sabato 31 luglio 2021

1594_(?)_Codice_Romano_Carratelli.

 


NEWS

Codice. Datazione. 


"Se ci si riferisce alla datazione del Codice ci sono vari elementi che ci permettono di ipotizzarla quale probabile ove attorno al 1594 / 98. 

Fra essi, i nomi dei Cavallari o le costruzioni delle torri in progetto" . 

"L'ultima patente riportata nel codice è del 1592. 
Quindi la stesura può essere solo dopo questa data.🙃" 

"La tavola del Castello di Bivona cita la spiaggia della Marina; e oltre a riportare le misure della Torre presente nella stessa tavola cita il nome del caporale (Antonio d'Avela) che è di guardia alla stessa" . 

"Subito dopo c'è la tavola della Torre Santa Venera o S. Pietro, che ha come caporale Pedro Hernandez". 
(Ileas) 


NEWS


NEWS

30 Luglio 2021.

Marina di Catanzaro come da locandina (sopra). 
Mostra Tavv. Codice Romano-Carratelli.
 
(Foto Ileas) 

Giuseppe Fausto Macrì
(Foto Ileas)

(Foto Ileas) 

(Foto Ileas) 

"Marina di Ardore"
(Foto Ileas) 

"Marina di Charerj (Il Bianco)"
(Foto Ileas)

"Bagnara"
(Foto Ileas)

Tropea
(Foto Ileas)



"Capo di li Colonne"
(Foto Ileas)




ARCHIVIO

02 Agosto 2019

UN MANOSCRITTO DI STRAORDINARIA FRESCHEZZA E BELLEZZA: ECCO IL CODICE ROMANO CARRATELLI:

FORTIFICAZIONI E TORRI DELLA COSTA CALABRESE

Rappresenta ed illustra il problema della difesa della zona costiera di Calabria Ultra attraverso la raffigurazione delle città fortificate, dei castelli, delle torri e del territorio. 

E’ il Codice Romano Carratelli, la cui realizzazione è stimata all’ultimo decennio del XVI secolo, conservato nell’omonima Biblioteca. 

L’Italia lo valorizza ulteriormente con un francobollo in circolazione dal 2 agosto 2019.

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L’Italia lo valorizza ulteriormente con un francobollo in circolazione dal 2 agosto 2019.

(TurismoItaliaNews) Un documento prezioso perché racconta con "immagini“ la 

Calabria di ieri: il manoscritto contiene infatti 99 disegni acquerellati di fattura 

pregevole a mezza pagina, la gran parte con testo illustrativo in elegante grafia 

corsiva cancelleresca dell’epoca, testo vergato con inchiostro ferro-gallo-tannico di 

color seppia con le caratteristiche storicizzate degli inchiostri in uso nella seconda 

metà del ‘500.

Un manoscritto di straordinaria freschezza e bellezza: ecco il Codice Romano Carratelli: fortificazioni e torri della costa calabrese

Un manoscritto di straordinaria freschezza e bellezza: ecco il Codice Romano Carratelli: fortificazioni e torri della costa calabrese

"La rappresentazione delle torri è corredata da note illustrative minuziose e descrittive dei luoghi, dei posti, delle distanze, delle tipologie costruttive, dei costi, dei torrieri e dei cavallari – spiega Teresa Saeli - talvolta anche accenni ai Signori del posto, a chi ne aveva ordinato la costruzione nonché ai costruttori". 

"Quindi si tratta di un documento ricco di notizie utili agli studi per i necessari riscontri documentali. In particolare vengono poi riportate le tipologie e le caratteristiche delle torri esistenti ed in costruzione individuando, altresì, i luoghi ove sarebbe stato necessario realizzare nuove torri per le quali viene redatto il progetto ed indicata la possibile spesa“.

"La carta si presenta con diversi motivi di filigrana (l’angelo e la balestra in modo particolare) e l’apposizione di iniziali". 

"Gli acquerelli sono descrittivi, eseguiti con visuale da terra a mare". 

"Sorprendente la modernità della sua esecuzione". 

"Attraverso la rappresentazione del territorio costiero e del suo stato antropico raffigurato per mezzo dei 99 acquarelli vengono visualizzate le realtà esistenti e le soluzioni possibili al fine di organizzare una strategia difensiva efficace". 

"In tale ottica vengono rappresentate anche le città fortificate ed i castelli, senza note illustrative, praticamente una rappresentazione fotografica dell’epoca". 

"Per la sua organicità e completezza e per le sue caratteristiche il Codice è un progetto di pianificazione territoriale unico in tutto il Mediterraneo dell’epoca, nella prospettiva di realizzare una difesa atta a combattere le incursioni dei corsari saraceni".


Il francobollo italiano dedicato al Codice Romano Carratelli (emissione 2019)


"Questo manoscritto è il risultato di un lavoro lungo e difficile condotto con grande professionalità, con visite in loco e riscontri documentali, come emerge dalle minuziose notizie riportate, dalla esatta rappresentazione dei luoghi e dalla toponomastica". 

"Si può ragionevolmente pensare che tale documento, riapparso dopo oltre quattrocento anni, sia rimasto ignoto in quanto copia unica e secretata dal Governo Vicereale per motivi di sicurezza. „Il Codice è la più antica iconografia organica della Calabria Ultra e fotografa una regione sconosciuta, bella ed affascinante, di un tempo di cui non avevamo se non qualche rara immagine“ chiosa Teresa Saeli".

"Il francobollo dedicato al Codice Romano Carratelli appartiene alla serie tematica “il Patrimonio artistico e culturale italiano”, con valore della tariffa B pari a 1,10 euro; la tiratura è di quattrocentomila esemplari in fogli da ventotto". 

"l bozzetto è a cura di Emanuele Bertucci e riproduce un particolare di uno degli acquarelli raffigurante alcune fortificazioni della costa calabrese". 

"Il bollettino illustrativo è affidato a Teresa Saeli".


15 Maggio 2019

"CODICE ROMANO CARRATELLI". CATANZARO. MOSTRA. COMPLESSO MONUMENTALE DEL SAN GIOVANNI. 

"Candidato nel 2013 al patrimonio UNESCO nel programma “Memoria del Mondo” per la salvaguardia del patrimonio documentale e sottoposto a vincolo dal Ministero dei Beni Culturali nel 2014, il Codice Romano-Carratelli"

"è un’eccellenza della Calabria," 

"un documento prezioso databile alla fine del Cinquecento e costituito da 99 disegni acquerellati di fattura pregevole, gran parte dei quali corredati di testo illustrativo in elegante grafia cancelleresca, 

"attraverso cui l’autore ha rappresentato il sistema difensivo costiero presente o da integrare nella Calabria Ulteriore. 

"Si tratta di torri, castelli e città fortificate che, nell’insieme, esprimono il sistema topografico e militare della costa centro-meridionale della regione secondo quello che doveva essere un più ampio progetto pensato dagli spagnoli Carlo V e Filippo II per difendere il territorio. 

"Praticamente una rappresentazione fotografica di quel periodo storico che oggi consente agli studiosi di avere un quadro più completo rispetto alle vicende geo-politiche di quest’area del Mediterraneo. 

"Siamo infatti in presenza della più antica iconografia organica della Calabria e, allo stesso tempo di un vero e proprio pezzo d’arte. 

"Il manoscritto è stato individuato e acquistato circa dieci anni fa dal noto avvocato, politico e bibliofilo vibonese Domenico Romano-Carratelli, grazie alla cui sensibilità è possibile godere della visione del Codice e conoscerne gli aspetti caratteristici. 

"Per tre mesi, fino al 4 agosto 2019, il capoluogo di regione ospiterà – all’interno del Complesso Monumentale del San Giovanni – un’esposizione dedicata a questo prezioso manoscritto cinquecentesco curata da Emanuele Bertucci".

(Mercoledì 15 Maggio 2019 10:30 di Redazione WebOggi.it)

La mostra, curata da Emanuele Bertucci, sarà inaugurata sabato 4 maggio alle ore 18.00 e prevede interventi autorevoli, oltre ai saluti istituzionali del sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, e del presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio. 

Lo stesso Carratelli introdurrà l’argomento inquadrandolo nell’ottica mediterranea; 

- l’ex ministro Alessandro Bianchi analizzerà il manoscritto sotto il profilo della pianificazione territoriale in chiave difensiva; 

- la professoressa Francesca Fatta fornirà un originale contributo immaginando un “grand tour” culturale sui luoghi del Codice; 

-l’archeologo Francesco Cuteri focalizzerà la discussione sulla Catanzaro fra Cinque e Seicento; - l’archeologa e senatrice Margherita Corrado definirà il significato delle tavole del Codice; - l’artista e architetto Marcello Sestito descriverà invece il suo personalissimo “Codice Riflesso”, - mentre il professor Giuseppe Caridi affronterà il tema della Calabria nel Mezzogiorno spagnolo; 

- il professor Caligiuri interpreterà il manoscritto dalla prospettiva della sicurezza e dell’intelligence 

- e, infine, il direttore del Museo Reale di Milano, Domenico Piraina, descriverà il Codice sotto l’aspetto più squisitamente artistico.

Un evento culturale importante che si propone di offrire e far conoscere ai visitatori non solo un capolavoro del Cinquecento ma anche spunti per approfondire elementi storici, geografici, militari e culturali di un territorio – la Calabria – posta nel cuore del Mediterraneo e perciò protagonista di vicende e relazioni fra popoli.

© copyright © CN24 Società Cooperativa


Torri e fortezze, al Complesso San Giovanni di Catanzaro il "Codice Carratelli" 

Foto di Betty Calabretta 




11 Luglio 2019




"Le insidie, un tempo, arrivavano dal mare. 

Dal “cavallo di  Troia” alle navi vichinghe, ai velieri dei conquistatori delle Americhe, diverse civiltà hanno pagato caro l’aver lasciato le proprie coste sguarnite e indifese. 

Solo aprendo lo sguardo su prospettive diacroniche ampie e concezioni estetiche appartenenti all’epoca d’oro della cultura italiana, si capisce l’immenso valore storico e storiografico di un corpus di opere originali ed uniche come quelle che compongono il “codice Romano Carratelli”.

Una raccolta di 99 acquarelli dedicati per lo più a torri, castelli e città fortificate della Calabria Ultra del Regno di Napoli, realizzati tra il 1586 e il 1595 da un esperto dell’arte fortificata su incarico verosimilmente del vicerè Juan de Zuniga, conte di Miranda. 

Attraverso la rappresentazione del territorio costiero visto da terra e via mare, vengono visualizzati, con accuratezza pittorica e raffinata eleganza cromatica, mirabili, enigmatici paesaggi dominati da costruzioni altere e austere, atte a difendere ma anche a dominare lo spazio. 

Il tutto corredato da minuziose  descrizioni in grafia cancelleresca dell’epoca, che aggiungono quel tocco documentale “vissuto” spesso assente nei dipinti realizzati per mere finalità artistiche.

Una sorta di  rappresentazione fotografica ma anche progettuale che, realizzata dopo accurati sopralluoghi, oggi consente agli studiosi di avere un quadro più completo rispetto alle vicende geo-politiche di quest’area del Mediterraneo. 

Al di là dei contenuti iconografici, infatti, il Codice disvela il sistema topografico e militare della costa centro-meridionale della Calabria secondo quello che doveva essere un ampio progetto di difesa costiera pensato dagli spagnoli Carlo V e Filippo II per presidiare il territorio dagli attacchi degli “infedeli”.

Strategica anche la cromia, con i due colori rosa e azzurro che secondo alcuni identificano da un lato l’esistente (strutture cilindriche) e dall’altro il nuovo manufatto da costruire nell’ambito di un piano difensivo incentrato su strutture  quadrangolari, con torri di sorveglianza lungo le coste e fortezze nell’entroterra.

«Non esiste, nella storiografia italiana ed europea, qualcosa di paragonabile a questo antico Codice spagnolo che descrive e illustra una Calabria mai vista  prima», sostiene Domenico Romano Carratelli, avvocato, politico, bibliofilo e appassionato collezionista di Vibo Valentia che possiede, per averlo acquistato da un antiquario veronese, il Codice del 1595 che ora ha preso il suo nome ed è catalogato appunto come Codice Romano Carratelli. 

Una “summa” di eccezionale bellezza, che spazia dalla più antica immagine di Capo Colonna, quando le colonne del Tempio di Hera Lacinia erano due, alle vedute di Tropea, Bagnara, Catona, Scilla, Crotone, Roccella Jonica, Pizzo, Parghelia e altri luoghi consegnati alla memoria nell’irripetibile stato in cui si trovavano prima degli sconvolgimenti tellurici e dei disastri naturali che hanno  trasformato e non di rado deturpato la costiera meridionale calabrese.

Un’autentica e rara eccellenza calabrese, il Codice, ancora visibile fino al 4 agosto nelle antiche sale del complesso monumentale del San Giovanni, anch’esso antica fortezza e quindi sede appropriata per la mostra inaugurata il 4 maggio scorso e visitata da istituzioni e associazioni prestigiose, non ultimo il  Circolo Catanzaro 1871 presieduto dal notaio Paola Gualtieri. 

La mostra, curata da Emanuele Bertucci, è un evento culturale di forte impatto anche didascalico,  proponendosi di offrire e far conoscere ai visitatori non solo un capolavoro del Cinquecento ma anche spunti per approfondire elementi storici, geografici, militari e culturali di una regione posta nel cuore del Mediterraneo e dunque “vocata” ad essere crocevia  di vicende e relazioni fra popoli frontalieri, portatori di un interessante miscuglio di influenze e visioni del mondo. Un mix di iconografia e arte che nonostante le molteplici interpretazioni e “letture” resta essenzialmente un affascinante mistero.

© Riproduzione riservata

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11 ottobre 2013
Giuseppe Fausto Macrì
Scoperta eccezionale. La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli
Pubblicato da: Redazione in Calabria 
La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Marina di Ardore (RC), acquerello, XVI-XVII sec. | Immagine inedita in anteprima per FDS

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Il progetto di rinforzo della Torre di Pagliapoli (RC), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

La marina di Bianco (RC), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Il progetto della Torre di Bagnara (RC), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Veduta di Tropea (VV), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Il promontorio di Capo Colonna (KR) con le 2 colonne, acquerello, XVI-XVII sec.

 
di Giuseppe Fausto Macrì

Ormai circa cinque anni fa, mentre ero sul web alla ricerca di eventuali notizie sulle torri costiere di Calabria per completare la mia monografia sulla Torre di Pagliapoli (oggi un relitto torriero, ma in realtà una delle più antiche torri costiere dell’Italia Meridionale), ad un certo punto mi imbattei in una pagina che conteneva una notizia che, letteralmente, mi fece sobbalzare sulla sedia: uno Studio Antiquario aveva infatti messo in vendita un volume contenente un centinaio di disegni di torri costiere di Calabria Ultra. Le scarne indicazioni parlavano di una datazione approssimativa al XVII secolo ed erano accompagnate dalla fotografia di una pagina del manoscritto, la quale, tra l’altro, era stata la vera responsabile del mio sobbalzo: vi si vedeva, infatti, mirabilmente dipinta, con la tecnica dell’acquerello, un tratto costiero delle mie parti – quindi, a me ben noto – accompagnato da una breve relazione nella quale l’anonimo estensore indicava nella crocetta del disegno il punto in cui suggeriva l’edificazione di una torre a difesa di quella zona, già in passato ripetutamente fatta segno di scorrerie piratesche. Inutile esaltarne la bellezza (che ognuno può ammirare nella foto 1) e l’enorme interesse che rivestiva per le prospettive del mio libro.

Attraverso un vorticoso giro di telefonate, quindi, riuscii a contattare la Casa d’aste che lo aveva battuto e, attraverso l’amica Simonetta Conti, docente di Geografia alla Seconda Università degli Studi di Napoli e grande esperta di cartografia antica, l’esperto ufficiale della stessa Casa, buon amico e collega della prof. Conti, per pregarli di chiedere a quello che poi scoprii essere l’ultimo ignoto acquirente se acconsentiva a permettermi di prendere visione del manoscritto.

Ottenuta la tanto sospirata risposta affermativa, ero già pronto a saltare sul primo aereo per raggiungere il nuovo possessore del manoscritto, quando con mia grande sorpresa mi venne detto che questi era calabrese, di Vibo Valentia. Felice (lo ammetto: sono un pigro e non amo molto viaggiare) per la favorevole coincidenza, ebbi quindi la fortuna di fare la conoscenza di uno straordinario personaggio, colto e raffinato (una volta si sarebbe detto mecenate), Domenico Romano Carratelli, la cui sconfinata passione per gli antichi tomi lo aveva portato a fondare, a Vibo Valentia, l’Accademia dei Bibliofili, e poi ad acquistare il prezioso volume di cui stiamo parlando, insieme a tanti altri libri – alcuni di grande valore – che compongono la sua cospicua biblioteca.

L’emozione nello sfogliare, una ad una, le 99 pagine del manoscritto fu grande, ma ancor di più lo fu scoprire l’enorme messe di dati del tutto inediti e, in qualche caso, inopinati, che in qualche misura avrebbero certo costretto i ricercatori del settore a rivedere radicalmente alcune ipotesi storiche ritenute, erroneamente, già abbondantemente consolidate. Perché il manoscritto, purtroppo anonimo e senza data, non è soltanto uno sterile elenco redatto da un generico visitatore, e per fini meramente statistici: esso, infatti, fu sicuramente opera di un tecnico (ingegnere o architetto), esperto, appunto, di architettura militare, inviato a prendere visione di un sistema talmente strategico, da imporre probabilmente la gelosa custodia in tutta segretezza della relazione finale scaturita.

Al di là, dunque, del fatto che esso rappresenti il più attendibile e preciso elenco di opere realizzate a quella data oggi in circolazione, vi si trovano preziose informazioni su dimensioni, stato delle strutture, armamenti, personale di custodia ecc., di ogni singola torre della Provincia di Calabria Ultra, a partire, cioè, dal Crotonese e finendo all’area del Lametino. Ne sia d’esempio proprio la pagina dedicata alla torre di Pagliapoli (foto 2): la relazione annessa ci informa che la struttura era alta 90 palmi (24 metri circa!), dotata di due “mascoli” (temibili cannoncini che, oltre a seminare lo scompiglio grazie ad una rosa di piccoli oggetti sparati – quasi un “effetto lupara” – emettevano un fortissimo rumore di scoppio, utilizzato anche per segnalazioni a grandi distanze) e che necessitava essere rinforzata mediante una spessa cortina in muratura (più adatta a resistere alle caratteristiche degli assalti militari dell’epoca: la torre di Pagliapoli, infatti, era preesistente al Sistema Difensivo Vicereale, essendo stata edificata per soli fini di avvistamento attorno a due secoli prima). Pertanto, l’immagine riportata non è un “ritratto” dell’esistente, bensì un vero e proprio progetto di fortificazione, e con tanto di preventivo di spesa allegato!

Ma il manoscritto non contiene soltanto immagini di torri: notevolissime sono, infatti, le vedute panoramiche delle piazze militari più importanti (Reggio, Crotone, Tropea, Bagnara, ecc.) o di porzioni di territorio strategicamente ancora da difendere, a giudizio dell’anonimo estensore, con l’edificazione di ulteriori strutture torriere, per tutta una serie di indicazioni di altro tipo. Anche in questo caso valga un esempio: nella foto 3 è rappresentato il tratto costiero fra Bovalino e Bianco, nel medio jonio reggino, con l’indicazione del punto in cui sarebbe stato più opportuno costruire un apprestamento difensivo torriero. Orbene, pur trattandosi di disegno schematico, si distingue benissimo il rudere – poi, nel tempo, ricacciato sotterra – che, col nome di “li palazzi” identifica la ormai notissima “Villa di Casignana”, solo da qualche anno riportata alla luce, e le cui immagini degli splendidi mosaici hanno fatto il giro del mondo. Oppure le DUE colonne residue dell’antico tempio di Capo Colonna (oggi, come noto, ne è rimasta soltanto una).

Purtroppo, come si accennava prima, nulla si sa sulla data di realizzazione o sull’identità del redattore: ma, se per quanto riguarda la prima, le approfondite ricerche condotte dalla Dott.ssa Teresa Saeli hanno ormai ristretto il lasso temporale a pochissimi anni (fra il 1596 ed il 1600), ancora incerta è l’attribuzione all’Autore. Mentre, infatti, per un analogo volume riguardante le difese costiere siciliane si è potuto stabilire con assoluta certezza l’estensore (cfr.: La Sicilia di Tiburzio Spannocchi, C. Polto, 2001), per il Nostro permane tuttora una robusta incertezza, essendo stati numerosi i tecnici incaricati in quel periodo di tempo di visitare le difese costiere, e, fra costoro, anche nomi di assoluto prestigio, quali quello di Mario Cartaro. L’autore del celeberrimo atlantino delle 12 provincie del Regno (tratto dall’opera di Nicolantonio Stigliola, del quale, peraltro, si conosce una copia manoscritta risalente al 1595 – cfr.: V. Valerio, 1993), in una lettera del 1611 al Conte di Lemos, così si esprimeva: “[…] sono andato diverse volte in diverse parti di esso Regno […] e specialmente l’anno 1600 […] in compagnia di D. Francesco Mindozza Serbellon a vedere le fortezze, castille e torri, con ordine di far disegni di quelle e darne relatione, si com’io feci” (Valerio, 1993, p. 50).

Tornando alla mia visita nello studio dell’Avv. Romano Carratelli (“Lei è il primo studioso a prendere visione del manoscritto”, ebbe a dirmi), a conclusione dell’emozionante lettura, chiesi all’ospite se per caso fosse disponibile a mettere a mia disposizione l’immagine della Torre di Pagliapoli, in quanto essa avrebbe di sicuro coronato la mia pur corposa ricerca con le notizie inedite ivi contenute. Non senza una certa, graditissima, sorpresa, la richiesta fu immediatamente e generosamente esaudita e la preziosa immagine entrò a far parte del corredo iconografico della “Sentinella perduta” (è il titolo del mio libro) … e, però, ingenerò al contempo un piccolo problema: quello della citazione in bibliografia, trattandosi di opera, al momento (e tuttora) anonima. Fu così che ebbi l’idea (e l’onore) di battezzarlo come “Codice Romano-Carratelli”: con tale intitolazione l’esistenza del prezioso manoscritto cominciò a circolare sul web, e sempre con la medesima dizione è stato di recente presentato all’ultimo Salone del Libro di Torino* (dove ha riscosso un prevedibile e meritato successo) e con essa è ormai universalmente noto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA [https://www.famedisud.it/scoperta-eccezionali-la-calabria-da-sogno-del-codice-romano-carratelli/]

Si ringrazia l’avv. e bibliofilo Domenico Romano Carratelli per la gentile concessione delle immagini

*Per l’occasione, il manoscritto del codice Romano-Carratelli è stato illustrato alla pag. 48 della elegante guida “Calabria: Una regione per leggere” curata dall’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria. 





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Codice. Datazione. 


"Se ci si riferisce alla datazione del Codice ci sono vari elementi che ci permettono di ipotizzarla quale probabile ove attorno al 1594 / 98. 

Fra essi, i nomi dei Cavallari o le costruzioni delle torri in progetto" . 

"La tavola del Castello di Bivona cita la spiaggia della Marina; e oltre a riportare le misure della Torre presente nella stessa tavola cita il nome del caporale (Antonio d'Avela) che è di guardia alla stessa" . 

"Subito dopo c'è la tavola della Torre Santa Venera o S. Pietro, che ha come caporale Pedro Hernandez". 
(Ileas) 


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30 Luglio 2021.

Marina di Catanzaro come da locandina (sopra). 
Mostra Tavv. Codice Romano-Carratelli.
 
(Foto Ileas) 

(Foto Ileas)

(Foto Ileas) 

(Foto Ileas) 


"Marina di Ardore"
(Foto Ileas) 

"Marina di Charerj (Il Bianco)"
(Foto Ileas)

"Bagnara"
(Foto Ileas)

Tropea
(Foto Ileas)



"Capo di li Colonne"
(Foto Ileas)









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02 Agosto 2019

UN MANOSCRITTO DI STRAORDINARIA FRESCHEZZA E BELLEZZA: ECCO IL CODICE ROMANO CARRATELLI:

FORTIFICAZIONI E TORRI DELLA COSTA CALABRESE

Rappresenta ed illustra il problema della difesa della zona costiera di Calabria Ultra attraverso la raffigurazione delle città fortificate, dei castelli, delle torri e del territorio. 

E’ il Codice Romano Carratelli, la cui realizzazione è stimata all’ultimo decennio del XVI secolo, conservato nell’omonima Biblioteca. 

L’Italia lo valorizza ulteriormente con un francobollo in circolazione dal 2 agosto 2019.

images/stories/varie_2019/CodiceRomanoCarratelli01.jpgL’Italia lo valorizza ulteriormente con un francobollo in circolazione dal 2 agosto 2019.

(TurismoItaliaNews) Un documento prezioso perché racconta con "immagini“ la 

Calabria di ieri: il manoscritto contiene infatti 99 disegni acquerellati di fattura 

pregevole a mezza pagina, la gran parte con testo illustrativo in elegante grafia 

corsiva cancelleresca dell’epoca, testo vergato con inchiostro ferro-gallo-tannico di 

color seppia con le caratteristiche storicizzate degli inchiostri in uso nella seconda 

metà del ‘500.

Un manoscritto di straordinaria freschezza e bellezza: ecco il Codice Romano Carratelli: fortificazioni e torri della costa calabrese

Un manoscritto di straordinaria freschezza e bellezza: ecco il Codice Romano Carratelli: fortificazioni e torri della costa calabrese

"La rappresentazione delle torri è corredata da note illustrative minuziose e descrittive dei luoghi, dei posti, delle distanze, delle tipologie costruttive, dei costi, dei torrieri e dei cavallari – spiega Teresa Saeli - talvolta anche accenni ai Signori del posto, a chi ne aveva ordinato la costruzione nonché ai costruttori". 

"Quindi si tratta di un documento ricco di notizie utili agli studi per i necessari riscontri documentali. In particolare vengono poi riportate le tipologie e le caratteristiche delle torri esistenti ed in costruzione individuando, altresì, i luoghi ove sarebbe stato necessario realizzare nuove torri per le quali viene redatto il progetto ed indicata la possibile spesa“.

"La carta si presenta con diversi motivi di filigrana (l’angelo e la balestra in modo particolare) e l’apposizione di iniziali". 

"Gli acquerelli sono descrittivi, eseguiti con visuale da terra a mare". 

"Sorprendente la modernità della sua esecuzione". 

"Attraverso la rappresentazione del territorio costiero e del suo stato antropico raffigurato per mezzo dei 99 acquarelli vengono visualizzate le realtà esistenti e le soluzioni possibili al fine di organizzare una strategia difensiva efficace". 

"In tale ottica vengono rappresentate anche le città fortificate ed i castelli, senza note illustrative, praticamente una rappresentazione fotografica dell’epoca". 

"Per la sua organicità e completezza e per le sue caratteristiche il Codice è un progetto di pianificazione territoriale unico in tutto il Mediterraneo dell’epoca, nella prospettiva di realizzare una difesa atta a combattere le incursioni dei corsari saraceni".


Il francobollo italiano dedicato al Codice Romano Carratelli (emissione 2019)


"Questo manoscritto è il risultato di un lavoro lungo e difficile condotto con grande professionalità, con visite in loco e riscontri documentali, come emerge dalle minuziose notizie riportate, dalla esatta rappresentazione dei luoghi e dalla toponomastica". 

"Si può ragionevolmente pensare che tale documento, riapparso dopo oltre quattrocento anni, sia rimasto ignoto in quanto copia unica e secretata dal Governo Vicereale per motivi di sicurezza. „Il Codice è la più antica iconografia organica della Calabria Ultra e fotografa una regione sconosciuta, bella ed affascinante, di un tempo di cui non avevamo se non qualche rara immagine“ chiosa Teresa Saeli".

"Il francobollo dedicato al Codice Romano Carratelli appartiene alla serie tematica “il Patrimonio artistico e culturale italiano”, con valore della tariffa B pari a 1,10 euro; la tiratura è di quattrocentomila esemplari in fogli da ventotto". 

"l bozzetto è a cura di Emanuele Bertucci e riproduce un particolare di uno degli acquarelli raffigurante alcune fortificazioni della costa calabrese". 

"Il bollettino illustrativo è affidato a Teresa Saeli".


15 Maggio 2019

"CODICE ROMANO CARRATELLI". CATANZARO. MOSTRA. COMPLESSO MONUMENTALE DEL SAN GIOVANNI. 

"Candidato nel 2013 al patrimonio UNESCO nel programma “Memoria del Mondo” per la salvaguardia del patrimonio documentale e sottoposto a vincolo dal Ministero dei Beni Culturali nel 2014, il Codice Romano-Carratelli"

"è un’eccellenza della Calabria," 

"un documento prezioso databile alla fine del Cinquecento e costituito da 99 disegni acquerellati di fattura pregevole, gran parte dei quali corredati di testo illustrativo in elegante grafia cancelleresca, 

"attraverso cui l’autore ha rappresentato il sistema difensivo costiero presente o da integrare nella Calabria Ulteriore. 

"Si tratta di torri, castelli e città fortificate che, nell’insieme, esprimono il sistema topografico e militare della costa centro-meridionale della regione secondo quello che doveva essere un più ampio progetto pensato dagli spagnoli Carlo V e Filippo II per difendere il territorio. 

"Praticamente una rappresentazione fotografica di quel periodo storico che oggi consente agli studiosi di avere un quadro più completo rispetto alle vicende geo-politiche di quest’area del Mediterraneo. 

"Siamo infatti in presenza della più antica iconografia organica della Calabria e, allo stesso tempo di un vero e proprio pezzo d’arte. 

"Il manoscritto è stato individuato e acquistato circa dieci anni fa dal noto avvocato, politico e bibliofilo vibonese Domenico Romano-Carratelli, grazie alla cui sensibilità è possibile godere della visione del Codice e conoscerne gli aspetti caratteristici. 

"Per tre mesi, fino al 4 agosto 2019, il capoluogo di regione ospiterà – all’interno del Complesso Monumentale del San Giovanni – un’esposizione dedicata a questo prezioso manoscritto cinquecentesco curata da Emanuele Bertucci".

(Mercoledì 15 Maggio 2019 10:30 di Redazione WebOggi.it)

La mostra, curata da Emanuele Bertucci, sarà inaugurata sabato 4 maggio alle ore 18.00 e prevede interventi autorevoli, oltre ai saluti istituzionali del sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, e del presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio. 

Lo stesso Carratelli introdurrà l’argomento inquadrandolo nell’ottica mediterranea; 

- l’ex ministro Alessandro Bianchi analizzerà il manoscritto sotto il profilo della pianificazione territoriale in chiave difensiva; 

- la professoressa Francesca Fatta fornirà un originale contributo immaginando un “grand tour” culturale sui luoghi del Codice; 

-l’archeologo Francesco Cuteri focalizzerà la discussione sulla Catanzaro fra Cinque e Seicento; - l’archeologa e senatrice Margherita Corrado definirà il significato delle tavole del Codice; - l’artista e architetto Marcello Sestito descriverà invece il suo personalissimo “Codice Riflesso”, - mentre il professor Giuseppe Caridi affronterà il tema della Calabria nel Mezzogiorno spagnolo; 

- il professor Caligiuri interpreterà il manoscritto dalla prospettiva della sicurezza e dell’intelligence 

- e, infine, il direttore del Museo Reale di Milano, Domenico Piraina, descriverà il Codice sotto l’aspetto più squisitamente artistico.

Un evento culturale importante che si propone di offrire e far conoscere ai visitatori non solo un capolavoro del Cinquecento ma anche spunti per approfondire elementi storici, geografici, militari e culturali di un territorio – la Calabria – posta nel cuore del Mediterraneo e perciò protagonista di vicende e relazioni fra popoli.

© copyright © CN24 Società Cooperativa


Torri e fortezze, al Complesso San Giovanni di Catanzaro il "Codice Carratelli" 

Foto di Betty Calabretta 




11 Luglio 2019




"Le insidie, un tempo, arrivavano dal mare. 

Dal “cavallo di  Troia” alle navi vichinghe, ai velieri dei conquistatori delle Americhe, diverse civiltà hanno pagato caro l’aver lasciato le proprie coste sguarnite e indifese. 

Solo aprendo lo sguardo su prospettive diacroniche ampie e concezioni estetiche appartenenti all’epoca d’oro della cultura italiana, si capisce l’immenso valore storico e storiografico di un corpus di opere originali ed uniche come quelle che compongono il “codice Romano Carratelli”.

Una raccolta di 99 acquarelli dedicati per lo più a torri, castelli e città fortificate della Calabria Ultra del Regno di Napoli, realizzati tra il 1586 e il 1595 da un esperto dell’arte fortificata su incarico verosimilmente del vicerè Juan de Zuniga, conte di Miranda. 

Attraverso la rappresentazione del territorio costiero visto da terra e via mare, vengono visualizzati, con accuratezza pittorica e raffinata eleganza cromatica, mirabili, enigmatici paesaggi dominati da costruzioni altere e austere, atte a difendere ma anche a dominare lo spazio. 

Il tutto corredato da minuziose  descrizioni in grafia cancelleresca dell’epoca, che aggiungono quel tocco documentale “vissuto” spesso assente nei dipinti realizzati per mere finalità artistiche.

Una sorta di  rappresentazione fotografica ma anche progettuale che, realizzata dopo accurati sopralluoghi, oggi consente agli studiosi di avere un quadro più completo rispetto alle vicende geo-politiche di quest’area del Mediterraneo. 

Al di là dei contenuti iconografici, infatti, il Codice disvela il sistema topografico e militare della costa centro-meridionale della Calabria secondo quello che doveva essere un ampio progetto di difesa costiera pensato dagli spagnoli Carlo V e Filippo II per presidiare il territorio dagli attacchi degli “infedeli”.

Strategica anche la cromia, con i due colori rosa e azzurro che secondo alcuni identificano da un lato l’esistente (strutture cilindriche) e dall’altro il nuovo manufatto da costruire nell’ambito di un piano difensivo incentrato su strutture  quadrangolari, con torri di sorveglianza lungo le coste e fortezze nell’entroterra.

«Non esiste, nella storiografia italiana ed europea, qualcosa di paragonabile a questo antico Codice spagnolo che descrive e illustra una Calabria mai vista  prima», sostiene Domenico Romano Carratelli, avvocato, politico, bibliofilo e appassionato collezionista di Vibo Valentia che possiede, per averlo acquistato da un antiquario veronese, il Codice del 1595 che ora ha preso il suo nome ed è catalogato appunto come Codice Romano Carratelli. 

Una “summa” di eccezionale bellezza, che spazia dalla più antica immagine di Capo Colonna, quando le colonne del Tempio di Hera Lacinia erano due, alle vedute di Tropea, Bagnara, Catona, Scilla, Crotone, Roccella Jonica, Pizzo, Parghelia e altri luoghi consegnati alla memoria nell’irripetibile stato in cui si trovavano prima degli sconvolgimenti tellurici e dei disastri naturali che hanno  trasformato e non di rado deturpato la costiera meridionale calabrese.

Un’autentica e rara eccellenza calabrese, il Codice, ancora visibile fino al 4 agosto nelle antiche sale del complesso monumentale del San Giovanni, anch’esso antica fortezza e quindi sede appropriata per la mostra inaugurata il 4 maggio scorso e visitata da istituzioni e associazioni prestigiose, non ultimo il  Circolo Catanzaro 1871 presieduto dal notaio Paola Gualtieri. 

La mostra, curata da Emanuele Bertucci, è un evento culturale di forte impatto anche didascalico,  proponendosi di offrire e far conoscere ai visitatori non solo un capolavoro del Cinquecento ma anche spunti per approfondire elementi storici, geografici, militari e culturali di una regione posta nel cuore del Mediterraneo e dunque “vocata” ad essere crocevia  di vicende e relazioni fra popoli frontalieri, portatori di un interessante miscuglio di influenze e visioni del mondo. Un mix di iconografia e arte che nonostante le molteplici interpretazioni e “letture” resta essenzialmente un affascinante mistero.

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11 ottobre 2013
Scoperta eccezionale. La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli
Pubblicato da: Redazione in Calabria 
La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Marina di Ardore (RC), acquerello, XVI-XVII sec. | Immagine inedita in anteprima per FDS

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Il progetto di rinforzo della Torre di Pagliapoli (RC), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

La marina di Bianco (RC), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Il progetto della Torre di Bagnara (RC), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Veduta di Tropea (VV), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Il promontorio di Capo Colonna (KR) con le 2 colonne, acquerello, XVI-XVII sec.

 
di Giuseppe Fausto Macrì

Ormai circa cinque anni fa, mentre ero sul web alla ricerca di eventuali notizie sulle torri costiere di Calabria per completare la mia monografia sulla Torre di Pagliapoli (oggi un relitto torriero, ma in realtà una delle più antiche torri costiere dell’Italia Meridionale), ad un certo punto mi imbattei in una pagina che conteneva una notizia che, letteralmente, mi fece sobbalzare sulla sedia: uno Studio Antiquario aveva infatti messo in vendita un volume contenente un centinaio di disegni di torri costiere di Calabria Ultra. Le scarne indicazioni parlavano di una datazione approssimativa al XVII secolo ed erano accompagnate dalla fotografia di una pagina del manoscritto, la quale, tra l’altro, era stata la vera responsabile del mio sobbalzo: vi si vedeva, infatti, mirabilmente dipinta, con la tecnica dell’acquerello, un tratto costiero delle mie parti – quindi, a me ben noto – accompagnato da una breve relazione nella quale l’anonimo estensore indicava nella crocetta del disegno il punto in cui suggeriva l’edificazione di una torre a difesa di quella zona, già in passato ripetutamente fatta segno di scorrerie piratesche. Inutile esaltarne la bellezza (che ognuno può ammirare nella foto 1) e l’enorme interesse che rivestiva per le prospettive del mio libro.

Attraverso un vorticoso giro di telefonate, quindi, riuscii a contattare la Casa d’aste che lo aveva battuto e, attraverso l’amica Simonetta Conti, docente di Geografia alla Seconda Università degli Studi di Napoli e grande esperta di cartografia antica, l’esperto ufficiale della stessa Casa, buon amico e collega della prof. Conti, per pregarli di chiedere a quello che poi scoprii essere l’ultimo ignoto acquirente se acconsentiva a permettermi di prendere visione del manoscritto.

Ottenuta la tanto sospirata risposta affermativa, ero già pronto a saltare sul primo aereo per raggiungere il nuovo possessore del manoscritto, quando con mia grande sorpresa mi venne detto che questi era calabrese, di Vibo Valentia. Felice (lo ammetto: sono un pigro e non amo molto viaggiare) per la favorevole coincidenza, ebbi quindi la fortuna di fare la conoscenza di uno straordinario personaggio, colto e raffinato (una volta si sarebbe detto mecenate), Domenico Romano Carratelli, la cui sconfinata passione per gli antichi tomi lo aveva portato a fondare, a Vibo Valentia, l’Accademia dei Bibliofili, e poi ad acquistare il prezioso volume di cui stiamo parlando, insieme a tanti altri libri – alcuni di grande valore – che compongono la sua cospicua biblioteca.

L’emozione nello sfogliare, una ad una, le 99 pagine del manoscritto fu grande, ma ancor di più lo fu scoprire l’enorme messe di dati del tutto inediti e, in qualche caso, inopinati, che in qualche misura avrebbero certo costretto i ricercatori del settore a rivedere radicalmente alcune ipotesi storiche ritenute, erroneamente, già abbondantemente consolidate. Perché il manoscritto, purtroppo anonimo e senza data, non è soltanto uno sterile elenco redatto da un generico visitatore, e per fini meramente statistici: esso, infatti, fu sicuramente opera di un tecnico (ingegnere o architetto), esperto, appunto, di architettura militare, inviato a prendere visione di un sistema talmente strategico, da imporre probabilmente la gelosa custodia in tutta segretezza della relazione finale scaturita.

Al di là, dunque, del fatto che esso rappresenti il più attendibile e preciso elenco di opere realizzate a quella data oggi in circolazione, vi si trovano preziose informazioni su dimensioni, stato delle strutture, armamenti, personale di custodia ecc., di ogni singola torre della Provincia di Calabria Ultra, a partire, cioè, dal Crotonese e finendo all’area del Lametino. Ne sia d’esempio proprio la pagina dedicata alla torre di Pagliapoli (foto 2): la relazione annessa ci informa che la struttura era alta 90 palmi (24 metri circa!), dotata di due “mascoli” (temibili cannoncini che, oltre a seminare lo scompiglio grazie ad una rosa di piccoli oggetti sparati – quasi un “effetto lupara” – emettevano un fortissimo rumore di scoppio, utilizzato anche per segnalazioni a grandi distanze) e che necessitava essere rinforzata mediante una spessa cortina in muratura (più adatta a resistere alle caratteristiche degli assalti militari dell’epoca: la torre di Pagliapoli, infatti, era preesistente al Sistema Difensivo Vicereale, essendo stata edificata per soli fini di avvistamento attorno a due secoli prima). Pertanto, l’immagine riportata non è un “ritratto” dell’esistente, bensì un vero e proprio progetto di fortificazione, e con tanto di preventivo di spesa allegato!

Ma il manoscritto non contiene soltanto immagini di torri: notevolissime sono, infatti, le vedute panoramiche delle piazze militari più importanti (Reggio, Crotone, Tropea, Bagnara, ecc.) o di porzioni di territorio strategicamente ancora da difendere, a giudizio dell’anonimo estensore, con l’edificazione di ulteriori strutture torriere, per tutta una serie di indicazioni di altro tipo. Anche in questo caso valga un esempio: nella foto 3 è rappresentato il tratto costiero fra Bovalino e Bianco, nel medio jonio reggino, con l’indicazione del punto in cui sarebbe stato più opportuno costruire un apprestamento difensivo torriero. Orbene, pur trattandosi di disegno schematico, si distingue benissimo il rudere – poi, nel tempo, ricacciato sotterra – che, col nome di “li palazzi” identifica la ormai notissima “Villa di Casignana”, solo da qualche anno riportata alla luce, e le cui immagini degli splendidi mosaici hanno fatto il giro del mondo. Oppure le DUE colonne residue dell’antico tempio di Capo Colonna (oggi, come noto, ne è rimasta soltanto una).

Purtroppo, come si accennava prima, nulla si sa sulla data di realizzazione o sull’identità del redattore: ma, se per quanto riguarda la prima, le approfondite ricerche condotte dalla Dott.ssa Teresa Saeli hanno ormai ristretto il lasso temporale a pochissimi anni (fra il 1596 ed il 1600), ancora incerta è l’attribuzione all’Autore. Mentre, infatti, per un analogo volume riguardante le difese costiere siciliane si è potuto stabilire con assoluta certezza l’estensore (cfr.: La Sicilia di Tiburzio Spannocchi, C. Polto, 2001), per il Nostro permane tuttora una robusta incertezza, essendo stati numerosi i tecnici incaricati in quel periodo di tempo di visitare le difese costiere, e, fra costoro, anche nomi di assoluto prestigio, quali quello di Mario Cartaro. L’autore del celeberrimo atlantino delle 12 provincie del Regno (tratto dall’opera di Nicolantonio Stigliola, del quale, peraltro, si conosce una copia manoscritta risalente al 1595 – cfr.: V. Valerio, 1993), in una lettera del 1611 al Conte di Lemos, così si esprimeva: “[…] sono andato diverse volte in diverse parti di esso Regno […] e specialmente l’anno 1600 […] in compagnia di D. Francesco Mindozza Serbellon a vedere le fortezze, castille e torri, con ordine di far disegni di quelle e darne relatione, si com’io feci” (Valerio, 1993, p. 50).

Tornando alla mia visita nello studio dell’Avv. Romano Carratelli (“Lei è il primo studioso a prendere visione del manoscritto”, ebbe a dirmi), a conclusione dell’emozionante lettura, chiesi all’ospite se per caso fosse disponibile a mettere a mia disposizione l’immagine della Torre di Pagliapoli, in quanto essa avrebbe di sicuro coronato la mia pur corposa ricerca con le notizie inedite ivi contenute. Non senza una certa, graditissima, sorpresa, la richiesta fu immediatamente e generosamente esaudita e la preziosa immagine entrò a far parte del corredo iconografico della “Sentinella perduta” (è il titolo del mio libro) … e, però, ingenerò al contempo un piccolo problema: quello della citazione in bibliografia, trattandosi di opera, al momento (e tuttora) anonima. Fu così che ebbi l’idea (e l’onore) di battezzarlo come “Codice Romano-Carratelli”: con tale intitolazione l’esistenza del prezioso manoscritto cominciò a circolare sul web, e sempre con la medesima dizione è stato di recente presentato all’ultimo Salone del Libro di Torino* (dove ha riscosso un prevedibile e meritato successo) e con essa è ormai universalmente noto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA [https://www.famedisud.it/scoperta-eccezionali-la-calabria-da-sogno-del-codice-romano-carratelli/]

Si ringrazia l’avv. e bibliofilo Domenico Romano Carratelli per la gentile concessione delle immagini

*Per l’occasione, il manoscritto del codice Romano-Carratelli è stato illustrato alla pag. 48 della elegante guida “Calabria: Una regione per leggere” curata dall’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria. 



RASSEGNA BIBLIOGRAFICA (a cura di GP)
(Mondo web)

CATALDO. 2014. Vincenzo Cataldo, “La Frontiera di Pietra” Torri, uomini e pirati nella Calabria moderna, di Vincenzo Cataldo. La frontiera di pietra Venerdì 31 Ottobre 2014, alle ore 17.30, presso la sala conferenze della libreria Culture, via Zaleuco – Reggio Calabria, il Centro Internazionale Scrittori della Calabria e la Deputazione di Storia Patria per la Calabria presentano il libro “La frontiera di pietra”- Torri, uomini e pirati nella Calabria moderna – di Vincenzo Cataldo – Edizioni Scientifiche Italiane. Dopo i saluti di Lorely Rosita Borruto, presidente del Cis della Calabria, introduce e modera l’incontro Giuseppe Caridi, ordinario di Storia Moderna dell’Università di Messina, presidente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria. Relazioneranno Mirella Mafrici, ordinario di Storia Moderna dell’Università di Salerno e il Prof. Salvatore Speziale, ricercatore presso l’Università di Messina. Sarà presente l’Autore, dottorando in Storia dell’Europa Mediterranea e cultore di Storia Moderna presso l’Università di Messina. Il conflitto tra cristianità ed Islam – e in particolare tra corona di Spagna e Impero Ottomano – durò per tutta l’età moderna. Nel tentativo di proteggere le coste degli Stati cristiani, la monarchia ispanica propose la costruzione di una cortina di torri costiere in grado di avvistare il pericolo e di propagare l’allarme. In questo volume, dedicato alle torri costiere della sola Calabria, Ultra e Citra, Cataldo ricostruisce la storia spesso dimenticata di una tragedia che vide il popolo calabrese per secoli inerme ed indifesa vittima di sanguinose devastazioni".

#calabria #pirati #torri #uomini #vincenzo #cataldo “#frontiera_di_pietra”
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domenica 25 luglio 2021

2011. PITITTO. STORIA. NAPOLEONICA. ITALIA. CALABRIA. 1807. Borbonici. Francesi. Ferdinando IV. Maria Carolina d'Asburgo. Napoleone. Calabria. Mileto. Philippsthal. Reynier. Pellegrini Editore, 2011.


Storia.
Napoleonica.
1807. Borbonici. Francesi. 
Ferdinando IV. 
Maria Carolina d'Asburgo. 
Napoleone. 
Calabria. 
Mileto. 
Philippsthal. 
Reynier.











PITITTO. Francesco Pititto, La Battaglia di Mileto.
Con scritti di

Saverio Di Bella,

Giovanni Pititto,

Massimo Zanca.

Pellegrini Editore, Cosenza, 2011, pp. 510.

Copertina: Ideazione, progetto grafico e realizzazione di Giovanni Pititto con la collaborazione di Riccardo Crema web designer.
Dall'alto verso il basso in senso orario:
Liotard, Arciduchessa Maria Carolina d'Asburgo-Lorena
Mioll, Dolente, Wien, Kaisergrufte
Principe Luigi Hesse-Philippsthal, Capitano Generale
Antonio Canova, Ferdinando IV
Maria Carolina, regina
Antonio Canova, Napoleone
Al centro: G. A. Cacciatore, Orazione Funerale in onore dei Caduti a Mileto nella Battaglia del 1807.















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- Blog a cura di Giovanni Pititto 

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giovedì 15 luglio 2021

1797. Istrumento stipulato l’8.1.1797 da Notar Girolamo Maria Catalano di Mileto, efficacemente sintetizza la nascita della nuova Mileto, riedificata a seguito del terremoto del 1783.

CALABRIA. MILETO. 2007. ROMANO. Corrado Romano, "Mileto e dintorni, fra tardo XVIII e inizio XIX. Protocolli notarili. Prima parte (1787-1799)".

"Così, in un istrumento stipulato l’8.1.1797 da Notar Girolamo Maria Catalano di Mileto, viene efficacemente sintetizzata la nascita della nuova Mileto nel terreno denominato la Villa, di proprietà della Mensa Vescovile, dopo la distruzione della vecchia Mileto ad opera del terremoto del 1783 .
"Esse Sudette Signore Persone sopra nominate, e cognominate , e rispetto a detti Signori di Sodero, Comerci, e Lo Schiavo come persone chiesastiche acconsentendo prima in Noi, Spostaniamente, con giuramento, hanno asserito, ed asseriscono nella riferita nostra presenza come, mediante gli orrendi Flagelli de’ Tremuoti accaduti nell’anno mille Settecento ottanta tre, dall’in tutto si destrusse l’antica Mileto, tantoché, in virtù de’ venerati Ordini del Nostro Sovrano, che Dio benedetto feliciti, e conservi , si è dovuto costruire la nuova Città Sudetta in questa Coltura, o sia Terreno denominato La Villa, di spettanza di detta Mensa, sippure in altri terreni di altri particolari, e Luoghi Pij , come apparisce dal disegno Servatis Servandis fattosi per detta nuova Città, approvato il disegno antedetto dalla riferita Sovranità Sua, e così da’ Signori Deputati, eletti pure Servatis Servandis in pubblico Parlamento, detta Coltura la Villa si è divisa in più parti, e porzioni, e queste da’ medesimi Signori Deputati per l’effetto sudetto distribuite nel modo seguente, cioè…"
È da qui che dobbiamo necessariamente partire se vogliamo delineare alcuni aspetti di vita quotidiana nella Mileto della fine del settecento e degli inizi dell’ottocento.
Ma il terremoto non era stata certamente la prima delle sventure che si erano abbattute sulla città e sui suoi dintorni, né sarà l’ultima, se ad essa seguono gli anni turbinosi che accompagnano la nascita ed il successivo crollo della Repubblica Napoletana, tra cui si frammezza il passaggio delle milizie del Ruffo, il rinvigorirsi delle bande brigantesche strettamente collegato alla caduta dei Borbone ed al loro desiderio di rientrare in possesso del Regno, l’arrivo dei Francesi, la battaglia di Mileto, per culminare, infine, con il ritorno dei Borbone.
Avvenimenti tutti che le popolazioni hanno vissuto sulla loro pelle, affrontando disagi e sofferenze che meriterebbero di essere ampiamente ricordati e descritti (...).
Malgrado tutto, però, a Mileto la vita continuava, con il suo solito alternarsi di gioie e di dolori.
I cittadini avevano ben presto imparato a coesistere con quel mondo in cui regnavano la confusione e l’incertezza, in cui un avvenimento terribile si succedeva all’altro senza dar loro tempo di riprendersi da quello precedente.
Essi, tra una tempesta e l’altra, continuavano ad attendere, senza lasciarsi vincere dallo scoraggiamento, alle loro consuete attività.
In questa quotidianità contrassegnata dall’incertezza e dalla precarietà, dallo scatenarsi degli elementi e dalla ferocia degli uomini, cercheremo di penetrare attraverso alcuni episodi che, meglio di qualunque dotto discorso, possono aiutarci a capire come si viveva effettivamente a Mileto e dintorni in quel periodo difficile.
Trattandosi di una città che era anche sede vescovile, è ovvio che il posto d’onore nella nostra trattazione spetti di diritto al clero.
Era, quello di Mileto, un clero né migliore, né peggiore di quello del resto d’Italia.
Accanto ai sacerdoti colti ed illuminati, che svolgevano con passione e zelo il loro ministero sacerdotale, ve n’erano molti che non brillavano per cultura, o che eccellevano nel turpiloquio, infiorando i loro discorsi di vocaboli che avrebbero ben figurato nelle taverne, altri che addirittura non ci pensavano due volte a passare a vie di fatto ed a servirsi di schioppi e pugnali per l’esercizio delle loro ragioni, altri che indulgevano senza farsi troppi scrupoli ai piaceri della carne, altri, infine, che percepivano lauti guadagni esercitando di fatto uno strozzinaggio che teneva poco davvero poco conto sia della bolla di Papa Nicola sui censi bollali, sia dell’insegnamento di Gesù Cristo.
Uno di questi sacerdoti, probabilmente non il migliore, ma sicuramente non il peggiore, era don Domenico Calabrò della Città di Mileto, il quale il 26 maggio 1787 ferì mortalmente il magnifico Giuseppe Talotta della medesima Città (morirà nella mattinata del 28 maggio dello stesso anno).
Non sappiamo molto sul conto di Don Domenico Calabrò, né forse è importante cercare di saperne di più.
La sua vicenda è, tuttavia, esemplare e ci permette di toccare con mano e di constatare dal vivo quale fosse il funzionamento della giustizia in Calabria nel tempo preso in esame.
La Corte Vescovile, una volta informata del grave fatto di sangue accaduto in Mileto ad opera di un ecclesiastico, “chiede il braccio” della Corte Laicale per citare i testimoni, come del resto era tenuta a fare per la notifica di alcuni suoi decreti e per rendere esecutive le sue sentenze e le sue ordinanze.
A visitare il ferito e, dopo la di lui morte, ad eseguirne l’autopsia, sono due medici, con l’attiva partecipazione di un barbiere, dato che a quel tempo i componenti di questa benemerita categoria erano considerati, naturalmente con le debite proporzioni, alla stregua di medici specializzati in chirurgia.
Quasi sempre, anzi, erano proprio essi a brandire i coltelli ed a procedere materialmente alle incisioni dei cadaveri.
Nei paesi più piccoli, poi, dove non esistevano medici, erano proprio i barbieri a prendersi cura della salute dei malati, il che non sempre rappresentava un danno per costoro, dato il livello di preparazione non eccellente dei medici del tempo.
L’autore del delitto, rimasto a sua volta ferito (ma sarà stata presa in considerazione l’eventualità che il Calabrò abbia agito in stato di legittima difesa?), “non essendosi potuto esso sacerdote trasportare nelle Carceri di Monteleone, o del Pizzo, per non ritrovars’in questa nascente Città [ = Mileto] publiche Carceri, si è custodito in una della Stanze di questo Venerabile Seminario con raddoppiare guardie, per trasportarsi subito sarà in grado nelle mentovate carceri del Pizzo”.
Si aggiunga che la Corte Capitolare di Mileto, e per essa il suo Vicario Generale Canonico Don Pasquale Malecrinis , pur potendo “rettamente procedere all’accapo della giudiziaria informazione”, “per non dare neppur ombra alla parte offesa di particolarità verso il mentovato di Calabrò…, per essere stato antico Curiale di questa Curia”, ha fatto in modo che “avesse proceduto in tal causa il Regio Tribunale di Provincia, come di fatti un Subalterno di quel Regio Tribunale “ne compilò il Processo”.
Questa delega delle sue funzioni alla giustizia regia da parte della Curia vescovile, però, anziché rendere più snello ed imparziale il funzionamento della giustizia, fece sì che nascessero dei conflitti di competenza tra la giurisdizione ecclesiastica e quella civile.
Fatto sta che, a ben cinque anni di distanza dal compimento del delitto, il Sacerdote Calabrò marcisce ancora nelle carceri del castello del Pizzo senza che il suo processo sia ancora neppure iniziato, dal momento che nessuno voleva pagare le spese “tanto per la ripetizione de’ testimoni fiscali, quanto per il trasporto del Calabrò in Nicastro”.
Questa situazione si protrae fino a quando finalmente da parte del Re s’impone alla Curia di Mileto di sobbarcarsi tutte le spese relative.
A.S.V.V., Nr Girolamo Maria Catalano di Mileto, 8.1.1797, folio 22 a tergo
“… Esse Sudette Signore Persone sopra nominate, e cognominate…”: Indicate con il loro nome e cognome.
“… Che Dio benedetto feliciti, e conservi…”: Allorché si pronunciava, o si scriveva il nome del re, si aveva l’obbligo di pronunciare, o di scrivere una delle tante frasi beneauguranti per il sovrano, come che Dio guardi, che Dio Benedetto conservi, e feliciti per più, e più Lunga Serie di anni, ecc..
Luoghi pii: Era chiamata luogo pio un’istituzione laica o ecclesiastica con finalità generalmente assistenziali o caritative.
Servatis servandis: “Essendosi osservato quanto c’era da osservare”.
Dottor Pasquale Melecrisis: Canonico della collegiata del Pizzo, è stato vicario capitolare della Diocesi dall’11 luglio 1786 all’11 luglio 1792.
La diocesi di Mileto è stata retta da uno o più vicari capitolari da quando, da parte del ministero, sono stati frapposti ostacoli al ritorno a Mileto, dopo il terremoto del 1783, del vescovo Monsignor Giuseppe Maria Carafa, il quale nel 1778 era stato chiamato a Roma ad occupare il posto di segretario della congregazione de’ vescovi e regolari.
( Seguirà con l'Apparato dei documenti ...
§ 01. 1787, maggio 26. Mileto. Nella Reverendissima Curia Capitolare di Mileto comparisce Nicola Sesto, Cursore della Medesima, e dice come l’è pervenuto a notizia che quest’oggi 26 del Corrente Mese di Maggio fu mortalmente ferito il Magnifico Giuseppe Talotta di quest’anzidetta Città, e per quanto si è divulgato, dal Reverendo Don Domenico Calabrò della medema. (etc.)
§ 02.1787, maggio 26. Mileto. Curia Capitolare di Mileto. - Pasquale Canonico Melecrinis dei Baroni di Ioppolo e Coccorino, Dottore di entrambe le leggi, e Vicario Generale di detta vacante Chiesa negli affari spirituali e temporali.
Essendo stato denunciato alla nostra Curia che oggi alle ore diciannove circa il Sacerdote Don Domenico Calabrò di questa Città ha esploso uno schioppo corto, chiamato comunemente pistola, caricato con pallini di piombo contro la persona del Magnifico Giuseppe Talotta di questa medesima Città e lo ha ferito gravemente...(etc.)
§ 03.1787, maggio 26. Mileto. Il giorno ventisei del Mese di Maggio 1787, a Mileto, nella Curia Capitolare, e di fronte al Reverendissimo Signor Dottore dell’una e dell’altra legge Canonico Don Pasquale Melecrinis, Vicario Capitolare Generale, ed a me, è stato esaminato il Magnifico Don Saverio La Badessa della Città di Monteleone, figlio del fu Cristoforo, dell’età di anni 40 circa, come ha detto, Dottore Chirurgo perito... (etc)...".
§ 04. 1787, maggio 26. Mileto. Successivamente, nel medesimo luogo, e di fronte al medesimo, ed a me, è stato esaminato il Magnifico Don Benedetto Accorinti di questa Città, figlio del fu Francesco Antonio, dell’età di anni 37 circa, come ha detto, Dottore Chirurgo perito...(etc.).
§ 05. 1787, maggio 26. Mileto. Successivamente, nel medesimo luogo, e di fronte al medesimo, ed a me, è stato esaminato Mastro Pasquale Corigliano, figlio del fu Mastro Domenico, dell’età di anni sessanta circa, come ha detto, Dottore Chirurgo perito...(etc).
  • et Alii --
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NOTE
Pubblicato in: Saverio Di Bella - Giovanni Pititto (a cura di),
Data di pubblicazione: 2010
Titolo: Un bandiera per vivere, una bandiera per morire. Battaglia di Mileto: 1807.
Lingua: Italiano
Editore: Pellegrini
Luogo di pubblicazione: Cosenza
Nazione editore: ITALIA
Pagina iniziale: 3
Pagina finale: 583
ISBN: 9788881016761


Archivio Storico della Calabria a cura di Giovanni Pititto. Repertorio bibliografico per autore e argomento. "C".

http://www.archiviostoricodellacalabria-ns-giovannipititto.it

Archivio Storico della Calabria a cura di Giovanni Pititto; Sezioni: Longobardi e Bizantini; Mezzogiorno dai  Bizantini al Regno Normanno di Sicilia; Federico II ed il Regno Svevo; Regno di Napoli Angioino; Reame Aragonese Utriusque Siciliae; Viceregno;  Regno Borbonico delle Due Sicilie; Questioni " unitarie". Finalità del Progetto © ASC (NS.): risorse culturali d’interesse archeologico e storico  artistico nei territori del già Regno delle Due Sicilie. Centri vari: Abruzzo_Molise; Calabria; Campania; Puglia; Sicilia. Fonti, rassegna stampa,  ricerche, studi, sussidi. presentazione. Nelle finalità del Progetto © ASC (NS.): particolare rilievo assumerà la Sezione Mileto (VV): divulgazione delle  fonti inerenti la medievale importante Abbazia di S. Michele Arcangelo e della SS.ma Trinità, sita nell'antico centro urbano di Mileto Antica e con  esso definitivamente distrutta dal sisma del 1783. La Sezione Mileto sarà così articolata: Ambiti: Bibliografia; Cartografia; Culto; Emergenze  ecclesiastiche; Governo; Lexicon; Onomastico; Scavi archeologici; Toponomastica; Varia. Fonti: pubblicazione di fonti edite ed inedite da: archivi di  stato; archivi ecclesiastici; biblioteche ed istituti di cultura; istituti e collezioni. Napoli: Archivio di Stato; Biblioteca Nazionale; biblioteche ed istituti di  cultura; istituti e collezioni vari, gesuiti; varia. Roma: Archivio Centrale dello Stato; Archivio di Stato; Archivi Parlamento Italiano; Biblioteca  Nazionale Centrale; biblioteche ed istituti di cultura, Curia Generalizia Compagnia di Gesu'; curie generalizie ordini e congregazioni; istituti e  collezioni; Pontificio Collegio Greco: archivio, biblioteca, istituto. Sicilia: archivi di stato; Biblioteca Regionale; biblioteche ed istituti di cultura; istituti  e collezioni vari. Vaticano: Archivio Segreto; 
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Almanacco perpetuo di Rutilio Benincasa cosentino, illustrato, e diuiso in cinque parti, da Ottauio Beltrano di Terranoua di Calabria Citra, come segue nella seguente pagina. Opera molto necessaria e diletteuole, come anco di gran giouamento & vtile a ciascheduno ... con due copiosissime tauole di tutto quello che si contiene nel presente almanacco





domenica 6 giugno 2021

ITALY. DONGO. ORO DI DONGO.

MUSSOLINI. DONGO. ORO DI DONGO RUBATO DAI COMUNISTI.
Tutta la storiografia ideologicamente affine al PCI dette, per molti anni, un giudizio costante sull'Oro di Dongo: Che erano oro e valori rubati da Mussolini agli italiani (1).
E altro non dice.
Ma essendo stato Mussolini assassinato dal cekista Aldo Lampredi, per ordine di Mosca (al cui servizio come comandante dell'NKVD era gia' stato), l'oro e tutti i valori vennero dai comunisti prelevati a Dongo. E mai piu' restituiti.
Chi e' dunque il ladro dell'Oro di Dongo?
Chi sono i ladri dell'Oro gia' della Patria?
Io direi che i ladri sono quelli che l'oro e i molti altri valori se li sono tenuti: i comunisti.
Hanno sequestrato e per mantenere il segreto hanno ucciso; ogni e qualunque punto della lunga scìa che porta o promana dall'oro di Dongo sa di sangue. Hanno per decenni mentito, ma per tutti ed ogni particolare fra vari altri volumi si rinvia a: Massimo Caprara, "Dov'e' finito l'oro di Dongo", (in: Sergio Bertelli - Francesco Bigazzi, "PCI: La storia dimenticata", Milano, 2001, capitolo XV, particolarmente p. 319 e segg.).
Il famoso "Oro di Dongo", si sa, venne ben utilizzato dal compagnuccio Pietro Secchia (2).
Sei sacchetti di iuta contenenti 30 milioni di lire in pacchetti molto pressati; più 76 kg di rottami d'oro. Anche se poi si dissero recuperati solo chili 35,880.
Per l'oro, i rottami erano derivanti dal famoso oro donato alla Patria.
E che nelle ultime fasi del Fascismo si trovarono ad essere quali valori costitutivi del "Fondo riservato" della Repubblica Sociale Italiana. Cioè in dotazione discrezionale a Mussolini.
Tutto ciò, quale "Oro di Dongo", sequestrato dai comunisti, venne utilizzato dall'ineffabile compagnuccio Pietro Secchia per i seguenti acquisti e finanziamenti immobiliari:
- A Milano: vari appartamenti; due villette; un palazzo in costruzione in via San Pietro all'Orto (traversa di corso Vittorio Emanuele). Palazzo successivamente dal partito comunista venduto all'industriale Cella. Colui che aveva già acquistato da Mussolini il "Popolo d'Italia".
- A Roma: venne acquistato per 30 milioni un palazzo allo stato di rustico in via Botteghe Oscure. La futura sede dello stesso PCI.
Molti anni dopo degli altri compagni, dai compagnucci chiamati "Compagni che sbagliano" (l'Italia veramente li chiamava: Assassini; il lessico del PCI non sempre fu l''italiano), alias le "Brigate Rosse", depositarono il cadavere dell'onorevole Aldo Moro nei pressi di tale palazzo.
Si disse - dai più - per far capire al PCI quello che doveva capire.
L'ha capito?
Il compagnuccio Pietro Secchia fu un comunista molto particolare.
A Mosca e in Italia.
ADDENDA
Chiunque ha il diritto di smentire. Ma sarebbe opportuno lo facesse citando fonti e bibliografia. Diversamente è solo propaganda comunista: spazzatura.
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NOTE
(1) Valerio Riva, "Oro da Mosca. I finanziamenti al PCI dalla Rivoluzione d'Ottobre al crollo dell'URSS", Milano, 1999; 2002, Mondadori, capitolo VI, particolarmente pp. 146 e segg. Il Partito Comunista Italiano fu una struttura permanentemente al soldo di Mosca. Questo grosso volume, densissimo di precise ricostruzioni documentali, ne attesta ogni punto. Documenti provenienti dagli Archivi già sovietici.
(2) Massimo Caprara, "Dov'e' finito l'oro di Dongo", (in: Sergio Bertelli - Francesco Bigazzi, "PCI: La storia dimenticata", Milano, 2001, capitolo XV, particolarmente p. 319 e segg.).