forme: Zanobia; Zanobbia):


DORIA, Giovanni Andrea (Gian Andrea)
Dizionario Biografico degli Italiani
di R. Savelli (stralcio)

- Nacque a Genova agli inizi del 1540, da Giannettino e da Ginetta Centurione, figlia di Adamo, il famoso uomo d'affari e banchiere. Per la data di nascita ci si è rifatti alla tradizione e a quanto afferma in apertura della sua autobiografia, anche se in altri passi della stessa sembra anticiparla al 1539.

I destini del personaggio sono tutti racchiusi nell'origine familiare e negli avvenìmenti che segnarono i primi anni della sua vita. (...)


Il vecchio Andrea Doria si prese cura del giovane D. e lo allevò destinandolo alla sua successione (...) Le preoccupazioni di Andrea non si limitarono però solo a formare un comandante di galere, un ammiraglio per la Spagna (incarico che il D. raggiunse solo molti anni dopo la morte dell'avo); Andrea curò che nella persona del D. si ricostituisse anche un'unità patrimoniale e di potere, quale egli era riuscito a costruire dopo la grande alleanza con Carlo V.

Esemplare quindi la "programmazione" matrimoniale: già nel 1550 furono definiti i termini del contratto matrimoniale con Zenobia, figlia di Marc'Antonio Doria Dei Carretto (figlio di Peretta De Mari [Usodiniare], sposata in seconde nozze da Andrea); uno dei caposaldi di questo contratto era che il principato di Melfi (trasferito da Andrea a Marc'Antonio) sarebbe passato per successione a Zenobia, in modo da ritornare nella famiglia di origine alla sua morte.

Non fu questo però solo un matrimonio "dinastico" e di interessi; l'essere cresciuti per anni da giovani nella stessa casa fece si che si formasse una salda e duratura unione: nella sua autobiografia il D. non solo scriverà "dell'inclinatione grande che hebbi sempre di maritarmi con D. Zenobia", ma ricorderà anche "l'esser stato dall'undici anni in sino alli quattordici sempre molti giorni, settimane e mesi in una casa come persone che havevano da essere marito e moglie".

Nelle disposizioni che diede per il suo funerale nel 1604 ordinò che nella mano sinistra fosse posta una ciocca dei capelli di Zenobia (che era già morta nel dicembre del 1590). (...)



Zenobia. I, o II?

Comunque questi primi anni di apprendistato non furono tutti negativi, poiché il D. seppe rendersi utile sia nella guerra di Corsica, sia in quella di Siena, sia ancora in quella che gli Spagnoli condussero da Napoli contro Paolo IV sotto il comando del duca d'Alba. Con le sue galere il D. contribuiva fattivamente al trasporto dei tercios sui diversi fronti del conflitto che vedeva protagonista la Spagna. È vero comunque che al servizio regolare il D. faceva talvolta succedere periodi in cui "atterideva a giochi e a piaceri", o in cui andava "in corso", per rimpinguare le casse di famiglia, allora, a suo giudizio, del tutto dissestate dalla munifica politica di Andrea e dai ritardati pagamenti spagnoli: in una "istruzione" del 1568 scriveva che negli ultimi anni di vita di Andrea "incominciò la casa nostra a declinare, et poco manco che non andasse a fondo".

Nelle pagine dell'autobiografia questo problema ricorre con frequenza quasi assillante, anche perché a fronte del grande Andrea stava il suocero Marc'Antonio Doria Del Carretto ("suspettoso, parco e desideroso di quiete") che con Andrea mostrava avere poco in comune. Il D., invece, desiderava "acquistare honore et robba". Avendo presente questa dichiarazione quasi "programmatica" si può forse capire il personaggio, che ha suscitato sempre giudizi non molto elogiativi, e spesso del tutto critici.

I contrasti all'interno della famiglia giunsero a un punto tale che si profilò una rottura tra Andrea e
Marcantonio, tanto da spingere Andrea a cercare di togliere lo Stato di Melfi al Del Carretto, per investirne il D.; questi però riuscì (grazie anche ad un viaggio nella primavera del 1558 a Bruxelles, dove allora era la corte imperiale) a riappacificare i due e a celebrare finalmente il matrimonio con Zenobia ("senza nessuna sorte di festa"). (...)

Il profondo affetto per il D. emerge con chiarezza dal testamento che Andrea redasse proprio quando questi si trovava a Bruxelles: a lui sarebbero andate le galere, il ducato di Tursi, la carica di protonotario del Regno di Napoli, mentre al fratello del D., Pagano, destinava i feudi appenninici e quello di Loano, una volta appartenenti ai Fieschi. (...)

Nel contempo il D. prese ad occuparsi anche della sistemazione della villa di Fassolo, iniziando una serie di lavori di ampliamento dell'ala verso la città; Fassolo costituì sempre per lui qualcosa di essenziale e di centrale, sia come simbolo del potere e del prestigio raggiunti, sia come elemento rappresentativo della continuità familiare (e dell'adesione, quindi, al progetto di Andrea). Fino alla sua morte non smise mai di ampliarla, acquisendo, via via, proprietà confinanti, trasformando il giardino (che era considerato uno dei più interessanti nell'Italia del tempo), introducendo elementi nuovi nell'architettura della villa, così come nel sistema della decorazione.
Valutando l'insieme degli interventi, G. Gorse ha parlato di "change towards a more cosmological-imperial interpretation", ma ha sottolineato come nel complesso il D. abbia svolto un ruolo di conservatore dell'impianto originario progettato da Andrea, quando ormai il gusto del tempo evolveva verso altri moduli stilistici.
Il D. passò l'estate-autunno nel Regno di Napoli con le quattordici galere che gli erano rimaste (mentre a capo della squadra per quell'anno si trovava il suocero Marcantonio Del Carretto), impegnato anche in qualche scorreria per cercare di ripianare i propri debiti. (...)
Nel 1569 nacque la figlia Vittoria, la prima (a differenza di precedenti figli maschi) a sopravvivere oltre la più tenera età, e nel 1570 nacque Andrea, anch'egli destinato a vivere e a succedere al D. come primogenito. (...)
Nel 1573 nacque il figlio Giannettino (destinato alla carriera ecclesiastica, dopo gli studi all'università di Salamanca) (...)
Il 1574 si presentò come un anno difficile, nonostante fosse allietato dalla nascita della figlia Artemisia, che sarà poi la sua figlia prediletta (nel 1576 nascerà l'ultimo figlio, Carlo) (...)
Fece eseguire diversi lavori di ristrutturazione e di decorazione alla villa di Fassolo: si ampliò l'ala occidentale, si iniziarono a costruire le logge laterali (lavori che farà poi eseguire anche nella villa Centurione di Pegli e nel palazzo Grimaldi di strada Nuova, acquistata l'una nel 1584, e l'altro nel 1596; l'acquisizione di questo palazzo, destinato al figlio Carlo, rappresenta molto bene il permanere di un interesse per gli investimenti immobiliari di grande prestigio). Commissionò a Lazzaro Calvi cicli di affreschi, e allo stesso (insieme a Luca Cambiaso) / NOTA: CAMBIASO / darà l'incarico negli anni successivi di preparare cartoni per arazzi, che risultano essere una delle forme d'arte da lui preferite: dai "libri d'azenda" così come dagli inventari post mortem risulta evidente come di non grande importanza fosse la quadreria, mentre risaltavano per il loro valore sia le collezioni di arazzi sia quella di oggetti d'oro e d'argento. (...)
Giovanni Andrea Doria, principe.
Tra gli anni Ottanta e Novanta il D. condusse un'accorta politica matrimoniale per figli e figlie: Vittoria sposò Ferrante Gonzaga, ad Andrea andrà Giovanna Colonna, Artemisia si unirà con Carlo Borgia di Gandia e solo Carlo sposerà una genovese, Placidia Spinola.

Nonostante il chiaro impianto politico di questi matrimoni, il D. si manifesta nelle lettere (come poi nei testamenti) un padre molto affettuoso e attento, preoccupato di tutto ciò che succedeva nelle famiglie, in specie delle figlie.

Con gli anni Novanta iniziarono a palesarsi nel D. i primi segni di invecchiamento, legati anche alla salute malferma; tanto che fu lui stesso a chiedere nel 1594 di essere sostituito al comando delle galere, ma per il momento non se ne parlò più oltre; anzi, proprio in quell'anno il D. aggiunse una nuova e ambita qualifica al suo cursus honorum. essendo stato nominato membro dei Consiglio di Stato.Si può dire che a questo punto il D. aveva raggiunto l'ambito obbiettivo di avere "honore et robba".


Ascoltato membro del Consiglio di Stato, generale del Mare, insignito di onorificenze e titoli (ma non ebbe il Toson d'oro, che andò invece al figlio Andrea), aveva saputo mantenere, prima, e mettere assieme, poi, un ingente patrimonio.
Il suo patrimonio immobiliare era estesissimo: andava dallo Stato di Melfi (di cui era entrato nel pieno possesso alla morte di Zenobia, avvenuta il 18 dic. 1590) ai numerosi feudi appenninici, a Loano; in città e dintorni non sembra avesse una proprietà immobiliare diffusa, ma questa era concentrata attorno alla villa di Fassolo (dove a partire dagli anni '90 lavorarono Marcello Sparzio e il Brandimarte), il palazzo di strada Nuova, la villa di Pegli, oltre alle due case avite di "piazza Doria"; nel 1593 i soli "mobili di casa" erano valutati a più di 500.000 lire (più del doppio in valore, per fare un paragone, del feudo di Tursi, o del palazzo di strada Nuova). (...)

La vita del D. lentamente si chiudeva, anche se occupava sempre la scena politica: nel 1602 ereditò il marchesato di Finale, ma essendo già occupato dagli Spagnoli, non poté venime in possesso (e sarà quindi solo rimborsato); nel 1604 si occupò ancora per conto degli Spagnoli dei disordini scoppiati a Monaco dopo l'uccisione di Ercole Grimaldi; /NOTA: GRIMALDI/  ma le sue giornate passavano prevalentemente tra Fassolo e la bella villa di Loano.
Nel gennaio del 1606 le condizioni di salute si aggravarono; dettava incessantemente codicilli e codicilli, ricordando e raccomandando i suoi segretari e collaboratori ai figli, disponendo lasciti (per la figlia Vittoria, che non doveva avere avuto un matrimonio felice; 1.000 scudi per Artemisia per le spese che avrebbe affrontato per il lutto).
Morì a Genova nella notte del 2 febbr. 1606.
Al primogenito Andrea andava il fedecommesso (comprensivo, tra l'altro, di Melfi, Fassolo, i feudi appenninici), a Carlo il palazzo di strada Nuova, il ducato di Tursi, le due galere; a Giannettino, ormai cardinale, diverse rendite. Il patrimonio complessivo viene valutato in 1.620.000 scudi d'oro.
(Da:


BIBLIOGRAFIA
Contributo ad una bibliografia di Zenobia Del Carretto Doria

A) FONTI - MANOSCRITTI: - In allestimento.
B) BIBLIOGRAFIA: - In allestimento.
C) ICONOGRAFIA: - In allestimento.

Progetto LOSFELD:
Nello sfondo, sulla sponda di un Mare Nero, riconosco me stesso, una figurina minuscola che pare disegnata col gesso. Questo è il mio posto d'avanguardia, sull'Estremo Limite del Nulla: sull'orlo di quell'Abisso combatto la mia battaglia. (Ernst Jünger)
Ad una Naumachìa di barchette dorate affidiamo Ricordi.
http://parzifalpurissimo.blogspot.com/ - blog  a cura di Giovanni Pititto

(E-mail: archi5biblio@gmail.com)


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