venerdì 31 luglio 2020

2013. Irene Calloud, Paolo ORSI.

ORSI, Paolo

di Irene Calloud - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)
ORSI, Paolo (Pietro Paolo Giorgio). – Nacque il 17 ottobre 1859 a Rovereto – allora appartenente all’Austria, oggi in provincia di Trento – settimo di otto fratelli, da Pietro e da Maria Keppel.

Crebbe in un clima familiare improntato al patriottismo mazziniano e nel fervore culturale della Rovereto positivista. Appena sedicenne, divenne assistente di archeologia ed entomologia di Fortunato Zeni nel Museo civico della città, fondato dallo stesso Zeni nel 1851. Nel 1879 fu incaricato dalla Società del museo di catalogare le monete della collezione donate da Zeni all’istituzione. L’anno dopo ebbe la carica di conservatore della sezione archeologica e numismatica, condivisa per il quinquennio 1890-95 con Federico Halbherr e poi tenuta da solo per tutta la vita.Dopo il liceo presso l’Imperial Regio ginnasio di Rovereto, nel 1877 intraprese studi umanistici all’Università di Padova, proseguiti a Vienna con Otto Hirschfeld e Otto Benndorf, grazie ai quali poté affinare la sensibilità storico-antiquaria ed epigrafica. Agli inizi degli anni Ottanta, a Roma, seguì le lezioni di paletnologia di Luigi Pigorini, rimanendone profondamente influenzato. Si laureò a Padova nel 1882. Nel 1884 chiese la nazionalità italiana.
Negli anni universitari, suggestionato dalla passione dell’epoca per l’esplorazione dell’ambiente alpino, perlustrò le vallate natie con metodo scientifico, raccogliendo informazioni sulla storia e sulla topografia del territorio. In taccuini poi divenuti celebri appuntò le impressioni ricavate dalle ricognizioni, segnalando con rigore reperti mobili, indizi di toponomastica ed epigrafia, nonché confronti di tipo naturalistico, esito di una formazione di impostazione positivistica e filologica.
Tra il 1881 e il 1883 avviò i primi scavi in tre siti preistorici trentini: il Colombo di Mori, la Busa dell’Adamo e Castel Tierno. I risultati, pubblicati a partire dal 1878, segnarono l’inizio della moderna ricerca scientifica sulla regione, dalla preistoria all’epoca medievale, rivelando uno studioso dalle singolari competenze e capace di lavorare su contesti e problemi archeologici di differenti periodi storici.
Dopo un trimestre d’insegnamento nel 1883 presso il liceo di Alatri (Frosinone), dal gennaio 1884 al maggio 1885 fu alla Direzione generale delle antichità e belle arti di Roma, come vice-auditore straordinario nell’Ufficio speciale per le antichità di Roma e del suburbio, all’epoca diretto da Felice Bernabei e Giuseppe Fiorelli. Dall’estate del 1885 fu sottobibliotecario di seconda classe alla Biblioteca nazionale di Firenze con compiti di catalogazione e riordino inventariale, e strinse rapporti con Domenico Comparetti. In quel periodo la pubblicazione con Halbherr dello studio Antichità dell’antro di Zeus Ideo in Creta (Firenze 1888) gli conferì rinomanza internazionale.
Nominato ispettore di terza classe degli Scavi, musei e gallerie del Regno dalla Direzione centrale dell’antichità di Roma nel maggio 1888, fu destinato a Siracusa come coadiutore del direttore del museo della città, Francesco Saverio Cavallari. Nel 1889 ottenne la libera docenza in archeologia all’Università di Catania, dove, senza mai avere il ruolo, insegnò fino al 1899, quando rinunciò per incompatibilità burocratica con la carica di ispettore agli scavi. Direttore reggente del Museo nazionale di Napoli (dicembre 1900-marzo 1901) come successore di Fiorelli, vi lasciò un’impronta significativa, gettando le basi per il riordino globale realizzato dal suo successore Ettore Pais. Dal 1891, divenuto direttore del Museo nazionale di Siracusa, si prodigò nell’allestimento delle sale e nell’ampliamento delle collezioni preistoriche, romane e medievali.
 Nel 1907 gli furono affidati tre uffici: la Soprintendenza agli scavi e ai musei archeologici per le province di Siracusa, Catania e Caltanissetta (comprensiva allora di Enna), la Soprintendenza ai monumenti per le province di Siracusa e Catania e la Soprintendenza alle gallerie, ai musei medievali e moderni e agli oggetti d’arte per le province di Siracusa, Catania e Messina. Rimase in Sicilia per un quarantennio, aprendo prospettive di studio destinate ad avere un’incidenza profonda e duratura sulle conoscenze archeologiche dell’isola.
Grazie a ricerche sistematiche in una terra fino ad allora in gran parte sconosciuta dal punto di vista archeologico e con un’eredità di studi legata principalmente alla tradizione letteraria, cominciò a tracciare le linee di studio per la ricostruzione della preistoria siciliana e della Sicilia preellenica. Avviò l’esplorazione dei maggiori siti preistorici (Stentinello, Castelluccio, Thapsos, Plemmirio, Melilli, Cozzo Pantano, Pantalica, Cassibile, Finocchio, Banco Grande, Monte Tabulo), riuscendo, tramite l’indagine condotta su centinaia di tombe e la comparazione di corredi funerari, tipologie di sepoltura, dati naturalistici e antropologici, a inquadrare la civiltà indigena dal II millennio al V secolo a.C., fino all’irrompere della civiltà ellenica e alle ultime manifestazioni autoctone. Nel 1892 elaborò la prima classificazione della preistoria siciliana, completata nel 1896 con la suddivisione in quattro periodi siculi, preceduti dal neolitico di Stentinello, e individuò per primo le tracce della civiltà micenea in Sicilia.
Parimenti importanti furono i contributi allo studio del mondo greco coloniale – la topografia, l’evoluzione dell’architettura sacra, civile e militare, la cultura materiale e la monetazione – attraverso lavori imponenti a Siracusa, Agrigento, Lentini, Megara Hyblea, Gela, Pantalica, Camarina e Tapso. Le sue ricerche si estesero anche all’interno, ad Akrai, Eloro, Camarina. Con i collaboratori Sebastiano Agati (architetto), Rosario Carta (disegnatore) e Giuseppe D’Amico (restauratore) diresse grandi scavi, senza mai trascurare la pubblicazione dei risultati in riviste specializzate, fra cui Notizie degli Scavi di antichità e dei Monumenti antichi. L’impegno profuso a Siracusa culminò con l’indagine dell’Athenaion, illustrata in una monografia (Esplorazioni dentro ed intorno al tempio di Athena in Siracusa, Roma 1910), in cui tracciò la storia della colonia dalle origini fino all’età cristiana.
Nel 1907 assunse anche la direzione dell’appena costituita Regia Soprintendenza agli scavi e musei di Reggio Calabria, dove – nonostante problemi economici e di salute – svolse fino al 1924 un’attività assidua e organica su terreni inesplorati della Magna Grecia, lottando contro gli scavi clandestini e promuovendo una politica di espropri a tutela del patrimonio. Anche in Calabria dedicò lo stesso impegno scientifico nella ricognizione dei luoghi. Basandosi sull’intuizione topografica e sull’ottima conoscenza delle fonti identificò Caulonia, la colonia achea a Monasterace Marina (1911-15), Hipponion a Monteleone (1912-15) oggi Vibo Valentia, e la colonia locrese Medma a Rosarno (1912-24).
Le campagne di scavo miravano a confermare ciò che aveva intuito e ad analizzare i tre elementi cardine delle città antiche: il tempio, le mura e le necropoli. Così avvenne a Locri, dove già nel 1889 aveva condotto una fortunata campagna archeologica in contrada Marasà con Eugen Petersen, per poi riprendere i lavori come soprintendente nel santuario di Persefone alla Mannella e in contrada Marafioti, primo impatto con la realtà dei grandi santuari greci. Parallelamente, avviò ricerche nell’entroterra (necropoli di Canale e Janchina), acquisendo i dati necessari alla ricostruzione dei contesti storici-architettonici delle città, come per esempio per il santuario di Hera Lacinia, a Capo Colonna, presso Crotone (1910-11).
Con analoga vivacità intellettuale affrontò la complessa realtà bizantina della Calabria, promuovendo la valorizzazione di edifici in pericolo o dimenticati, quali la Cattolica di Stilo (1911), restaurata grazie all’intervento di Umberto Zanotti Bianco e alla disponibilità della regina Margherita, S. Giovanni Vecchio e l’antica abbazia di S. Maria di Terreti. Dopo la campagna di scavi nella piana di Sant’Eufemia e la ricerca degli insediamenti di Temesa e Terina, l’attività in Calabria subì un arresto per gli eventi bellici.
Il sodalizio di Orsi con Zanotti Bianco cambiò le sorti dell’archeologia calabrese. Insieme fondarono, nel 1920, la Società Magna Grecia, con l’obiettivo di proteggerne e valorizzarne le memorie e, nel 1931, la rivista Archivio storico per la Calabria e la Lucania, che Orsi diresse assieme al Bullettino di paletnologia italiana.
Nel 1924, con il contributo della Società Magna Grecia – che, in circa tredici anni, consentì alle quattro Soprintendenze del Mezzogiorno di compiere, con fondi privati, una trentina di campagne archeologiche – diresse la sua ultima grande campagna di scavo a Cirò Marina dove riportò alla luce il santuario di Apollo Aleo, una delle sue scoperte di maggior rilievo, con il ritrovamento dell’acrolito in marmo della divinità.
Il 18 settembre 1924, su indicazione del roveretano Ettore Tolomei, fu nominato senatore del Regno, prestando giuramento in dicembre. Anche in questa veste, si adoperò per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali siciliani e calabresi, richiamando l’attenzione del Senato sull’insufficienza delle erogazioni destinate al settore storico-artistico e sull’esiguità del personale nelle soprintendenze.
In pensione nel 1934, lasciò Siracusa nel maggio 1935, dopo aver condiviso il lavoro con il nuovo soprintendente Giuseppe Cultrera. Tornò a Rovereto, rinsaldando il legame con il museo – mai interrotto grazie a donazioni di reperti, contributi economici e pubblicazioni scientifiche – al quale lasciò in eredità la sua collezione di antichità, costituita da materiali dall’epoca preistorica al tardo ellenismo, fino a oggetti di produzione arabo-medievale ed esemplari numismatici. La raccolta è stata ampliata nel 1977 da altri reperti donati al museo dagli eredi dell’archeologo (in particolare dalla nipote Anita, figlia del fratello Osvaldo). La biblioteca privata rimase a Siracusa, presso la Soprintendenza.
Morì a Rovereto l’8 novembre 1935.
Fra le numerose onorificenze e cariche, merita ricordare quelle di socio corrispondente dell’Accademia delle scienze di Torino (31 maggio 1908) e dell’Accademia dei Lincei (18 luglio 1896 e dal 13 agosto 1914 socio nazionale); di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (29 maggio 1913), di commendatore (1° giugno 1930) e di grande ufficiale (15 febbraio 1934) dello stesso ordine. A Orsi è intitolato il Museo archeologico regionale di Siracusa.
Fonti e Bibl.: A Rovereto, presso l’Archivio Museo civico e Biblioteca, si conservano i carteggi con C. Malfatti e G. de Cobelli, la fototeca, i taccuini dal 1877 al 1880, i disegni e manoscritti; Roma, Arch. centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Carteggi, 1926, f. 5.1.3356; 1928-30, f. 5.2.4805; Padova, Univ. degli Studi, Dipartimento dei beni culturali, Laboratorio Arch. (sede Ponte di Brenta), fondo Pigorini, Epistolario Orsi a Pigorini (200 manoscritti: lettere e biglietti; ff. 1-6; buste 3; 8 N-P; 10 Str.-Z; 11; 16; 18; 31; 46; 48; 64); Siracusa, Museo archeologico regionale Paolo Orsi (150 taccuini, inventariati ma non accessibili, in corso di digitalizzazione). Per la produzione di Orsi si rimanda alle principali raccolte bibliografiche: G. Agnello, Bibliografia completa delle opere di P. O., in P. O. (1849-1935), a cura di U. Zanotti Bianco, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, V (1935), 3-4, pp. 353-483; P.E. Arias, Quattro archeologi del nostro tempo, Pisa 1976, pp. 15-29; V. La Rosa, Orsi.Una storia accademica, in Archivio storico della Sicilia Orientale, LXXIV (1978), pp. 465-571; Atti del Convegno P. O. e l’archeologia del ’900, in Annali dei Musei civici di Rovereto, sez. archeologia, suppl. vol. 6 (1990), Rovereto 1991; A.M. Marchese - G. Marchese, Bibliografia degli scritti di P. O., Pisa 2000. Informazioni diverse sono reperibili anche in: E. Gran-Aymerich, Dictionnaire biographique d’archéologie: 1798-1945, Paris 2001, ad vocem; E. Gentile - E. Campochiaro, O. P., in Repertorio biografico dei Senatori dell’Italia fascista, Napoli 2004, p. 1753; Magna Graecia. Archeologia di un sapere (catal.), a cura di S. Settis - M.C. Parra, Milano 2005, pp. 192-284; O., Halbherr, Gerola. L’archeologia italiana nel Mediterraneo, a cura di B. Maurina - E. Sorge, Rovereto 2010, pp. 19-167.

sabato 30 maggio 2020

1783.



1783, marzo 15. Monteleone. 


Gregorio Badolati e Antonio Aragona, Sindaci dell'Università di Monteleone, dichiarazione sui danni subiti in seguito al terremoto del 5 febbraio 1783 che, com'è noto, distrusse molte città della Provincia di Calabria Ulteriore.

"In esecuzione di Venerato ordine di S. E. il Sig. Marasciallo D. Fran[cesc]o Pignatelli Vicario Generale coll'alter ego in queste due Provincie di Calabria, Attestamo e facciamo Fede anche col n[ost]ro respettivo giuram[en]to noj sot[oscritt]i sindaci di questa Ill.ma, e Fedeliss[i]ma Città di MonteLeone, come la parte bassa di detta Città consistente nella contrada detta delli Forgiari, e la contrada detta la Terravecchia, abitata la prima di Tessitori di seta, Ferrari, Tintori, e persone Civili, e la seconda abitata quasi tutta di contadini al numero di cinquecento case circa, con cinque Chiese, cioè la Parrocchiale di Sª Maria del Soccorso, quella di S. Spirito, quella di Gesù, e Maria, e quella di S. Francesco di Paola in unione  del Convento de'PP. Paolotti, quella della Maddalena rovinarono tutti al suolo. Nella parte di Mezzo rovinarono molte case di Particolari cittadini, metà del Convento de'PP. Osservanti, parte del Convento de' PP. Predicatori, e parte del Convento de' PP. Carmelitani, e quelle case e Palazzi, che rimasero in piedi sono tutte patite, rotte, ed inabitabili. Nella parte superiore rovinò la maggior parte del Castello Ducale, la Chiesa de' PP. Capuccini, quantità di Case de' particolari Cittadini, e quelle che rimasero in piedi, sono anche rotte, patite, ed inabitabili, di maniera che dal giorno cinque del prossimo passato Febbraio, fu la Città sudetta abandonata dagli abitatori, e questi abitano in campagna sotto picciole , ed angustissime Baracche, ma non bastanti per il ricovero di tutta la Populazione, di modoche una gran quantità va dispersa per la campagna, non avendo modo nè materiale a formarsi altre baracche, rovinarono al suolo totalmente tutti li nove Casali adjacenti alla Città sudetta, che furono Piscopio, Zammarò, S. Gregorio di Mezzo, S. Gregorio Superiore, Vena Superiore, Vena Inferiore, Triparni, S. Pietro di Bivona e Longobardi che formavano la maggior parte di questa Uni[versi]tà; rovinarono ancora quasi tutti li Casini e Casette di Campagna, e quelli pochi che remasero in piedi, sono tutti rotti, ed inabitabili, 

rovinò parimenti il Castello ducale della Marina detto il Castello di Bivona.

Si certifica ancora che nel Territorio di questa Uni[versi]tà non vi fu danno, ma si mantiene nello stesso stato ch'era prima del flagello.

Certifichiamo ancora, che tutti j Cadaveri rimasero sotto le rovine, tanto quelli della Città, quanto quelli delli Casali, e Campagne furono subito seppelliti, e non possono inferire infez[ion]e alcuna nell'Aere.

Si certifica parimenti, che l'Annona  era sufficiente si per la Città, che per li Casali, ma avendo dovuto provvedere ne' primi giorni del Flagello la Populazione di quaranta miglia all'intorno in circa, e per il gran concorso che abbiamo avuto, e tuttavia abbiamo de' Forestieri per essere la Città sud[dett]a situata nel centro della Provincia, in oggi appena basta per un altro mese.

Si certifica che i Mulini tanto del distretto di Città, quanto quelli dei Casali sudetti sono macinanti.

Si certifica che j Forni furono redificati anzi in detta Città se n'è formato uno nuovo in luogo sicuro , e sono sufficientiss[im]i per la Panizzazione.

Ed in fine certificamo che Coltura del Territorio di questa Città, e Casali consiste in ortaggi, grani bianchi, grani mischi, grano germano, Avena, orzi, Granone, vino, olio, celsi, e Frutta, e la gente remasta in vita è sufficiente per la coltura sud[dett]a, con quella forza istessa, che si faceva prima del Flagello. E però in fede di tal verità abbiamo fatto la presente scritta dal n[ost]ro Cancelliere, sott[oscritt]a di nostre proprie mani e roborata col solito universal suggello


MonteLeone li 15 marzo 1783

D. Gregorio Badolati Sindaco D. Antonio Aragona Sindaco

Sigillo Università di Monteleone








[Da: http://www.archiviodistatovibo.beniculturali.it/index.php?it/154/iorestoacasa ]


30.05.2020. Waterhouse.





John William Waterhouse (Roma, 6 aprile 1849 – Londra, 10 febbraio 1917)

Nymphs Finding the Head of Orpheus, 1900.























mercoledì 27 maggio 2020

2019. Bibliografia.














1659. BISOGNI D.J. 1659, Hipponii seu Vibonis Valentiae, vel Montelionis, Ausoniae Civitatis accurate Historia, Napoli. (2007. Preta, Castello) HO





1855. Tipo documento Risorsa grafica


Autore principale Cirelli, Filippo


Titolo Il castello di Vibona nella marina di Monteleone / Giuli dis. ; Lit. Cirelli


Pubblicazione [Napoli] : Lit. Cirelli, [1855?]


Descrizione fisica 1 stampa : litografia seppiata ; 200x280 mm.


Dati specifici [tipologia:] stampa [supporto:] carta [colore:] misto [tecnica stampa:] litografia


Nomi: [Litografo] Cirelli, Filippo + [Disegnatore] Giuli, Augusto <sec. 19.>


Soggetti: Monteleone di Calabria - Castello di Bivona - Iconografia


Lingua di pubblicazione ITALIANO


Paese di pubblicazione ITALIA


Codice identificativo IT\ICCU\NAP\0520184

Inventario: LP 61583

Collocazione: L.P. Iconografia A 1648

Note: 1 stampa


Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III - Napoli - NA





1947. MAZZOLENI J. 1947[2], Gli apprestamenti difensivi dei castelli di Calabria Ultra alla fine del Regno aragonese 1494-1495, «Archivio Storico per le Province


1965. ALBANESE F. 1965, Vibo Valentia nella sua storia, ivi 1974, 2, ed. I. (2007. Preta, Castello)


1983. MATACENA G. 1983, Architettura del lavoro in Calabria tra i secoli XV e XIX, Napoli. (2007. Preta, Castello)


1992. MARTORANO F. 1992, Il castello di Bivona, «Quaderni PAU», anno II n. 1, Università degli studi di Reggio Calabria, pp. 29-40. (2007. Preta, Castello)


1996. MARTORANO F. 1996, Chiese e Castelli della Calabria Medievale, Soveria Mannelli. (2007. Preta, Castello)


1999. MONTESANTI A. 1999, Tra mare e terra. Il ruolo dei traffici marittimi nella storia del territorio costiero vibonese, Roma. (2007. Preta, Castello) HO


2006. NOYÈ G. 2006[3], Le città calabresi dal IV al VII secolo, in A. AUGENTI (a cura di), Le città italiane tra Tarda Antichità e Medioevo, Atti del convegno (Ravenna, 26


2012. SOGLIANI F. 2012[4], Repertorio delle fonti scritte per la ricostruzione della vicenda insediativa di Vibo valentia tra Tarda Antichità e Medioevo, in M. D'ANDREA ZINZI E. 1999[5], Calabria. Insediamento e trasformazioni territoriali dal V al XV secolo, in A. PLACANICA (a cura di), Storia della Calabria Medievale. Cultura Arti. 


2014. CUTERI F.A. 2014[1], Da Vibona a Monteleone. Metamorfosi dell'identità urbana tra Tarda Antichità e Medioevo, in M.T. IANNELLI (a cura di), Hipponion i volti











[1]CUTERI F.A. 2014, Da Vibona a Monteleone. Metamorfosi dell'identità urbana tra Tarda Antichità e Medioevo, in M.T. IANNELLI (a cura di), Hipponion i volti della città, Reggio Calabria. (2007. Preta, Castello) HO CUTERI




[2]MAZZOLENI J. 1947, Gli apprestamenti difensivi dei castelli di Calabria Ultra alla fine del Regno aragonese 1494-1495, «Archivio Storico per le Province Napoletane», n.s. 30, pp. 132-144. (2007. Preta, Castello)




[3]NOYÈ G. 2006, Le città calabresi dal IV al VII secolo, in A. AUGENTI (a cura di), Le città italiane tra Tarda Antichità e Medioevo, Atti del convegno (Ravenna, 26-28 febbraio 2004), Firenze, pp. 477-517. (2007. Preta, Castello)




[4]SOGLIANI F. 2012, Repertorio delle fonti scritte per la ricostruzione della vicenda insediativa di Vibo valentia tra Tarda Antichità e Medioevo, in M. D'ANDREA (a cura di), Vincenzo Nusdeo, sulle tracce della storia, Vibo Valentia, pp. 235-271.  (2007. Preta, Castello) HO SOGLIANI 




[5]ZINZI E. 1999, Calabria. Insediamento e trasformazioni territoriali dal ValXVsecolo, in A. PLACANICA (a cura di), Storia della Calabria Medievale. Cultura Arti Tecniche, Reggio Calabria, pp. 11-87. (2007. Preta, Castello)








1136. Bivona. Fonti.

E veniamo ora a:
1136. RUGGERO II. Permuta con l’abate David, del monastero della Trinità di Mileto, alcuni beni per comodità del monastero stesso.
1135. (sic = 1136), gennaio. Ind. XIV. David, abate della Trinità di Mileto, a richiesta di Ruggero II concede alla chiesa di Cefalù le chiese di S.Giovanni di Roccella e S.Cosmo di Cefalù, con le loro dipendenze e 38 contadini.
1136, gennaio. Indizione XIV. Scritto per mano di GUIDONE, notaio. 
Re RUGGERO, figlio del conte RUGGERO, permuta con l’abate DAVID, del monastero della Trinità di Mileto, alcuni beni per comodità del monastero “acceptis”; evidentemente quelli che erano lontani dal monastero:

- la chiesa di S. Cosma nel territorio di Cefalù con tutte le pertinenze,
- le decime della terra di Cefalù,
- la chiesa di S. Giovanni di Roccella con tutte le terre e 39 villani spettanti alle dette chiese.

Lascia al monastero i beni più vicini,
- cioè la tintoria di Bivona,
- LEONE il giudeo con tutta la famiglia
- e il Palazzo di Bivona.

Ugualmente, nelle pertinenze di Mileto,
- la vigna presso S. Elia
- e il mulino di Dafinà.

In Umbriatico:
- due colture col canneto

e 38 villani in diversi luoghi.
Incipit: 
"IN NOMINE DOMINI DEI ETERNI ET SALVATORIS NOSTRI IESU CHRISTI, ANNO AB INCARNATIONE EIUSDEM MILLESIMO CENTESIMO TRICESIMO QUINTO, mense ianuario, indictione quartadecima.

"Notum sit omnibus, tam posteris quam presentibus, quia ego, David, sancte Trinitatis melitensis monasterii abbas, e consilio et consensu omnium eiusdem monasterii monachorum, magnifici rogerii regis Sicilie et Italie presentiam adii sollecitis et efflagitans precibus ut ecclesiam sancti Iohannis, quam iuxta maris rochellam monasterium nostrum in sicilia possidebat et ecclesiam sancti Cosme, ecclesie Cephaludi tenendas hac (sic) possidendas concedert, tali tenore ut monasterio nostro, tam in vineis quam in agris et villanis redditus, in Calabrie partibus viciniores restituiret. Gloriosus igitur Rogerius rex iustis peticionibus nostris assensum prebuit". 
(...)

Diamo qui alcuni dei nominativi degli elencati villani (1)
• Nicolaus de lo mocheti;
• Joseph filius Ianuarii;
• Nicolaus filius Leonis;
hii sunt christiani.

Sarraceni vero:
• Abdelcherin, filius Yse;
• Hamor, filius Abdelcherin;
• Sidi, filius eiusdem Abdelcherin;

Quicumque han combinacionem infringere vel permutare temptaverit anathema sit.
+Ego Rogerius rogatus monachus cenobi sancte Trinitatis subscripsi.
+Ego Robertus monacus subscripsi.
+Ego Romanus monacus subscripsi.
+Ego Rogerius monacus subscripsi.
+Ego Eavardus monacus subscripsi.
+Ego Robertus monacus subscripsi.
+Ego Sergius eiusdem cenobii prior et huius privilegi scriptor subscripsi". //

Il documento è affiancato da altri due:
- uno, pari data, con la ratifica reale.
- altro, del 1145: Il Gran Consiglio degli Arconti (una sorta di Consiglio dei ministri), esaminata la documentazione del 1136 inerentemente la permuta con l'Abbazia di Mileto; verificata la platea dei villani (2) della Chiesa di Cefalù, ratifica ed approva. Il documento è in arabo.
Vi è altro, nel diplomatico adalasiano e ruggeriano. Su Mileto?
No.


















NOTE: 
(1) Villano è denominazione giuridica coeva, denotante indicante stato servile; di status: servo della gleba. Ancorato alla platea che lo designa appartenente ad un dato territorio.
(2) Idem.

ILLUSTRAZIONI:
2. Archivio Abbazia di Mileto. Beni in Bivona. Registro.
(Inedito. La documentazione integrale in corso di pubblicazione in ASC-NS).

lunedì 25 maggio 2020

2020. Pignatelli.

Le presenti note sono dell'ASN

Pignatelli Aragona Cortès, duchi di Monteleone, duchi di Terranova, principi del Sacro Romano Impero (secc. XVII-); 

Napoli, Palermo

collocazione locale 

160 locale

161 locale 

162 locale 

163 locale 

165 locale 

168 locale 

232 locale 

233 ambiti e contenuto

Nell'ambito della "querelle" sugli archivi privati che si svolse in Europa e in Italia, tra la fine dell' '800 e gli inizi del '900, rientra l'iniziativa intrapresa dalla Direzione dell'Archivio di Stato di Napoli nel 1926, che provocò l'emanazione di un decreto dell'Alto Commissario della provincia di Napoli, con il quale l'archivio Pignatelli Aragona Cortes, uno dei più importanti dell'Italia Meridionale, fu dichiarato indivisibile e inalienabile.

Per evitare la dispersione e la divisione del patrimonio documentario che questo archivio conserva, fu necessario l'intervento sistematico da parte di organi dello Stato Italiano, della Magistratura e delle autorità amministrative e archivistiche.

L'archivio Pignatelli Aragona Cortes era in origine conservato a Palermo, nel maggiore palazzo della famiglia. All'atto dello sgombero del palazzo avvenuto nel 1922, l'archivio fu trasportato a Napoli dove un altro membro della famiglia lo prese in consegna. Ma proprio il trasporto aveva arrecato i primi danni all'archivio, essendoci stata una dispersione di materiale documentario. In seguito, le liti sorte poi tra i diversi membri della famiglia e la mescolanza delle scritture con l'archivio personale del nuovo detentore, misero in allarme le autorità locali. La Direzione dell'Archivio di Stato di Napoli infatti convinse l'Alto Commissariato della Provincia di Napoli, come già anticipato, ad applicare l'articolo 5 e l'articolo 8 della legge del 20 giugno 1909 sulle Antichità e Belle Arti anche all'archivio Pignatelli Aragona Cortes. Infatti fu notificato alla famiglia il citato decreto del 1926 con il quale le si vietava "di vendere, alienare, dividere l'archivio senza il preventivo parere del Ministero dell'Interno".

In seguito ad una seconda lite scoppiata tra i componenti della famiglia nel 1929 per la proprietà dell'archivio e di quelle carte, come i titoli di proprietà, che certificavano le diverse quote ereditarie, fu intentata una causa presso il Tribunale di Napoli. Per dirimere la questione, il Tribunale decise di avvalersi del parere dei funzionari archivistici in qualità di periti. Nella sentenza pubblicata il 13 maggio 1929 si dichiarava nella premessa che la documentazione di un archivio di accertato valore storico, interessando non soltanto il soggetto che lo ha prodotto, ma anche la comunità nazionale, deve pertanto essere considerato "patrimonio ideale comune della Nazione". La sentenza così recitava: "Per quanto grandi possano essere il valore morale o l'affezione per l'archivio privato da parte dei componenti la famiglia più nobile, è interesse pubblico che archivi del genere, come fonti di preziose notizie storiche e raccolte di importante interesse...non siano smembrati a ogni apertura di successione". L'archivio Pignatelli Aragona Cortes fu pertanto dichiarato indivisibile e inalienabile e gli fu riconosciuto lo status di "universitas rerum". Si stabilì inoltre che il detentore dell'archivio, nominato di comune accordo dai coeredi o dall'autorità giudiziaria in mancanza di accordo, non avesse alcun diritto esclusivo di proprietà, ma semplicemente il compito di custodire il complesso documentario e di permetterne la consultazione agli aventi diritto. A questo punto si stilò un inventario di consistenza che vide la stretta collaborazione tra i funzionari archivistici e i membri della famiglia Pigantelli Aragona Cortès. Dall'inventario di consistenza emersero i primi dati relativi all'archivio formato da circa 10.000 unità cartacee e 1954 pergamene. Tale documentazione, di eccezionale valore storico, supera i confini territoriali dell'Italia Meridionale per estendersi al resto della penisola, ma anche alla Spagna e, fuori dall'Europa, al Messico, terra nella quale giunse il conquistatore spagnolo Hernan Cortès.

Consegnatario e custode dell'archivio fu fino al 1930 Diego Aragona Pignatelli Cortès. Dopo la sua morte, Egildo Gentile, archivista di casa Pignatelli dal 1925, fu nominato dalla principessa Rosina, consegnatario del complesso documentario cui aveva dedicato circa trent'anni di cure.

Nel 1956 questo importante complesso archivistico fu trasferito dalla dimora di famiglia sita alla riviera di Chiaia, la Villa Pignatelli, oggi Museo "Diego Aragona Pignatelli Cortès", in deposito presso l'Archivio di Stato di Napoli. Il deposito avvenne per volontà testamentaria della principessa Rosa Fici dei Duchi di Amafi, moglie di Diego Pignatelli, che aveva anche donato allo Stato la villa alla Riviera di Chiaia perché vi fosse istituito il museo. L'incarico di curare il trasferimento dell'archivio, avvenuto in 4 mesi, da gennaio ad aprile del 1956, fu affidato dal Conte Riccardo Filangieri di Candida a Jolanda Donsì Gentile, che aveva affiancato già il padre Egildo nella sua opera di ricostruzione delle serie documentarie. Al deposito del 1956, seguirono le integrazioni del 1958, in seguito al versamento di circa 180 tra volumi e buste, effettuato dal Ministero degli esteri contenenti documentazione relativa all'amministrazione dell'Ospedale di Gesù Nazareno di Città del Messico, all'azienda di Atlacomulco e ai beni dell'Italia Meridionale per i secc. XVIII-XX.

L'archivio è costituito da diversi nuclei documentari, a loro volta composti da serie e sottoserie, formatisi in epoche diverse e che si riferiscono soprattutto ai beni e ai feudi che i vari rami della famiglia possedettero nelle province napoletane, in Sicilia, in Spagna e in Messico. Si evidenziano due grossi nuclei documentari principali, uno formatosi a Napoli e uno in Sicilia con sede nel palazzo Monteleone a Palermo, dimora dei Pignatelli duchi di Monteleone, archivi che, prima di essere riuniti, ebbero storie separate.

Un primo riordinamento del complesso documentario esistente in Napoli fu affidato da Maria Carmela Caracciolo di Brienza, moglie di Diego Pigantelli Aragona Cortes seniore, duca di Monteleone, all'archivario Michelangelo Pacifici. Questi, completando il lavoro entro il 1802, divise i documenti per materia fino a costituire CXLII Scansie dove il materiale venne conservato. Il Pacifici redasse un inventario analitico e predispose due enormi pandette alfabetiche, note appunto come "pandette Pacifici" e consultabili presso l'Archivio di Stato di Napoli.

La documentazione che costituisce l'Archivio di Napoli, così riordinato e relativo ai feudi e ai beni che la famiglia possedeva in Italia Meridionale, fu trasferita a Palermo, verso la metà dell'800, nel Palazzo Monteleone e riunita all'Archivio di Sicilia. Quest'ultimo, fu riordinato da Fedele Pollaci-Nuccio per incarico ricevuto da Diego Pignatelli Aragona Cortès, duca di Monteleone e da sua moglie Rosa Fici dei Duchi di Amafi. Nel 1921, al momento dello sgombero del palazzo Monteleone a seguito di espropriazione, si decise di trasferire i due Archivi in Napoli, costituendo nella Villa alla Riviera di Chiaia un "Archivio generale della famiglia". Nel 1925 finalmente l'archivio fu trasferito. La stessa principessa Rosina interpellò il conte Riccardo Filangieri per incaricare persona esperta del suo riordino. Questo incarico fu affidato ad Egildo Gentile. Il materiale documentario fu custodito in scaffali e stipi di legno al II piano delle "dipendenze" di Villa Pignatelli su S. Maria in Portico.

Il lavoro di ricostituzione delle serie dei due archivi, integrate da quelle di recente acquisizione, terminò nel 1930.

Successivamente si provvide allo stralcio di tutte le pergamene che si trovavano ripiegate e inserite nelle diverse serie, al fine di costituire un fondo unico, mantenendo, con delle annotazioni, i riferimenti alle serie di provenienza. Furono estrapolate 1954 pergamene, ordinate secondo un criterio diplomatico e cronologico che, conservate in appositi armadi a cassettiera, andarono a costituire il cosiddetto "Tabulario" e delle quali se ne redasse un inventario.

L' archivio Pignatelli Aragona Cortes, il più cospicuo e certamente uno tra i più completi tra quelli conservati presso l'Archivio di Stato di Napoli, risulta oggi articolato nelle seguenti serie:

1) "Pergamene" o "Diplomatico", contenente tutte le pergamene (1212-1926, con documenti in copia dal 1101);

2) "Museo" contenente documentazione di natura patrimoniale e corrispondenza, oltre alle carte relative al Teatro Carolino (1516-1893);

3) "Pretorato", contenente la documentazione relativa all'ufficio di pretore della città di Palermo, esercitato da uno dei membri della famiglia tra il 1838 e il 1856 (1791; 1812-1856);

4) "Grande Almirante", contenente la documentazione relativa a questa carica che fu concessa da Carlo V a Giovanni Aragona il 25 novembre 1536 (1338-1797);

5) "Feudi" o "Scaffi", ovvero l' "Archivio portato da Palermo a Napoli", con la documentazione relativa all'amministrazione di tutti gli stati feudali e beni posseduti dalla famiglia in Sicilia (1205- sec. XIX);

6) "Messico", contenente la documentazione relativa agli stati feudali e ai beni posseduti dalla famiglia in Messico (1525-1926);

7) "Napoli", ovvero l'archivio ordinato da Michelangelo Pacifici, trasportato a Palermo e poi da Palermo a Napoli, contenete la documentazione relativa ai beni feudali sparsi nelle province dell'Italia Meridionale appartenuti o pervenuti alla famiglia in seguito a vincoli di parentela con altre famiglie (secc. XIII-XVIII);

8) "Alberi genealogici e piante topografiche" (secc. XVII-XX);

9) "Pignatelli-Messico": si tratta delle carte depositate dal Ministero degli Esteri e già appartenenti alla famiglia, relative all'amministrazione dei beni in Messico dal XVIII al XIX secolo;

10) "Archivio Moderno" (1858- sec. XX), in corso di ordinamento.

Si sottolinea che nell'Archivio Pignatelli Cortès è conservato lo stemma che ripercorre la storia genealogica della famiglia, derivata dall'unione delle tre famiglie principali: gli Aragona di Sicilia, i Pignatelli di Monteleone e i Cortès del Vaglio, oltre alle parentele con numerose famiglie del Regno. Meritano di essere segnalati alcuni documenti originali che riguardano, in particolare, il conquistatore spagnolo Herñan Cortès, la sua conquista del Messico e i titoli conferitigli dai sovrani spagnoli, riconfermati alla sua discendenza e pervenuti in eredità ai Pignatelli di Monteleone. 

Si tratta del diploma datato 1522 con il quale Carlo V nominò Herñan Cortès Capitano generale e Governatore della Nuova Spagna; il diploma datato 1522 con il quale si intimò a Velasquez, luogotenente del governatore di "Ilamada Cuba", di non armare spedizioni contro Cortès; il diploma datato 1529, con il quale Carlo V conferì ad Herñan Cortès il titolo di Marchese della Valle di Oaxaca; il privilegio di Filippo II con cui il titolo di Marchese venne confermato a Martino Cortès; il testamento di Herñan Cortès, nonché alcune piante relative alla Valle di Oaxaca e all'Ospedale Gesù Nazareno di Città del Messico.

All'archivio Pignatelli Aragona Cortès, giunto con le scaffalature e la mobilia originale, è annessa anche una biblioteca.

Di alcune serie dell'Archivio è in corso la revisione.strumenti di ricerca presenti in Sala di Studio inv. 608-647.  Inventari coevi, elenchi parziali e inventari recenti

STRUTTURA GERARCHICA

04449 -  Pignatelli Aragona Cortes secc. XII - XX 

serie

Pignatelli Aragona Cortes - Diplomatico

livello di descrizione

liv.2

titolo e estremi cronologici

Diplomatico , 1212 - 1928  con documenti in copia dal 1101

descrizione fisica pergamene  1954

soggetto produttore

Pignatelli Aragona Cortès, duchi di Monteleone, duchi di Terranova, principi del Sacro Romano Impero (secc. XVII-); Napoli, Palermo

storia archivistica

Nel 1925 la principessa Rosina Fici, dei duchi di Amafi, vedova del duca di Monteleone, don Diego Pignatelli, avendo preso a cuore le sorti delle carte di famiglia, incaricò il dott. Egildo Gentile della sistemazione delle scritture che costituivano il grande "Archivio della famiglia Pignatelli Aragona Cortes".

Alla fine degli anni '30 il lavoro di sistemazione delle scritture poteva dirsi ultimato: i due nuclei, di Napoli e Palermo erano stati unificati nell'unico grande archivio " Pignatelli Aragona Cortes".

Fu allora che il Gentile prospettò alla principessa Rosina l'opportunità di stralciare dalle diverse serie tutti i documenti in pergamena, per costituire un Tabulario o Diplomatico. Molti documenti in pergamena si trovano ancora rilegati in volume nella serie Museo dello stesso fondo.

Furono reperite ben 1954 pergamene che vennero raggruppate in quattro nuclei:

Atti Giudiziari  nn. 1 -  38  ( aa. 1411 - 1748), Decisioni emesse da autorità giudiziarie;

Bolle         nn. 1 - 141 (aa.1256 - 1926), Atti prodotti da autorità ecclesiastiche d'ogni ordine e grado;

Diplomi       nn. 1 - 694 (aa.1212 - 1928),Atti emanati da autorità sovrane non solo della Corte di Sicilia e Napoli, ma anche da altre Corti di Europa; ricordiamo, ad esempio, quelli concessi dall'imperatore Carlo V al conquistatore del Messico, Fernando Cortes

Istrumenti     nn. 1 - 1081 ( aa. 1276 - 1706), Atti privati stipulati per la maggior parte a Napoli e in Sicilia e in parte in Italia ed altri paesi europei nei quali si svolgeva l'attività dei personaggi dell' illustre Casa.

Terminata questa prima fase di lavoro si sarebbe dovuto procedere alla stesura dei regesti dei singoli atti. Il lavoro, però, a causa del trasferimento di Gentile da Napoli a Palermo si interruppe e sembrava destinato a non essere più ripreso.

Fu solo negli anni '90 che Iolanda Gentile riprese tra le mani i vecchi appunti dell'archivista Egildo Gentile, suo padre, e insieme all'archivista Laura Mazzarotta, si procedette alla collazione dei regesti delle serie diplomi e bolle.

Il presente lavoro è stato completato rispecchiando la quadruplice classificazione delle pergamene; ciascun regesto è preceduto dalla data cronologica e topica, ed è corredato da opportune relative alla pergamena ed ai sigilli.

Il diplomatico presente nel nucleo siciliano fu studiato nel 1858 da Isidoro La Lumia, il quale, come afferma Pipitone, sarebbe stato l'autore dell'Indice topografico di pergamene e diplomi …edito a Palermo nel 1858 e ne avrebbe fatto tesoro per gli "Estratti di un processo per lite feudale" e per gli " Estratti di un processo per lite feudale" che costituiscono la fonte principale per la sua opera "I quattro Vicari".

Nel 1906 Federico Pipitone pubblicò a Palermo il "Regesto dei diplomi dell'Archivio Pignatelli di Palermo", nel quale sono comprese solo una piccola parte delle pergamene e che non risponde esattamente al titolo poiché molti dei diplomi esistenti nel Tabulario ne sono esclusi ed invece molti dei documenti compresi nel testo non sono diplomi né hanno alcun legame con la diplomatica.ambiti e contenuto.

Questa serie comprende tutte le pergamene che, originariamente erano inserite nelle diverse serie dell'Archivio Pignatelli Aragona Cortès. Esse nel numero di 1954 furono stralciate al fine di costituire un fondo unico, il "Diplomatico", mantenendo, con delle annotazioni, i riferimenti alle serie di provenienza. Le pergamene, conservate oggi in 20 cartelle, sono sistemate in ordine diplomatico, ossia per tipologia e per solennità del documento, e nell'ambito di tale suddivisione, in ordine cronologico e ricollocate nel loro armadio originario.

La serie comprende:

a) "Diplomi", numerati da 1 a 694, 1101(1212-1928), ai quali sono state aggiunte sei lettere autografe su carta dell'imperatore Carlo V dirette a Fernando Cortès o ad altri funzionari dell'imperatore;

b)"Bolle", numerati da 1 a 141, (1256-1926);

c)"Atti giudiziari", da 1 a 38, (1411-1748);

d) "Istrumenti", atti notarili da 1 a 1081, (1276-1706).

Delle singole pergamene fu redatto anche il regesto nel corso di molti anni di lavoro.

Alcuni regesti si trovano nelle "pandette Pacifici" attualmente consultabile in Sala pandette.strumento di ricerca 0608 

Pignatelli Aragona Cortes - Diplomatico

informazioni redazionali

L'inserimento dati degli schedoni cartacei del Diplomatico è stato coordinato dall'archivista Francesca Chiara Calcagno.

La digitazione dati è stata realizzata dalle assistenti Vincenza Natoli e Lucia d'Angelo.

Responsabile della pubblicazione l'archivista Ferdinando Salemme.

STRUTTURA GERARCHICA

04449 -  Pignatelli Aragona Cortes secc. XII - XX 

04449.00001 -  Diplomatico 1212 - 1928 

serie Pignatelli Aragona Cortes - Diplomatico livello di descrizione unità archivistica livello di descrizione liv.3 titolo e estremi cronologici Diplomi , 1101 - 1928descrizione fisicapergamene  694


STRUTTURA GERARCHICA

04449 -  Pignatelli Aragona Cortes secc. XII - XX 

04449.00001 -  Diplomatico 1212 - 1928 

seriePignatelli Aragona Cortes - Diplomaticolivello di descrizioneunità archivisticalivello di descrizioneliv.3titolo e estremi cronologiciAtti giudiziari , 1411 - 1748descrizione fisicapergamene  38


STRUTTURA GERARCHICA

04449 -  Pignatelli Aragona Cortes secc. XII - XX 

04449.00001 -  Diplomatico 1212 - 1928 

seriePignatelli Aragona Cortes - Diplomaticolivello di descrizioneunità archivisticalivello di descrizioneliv.3titolo e estremi cronologiciBolle , 1256 - 1926descrizione fisicapergamene  141

soggetto produttorePignatelli Aragona Cortès, duchi di Monteleone, duchi di Terranova, principi del Sacro Romano Impero (secc. XVII-); Napoli, Palermo


STRUTTURA GERARCHICA

04449 -  Pignatelli Aragona Cortes secc. XII - XX 

04449.00001 -  Diplomatico 1212 - 1928 

seriePignatelli Aragona Cortes - Diplomaticolivello di descrizioneunità archivisticalivello di descrizioneliv.3titolo e estremi cronologiciIstrumenti , 1276 - 1706descrizione fisicapergamene  1081


Archivi privati
Pignatelli Aragona Cortes - Diplomatico 20 documenti

Bivona

04449.00001 -  Diplomatico 1212 - 1928  / 04449.00001.00001 -  Diplomi 1101 - 1928 

001 - Ruggiero, conte di Calabria e Sicilia dona al monastero della Santissima Trinità di Mileto, da lui fondato, la terra ed il porto di Bivona, con la tonnara e sue pertinenze.1101  

Archivi privatiPignatelli Aragona Cortes - Diplomatico1968 documenti
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04449 - Pignatelli Aragona Cortessecc. XII - XX 
04449.00001 - Diplomatico1212 - 1928 
04449.00001 -  Diplomatico 1212 - 1928 
04449.00001.00001 - Diplomi1101 - 1928 
04449.00001 -  Diplomatico 1212 - 1928 
04449.00001.00002 - Atti giudiziari1411 - 1748 
04449.00001 -  Diplomatico 1212 - 1928 
04449.00001.00003 - Bolle1256 - 1926 
04449.00001 -  Diplomatico 1212 - 1928 
04449.00001.00004 - Istrumenti1276 - 1706 




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Pignatelli Aragona Cortes - Diplomatico20 documenti
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001 - Ruggiero, conte di Calabria e Sicilia dona al monastero della Santissima Trinità di Mileto, da lui fondato, la terra ed il porto di Bivona, con la tonnara e sue pertinenze.1101 



266 - Federico re di Sicilia ecc. vende a favore di Ettore Pignatelli, per il prezzo di ducati 15.000 le terre di Borrello, Rosarno e Mesiano, Monteleone con gli uffici della bagliva e mastrodattia, la torre di Bivona, la terra di Cinquefrondi con il feudo di Morbogallico1501, giugno 8 



267 - Federico re di Sicilia ecc. vende a favore di Ettore Pignatelli, per il prezzo di ducati 15.000 le terre di Borrello, Rosarno e Mesiano, Monteleone con gli uffici della bagliva e mastrodattia, la torre di Bivona, la terra di Cinquefrondi con il feudo di Morbogallico1501, giugno 8 



278 - Luigi re di Francia, Napoli ecc. conferma a favore di Ettore Pignatelli l'acquisto della terra di Borrello col titolo di contea, la terra di Monteleone con la torre, il porto e la dogana di Bivona, le terre di Rosarno, Mesiano e Cinquefrondi col feudo detto Morbogallico1502, ottobre 



279 - Contiene lo stesso privilegio del documento precedente, relativo alle terre di Borrello, Monteleone, Bivona, Rosarno, Mesiano, Cinquefrondi e Morbogallico1502, ottobre 



335 - Il Vicerè ordina al governatore di Calabria che, nonostante la proibizione generale, permetta al Conte di Monteleone di far fabbricare e fortificare le sue castella e particolarmente quelle di Monteleone e Bivona1509 set. 25 



343 - Re Ferdinando, il Cattolico, considerando i meriti del conte di Monteleone Ettore Pignatelli, il quale, fra l'altro, aveva partecipato alla spedizione portata contro i Francesi, che invadevano lo Stato Romano, e valorosamente aveva combattuto nella battaglia di Ravenna, concede a lui ed ai suoi eredi e successori, in feudo immediate et in capite e col peso dell'adoa, ducati annui 200, sugli introiti del fondaco della gabella nuova e terziaria del ferro e degli altri diritti che si riscuotevano nel caricatoio di Bivona1513 lug. 01 



356 - Giovanna regina e il figlio Carlo, re di Castiglia, Aragona ecc. confermano al conte di Monteleone Ettore Pignatelli tutti i privilegi dei loro predecessori, concernenti particolarmente le concessioni urgenti: la terra di Monteleone col titolo di contea, con il castello, il porto e la dogana di Bivona, la riscossione di annui ducati 200 sui diritti della gabella nuova e della terziaria del ferro, che si esigono nel caricatoio di Bivona, la terra di Borrello col titolo di contea, le terre di Rosarno, Mesiano, Mottafilocastro, Ioppolo, il casale di Cuccorino, il feudo di Santa Venera, la terra di Cinquefrondi col feudo di Morbogallico e, nella provincia di Terra di Lavoro, la baronia di Trentola, il feudo di Giugliano e il castello di Belvedere, abitato.1517, giugno 20 



357 - Giovanna regina e il figlio Carlo, re di Castiglia, Aragona ecc. confermano al conte di Monteleone Ettore Pignatelli tutti i privilegi dei loro predecessori, concernenti particolarmente le concessioni urgenti: la terra di Monteleone col titolo di contea, con il castello, il porto e la dogana di Bivona, la riscossione di annui ducati 200 sui diritti della gabella nuova e della terziaria del ferro, che si esigono nel caricatoio di Bivona, la terra di Borrello col titolo di contea, le terre di Rosarno, Mesiano, Mottafilocastro, Ioppolo, il casale di Cuccorino, il feudo di Santa Venera, la terra di Cinquefrondi col feudo di Morbogallico e, nella provincia di Terra di Lavoro, la baronia di Trentola, il feudo di Giugliano e il castello di Belvedere, abitato.1517, giugno 20 



358 - Giovanna regina e il figlio Carlo, re di Castiglia, Aragona ecc. confermano al conte di Monteleone Ettore Pignatelli tutti i privilegi dei loro predecessori, concernenti particolarmente le concessioni urgenti: la terra di Monteleone col titolo di contea, con il castello, il porto e la dogana di Bivona, la riscossione di annui ducati 200 sui diritti della gabella nuova e della terziaria del ferro, che si esigono nel caricatoio di Bivona, la terra di Borrello col titolo di contea, le terre di Rosarno, Mesiano, Mottafilocastro, Ioppolo, il casale di Cuccorino, il feudo di Santa Venera, la terra di Cinquefrondi col feudo di Morbogallico e, nella provincia di Terra di Lavoro, la baronia di Trentola, il feudo di Giugliano e il castello di Belvedere, abitato.1517, giugno 20 / 



407 - L'imperatore Carlo V presta l'assenso all'istrumento rogato in Palermo per notaio Giovanni de Marchesio il 19 ottobre 1531, col quale Ettore Pignatelli, vicerè in Sicilia, istituisce il fidecommesso sullo stato di Monteleone, incorporandovi altri feudi e palazzi, giusta la facoltà concessagli con privilegio del 7 dicembre 1526, e cioè sottoponendo al fidecommesso la terra di Monteleone con i casali, la torre, la dogana, il porto e il caricatoio di Bivona, il reddito di annui ducati 200 sulla secrezia di detto porto, il feudo di Santa Venera, la terra di Borrello, la baronia di Mesiano, le terre di Filocastro, Rosarno, Ioppolo, i diritti che possiede sulla terra di Cinquefrondi e sul feudo di Morbogallico, e tutti i beni burgensatici ed allodiali dei detti feudi, il castello di Belvedere, presso Napoli, nelle vicinanze di sedile di Nido ed altre case, pure in Napoli e inoltre il diritto delle 4 grana da riscuotersi sulle estrazioni della Sicilia oltre il faro, secondo il privilegio del 9 dicembre 1526, stabilendo che tutti i beni, così uniti, costituiscano il fidecommesso.1533 ago. 30 



477 - ll vicerè Afan de Ribera, duca d'Alcala presta il regio assenso all'atto da stipularsi tra Ciarletta Caracciolo e il Duca di Monteleone, i quali dopo una lite, svoltasi nel Sacro Regio Consiglio e dopo l'apprezzo compiuto dall'Arcivescovo di Sorrento e da Dionisio Caracciolo, quali arbitri, addivengono ad accordo, per il quale il detto Ciarletta promette di vendere per ducati 1.800 al detto Duca i diritti pretesi sulla tonnara di Bivona, i quali teneva in suffeudo dal detto Duca con il peso dell'adoa di una di ferro, di poi ridotto a ducati 39 per ciascuna adoa.1562 ott. 27 



0042 - Giovanni, figlio di Ferdinando Re d'Aragona, vicerè di Sicilia, sull'istanza presentata dal procuratore del Fisco, attore, contro Ruggiero de Marino, convenuto, affinchè questi come spurio, fosse dichiarato inabile ed incapace a succedere nella terra di Muxiario e in quelle di Gibellini e Guastanello, spettanti al regio Fisco, in considerazione dei documenti e delle difese, pronuncia la sentenza, con la quale, ritenendo non sufficientemente provata l'istanza, assolve il convenuto1416 apr. 10 / 



0313 - Ettore Pignatelli dichiara di aver comprato dalla regia corte le terre di Borrello, Rosarno e Mesiano e, sotto titolo di governo e amministrazione, la terra di Monteleone con la torre ed il porto di Bivona e nomina suo procuratore Giacomo Pignatelli, non potendo prenderne personalmente possesso.1501 giu. 03 / 



0319 - Il sindaco e gli eletti dell'Università di Monteleone, in adempimento di lettera, del 15 agosto 1501, di Consalvo de Cordova, luogotenente del Re e della regina di Spagna, con la quale Ettore Pignatelli, già spogliato del possesso delle terre di Monteleone, Mesiano e Rosarno e del castello di Bivona, ne era stato poi reintegrato, all'arrivo del detto luogotenente, immettono nel reale possesso della loro terra il procuratore di Ettore Pignatelli, il quale si obbliga ad osservare e far osservare i capitoli e le grazie che Ettore aveva concesso.1501 ago. 19 



0322 - Ettore Pignatelli, utile signore delle terre di Borrello, Rosarno, Mesiano e Monteleone, con la torre ed il porto di Bivona, nomina suo procuratore il fratello fra Fabrizio per recuperare dalle mani di Consalvo de Cordova le dette terre e per ricevere il giuramento di assicurazione dai vassalli.1501 ago. 26 / 



0343 - Fabrizio Pignatelli, quale procuratore del fratello Ettore, prende possesso della terra di Bivona.1507 feb. 01 / 



0401 - Ettore Pignatelli, conte di Monteleone, Diana Pignatelli, vedova di Giovanni Francesco Brancaccio e tutrice dei figli, Giacomo Antonio Brancaccio, di lei figlio, e Coluccio Coppola, procuratore dell'Università di Monteleone, dichiarano che re Ferdinando II aveva donato e dato in governo la terra di Monteleone con il castello, il porto e la dogana di Bivona a Gio. Battista Brancaccio ed agli eredi, in perpetuo; che, dopo la morte di Giovan Battista, l'Università di Monteleone, rifiutando di stare sotto il governo dei figli di lui, si era obbligata a pagare ducati 2000 per passare in demanio, e re Federico aveva convenuto con la detta Diana che ella rinunziasse, mediante il compenso di ducati 3000, ad ogni diritto sulla stessa terra. Diana quindi e suo figlio Giacomo Antonio dichiarano di aver ricevuto da re Federico ducati 1000, dall'Università di Monteleone ducati 700 e da Ettore Pignatelli gli altri 1300, e ne fanno ampia e finale quietanza.1509 giu. 04 / 



0741 - Nicola Brigliano vende al duca Ettore Pignatelli, per ducati 350, due magazzini siti nel luogo detto Bivona, redditizi ogn'anno, l'uno per un rotolo, e l'altro per un rotolo e 6 once di cera, a favore della badia della Santissima Trinità di Mileto.1543 ago. 25 
STRUTTURA GERARCHICA
04449 - Pignatelli Aragona Cortes secc. XII - XX 
04449.00001 - Diplomatico 1212 - 1928 
04449.00001.00004 - Istrumenti 1276 - 1706 

serie: Pignatelli Aragona Cortes - Diplomatico
livello di descrizione: unità archivistica
titolo e estremi cronologici: Nicola Brigliano vende al duca Ettore Pignatelli, per ducati 350, due magazzini siti nel luogo detto Bivona, redditizi ogn'anno, l'uno per un rotolo, e l'altro per un rotolo e 6 once di cera, a favore della badia della Santissima Trinità di Mileto. , 1543 ago. 25 , Monteleone Indizione I
segnature: segnatura definitiva: Pignatelli Aragona Cortes, Diplomatico, Istrumenti 0741
descrizione fisica: annotazioni: Originale in pergamena. 
pergamena 01
dimensioni (altezza x larghezza in mm): 0,89 x 0,53
ambiti e contenuto: Per notaio Paolo Donadio, di Nocera.


0742 - Nicola Brigliano vende al duca Ettore Pignatelli, per ducati 350, due magazzini siti nel luogo detto Bivona, redditizi ogn'anno, l'uno per un rotolo, e l'altro per un rotolo e 6 once di cera, a favore della badia della Santissima Trinità di Mileto.(Duplicato)1543 ago. 25