venerdì 23 aprile 2010

1925. Mastriani, Francesco. La Contessa di Montés. Milano. Barion.

Mastriani, Francesco. La Contessa di Montés. [Séguito della Cieca di Sorrento]. Milano: A. Barion, 1925.

I TEMPI

1869
Data di pubblicazione della prima edizione (cfr. Antonio Di Filippo. Lo scacco e la ragione. Lecce: Milella, 1987. P. 219). Il romanzo costituisce il seguito de La cieca di Sorrento, che è del 1851.

1854 – 1855
I fatti narrati sono chiaramente datati dall’autore: hanno inzio il 24 agosto 1854 (Mariangela Murillo, in questa data, nel primo capitolo sta morendo di colera in un “basso” di Napoli) e hanno fine il 20 febbraio 1855 (con la morte del Marchese Rionero nell’ultimo capitolo).

INDICE 
Parte Prima
1.  I bassi di Napoli nel 1854
2.  Il medico gobbo
3.  Brook
4.  Quattro parole ogni anno
5.  A Sorrento
6.  Il conte di Montés
7.  Gli sponsali
8.  La jettatura
9.  La clique du Chantage
10.  Oliviero Blackman
11.  Il marchese Rionero
12.  L’uomo antico
13.  La giovinetta inglese
14.  Errico Splight e la sua famiglia
15.  Il seminarista

Parte Seconda
1.  La schiavitù
2.  Lo schiavo bianco
3.  Voi avrete una figlia
4.  Il tè
5.  L’ufficiale di marina inglese
6.  Gelosia
7.  Il domani
8.  Posizione difficile
9.  Il bivio
10.  La spiegazione
11.  Soggiorno in Napoli
12.  La denunzia
13.  La camera della cieca
14.  Il segreto di Carolina
15.  L’antico diplomatico
16.  La morte non è un male
17.  La morte del giusto
Riepilogo

I PERSONAGGI
Carolina Franconi, La contessa di Montés.
Gaetano Pisani, noto anche come Oliviero Blackman, il gobbo, medico, già guaritore e marito ora vedovo di Beatrice Rionero, la Cieca di Sorrento.
Paolo Alfonso Rionero, il marchese Rionero, padre della Cieca di Sorrento e suocero di Gaetano Pisani.
Il conte Franconi, padre di Carolina, morto nel 1851.
Alessandro di Montés, il conte di Montés, sposa e dà il suo nome a Carolina; si suicida.
Dick, ovvero Riccardo Splight, figlio di Errico Splight e della piccola Betty. Mozzo di marina, schiavo di mercante di schiavi ebreo, capitano di vascello, innamorato della contessa di Montés, si suicida per lei (e sono due: il terzo morto sarà Gaetano Pisani. La contessa porta jella, ereditata dal primo marito).
Errico Splight e la piccola Betty hanno tre figli: Beatrice, Dick e Alfredo.
Mariangiola Murillo compare all’inizio del primo capitolo ed è ricordata alla fine del riepilogo; è la popolana morente dei bassi di Napoli.
Giovannina, figlia di Mariangiola Murillo; di lei si prende cura Beatrice Splight.

LA TRAMA
Questo romanzo costituisce il seguito della Cieca di Sorrento. I personaggi principali si trovano già chiaramente definiti all’inizio. Si narrano due storie parallele, quella di Carolina Franconi, amica del cuore di Beatrice Rionero, la defunta cieca (risanata) di Sorrento, e quella di Gaetano pisani, il medico che la sposò dopo averla guarita. Le due storie si intrecciano, si uniscono, e infine terminano con il matrimonio di Gaetano e Carolina.

Alla morte di Beatrice, Gaetano (ovvero Oliviero Blackman, come è infatti a tutti noto) e il marchese Rionero vanno in America, del nord e del sud, animati da spirito filantropico. Il dottor Blackman cura gli ammalati, mentre il marchese Rionero spende gran parte del suo capitale per la liberazione di numerosi schiavi. Al loro ritorno a Napoli trovano la cara amica di Beatrice, Carolia,  che è diventata la contessa di Montés, vedova, bellissima, e apprezzatissima nei salotti mondani.

Carolina è innamorata di Gaetano (verso il quale, si deve notare, la spinse sul letto di morte l’amica Beatrice) e Gaetano è innamorato di lei, ma nessuno dei due si rivela. Nel frattempo un ufficiale della marina inglese chiede la mano di Carolina. Il giovane è Riccardo Splight, fratello di Beatrice Splight, protetta di Carolina e Gaetano. Carolina rifiuta. Riccardo si suicida.

Si parla di jettatura, originariamente del conte di Montés, da lui passata alla moglie. Il marchese di Rionero muore. Carolina sposa Gaetano. Morirà anche lui, otto anni dopo.

COMMENTI
Il romanzo è piuttosto animato, pur nella semplicità della trama, e presenta un alto coefficiente, se così si può dire, di intrattenimento.
Mastriani cattura l’interesse del lettore proponendo temi “attuali” quali l’abolizione della schiavitù in America e il riconoscimento della pari dignità dell’uomo in ogni parte del mondo.
Il romanzo è del ’69, anno del primo volume dei Misteri di Napoli. L’anno prima, 1868, erano uscite Le ombre.
Si diceva sopra di temi attuali. Un altro tema, di perenne attualità a Napoli, qui estesamente discusso, è la jettatura. Il narratore dichiara di crederci.
Credere nella jettatura non è da retrogrado per Mastriani, ma da uomo modernissimo, che intuisce, anche senza conoscerli, i misteri del magnetismo animale. Temi e discussioni del genere (come su spiritismo ed elettricità) sono vistosamente presenti in molte opere di Mastriani.




Viaggiare. Dentro. Fuori.
Dolci Presenze del Viandante seguono l'Ombra in questo Silenzio popolato di Assenza.


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mercoledì 21 aprile 2010

LA TONNARA DI BIVONA: LO SCEMPIO TRA FINANZIAMENTI E SPOT ELETTORALI!

Siamo rimasti sorpresi, qualche settimana fa, a vedere delle scene riprese all'interno della Tonnara di Bivona per uno spot elettorale. Sorpresi perchè i protagonisti dello spot risultavano essere proprio coloro che non ti aspettavi ... che hanno denunciato l'uso elettoralistico della Tonnara ... agli altri!

Stiamo cercando la copia del videospot, trasmesso da ReteKalabria nelle settimane scorse, così da poterlo apprezzare assieme a tutti voi ... come esempio virtuoso, concreto e coerente dell'impegno che si pratica nella politica vibonese.

Finora non siamo riusciti a recupere il videospotelettorale, percui estendiamo anche a voi la richiesta di un aiuto in tal senso. Era uno degli ultimi trasmessi del candidato a sindaco di sinistra.

L'occasione ci ha convinti della necessità di fare il punto della situazione legata al restauro dell'importante manufatto d'archeologia industrale di cui gode il nostro territorio ... situazione forse nota soltanto a coloro che ne hanno impedito la distruzione e che oggi s'indignano per l'ingiustificabile degrado. E' dunque giusto che tali informazioni siano patrimonio di tutti.

Badate che il suo recupero non è mai stato un problema di soldi!

E' dal 1989 che la Tonnara riceve finanziamenti per essere recuperata come sede del Museo della Civiltà del Mare!
Alle due tranche di 300 milioni (di lire!) ciascuna spesi della Soprintendenza di Cosenza per impedirne il crollo dei solai e del tetto (intervento eseguito dopo essere riusciti a farla Vincolare come Bene Storico)nei primi anni '90, si sono andati ad aggiungere altri finanziamenti:
uno di 850 mila euro erogato della Regione 2001/2003 ed eseguito dal Nucleo Industriale, ed un altro di 1 milione di euro, sempre della Regione ma con fondi POR, anni 2004/2005, eseguito recentemente dal Comune di Vibo Valentia.
A questi finanziamenti và ad aggiungersi il recente finanziamento ottenuto dal Comune, sempre dalla Regione Calabria, di 135 mila euro (seppur ne erano stati annunciati disinteressatamente alla stampa 350), ancora in attesa di destinazione.

La somma complessiva è facile a farsi:
si sfiorano i 2 milioni e mezzo di euro!
Dopo questi conti ... è facile per chiunque indignarsi come noi!
Le condizioni in cui si trova oggi la Tonnara ed i suoi barconi possono essere queste?
Dopo così tanti soldi pubblici erogati ... avreste mai immaginato versasse in tali condizioni?
E così, mentre si perpetua - quasi recitando a memoria lo stesso idiota copione - l'infruttuoso conflitto tra chi ne propone un uso chiaro, collettivo, ed efficace nel promuovere le risorse del territorio, e chi ne contrappone un altro (?) ... mentre nessun amministratore decide il da farsi, per non correre il rischio di scegliere ...
La Tonnara è attualmente nelle condizioni che documentano queste foto!
Ma non basterebbe adibirla leggittimamente all'uso per la quale ha ottenuto quasi 2 milioni e mezzo di finanziamento?
Ci si domanda se è possibile assistere impotenti a questo scempio quotidiano di uno dei patrimoni più importanti della nostra comunità ... ed a chi giova!
Presso chi è possibile trovar traccia di un barlume di ragione e di responsabilità?

ITALIA. CALABRIA. TRADIZIONE E PRODUZIONE. MARE. PESCA. TONNO. TONNARA DI BIVONA.

11.5.16 16.9.15
Manifesto delle Giornate Europee del Patrimonio 2015
curato dalla Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Calabria
“In continuità con la tradizione, anche quest’anno la Soprintendenza Belle arti e paesaggio della Calabria partecipa all’appuntamento delle Giornate Europee del Patrimonio, organizzate dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nei giorni 19 e 20 settembre 2015 per riaffermare il ruolo centrale della cultura nelle dinamiche della società italiana. Ad attrarre l’interesse del pubblico e degli studiosi saranno quattro appuntamenti, che hanno lo scopo non solo di far conoscere l’attività di tutela che la Soprintendenza svolge quotidianamente, ma soprattutto di promuovere il ricco patrimonio esistente sul territorio di competenza.
Per l’occasione due eventi programmati tratteranno il tema “La filiera del cibo sul territorio calabrese”: la ricerca di risorse alimentari, le testimonianze architettoniche che segnano il territorio, le ricadute sulle tradizioni popolari” afferma in una nota il soprintendente Arch. Margherita Eichberg.
“Il primo prevede la presentazione e visita guidata della Tonnara di Bivona (VV), programmata per sabato 19 settembre dalle ore 10:00 alle 18:00. I centri costieri del Vibonese, come attestano le fonti documentarie già a partire dal secolo XI, vantano una notevole tradizione nella pesca del tonno. Nel secolo XVI la tonnara di Bivona – prosegue- diventa di proprietà dei Pignatelli, e fino ai primi dell’800 la pesca del tonno rimane prerogativa dei nobili, mentre con l’invasione francese le tonnare vengono confiscate e vendute a due notabili locali: Gagliardi e De Carolis. I paesi del circondario, provvisti di bravi e valenti artigiani, hanno saputo sfruttare adeguatamente, nel rispetto della natura, le risorse del territorio: sale, olio e ghiaccio per la conservazione, canapa e fibre vegetali per reti e cordame, legno per barche e attrezzi marinari. L’evoluzione industriale e le innovazioni tecnologiche hanno modificato radicalmente i sistemi di pesca provocando il lento declino delle tonnare. Questi manufatti -aggiunge- oggi abbandonati e in attesa di valorizzazione, per la loro notevole valenza storica sono a pieno titolo i simboli del contesto ambientale e paesaggistico in cui sono inseriti.
L’altro evento collegato al tema “La filiera del cibo sul territorio calabrese” è la presentazione e visita guidata dei Mulini della Vallata del Gallico (RC), prevista per domenica 20 settembre 2015 dalle ore 10,00 alle ore 18,00. Gli innumerevoli corsi d’acqua sul territorio calabrese hanno permesso la diffusione di numerosi mulini a energia idraulica, per lungo tempo punti di riferimento per l’economia locale. Dai secoli XVI-XVII i Ruffo di Calabria arricchirono il loro feudo di acquedotti e mulini per soddisfare il fabbisogno di farina dei sudditi: a Scrofi, Corica, Fabio e S. Stefano furono costruiti ex novo o restaurati numerosi impianti. I feudatari e il clero detenevano il monopolio sia sulle acque che servivano ad alimentare i mulini sia sulla costruzione degli stessi. La popolazione era costretta al pagamento di gravose tasse fino alla venuta, all’inizio del XIX secolo, di Napoleone, che abolì il regime feudale e i suoi privilegi, favorendo l’edificazione di mulini privati che utilizzavano gratuitamente l’acqua pubblica. L’uso dell’energia elettrica -ribadisce- li mandò rapidamente in disuso e oggi, inseriti in un contesto paesaggistico di grande suggestione alle pendici dell’Aspromonte, rappresentano un’importante testimonianza di archeologia industriale.  Sabato 19 settembre dalle ore 8:00 alle 20:00, è stata programmata la presentazione e visita guidata del Parco delle Vergini di S. Chiara e della Cattolica di Stilo (RC), a conclusione dei lavori di rimessa in luce dei ruderi del convento e del nuovo percorso di accesso alla chiesetta bizantina. In ultimo, il quarto appuntamento, denominato “La bellezza e il degrado. Restauri problematici”, fissato per sabato 19 settembre 2015 dalle ore 20:00 alle 24:00, prevede l’apertura straordinaria del Laboratorio di restauro di S. Francesco d’Assisi a Cosenza e la visita guidata dei ruderi del monastero benedettino di Sancta Maria Ancillarum Dei, attigui al complesso monumentale. I tecnici della Soprintendenza Architettonica descriveranno la cosiddetta “basilichetta” recentemente “riemersa” e consolidata, mentre i restauratori del laboratorio esporranno le problematiche di un intervento in corso su un dipinto su tavola di ignoto maestro napoletano del sec. XV: un “restauro problematico” a porte aperte, di cui verranno illustrate con l’ausilio di foto e filmati le indagini scientifiche, le metodologie e le tecniche da adottare. Sono appuntamenti con la storia e la memoria locale da non perdere”, conclude.


16 settembre 2015



3.9.15
Risposta scritta all'interrogazione n. 4-02923
della Deputata Dalila Nesci.
Vibo Valentia. Tonnara di Bivona.
Comunicato Stampa Mibact

"Si riscontra l’atto di sindacato ispettivo n. 4-02923, con il quale l’Onorevole interrogante, premesso che il complesso denominato “Tonnara di Bivona”, di proprietà demaniale, riveste interesse storico e ha fruito di una serie di finanziamenti pubblici ai fini del recupero e uso museale, e che risulta essere stato adibito dal comune di Vibo Valentia per usi diversi da quelli previsti nell’ambito dei finanziamenti erogati, chiede di sapere: sulla base di quale norma il Comune utilizzi discrezionalmente l’immobile; se risultino provvedimenti di concessione d’uso o pareri autorizzativi adottati dall’amministrazione MiBACT; quali verifiche tale amministrazione possa promuovere e quali misure intenda adottare affinché il bene sia restituito alla sua funzione. 
Al riguardo, si comunica quanto segue. L’immobile denominato “Tonnara di Bivona” appartiene al demanio pubblico dello Stato – Ramo Marina Mercantile; è stato riconosciuto di particolare interesse culturale con decreto di questo Ministero adottato in data 6 dicembre 1991 e rientra tra i beni sottoposti alle disposizioni del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” (di seguito Codice). Pertanto, il bene non può essere distrutto, deteriorato, danneggiato, adibito a usi non compatibili il con suo carattere culturale oppure tali da recare pregiudizio alla sua conservazione. Eventuali interventi, di qualsiasi natura, devono essere preventivamente autorizzati dai competente uffici del Ministero, così come è soggetta ad autorizzazione (art. 57-bis del Codice) ogni dismissione, valorizzazione o utilizzazione, anche a fini economici, attuata, rispettivamente, mediante l’alienazione ovvero la concessione in uso o in locazione dell’immobile. 
Nel corso di un sopralluogo effettuato lo scorso 12 dicembre 2014, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Reggio Calabria e Vibo Valentia (ora soprintendenza Belle arti e paesaggio della Calabria) ha accertato le condizioni di conservazione del bene, rilevando una situazione di degrado e di abbandono che compromette e inficia i lavori eseguiti con i finanziamenti precedenti, determinando, inoltre, un grave depauperamento del patrimonio storico artistico. Pertanto, la Soprintendenza, atteso che l’immobile risulta sottoposto alle disposizioni di tutela del Codice e che vige per i proprietari l’obbligo di garantirne la conservazione (articolo 30, comma 3 del Codice citato), con nota n. 354 del 22 gennaio scorso, indirizzata all’Agenzia del Demanio–Direzione regionale Calabria e al comune di Vibo Valentia, ha invitato a “realizzare i presidi necessari a scongiurare il progredire del degrado della struttura”, concordando preventivamente con la Soprintendenza modalità e tempi. Ha invitato, altresì, a provvedere al tamponamento provvisorio delle aperture e dei varchi “che attualmente consentono l’introduzione abusiva di estranei nell’edificio e negli spazi di pertinenza esponendoli ad atti vandalici”. La Soprintendenza, pertanto, rammentato che i finanziamenti erogati erano finalizzati alla valorizzazione e alla fruizione del bene, ha richiesto all’Agenzia del Demanio di far conoscere i provvedimenti che, di concerto con il Comune, si intende intraprendere. Con riguardo al pregresso, gli uffici periferici dell’Amministrazione hanno comunicato che. ai loro atti, risulta quanto segue. Sin dal 2005 la allora Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Calabria, con nota n. 1564/M del 19 dicembre 2005, indirizzata al comune di Vibo Valentia, aveva espresso parere favorevole, con prescrizioni, alla realizzazione delle opere relative a “POR Calabria 2000-2006. Programma di sviluppo urbano. Asse V Città. Museo del Mare. Centro di Archeologia Marina”. Il 9 dicembre 2011, con la nota n. 3361, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Reggio Calabria e Vibo Valentia, a seguito di segnalazione inviata da “ufficio Stampa comune di Porto Santavenere”, ricordate le norme a tutela dell’immobile (in particolare gli articoli 21 e 22 e 57-bis del Codice, chiedeva al Comune di inviare, con urgenza, il progetto tecnico, il capitolato di gara e il piano di gestione per il recupero museale della Tonnara, al fine di poter esprimere le proprie determinazioni di competenza. Riscontrando la richiesta della Soprintendenza, con nota n. 5865 del 3 febbraio 2012, il Comune - premesso che non rientrava nelle intenzioni dell’amministrazione comunale modificare la destinazione finale della Tonnara - rispondeva che: il complesso immobiliare era stato oggetto di vari interventi di ristrutturazione per il suo completamento; gli eventi alluvionali che avevano colpito la città, avevano, in parte, compromesso il completamento dell’immobile, tanto da richiedere un ulteriore finanziamento per procedere al recupero totale dell’intero complesso; nelle more del riutilizzo del complesso architettonico, atteso che la palazzina e i locali destinati ad auditorium risultavano completati, l’amministrazione comunale aveva “pensato bene di attuare una politica di presidio e vigilanza dei locali ultimati, al fine di preservarli da eventuali atti vandalici”, per cui aveva dato indirizzo al dirigente del settore Polizia Municipale di “dar luogo ad un servizio di vigilanza dell’immobile, mediante l’istituzione di un distaccamento della polizia municipale, in locali posti al primo piano dell’immobile e aveva concesso, su richiesta di una associazione onlus, “in via del tutto temporale e sino al 31.3.2012, l’uso dei locali destinati ad auditorium al fine di realizzare iniziative di carattere culturale e sociale”. Il Comune precisava, anche, che “il succitato utilizzo non comporta alcun intervento di modifica né dei locali e né sull’immobile stesso e che, quindi, nessun lavoro è stato autorizzato” e che, infine, “Per quanto attiene poi all’autorizzazione (art. 57-bis …), essendo stata fatta l’occupazione solo per i succitati motivi di presidio e vigilanza, quale deterrente ad eventuali atti di vandalizzazione dell’immobile, ed in via del tutto temporanea, non si era ritenuto di chiedere preventiva autorizzazione”. Successivamente il Comune con nota n. 3027 del 22 febbraio 2012, inviata anche alla Soprintendenza e alla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici di questo Ministero, chiedeva all'Agenzia del Demanio-Filiale di Catanzaro, il trasferimento all’amministrazione comunale stessa dell’intero complesso La Tonnara di Bivona, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, recante “Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42”, rientrando il complesso immobiliare in questione “nelle strategie e obiettivi di valorizzazione di questa Amministrazione, con un utilizzo a polo museale della civiltà del mare della Calabria e sede del Parco Marino Regionale fondali di Capocozzo-S. Irene-Vibo Marina-Pizzo-Capo Vaticano-Tropea.” Nelle more e/o in subordine del trasferimento e del completamento dell’immobile, chiedeva di poter utilizzare le parti già finite, ad uso gratuito, quale sede del succitato parco regionale marino e per attività artistiche-culturali, avvalendosi della collaborazione dell’associazione non profit “Insieme per Bivona Onlus” (non disponendo di personale proprio), per curare l’apertura, la chiusura e la pulizia dei locali destinati ad auditorium e fornire assistenza alle manifestazioni organizzate e autorizzate dall’amministrazione comunale. Informava, infine, dell’indirizzo dato al dirigente del settore Polizia municipale di provvedere alla vigilanza del complesso mediante distaccamento posto nell’immobile stesso. A tale richiesta l’Agenzia del Demanio-Filiale Calabria rispondeva in data 7 marzo 2012, con nota n. 3587, che le richieste del Comune non potevano essere accolte in quanto “l'immobile in questione, appartenendo al Demanio pubblico dello Stato - Ramo Marina Mercantile, è escluso dal trasferimento ai sensi dell'art.5 del decreto legislativo n.85/2010 atteso che tale tipologia di beni non può essere oggetto di tavolo tecnico operativo”; per la sua natura di res extra commercium, l’attribuzione in godimento dell’immobile può avvenire soltanto “nella forma della concessione a titolo oneroso”; che le concessioni amministrative sono “provvedimenti intuitu personae. nel senso che esse ineriscono alla persona del beneficiario che non può farne, quindi, liberamente oggetto di cessione a terzi”. Pertanto, invitava il Comune, in qualità di Ente gestore del demanio marittimo, ad adottare gli opportuni adempimenti di competenza finalizzati ad una proficua messa a reddito del bene e ciò al fine di scongiurare che si possa configurare la sussistenza di danno erariale ovvero di illecito arricchimento dì soggetti privati. 
 

Delibera di Giunta dell'ottobre 2011 con la quale si rinnova la concessione in uso della Tonnara, facendo riferimento a date e deliberazione precedenti, comprensivo di pareri positivi di regolarità tecnica e amministrativa/contabile.


In relazione, infine, agli interventi da eseguire sull’immobile, la Soprintendenza, con nota n. 4866 del 21 settembre 2012 ha espresso parere favorevole, con prescrizioni, al “Progetto definitivo e esecutivo Museo del mare e tonnara loc. “Bivona”. Legge regionale n. 24/87 art. 13 comma 1 e L.R. n. 19/2009 e art. 5 comma 7 L.R. n. 8/2010 – Decreto D.G. n. 2979 del 15/03/2010”. Alla stessa Soprintendenza, però, risulta che, a causa della perdita del finanziamento di 1.304.000 euro ottenuto dal Comune in base al POR, non siano mai iniziati i lavori di restauro dalla stessa autorizzati, pur non addivenendo a nessun accordo con il Comune per un piano di gestione della Tonnara di proprietà statale, accordo che si rende necessario in quanto l’immobile non può essere oggetto di trasferimento dallo Stato all’amministrazione comunale. 
Questo Ministero auspica che l’attenzione verso la Tonnara si concretizzi in azioni efficaci al mantenimento e alla fruizione dell’opera, in quanto la stessa assume valori storico-culturali rilevanti non solo per quanto riguarda il patrimonio storico-architettonico ma anche sotto il profilo demo antropologico. Il mantenimento di tali valori assume particolare rilevanza per il riconoscimento dei caratteri identitari che potrebbero essere assunti come strumento per uno sviluppo socio culturale del territorio. Con la recente riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sono stati istituiti il Polo museale della Calabria e il Segretariato regionale del Ministero per la Calabria. Al Polo è stato affidato il compito, tra gli altri, di promuovere un sistema museale regionale integrato; al Segretariato, anche quello di valorizzazione e promozione turistica degli itinerari culturali e di eccellenza paesaggistica e delle iniziative finalizzate a promuovere la conoscenza delle identità territoriali e delle radici culturali delle comunità locali. Gli uffici di questa Amministrazione, nell’ambito delle proprie competenze, sono disponibili, pertanto, a collaborare, nelle forme istituzionali previste dal Codice e dalla vigente normativa, con gli enti interessati alla valorizzazione della Tonnara di Bivona, anche ai fini dell’inserimento di ogni futura iniziativa e attività in una più generale e coordinata pianificazione e organizzazione."


La redazione di questo blog si riserva di esprimere un più approfondito parere su tale atto nei prossimi giorni.
Si mette in risalto però come la bontà della nostra ormai quinquennale denuncia e protesta è confermata in pieno da quest'atto ministeriale, riscontrandosi la prassi illegittima del Comune (nel non aver richiesto preventivi pareri al Demanio o alla Soprintendenza, tra l'altro senza possedere alcun titolo concessorio sull'immobile). Nell'atto infatti si rileva come il Comune richieda al Demanio parere sull'uso della Tonnara solo nel febbraio 2012, quasi un anno dopo averla concessa in uso ad una associazione locale o a se stesso come sede dei temporanea dei Vigili Urbani. 


3.6.15
Concluse le operazioni di spoglio proviamo a disegnare una provvisoria composizione del prossimo consiglio comunale. 
La maggioranza che sosterrà il neosindsaco Elio Costa spettano 20 seggi sui 32 totali del Consiglio; 10 alla coalizione sconfitta guidata da Antonio Lo Schiavo, a cui toccherà un ulteriore seggio. L'ultimo seggio che rimane, infine, secondo quanto riporta il sito web del Viminale dovrebbe andare a Cesare Pasqua, candidato a sindaco per la lista "Territori e libertà". Restano fuori dal consiglio comunale Tonino D'Agostino ("Cambiamo Vibo") e Franco Bevilacqua (Fratelli d'Italia), sonoramente punito dagli elettori per gli ultimi 5 anni di amministrazione.  
Ecco i seggi che ipotiziamo saranno assegnati: 

COALIZIONE COSTA
"La città che vorrei": 
Giuseppe Policaro, Raimondo Bellantoni, Giuseppe Roberto Muratore, Elisa Fatelli, Maria Rosaria La Grotta;
"Liberali per Vibo": 
Lorenzo Lombardo, Filippo Lo Schiavo, Claudia Sarlo, Rossana Falduto.
"Vibo unica": 
Stefano Luciano, Angelo Palamara, Lorenza Stefania Scrugli, Claudia Gioia.
"Liberamente": 
Carmela Valia, Rosanna De Lorenzo, Ivan Servelli.
"Alleanza per Vibo": 
Alfredo Antonio Lo Bianco, Domenico Console.
"Vibo Valentia popolare": 
Vincenzo de Filippis, Gregorio Polistena.

COALIZIONE LO SCHIAVO
"Partito democratico": 
Stefania Ursida in Fusca, Giuseppe Cutrullà, Maria Fiorillo, Giovanni Russo.
"Lo Schiavo sindaco": 
Loredana Patrizia Caterina Pilegi, Antonino Roschetti, Sabatino Falduto, Pasquale Contartese o Giuseppe Romano.
"Democratici": Giancarlo Giannini, Antonia Massaria.

Di seguito i voti di preferenze dei singoli candidati:






(siti web fonte dati: ww.21righe.it e www.corrieredellacalabria.it)

29.5.15
Il Dirigente Nesci e l'Assessore Donato illustrano lo stato delle pratiche
documentali relative alla tonnara.
Essendo la difesa e la valorizzazione della Tonnara di Bivona un nostro impegno serio e costante, abbiamo deciso di sottrarla dalle strumentalizzazioni elettorali, evitando di pubblicare novità sulla sua paradossale vicenda per tutto il periodo delle elezioni.
Ad onor di cronaca però non possiamo evitare di informare brevemente sull'incontro di "studio sulla Tonnara", indetto dal Comune e svoltosi nella sede comunale, largamente disertato da enti ed associazioni, che si è concluso con questi esiti:

1) Il comune non ha mai richiesto concessione d'uso perchè il suo costo annuale si attesterebbe intorno le 5.000 euro l'anno;

2) Gli arredi e le attrezzature acquistati per il Museo sono custoditi nei depositi comunali; 

3) E' in corso di elaborazione una proposta d'uso, denominato  "ACCORDO DI RETE PER LO SVILUPPO  DEL CENTRO CULTURALE E DI AGGREGAZIONE “La Tonnara di Bivona”", con l’Istituto Comprensivo “Amerigo Vespucci” di Vibo Marina come capofila della rete, il Liceo  Scientifico “G. Berto”  Vibo Valentia, la Consulta Economica Portuale Santa Venere Vibo Marina, il Sistema Bibliotecario Vibo Valentia, la Pro Loco Vibo Marina e gli Scout 1 Vibo Marina.
L'art. 1 dell'accordo recita: "L’accordo, senza fini  di lucro, ha lo scopo di creare un circuito tra i cittadini, le scuole, i circoli culturali, gli enti pubblici e privati, e a  quanti a livello locale o nazionale desiderano conoscere e preservare i tratti essenziali della nostra storia ed in particolare delle tonnare e delle loro strutture, un tempo fonte di lavoro e vita per tanti calabresi. L’accordo di rete mira ad essere un impegno “in prima persona” per contrastare  il fenomeno della dispersione scolastica e mira a creare opportunità lavorative, per quei giovani che grazie alla riscoperta di antichi mestieri (maestro d’ascia, tecnica di pesca e conserva alimentare), e alla promozione di attività di ricerca e sperimentazione (studio dei fondali e analisi delle acque) possano  fare della “passione” un lavoro . L’accordo si prefigge di  recuperare   il  Complesso  architettonico della Tonnara di Bivona, affinché possa rappresentare  un forte  richiamo culturale  e dare un impulso notevole al  rilancio turistico della zona. I Soggetti Pubblici e Privati coinvolti nell’accordo, grazie agli spazi logistici presenti nella struttura della tonnara ,ognuno per il settore di competenza, organizzeranno attività laboratoriali ed eventi culturali. Gli spazi della tonnara potranno essere utilizzati, senza scopo di lucro , da altri Istituti scolastici  e ad associazioni culturali operanti sul territorio locale e non."

4) Nel caso "l'accordo di rete" formulerà una proposta d'uso e valorizzazione, il comune potrebbe farsi carico del costo concessorio, per sostenerne la realizzazione. 

Vi terremo informati. 


18.4.15
E così ... il Comune di Vibo Valentia si fa promotore di una "Conferenza di studio" per "elaborare tutte quelle idee e proposte sinergiche volte ad assicurare la gestione e la fruizione di un patrimonio storico di notevole importanza, quale è la Tonnara".
Si, è proprio così. In tre cartelle, per la gran parte occupate dagli enti ed associazioni in indirizzo, il Dirigente Nesci e l'Assessore Donato, invitano a partecipare il 30.04.2015, alle ore 9,30, presso la Sala Consiliare del Palazzo Comunale invitano:


Agenzia del Demanio, Direzione Regionale per la Calabria;
Regione Calabria, Assessore alla cultura
Regione Calabria Settore Beni Culturali
Regione Calabria, Dipartimento 8, Servizio Demanio
Soprintendenza per i Beni Culturali
Soprintendenza per i Beni Archeologici
 Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici
Capitaneria di Porto di Vibo Valentia Marina
Prefettura di Vibo Valentia
Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia
Camera di Commercio di Vibo Valentia
Ass. Tur. Pro Loco Vibo Valentia Marina
Lega Navale Italiana Vibo Valentia Marina
Azienda Speciale per il Porto
Parco Marino Regionale Fondali di Capocozzo . .. .
Confindustria Vibo Valentia
Confcommercio Vibo Valentia
Confcooperative Vibo Valentia
Consulta Economico Portuale Santa Venere
Sistema Bibliotecario Vibonese
Italia Nostra Onlus
Fondazione "Federica per la vita Onlus"
Associazione "Facciamo Rumore"
Scuola Media Statale Amerigo Vespucci
Parrocchia San Giuseppe Lavoratore, Bivona.




Questo il contenuto breve, ma interessante, con cui sensibilizza gli enti e le associazioni a partecipare all'incontro di studio:
"Nella frazione di Bivona del comune di Vibo valentia e' presente il complesso architettonico della tonnara di Bivona, composto da una palazzina gentilizia a due piani, dai magazzini del sale e dei galleggianti, dalla cappella e dall'edificio adibito ad appartamento del rais.
La struttura più originale ed unica e' sicuramente costituita dalla Loggia, magazzino adibito alla custodia dei barconi, delle reti e ad una prima lavorazione del pescato. Rappresenta senza alcun dubbio l'esempio più importante di archeologia industriale, legata alla pesca esistente oggi in Calabria, un vero gioiello monumentale, d'interesse nazionale e ricco di potenzialità turistico e culturali tali da poter fare accrescere illustro della nostra regione.
Il Comune di Vibo con l'ausilio di privati ha attuato un piccolo intervento, mettendo al riparo il barcone "caterina" all'interno della loggia. Nonostante questo ed altri lavori di recupero conservativo e riqualificazione funzionale, appare utile evidenziare che l'attuale stato di mancato utilizzo può, nel tempo, determinare un abbandono progressivo. Per tale motivo è interesse e volontà della scrivente Amministrazione, con l'ausilio degli Enti e/o Associazioni cui la presente è indirizzata, elaborare tutte quelle idee e proposte sinergiche volte ad assicurare la gestione e la fruizione di un patrimonio storico di notevole importanza, quale è la Tonnara.
A tal fine tutti gli Enti e/o Associazioni sono invitati a partecipare alla conferenza di studio che si terrà il giorno ..." già scritto sopra.
Parteciperemo ovviamente all'incontro, seppur tardivo e privo di alcun accenno a quanto "egregiamente" fatto da questa amministrazione. Non passa inosservata però l'assenza, tra gli invitati all'incontro studio, dell'associazione con cui l'ente aveva reiterato per ben due volte una determina di concessione e valorizzazione proprio della stesso immobile "esempio più importante di archeologia industriale, legata alla pesca esistente oggi in Calabria, un vero gioiello monumentale, d'interesse nazionale e ricco di potenzialità turistico e culturali tali da poter fare accrescere il lustro della nostra regione."
Un maldestro tentativo di nascondere le responsabilità di questi ultimi 5 anni di orrori.
Noi non mancheremo, anzi estenderemo l'invito ad altri organismi dello stato, enti ed associazioni regionali, convinti che mai come questa volta sarà importante valutare le parole, i presenti e gli assenti. 

7.4.15
Il Quotidiano del Sud dell'8 aprile 2015
E' in questo titolo che riassumiamo il senso del comunicato stampa diramato dalla Deputata M5s Dalila Nesci, immediatamente dopo l'articolo apparso sulle colonne de Il Quotidiano del Sud di oggi.
«Lo Stato dica al più presto quale deve essere il destino della Tonnara di Bivona, a Vibo Valentia», afferma la deputata, informando che a riguardo ha presentato un esposto, interessando la Corte dei conti e la Prefettura di Vibo Valentia affinchè  «accertino eventuali reati penali e danni all’erario».
«Lo stabile – continua la parlamentare, che a riguardo ha presentato un’interrogazione già nel dicembre 2013, ancora senza risposta dal governo – doveva diventare museo del mare, con un apposito finanziamento di ben oltre un milione di euro. Attualmente non si vede nulla e al Comune mancherebbe la concessione demaniale, prevista dalla legge. Ora, come se non bastasse, è spuntata una delibera per il pagamento di un allestimento fatturato nel 2008, ma il municipio non ha mai risposto alle richieste degli estremi concessori avanzate da  Soprintendenza e Demanio».
Conclude Nesci: «Innanzi al silenzio diffuso, la magistratura accerti eventuali responsabilità. È necessario capire in virtù di quale norma e di quale titolo il bene è stato utilizzato discrezionalmente dal comune di Vibo Valentia per usi diversi da quelli previsti nei vari finanziamenti, considerato che la struttura è stata perfino utilizzata come seggio per le primarie del Partito democratico».
Non possiamo che ringraziare la Deputata Nesci per l'attenzione con cui segue la paradossale vicenda amministrativa della Tonnara di Bivona, con interpellanze ed atti come quello odierno, che in qualche modo riportano all'attenzione della pubblica opinione e dello Stato gli esiti sorprendenti della sua mancata valorizzazione.
La ringraziamo ancorpiù per averci voluto inviare copia dell'esposto inviato alla Procura ed alla Corte dei Conti, che provvediamo a pubblicare integralmente sulle nostre pagine, per lo stesso scrupolo informativo con cui seguiamo il caso. 
Per quanti volessero avere contezza solo da oggi della situazione ormai decennale che ha inferto ferite mortali alla struttura ed alle risorse male utilizzate per la sua mancata valorizzazione,  basterà seguire a ritroso i nostri scritti, le nostre denunce ed i documenti riferiti. Nel caso in cui la magistratura intenderà audirci, dichiariamo sin d'ora la nostra più totale disponibilità. Come sempre.



E così ... la paradossale vicenda che da anni ormai poniamo all'attenzione del mondo intellettuale, sociale e politico della nostra regione, in questo umile ed umido blog ...  riconquista la prima pagina delle notizie vibonesi, scalzando di posto i pentimenti di ndrina e le affrontate pasquali.
Buon segno! Adesso ne attendiamo uno di resurrezione.

Il Quotidiano del Sud - 7 aprile 2015
link diretto per lettura: http://issuu.com/portosantavenere/docs/ilquotidiano07_aprile_2015


  
11.3.15 28.1.15

venerdì 26 marzo 2010

LA TONNARA RIVIVRA' CON IL PARCO MARINO!

In Calabria, e nella provincia vibonese poi, un blogger è stato scelto per "rianimare" un parco marino! E' certamente questo l'aspetto al quale intendo dedicare queste due righe sul web.
Ovviamente per seguire nel dettaglio la notizia vi linko ad un blogger [link a Rosso Fajettu] e ad un altro seguitissimo sito web [link a Vibomarina.eu]!

L'impegno e la passione, l'attività di studio o di denuncia, le proposte e le iniziative messe in atto da quando il blog è attivo ... sono tutte quì, visibili, scaricabili, condivisibili!
Una cosa però va sottolineata: l'esperienza da blogger insegna il valore positivo dell'informazione messa in rete! Le informazioni, i documenti, le semplici notizie locali ... messe in rete diventano patrimonio comune, col duplice vantaggio di coinvolgere nelle responsabilità quanti la rivendicano, ma ancor più ... di riportare alla responsabilità quanti la disattendono!
Non so quanto si potrà fare ... ma sono sicuro che quanto sarà fatto non potrà che essere messo in rete, per essere condiviso prima ancora di essere realizzato!
Una cosa però terrò sempre presente:
Privilegiare sempre relazioni con chi ha sogni ed obiettivi collettivi! Ne ho conosciuti molti in questi anni. Esistono e quando li incontri non hai bisogno di dire nulla perchè te li ritrovi affianco operativamente, solidali.
Una "mission sociale" esiste, seppur offuscata da molti egoismi; l'ho scoperta nelle imprese locali, negli organismi statali, nelle università, nella politica: basta riconoscerla e renderla visibile più del resto.
Chi ha tali visioni, nello svolgere i suoi compiti, và segnalato ed è con questo spirito che metto in evidenza l'impegno dell'Assessore Regionale all'Ambiente Silvio Greco, che ha condiviso con noi un sogno:
sottrarre la Tonnara di Bivona dall'evidente ed ingiustificato abbandono e farla diventare sede del Parco Marino, oltre che museo della inestimabile cultura del mare che la nostra regione possiede!
E' un impegno per il quale vale la pena di spendersi ed è per questo impegno che segnalo integralmente un comunicato stampa diramato pochi minuti fa dall'assessorato [link]:

"L’ex tonnara di Bivona sede del Parco marino vibonese.
Giunge alla stretta finale la vicenda del Parco Regionale che tutelerà le risorse marine di S. Irene, Vibo Marina, Pizzo, Capo Vaticano e Tropea. (...) L’assessore all’Ambiente Silvestro Greco, sin dal novembre scorso aveva chiesto al Comune di Vibo Valentia l’assenso alla utilizzazione dei locali della ex tonnara di Bivona, recentemente ristrutturati, per allocarvi la sede dell’Ente Parco e altre iniziative di carattere storico e culturale incentrate sull’ambiente marino e sulle attività di pesca. La stessa Giunta regionale, nel gennaio 2010 ha promosso un’intesa tra pubbliche amministrazioni per il riutilizzo dei locali dell’ ex tonnara. Oggi l’assessore Greco ha invitato il dirigente del settore pianificazione territoriale del comune di Vibo Valentia, a disporre, a norma dell’art. 38 del codice della navigazione, l’occupazione anticipata della tonnara da parte dell’Ente parco regionale, attesa l’urgenza di provvedere alla custodia e all’utilizzo dell’immobile, che, allo stato corre il rischio di deperimento e di atti vandalici. La frazione Bivona avrà quindi nuovo impulso economico e culturale."

E' grazie a questi esempi che è possibile invertire anche il destino più nero!

Antonio Montesanti

martedì 16 marzo 2010

PORTO SANTAVENERE: Le ragioni storiche per ridare alla città costiera il suo antico nome.

Il Toponimo di Santa Venera e di Porto Santa Venere
Le notizie d’archivio sull’esistenza del toponimo Santa Venera o Santa Venere lungo l’area costiera vibonese si concretizzano nel periodo compreso tra il 1444 ed il 1459, riferite alla esistente tonnara detta appunto di S. Venere. In quegli anni Alfonso d’Aragona, detto il Magnanimo, conferma la concessione del palo della tonnara a Zarletto Caracciolo di Napoli; tonnara che ritroviamo in ulteriori atti con il toponimo di Tonnara di S. Venere posseduta sempre da un membro della famiglia Caracciolo, Berardo, signore di Oppido, nel 1505.
Notizie più precise le rintracciamo a partire dal 1507, anni in cui per la prima volta il toponimo si distingue in Feudo di S. Venera, che risulta preso in possesso dal Duca di Monteleone il 23 marzo del 1507, sottraendolo al Principe di Bisignano. E’ un documento della Corte ducale di Monteleone redatto nel primi anni del 700 che ne traccia l’iter d’acquisizione:
Nel 25 Novembre 1507 il suddetto Sig(no)r Principe di Bisignano fece instrumento di vendita del suddetto feudodi Santa Venere a Fanello Mormile per mano di Notar Angelo Marziano di Napoli, e nel 26 Novembre al suddetto Sig(no)r Conte di Monteleone per mano del suddetto Notar Angelo Marziano di Napoli; nel1524 à 20 Agosto per mano di Notar Gregorio Ruffo di Napoli si è fattoinstrumento di affrancazione col Regio assenso per Magn(ifi)co Gian de Gurnara al Magn(ifi)co Berardo Capece, Procuratore del Sig(no)r D(o)n Ettore Pignatello, di annue docati 200 per capitale di docati 2000 sopra detto fondo. Nell’anno 1547per mano di Notar Afonzo Biscia di Napoli, con special privileggio della Maestà di Carlo Quinto, ottenne detto Sig(no)r D(o)n Ettore Pignatello la reintegra et inventario, nella quale per detto feudo contene, di poter nella Marina di Bivona calare la Tonnara (…)nell’anno 1562 detto Sig(no)r D(o)n Ettore Pignatello, ottenne assensoRegio di poter calare detta Tonnara qual Privileggi Reintegra inventario instrumento e Regio Assenso si conservano nel Ducal Archivio. Oggi la detta Ducal Corte affitta le rendite di detto feudo Santa Venere, consistentino le terre diolivi, trappeto, Molino, Giardino di Agrume, fronda nera, Pergoli, Arbusti frutti et ogn’altra rendita che in esso si ottiene per ogni anno candela accensa plus offerente”.
In definitiva tale documento traccia per grandi linee la storia del Feudo di Santa Venere fino all’acquisizione del Pignatelli.
Il toponimo di Santa Vennera lo ritroviamo, qualche anno più tardi, nell’appalto per la costruzione della torre di Santa Vennera o Santa Venere, gemella della Torre di S.Pietro di Bivona, costruite entrambi nel 1564 dal mastro monteleonese Giacomo Pitoya.
Negli anni che si registra un significativo mutamento nelle proprietà lungo la costa. E’ infatti dalla fine del ‘600 che appaiono nuove figure di ricchi proprietari nella storia del Feudo di S. Venere, tra cui spicca, per l’estenzione dei suoi possedimenti, il Portulano Francia, discendente della potente famiglia Di Francia di Monteleone. Il Di Francia risulta possedere in enfiteusi, una gran porzione di terreno proprio nella marina di Monteleone, terra che Corte Ducale meditava di far rientrare tra quelle comprese nel Feudo di Santa Venera, ma per le difficoltà economiche e politiche incontrate dalla seconda metà del settecento dalla famiglia Pignatelli, la totale reintegra del feudo di S. Venere non ebbe alcun esito, anzi, altri ricchi e nobili proprietari monteleonesi cominciarono ad estendere i loro possedimenti lungo il territorio costiero, secondo quanto rileviamo da un dettagliato elenco dei Possedimenti ducali nella marina di Monteleone, redatto il 18 dicembre del 1704.
In tale atto compaiono, includendo il nuovo Portulano, cioè il Reverendissimo Don Orazio di Franza e suo fratello Don Bernardo, il D(otto)r Fisico Franco PauloVita, il magnifico Cesare Lombardo, i magnifici Luigi, Domenico e Antonio Antonucci, il Reverendissimo Don Giò Battista Dilauro della Città dell’Amantea che in seguito, ed esattamente il 28 marzo 1688, vendette la sua proprietà a Don Francesco Paulo Marzano ed a cui subentrarono i figli li Magnifici Guglielmo, Domenico, Fabrizio e Nicola, il magnifico Antonio Crispo, ed infine i Reverendissimi Padri Dominicani di detta città nonché i reverendissimi Padri Scalzi Agostiniani detti della Pietà, della predetta città.
Per quanto riguarda il giardino appartenente ai Pignatelli, il prelato napoletano Giovan Battista Pacichelli, visitando Monteleone nel 1693, lo descrive coltivato di “nobili agrumi” ponendolo a poca distanza dal “picciol e ben disposto Palazzo che chiaman di Santa Venere”, presenza di un palazzo ducale nella marina di Santa Venera confermata nella relazione di una visita pastorale nella parrocchia di Longobardi effettuata a metà 700, distinguendo due cappelle esistenti nella marina, una “vicino al Castello di Bivona” e l’altra “nel Palazzo Ducale alla Marina, dedicata a S. Venera”.
Un grosso aiuto per collocare nell’area costiera il palazzo ducale, o Venera, lo fornisce la descrizione dell’area costiera effettuata, per la relazione sulla costruzione del porto, nel 1834.
In essa compare una diruta casina, nominata appunto di Santa Venere e ben distinta dall’omonima torre, collocata tra la casina Gagliardi e quella di Portolano di Francia, precisando inoltre che “alla dritta della chiesetta di S. Venere per chi da terra si rivolga la mare, osservasi una scaturigine d’acqua, ed un’altra più copiosa inoltrandosi un poco verso l’interno nell’istessa direzione, ed è da notarvi una vaschetta con una statuetta da cui linfe zampillano.” La chiesa era quindi collocata a poca distanza dalla fontana descritta dal Lenormant, sulla cui sommità era collocata la statuetta dell’Arianna dormiente, chiamata Santa Venera dagli abitanti del luogo.
Il nuovo futuro insediativo dell’area costiera di Santa Venera è segnato dal definitivo interramento ed abbandono del porto di Bivona sostituito come scalo da quello di Pizzo.
Il tratto costiero posto tra il vecchio porto vibonese e quello napitino, conosciuto allora dai marinai come Rada di Santa Venera, e compreso tra la Torre Regia di Bivona e la rupe denominata Timpa Bianca, riparato com’era dai minacciosi
venti di maestrale e di libeccio, venne dalla metà del ‘700 in poi, utilizzato dalle imbarcazioni che dovevano fare scalo nel porto di Pizzo, che al contrario era poco sicuro in caso di maltempo.
Proprio per questa naturale protezione la maggior parte delle navi usavano sostare nella rada di S. Venera in attesa del buon tempo, del permesso di sbarco, dei contatti commerciali o per attendere la fine del periodo di contumacia stabilito
dalle leggi sanitarie, quasi come naturale appendice di quell’approdo ricavato in piccola una lingua di spiaggia.
E’ il 1792 quando l’economista Giuseppe Maria Galanti, incaricato dal Sovrano di redigere una relazione sugli effetti del terremoto del 1783 nell’area vibonese, notando come il duca di Monteleone continuava ad esigere le tasse d’ancoraggio nonostante il porto antico di Bivona fosse ormai ridotto ad un semplice approdo, prese in seria considerazione l’opportunità di costruirne uno nuovo “giacchè oggidì” il vecchio porto “è sufficiente a dare ricovero ad alcuni, ma vi è bisognodi guida per entrarvi”.
Egli fece tale riflessione partendo dalle notizie del riparo offerto dalla rada di Santa Venere di ben cinque bastimenti, e richiese in tale senso un’accurata relazione al Generale Acton, il quale precisa di aver dato incarico al Regio Ingegnere Don Ermenegildo Sintes d’impegnarsi nell’ipotesi costruttiva di un nuovo porto, della quale espone di seguito i risultati più salienti:
“Egli ha ritrovato verissimo che nella marina chiamata di Santa Venere, la quale è nel golfo di Sant’Eufemia tra la città del Pizzo e quella di Monteleone, vedesiformato dalla natura un seno ben grande, garantito da un masso, ossia secca,continuato, che si estende nel mare per circa mezzo miglio in forma quasi semicircolare. Il seno che forma questo masso somministra l'idea di un magnifico e sicuro porto; imperocchè viene a difenderlo da’ venti di Ponente, di Maestro e Libeccio, e dà la sicura apertura al porto dalla parte di Tramontana. Nelle sue vicinanze non iscorrono fiumi di alcuna sorte, da’ quali si possa temere deposizioni di arena e di interramento. La profondità dell’acqua di tutto il seno è assai grande, e strabocchevole, capace di qualunque bastimento di alto bordo. La lingua di terra, ossia secca, che forma il seno, è situata poco al di sotto del pelo dell’acqua.”
Il generale precisa inoltre di averne fatto redigere una pianta, con la raffigurazione di un’idea complessiva della costruzione dei moli, che avrebbe presto sottoposto all’attenzione del Galanti, compreso un preventivo di massima, pari a 130.000 ducati, per la costruzione completa del porto, “con tutte le necessarie opere di Lanterna, ridotti d’artiglieria, magazini, e ogn’altro”.
Finchè il porto non verrà costruito la presenza del vicino porto ad alaggio di Pizzo, consentì il trasferimento degli uffici Doganali Regi ma, ancorpiù, la presenza di un nutrito corpo militare in grado di garantire sicurezza ai bastimenti che qui approdavano, per tutto il periodo napoleonico.
I testimoniali redatti in quegli anni dai padroni barca, presso i notai di Monteleone e Pizzo offrono un’inedito repertorio di storie personali, di difficoltà quotidiane, di imprevisti che, seppur rappresentando di volta in volta episodi piccoli, minimali rispetto alla storia dell’intera regione, riescono ad essere preziose testimonianze ed unite ad altrettante piccole storie offrono un contributo determinante per la storia di un territorio e del suo evolversi nel tempo.
Durante tutto il periodo napoleonico il porto di Pizzo riuscì ad affermarsi come un’importante tappa intermedia per il commercio marittimo tra Napoli e la Sicilia, protetto come era dai cannoni posti nel Castello e nella marina, lungo la rotonda piattaforma della Monacella, ma presentava lo svantaggio di essere costituito in larga parte da una piccola spiaggia e poco riparato dai venti e dai marosi, tant’è che in questi casi le imbarcazioni preferivano trasferirsi a sostare proprio lungo la rada di S. Venere.
Questa notevole quantità di bastimenti che utilizzavano la rada come rifugio, favorì in breve tempo la nascita di un piccolo villaggio. Alle case della famiglia Marzano, dei Gagliardi, del Portolano di Francia, dei Guardia Costa ecc., si affiancarono altre piccole casette di marinai e pescatori, nonché qualche taverna, e la prima descrizione in tal senso ci viene fornita dallo studioso svizzereo Charles Didier, che nel 1835 visitò l’area costiera:“...Il golfo di S. Eufemia termina come comincia, cioè con degli oliveti, tagliati quà e là da quercie e faggi, popolati da un villaggio chiamato Santa Venere. Santa, a dire il vero, un pò profana, benché bene e canonicamente riportata nel calendario romano”.
E’ il 1840 quando il commendatore Domenico Cervati, dà alle stampe la relazione del progetto definitivo “per ridurre l’ancoraggio di S(ant)a Venere presso la città del Pizzo, nel Golfo di S.a Eufemia, a sicuro ed ampio porto”.
Egli sottolinea come un porto costruito nella Rada di S. Venere verrebbe a collocarsi nella media distanza da tutte e tre le Calabrie, in quanto distante 71 miglia da Cosenza, 40 da Catanzaro, e 61 da Reggio, divendendo in breve lo sbocco ottimale dei loro ricchissimi prodotti: “troverebbesi eziando presso alle copiose pianure del golfo di S. Eufemia, facendo capo dalla marina di Nicastro alla foce dell’Angitola, e dalle terre di popolati paesi che si distendono da Monteleone sino a Rosarno. Per tali essenziali vantaggi quella postura centralepresso alla quale prolungasi la strada Regia, che radendo il ciglio della pendice su cui siede la Città del Pizzo, con breve tratto non maggiore di tre quarti di miglio, potrebbe comunicare col porto, diverrebbe l’emporio del commercio delle Calabrie, e sorgere vi si vedrebbe una numerosa popolazione d’industriosi abitanti. Né ciò è un vago e semplice concetto. Il Pizzo posto ad egual distanza delle due città più operose e commercianti delle Calabrie, Nicastro e Gioia, va di giorno in giorno accrescendo la sua importanza malgrado le condizioni in cui è. Esso già divenuto veicolo del commercio di Nicastro, il diverrebbe ancora di Gioia con la costruzione del porto di S. Venere, di cui la bocca essendo distante da quella Città per un breve ed agevole spazio di lido lungo men di un miglio e tre quarti (pal. 12000), in breve vedrebbonsi riuniti quei due luoghi in una sola città. Così il commercio delle vicine città calabre ricche e popolose avrebbe un luogo accomodatissimo al traffico ed allo scambio delle merci, e resterebbe deserto il paventoso sbarcatoio di Gioia. (…) Né qui si pretermette di far considerare, che i Reali e grandi Stabilimenti della Mongiana e di Ferdinandea, che l’un di più che l’altro vanno acquistando nuovo incremento e maggior lustro, nullameno non han ove emettere i loro abbondanti lavori di ferro, tutto che siasi costruita con grave dispendio una strada rotabile da essi alPizzo, ed altra da questa città alla marina, ove convenienti depositi sono stati pur edificati. Attualmente que’ prodotti caricansi a spilluzzico su piccoli navicelli in sulla spiaggia del Pizzo, come il punto più prossimo e più facile pei trasporti; e in cambio, formandosi il porto in S. Venere, facilmente si estrarrebbero per mezzo di grosse navi con guadagno di tempo e risparmio di spesa”.
Non trascorse molto tempo, dalla data di questo primo progetto, all’istituzione del porto di Santa Venere. La macchina burocratica messa in moto dai sovrani per la costruzione del porto di Santa Venere non subì alcun contraccolpo, tant’è che il 29 maggio del 1863 viene promulgata la legge n. 1299, che istituiva il porto di quarta classe di S. Venere e successivamente, il 25 luglio del 1864 , viene promulgato il Regio Decreto che stabiliva la ripartizione della spesa per la sua costruzione, metà a carico dello stato e l’altra metà a carico delle province calabresi.
Ma l’episodio che scatenò maggiori reazioni fu l’emanazione del Decreto Regio del 3 maggio 1885 che, classificando il porto di terza categoria, rivedeva gli enti obbligati a contribuire economicamente alla sua costruzione, includendovi anche i minicipi locali, in quote percentuali ripartite secondo le ricadute positive nei rispettivi territori.
Questo provocò una violenta reazione da parte del Consiglio Comunale del Municipio di Monteleone che l’8 luglio di quello stesso anno deliberava il ricorso al decreto per l’illeggittima ripartizione delle spese a carico dei comuni, tra i quali, non a caso, quello di Monteleone risultava il maggiore contribuente.
Argomentazioni che non trovarono nessun credito presso gli organismi statali, ed ebbero il solo effetto di escludere la città di Monteleone dall’assegnazione del Compartimento Marittimo competente alla gestione portuale che, al contrario, il 29 novembre del 1886, con la consegna al comandante Giurano Giuseppe ed all’applicato di porto di I classe Rioco Giuseppe, veniva assegnato alla XVI Capitaneria di Porto del nuovo Compartimento Marittimo di Pizzo Calabro.
Successivamente, il 7 agosto 1887 un ulteriore Regio Decreto elevava la sua classificazione alla seconda classe, serie seconda.
Con il completamento del tratto ferroviario Eccellente-Tropea-Rosarno, iniziato nel 1885 e terminato dieci anni dopo, il porto cominciò ad offrire risultati economici soddisfacenti, collegandosi con un complesso sistema viario che garantiva la distribuzione delle marci sbarcate ed imbarcate nel resto dell’intera penisola, con tempi e costi economicamente vantaggiosi. Le tante merci provenienti dalla Sicilia caricate nelle capienti stive dei piroscafi a vapore, trovavano nel porto di Santa Venere lo scalo ideale nel quale poi far proseguire, ricaricate nei vagoni della ferrovia, la loro distribuzione nelle principali città del Regno.
Ma a parte la valenza economica che man mano l’aria costiera vibonese andava acquisendo in quegli anni, l’evento in cui il porto e la nuova stazione ferroviaria di Monteleone – Porto Santa Venere si rivelarono come importanti snodi strategici nel complessivo sistema viario italiano, fu il violento terremonto che nel 1905 funestò l’intera regione calabrese. Il Porto Santa Venere divenne in quei giorni la principale area di smistamento dei soccorsi, che giunsero in Calabria esclusivamente con treni e navi a vapore, proprio perché la precarietà e la pericolosità delle strade pubbliche calabresi si rivelò allora in tutta la sua drammaticità.
Il giorno dopo giungono da Messina due torpediniere, la 127 e 128, cariche di medicinali e ghiaccio, così come dal panificio militare stessa città, vengono spediti regolarmente per alcune settimane, con due viaggi giornalieri, 2000 chilogrammi di pane.
In quella stessa sera giungono alla stazione di Porto Santa Venere un gruppo di ottanta soldati zappatori dell’87 e 88 fanteria, partiti da Bari con il treno delle 9,20, come precisa un quotidiano italiano dell’epoca.
La città di Monteleone venne immediatamente scelta dal Prefetto di Catanzaro e dal sindaco marchese di Francia quale base operativa dei soccorsi.
A Porto Santa Venere fece tappa il piroscafo della Regia Marina “Garigliano”, partito da Napoli con un carico di 1000 metri cubi di legname destinati alla costruzione di barracche, oltre a coperte, viveri, utensili ed allo stesso personale che dovrà prestar mano d’opera al lavoro di edificazione, così come il vapore “Mathias Kiraly” partito da Genova carico di 6000 coperte, 1000 materassi, 2000 cuscini, 15.000 ceste di pasta, 50 quintali di pane, una botte di vino, 30 sacchi diriso, 5 casse di caffè, 950 scatole di ferro smaltato, oltre ai rappresentanti di quel comitato che avrebbero coordinato gli interventi a favore dei terremotati.
Proprio al Comitato dei soccorsi genovese si devono gli interventi a favore degli abitanti compresi nella fascia costiera di Porto Santa Venere e Porto Salvo.
Gli anni successivi al 1910 videro aumentare gli investimenti strutturali lungo la costa vibonese, è infatti di quegli anni il primo Piano Regolatore del Porto e del Borgo, che si concretizzò con la contemporanea vendita di gran parte degli arenili posti a ridosso della struttura portuale. Il 4 ottobre 1923 venne inaugurato il tratto a scartamento ridotto delle Ferrovie Calabro Lucane che collegava il porto con le città di Pizzo, Monteleone e Mileto.
Le due linee ferrate modificarono in maniera determinante l’assetto del territorio costiero, grazie alla regimentazione dei tanti torrenti che dalla collina raggiungevano il mare ed alla realizzazione di strade in grado di collegare le due stazioni all’impianto portuale del borgo di Porto Santa Venere.
L’attuale corso Michele Bianchi, costruito nel 1938 dal Provveditore alle Opere Pubbliche Lepore, con gli avanzi della costruzione del molo foraneo, divenne la via principale della cittadina costiera, ai cui lati si affacciavano i palazzi Condò, Di Tocco, Cutullè, Tranquillo, Candela, nonchè la tonnara di S. Venere, appartenente al Cav. Adragna, che uniti alla contemporanea costruzione della chiesa, delle casermette della dogana, del genio civile, della sede staccata del compartimento marittimo, dei magazzini portuali e delle prime ma numerose attività imprenditoriali nazionali che acquisivano le aree demaniali retro portuali (Gaslini, Montecatini Edison, Saima, etc.)

Il cambio del nome: un falso storico.


E’ nel 1928 che il comune di Monteleone mutò il suo nome con quello di Vibo Valentia.
Il Regio Decreto che sancisce il nuovo nome del comune è dell’ 8 Dicembre 1927, n. 2449, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 1928 così recita:
Autorizzazione al comune di Monteleone di Calabria a mutare la propria denominazione in quella di Vibo Valentia. Vittorio Emanuele III, Per grazia di Dio e per volontà della Nazione, Sulla proposta del Capo di Governo, Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro Segretario di Stato per gli affari dell'interno; Veduta la domanda con cui il commissario prefettizio per la temporanea amministrazione del comune di Monteleone di Calabria, in esecuzione della deliberazione 23 febbraio 1927 del Consiglio comunale, ha chiesto l'autorizzazione a mutare la denominazione del Comune stesso in "Vibo Valentia"; Veduto il parere favorevole espresso dal Consiglio provinciale di Catanzaro con deliberazione 16 settembre 1927; Veduta la lettera 12 agosto 1927, n. 404485, del Ministero delle comunicazioni, Direzione generale delle poste e dei telegrafi; Abbiamo decretato e decretiamo:
Il comune di Monteleone di Calabria è autorizzato a mutare la sua denominazione in "Vibo Valentia".
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addì 8 dicembre 1927. Anno VI. Vittorio Emanuele, Mussolini.


Si è sempre dato per scontato che il cambio del nome alla città di Monteleone comportò il conseguente e contemporaneo cambio del nome del borgo marittimo, dal punto di vista giuridico amministrativo ma in realtà la lettura delle delibere dell’epoca rivela l’esatto contrario.
La lettura in particolare della delibera del Consiglio Comunale del 23 febbraio 1927, con la quale all'unanimità il consiglio propose al Re l'adozione del nome di Vibo Valentia (citata nel Regio Decreto) ripresa dall’Archivio Storico del Comune, nella quale viene trascritta integralmente la proposta avanzata dalla locale sezione dell’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra, chiarisce il senso della proposta, e riassunta nelle parole del Sindaco Scrugli, testualmente delibera:
“Fare istanza al Governo del Re perché sia autorizzata questa Città ad assumere il nome di Vibo Valenzia e Marina di Vibo Valenzia sia chiamato tutto il litorale che si estende da Porto Salvo fino al limite di Porto S. Venere”.
Dunque in delibera per nessuno dei borghi costieri è esplicitato alcun mutamento di nome, tant'è che le borgate di Porto Salvo e Porto S. Venere vengono riportate esclusivamente “limiti” geografici della “Marina di Vibo Valenzia”. Difatti la delibera comunale del '27 dichiarando senza alcun dubbio che "Marina di Vibo Valenzia sia chiamato tutto il litorale che si estende da Porto Salvo fino al limite di Porto S. Venere", esplicita un volere deliberante del consiglio tutt'altro che teso a mutare il nome al borgo portuale, così come il Regio Decreto inoltre, attenendosi al puro merito descrittivo espresso in delibera, autorizza esclusivamente il cambio del nome del comune da Monteleone di Calabria.In sintesi una nuova denominazione anche per il borgo di Porto Santa Venere:
non venne richiesta dalla locale sezione Associazione Mutilati ed Invalidi di Guerra;
non venne proposta nella sintesi della deliberazione messa ai voti;
non venne deliberata dal consiglio;
non venne decretata nel Regio Decreto dell'8 dicembre 1927.

C'è di più. Da una prima lettura delle delibere degli anni immediatamente successivi (1928-1930) non risulta alcuna deliberazione di presa d'atto del Regio Decreto, nè ancorpiù viene in quegli anni utilizzato nelle deliberazioni altro nome che Porto Santa Venere, nell'indicare il borgo marino del comune di Vibo Valentia.
Per dimostrare quanto fosse evidente in quegli anni ai più, anche amministrativamente, che con il termine “Marina di Vibo Valentia” si indicasse l’intero litorale comunale, mantenendo ben distinto il nome del borgo di S. Venere, riportiamo per intero una delibera emessa dal Podestà Scrugli (lo stesso Scrugli - badate - che da sindaco interpretò il volere del consiglio, avanzando la proposta al Re, nel 1927, per il cambio del nome in Vibo Valentia) datata 28 marzo 1931. La delibera trae spunto da un atto valoroso compiuto da un giovane balilla di 10 anni, Malerba Antonio, che salvò la vita al giovanetto Greco Vittorio, tuffatosi in “acqua senza saper nuotare”. Un episodio minimo, ma pur sempre un gesto coraggioso e solidale, da evidenziare in una comunità che in quegli anni aveva necessità di rendere “visibili” e contaminanti i gesti “eroici”.
Ma trascriviamo
la delibera per intero:
Tornata del 28 marzo 1931 a. IX - L'anno millenovecentotrentuno a IX del giorno 28 del mese di marzo in Vibo Valentia e nella residenza Municipale;
Il Podestà Sig. Dott. Cav. Scrugli Lorenzo, nominato con R.D. 23-6-930 a. VII. ssistito dal Segretario Sig. Ramondini Giuseppe.

Visto il rapporto del delegato Municipale della borgata di Porto S. Venere relativa all'azione generosa compiuta nelle acque di S. Venere dal Balilla Malerba Antonio di Camillo e Maria Riga nato a Porto S. Venere nel 1921 e dal quale di rileva che alle ore 11 del 1 giugno il Malerba si tuffava in mare tutto vestito per trarre in salvo il giovanetto Greco Vittorio di Giuseppe, il quale imprudentemente si era tuffato in acqua senza saper nuotare. Ritenuto che l'atto generoso compiuto dal Malerba, per le circostanze in cui si è svolto merita una ricompensa. Infatti il Malerba si trovò solo nel posto perchè la località poco frequentata ed ha un tra di 15 metri di mare profondo due metri
Delibera che per l'azione compiuta dal Malerba, lo stesso deve essere proposto per una ricompensa.

La data e la descrizione della delibera sono importanti sia perché risultano estremi podestarili redatti a tre anni di distanza dal cambio del nome, epoca in cui è ben consolidato l’uso, per la città collinare del nuovo nome di Vibo Valentia, sia perchè altrettanto consolidato - e contemporaneo - si rivela l'uso del toponimo S. Venere per il borgo costiero, nome che tra l’altro distingue la figura istituzionale del Delegato del Comune di Vibo Valentia come “Delegato Municipale della borgata di Porto S.Venere”.
E’ inoltre utile sottolineare che questa delibera del '31 è emessa dal Cav. Lorenzo Scrugli, in quell’anno Podestà, che proprio nel 1927 era il Sindaco di quell’amministrazione che il 23 febbraio deliberò la richiesta al Sovrano del nuovo nome di Vibo Valentia ; dunque un amministratore che tanto si spese per quella nuova dizione e che se, al di là delle carte, avesse avuto la benché certezza che quell’atto modificava anche il nome del borgo costiero, non avrebbe in alcun modo esitato di indicarne il Delegato Municipale, tre anni dopo, come Delegato Municipale di Vibo Marina.


E' opportuno ridare alla città costiera il suo antico nome.

L’escursus storico fin qui dimostra ampiamente quanto radicata fosse l’esistenza del toponimo Santa Venere nell’area costiera, ed ancorpiù quanto tale nome si legò stabilmente al progressivo consolidamento delle attività economiche legata alla pesca prima; al successivo e costante sviluppo dell’area portuale poi ed infine alla formazione del nucleo storico del suo centro urbano.
La città portuale è dunque legata indissolubilmente al porto ed al mare: lo è la sua storia, lo è la sua gente, lo è, ancora ed in parte, la sua economia.
Questo legame oggi patisce una sterile estraneità e subisce azioni che tendono a slegare la comunità con la sua storia, le sue strutture, rendendo fragili anche le relazioni tra i cittadini. E’ necessario dunque un atto che sottintenda ad una più corretta visione di comunità e di futuro, riannodando quei legami col territorio e la sua storia, oggi ancorpiù determinanti in ogni progetto di sviluppo.
Ridare alla città portuale dunque il suo antico nome di Porto Santa Venere, non rappresenta solo un fatto dall’enorme valore simbolico, che riannoda il legame tra la storia del territorio e la sua comunità (che tra l’altro ancora oggi si riconosce nel suo antico nome), è un necessario atto riparatorio rispetto ad un inspiegabile e grossolano errore amministrativo, ma ancorpiù è un atto che consentirà di rilanciare la città costiera nella sua unicità di vera città portuale, dotata di una delle infrastrutture marittime più importanti della regione ed un centro urbano che se valorizzato come borgo marittimo, si inserirebbe tra i gioielli turistici della Costa degli Dei.
Sarà dunque un atto amministrativo determinante nel sostenere i settori collegati all'economia del mare con particolare riferimento alla nautica da diporto, cantieristico e ad turismo sostenibile inserito in un sistemo sinergico "mare ed entroterra" nonché alle attività ad esso collegate, attraverso azioni strategiche di integrazione settoriale ed innovazione finalizzate a sostenere i settori collegati all'economia del mare ed a favorire lo sviluppo di del suo vero ed imprescindibile “sistema culturale” attraverso investimenti nei beni culturali legati alla tradizione marittimo/marinara.
2010 (C) Antonio Montesanti