venerdì 22 maggio 2020

1287.

Del 1287 negli Archivi abbaziali. Note storico-diplomatiche a cura di Giovanni Pititto. 

1287. "Concordia frà il vescovo di Mileto e l’abb(at)e della SS. (m)a Trinità. An(n)o 1287". [(ACGR. Sez. Mileto, ms. 070, note di Calcagni, f...)].
Roberto conte d’ARTOIS, fratello di Filippo l’ARDITO re di Francia, balio del Regno di Napoli per conto di Carlo, prigione in Catalogna da Pietro re d’Aragona poichè figlio di Carlo d’ANGIOU ed erede ai diritti sui regni di Napoli e di Sicilia alla di lui morte (+ 7 gennaio 1282), con forte contrasto del menzionato Pietro, aspirante ai diritti translatigli dalla moglie Costanza, figlia di Manfredi, e perciò nel 1282 occupante della Sicilia stessa. 
Giordano TOMARCHELLO, giudice di Mileto. Giovanni CARSI, scrittore, sostituto del pubblico notaio. 

Per di rilievo strategici motivi ed anche al fine di assicurarsi la fedeltà di due importanti centri del potere ecclesiastico calabrese di quell’agitato e confuso periodo, con il presente pubblico istromento -  avente giuridica valenza di charta confirmationis - confermano, dichiarano, pubblicano l’ennesima [vana] transazione avvenuta fra  le parti contraenti indicate in SABA, vescovo di Mileto, con capitolo medesima sede episcopale, e RUGGERO, abate della SS. Trinità di Mileto, con capitolo medesimo monastero. 
  
SABA vescovo, e RUGGERO abate, con ciò si collocano ancora una volta, nell’agone delle aspre contese politico-militari, alleandosi al nuovo potere francese emergente, cosa che non certo fu dimenticata, come testimonia la copiosa susseguente serie di privilegi e confirmazioni angioine all’una ed all’altra parte. 

Per quanto attiene all’oggetto specifico dell’azione giuridica, gli stessi, così dal duplice potere politico ed apostolico confermati ed autorizzati, unitamente al consenso dei rispettivi capitoli, dichiarano, pubblicano, espongono la forma della pacificazione tra loro intercorsa, avente ad oggetto pregresse e moderne controversie di natura giurisdizionale e territoriale su Monteleone e centri urbani vari, un tempo indipendenti e ritenuti ora della Montis Leonis casali. 
  
Autori come sopra, Giordano Tomarchello, funzione indicata, Giovanni Carsi, idem, con pubblico documento pertanto dichiarano che detta transazione così nuovamente sancisce: 

*     le parti congiuntamente rinunciano al precedente atto di riappacificazione, stipulata con formale avallo di Giuseppe, canonico di Cosenza, a ciò apostolico delegato, con la quale Anselmo, predecessore di Saba, aveva stipulata con (...) abate della Trinità miletese, entrambi con assenso dei rispettivi capitoli; 

*     le parti addivengono ad un formale compromesso, concernente tale nuova riappacificazione, che, giurato, viene depositato presso il vescovo di Tropea; 

*     tale nuova riappacificazione è - si ribadisce - in merito ai distinti punti, ossia: 

*     vescovo e capitolo cedono al monastero tutto lo ius spirituale sui casali di S. Gregorio, Cremastà, Bivona, Larzona; viene così superata la riserva sulle chiese degli stessi, apposta dal vescovo proprio predecessore, unitamente al preesistente capitolo; ossia che tutti  gli ecclesiastici di questi possedimenti, una volta chiamati al sinodo siano obbligati andarvi, ed ivi possa di loro determinare e giudicare il vescovo anche quanto riservato al solo abate. 

*     rinunciano, vescovo e capitolo, alle quattro oncie d’oro che il predetto monastero per convenzione annualmente doveva ai canonici vescovili in cambio delle decime; viene così anche superata l’ulteriore sostanziale riserva, già apposta dal vescovo proprio predecessore, unitamente al preesistente capitolo, ossia il diritto di riscossione delle decime nei possedimenti dell’abbazia, appunto in S. Gregorio, in Cremastà, in Casale Larzonis che è nel possesso di Mesiano, in Castellario, in Bivona;

*     ugualmente alla coltura, detta di Carrà, che nell’accordo precedente il monastero aveva ceduto alla sede vescovile; 

*     a fronte di ciò, abate e monastero cedono alla sede episcopale tutto lo ius spirituale che avevano sulla Terra di Monteleone, e sue pertinenze;

*     abate e monastero, pur così cedendo predetto ius spirituale sulla Terra di Monteleone, in stesso centro urbano formalizzano però piena riserva, ritenendola,   sulla chiesa di S. Nicola, qu(a)e est prope domum Benedicti q(uonda)m Io(hann)is de S(an)cto Lucido, pro oratorio..., con facoltà per lo stesso abate di nominarne, e rimuoverne, cappellano privilegiato. Tale unicamente sia tenuto a partecipare al sinodo vescovile; se chiamato.   

Ciò pertanto premessosi in regesto, addiveniamo al punto d’interesse per la chiesa di S. Nicola, poi denominata "de pauperorum".   Reservata tamen d.o abbati, et conventui in terra Monsleonis ecclesia S.ti Nicolai, que est prope domum Benedicti q.m Iois de S.cto Lucido pro oratorio, in qua licebit ipsi abbati, et successoris suis ponere cappellanum, qui nullo ipsi epo teneatur, nisi ad synodum venire vocatus, parochiani vero ejusdem cappelle S.cti Nicolai subsint spiritualite epo, et Ecclesie Mileten, sic homines Montisleonis, in primitiis autem, et oblationibus dcti parochiani ejusdem ecclesie S.cti Nicolaj teneantur cappellano constituto per abbatem, et conventum monasterij pcti, et reservatis pto epo, et Ecclesie Mileten. in dicti casalibus illis ecclesiis, et jure villarum Ecclesie Mileten., et quod in antiqua compositione prenominato, sed predecessor suus Mileten. epus reservaverat

Perveniamo ora alle note diplomatiche:    

Scriptum Mileti, anno, die, mense, et indictione premissis.   
Sottoscrizioni: [lato sx=3] 

*     Ego, Iordanus Cimathellus, qui supra iudex Mileti ? me subscripsi

*     Ego Sabbas, miseratione divina Mileten. epus ptam concordiam accpto, et me subscripsi. 

*     Ego presbiter Nicolaus de Monteleone, decan Mileten., me subscrpsi.   [lato dx=3] 

*     Nos, Rogerius, abbas Monasterij S.cte Trinitatis p.tam concordiam accepto, et me subscripsi. 

*     Ego, frater Nicolaus, prior p.ti monasterij, predicta omnia accepto, et me subscripsi. 

*     Ego, frater Nicolaus de Salo, predicta omnia rata habeo, et accepto.   

[seguono, in settore inferiore della pergamena, lato sx, altre 6 sottoscrizioni]   

  • *    Ego, Ioannes de Larzon, me subscripsi. 
  • *     Ego, Guilelmus Tanchen, de Nicotera, testis sum. 
  • *     Ego, Philippus Michellen. , testis. 
  • *   Ego. Ioannes Fazarus, de Mileto, interfui, et me subscripsi. 
  • *     Ego, Leo de p.b.ro Ioanne, me subscripsi. 
  • *     Ego, Goffredus Fazar., interfui, et me subscripsi.  
[segue, in settore centrale della pergamena, altra sottoscrizione]   

*    Ego, Bernardinus de Agnesia, me subscripsi.   
[segue, prima della plica, ed ultimo rigo, sottoscrizione dello scrittore] 

*     Ego qui supra Ioannes Carsi, scriptor Terre Mileti, in defectum notarij apostolici nondum in eadem Terra Mileten. per regiam Curiam ordinat. predicta scripsi, et me subscripsi.  

+ + Loco SS.PP. [ due cordule canapis pendenti, sine sigilla] 

Sul verso, due note tergali e tre notazioni d’archivio:   

*     la prima, rubrica di mano del XV, risulta ben difficoltosa a leggersi poichè quasi completamente deleta. Da antiche fonti ci verrebbe attestata quale "Transactio inter abb.e Meliten., et episcopu( ) ibidem Militen., sup. nonnullis differentiis inter ipsos verten, et presentim sup. eccla S. Nicolai in Terra Montis Leonis".
 
*     la seconda è di mano del XVI, così risultando "Tra(n)sath(i)o(n)e tra  lo ep(isco)po de Melito et lo abbate de l’abbatia de alcune differe(n)ze (che) erano tra loro". 

Delle notazioni d’archivio, la prima risulta l’usuale cartellino apposto sul verso di cadauna pergamena del diplomatico ACGR, questa portando la sigla C.XII, corrispondente all’inventariazione del 1762 ed alla conseguente sistematica per classi alfabetiche, al cui interno comunque cronologiche, delle pergamene tutte; legate da un continuo numero di corda. 

L’uno e l’altro, abbinati, costituiscono ancora oggi un valido, ed invero unico, modo di prontamente reperire le pergamene. 

Ed in effetti tale pergamena è al progressivo n. 52, classe C, posizione XII all’interno della classe [1]. 

Delle notazioni d’archivio, la seconda non altro è che la dicitura C.XII, scritta a penna direttamente sulla pergamena. 

E che presumibilmente corrisponde al preparatorio lavoro di classificazione di Silverio Orbini, celebre forense partenopeo (1763). che ne produsse poi opera ms; ancora oggi inedita. [2]

Delle notazioni d’archivio, la terza non altro è che la dicitura "n(umer)o 76"; che offre la particolarità di presentare un punto dopo il 7, separativo. Che avrà pure il suo senso. La cifra sembra comunque essere vergata da mano del XVI. 

Lo specchio scrittorio dell'insieme (22 righe + 14 sottoscrizioni) sembra assolutamente della stessa mano della lunga, alla trascrizione defatigante, pergamena C.II. Le due distinte cordule (l’una minore, in corrispondenza del lato sottoscrizione episcopale, l’altra di maggiore sezione, in corrispondenza di lato verso sottoscrizione abbaziale), sostentive dei rispettivi SS.PP, sembrano essere, anche all’esame dei fori e del condizionamento della plica, assolutamente credibili.   

Note
[1] Serva, per il quadro d’insieme il codice ms., ACGR 46 (1762) [Ms. che stiamo integralmente trascrivendo;  e pubblicando]. Elenco dei regesti delle pergamene di quasi tutto il diplomatico ivi serbato; ed elenco a sua volta esemplato e sul riscontro diretto, e su due importanti fonti: i codici A e B (rispettivamente voll. 20 e 21), contenenti molte copie del diplomatico. 

Già Antonio Scordino però segnalava, e nel 1973, che il 21 mancava da circa un ventennio. 
E non è scomparsa da poco, stante che molte pergamene risultano disperse rispetto alle inventariazioni dei secc. XVI - XVII, e di varie d'esse v’era copia solo in quell’unico codice. 
Attengono infatti a tale serie ad es. quelle consegnate agli agenti di Bernardini, vescovo, nel 1718, in Roma.

[2] Anche questa, dicansi, stiamo integralmente trascrivendo;  e pubblicando]. 



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1272. Bivona. Fonti.

1272. GREGORIO X a Ruggero, abate della SS. ma Trinità di Mileto. Globale confermazione apostolica tutela al monastero ed in specifico della sentenza di Raoul Grosparmy, legato della Santa Sede nel regno di Sicilia, affinchè i possessi dell’abbazia che Matteo Marcafaba ha occupati con la violenza, siano resi al monastero. 

1271. Bivona. Fonti.

1271. Stefano Gallardo giudice di Monte Leone e Giovanni Cauda notaio transuntano in forma pubblica un privilegio di Ruggero,   conte,   1102,   indizione XII,   10 di luglio,   con il quale venivano concessi all’abbazia di Mileto beni e privilegi.   

1271. Stefano Gallardi giudice di Monte Leone,   con pubblico documento dichiara che Tarperio e Guarniero suo figlio,   abitanti di Monte Leone,   traditisse Bartlettae Tappeno il magazzino posto in Monte Leone.   

1267. Bivona. Fonti

1267. Transunto ad opera di Angelo di Paolo di Narnia notaio della S. R. C. actuarius di Rodolfo,   vescovo d’Albano e legato della Sede Apostolica. Atti istruttori sottoposti a giudizio di Carlo,   re,   in esame di testi deponenti sulla richiesta dei religiosi del monastero della S. Trinità di Mileto che le terre,   ovvero il territorio su cui edificato il castello di Monte Leone e la sua rocca per opera di Matteo Marchiafaba secretus imperiale spettavano al monastero e che con la forza furono occupate e i vassalli del monastero stesso costretti con la forza ad ivi abitare.   

1267. Sentenza emessa in Cosenza per mano di Angelo di Paolo di Narnia notaio di Rodolfo vescovo d’Albano,   legato della Sede Apostolica,   esecutore deputato delle restituzioni da farsi nei termini delle convenzioni tra la chiesa romana e re Carlo. In favore dell’ abbazia della Trinità di Mileto con la quale ordina che a questa sia restituita da re Carlo il territorio in cui un tempo fu edificata da Marchiafaba la villa di Monte Leone e la sua rocca.   

1267. Transunto su richiesta di Pietro,   abate di Mileto,   di sentenza emessa in 1267 da Rodolfo vescovo d’Albano,   legato della Sede Apostolica,   in favore dell’ abbazia della Trinità di Mileto con la quale ordina che a questa sia restituita da re Carlo il territorio in cui un tempo fu edificata da Marchiafaba la villa di Monte Leone e la sua rocca. "Non saprei precisare la data esatta alla quale Paganus fu abbate di Mileto. Il suo nome figura nell’inchiesta che precedette la sentenza emessa dal card. Raoul Grosparmy riguardo a Monteleone (RCG, Reg. 21, f. 23 - 28’). Si rileva da questo testo che Paganus succedette nella carica abbate a Johannes, e che fu abbate prima che Marcafaba avesse intrapreso di riedificare Monteleone."  [LAURENT, Bollario, nota 106].   

1255. Bivona. Fonti.

1255. ALESSANDRO IV all’abate della Trinità di Mileto in merito alla giurisdizione sopra chierici e laici che Matteo Marcafaba aveva con violenza  tolti alle borgate di Castellario,  Bivona,   S. Gregorio e Arzona,   costringendoli ad abitare a Monteleone.  Città costruita da Marcafaba su terre appartenenti all’abbazia di Mileto,   nonostante le proteste dell’abate e monaci della SS. ma Trinità.   

lunedì 18 maggio 2020

1696. Bivona. Fonti.

1696, marzo 13. MAST. Vicariato. Giurisdizione pastorale in territorio abbaziale. Costituti tridentini. DIEGO CALCAGNI , vicario. S. PIETRO DI BIVONA. Atti di Visita. 

Die 13 m.e martij 1696.
In pago S. Petri Vibonis, abb.lis iurisdi.nis SS.mae Trin.tis Mileti, nullius dioecesis, reverendissimum pater Didacus Calcaneus, Soc. Iesu, vicarius generali abbatiae SS.mae Trin.is Mileti, nullius (etc), procedens ad sacrosancta visitationi(s)...

SAN PIETRO DI BIVONA.

S. PIETRO DI BIVONA.

1696, marzo 13. MAST. Vicariato. Giurisdizione pastorale in territorio abbaziale. Costituti tridentini. DIEGO CALCAGNI , vicario. S. PIETRO DI BIVONA. Atti di Visita. 
Die 13 m.e martij 1696.
In pago S. Petri Vibonis, abb.lis iurisdi.nis SS.mae Trin.tis Mileti, nullius dioecesis, reverendissimum pater Didacus Calcaneus, Soc. Iesu, vicarius generali abbatiae SS.mae Trin.is Mileti, nullius (etc), procedens ad sacrosancta visitationi(s)...

1668. Bivona. Fonti.

1668, gennaio 13.-Monteleone, Collegio S.I., residenza vicariale. Giorgio PLEVINOWSKI, vicario abbaziale, a Nicolo' DEL NERO, rettore CG. -Informativa a carico di Consalvo DE FILIPPIS, curato parrocchiale Piscopio, con aspetti d'ordine pubblico.

(1r)
<< Molto rev(erend)o p(ad)re in (Cristo)
P(aternita') c(arissima).

(...)

Aggiungo per fine a v(ostra) r(everenza), che in queste parti non si può governare se non o con la forza, o con grande appoggio, e sostegno di Roma, per poter in ogni occasione / [5] giocare coi monitorij, inibitorie <z>, e censure, e, massime in q(uest)a nostra giurisd(izio)ne in cui v'è una <aa> fonte perenne di disturbi, et è che le com(mi)ssioni di Roma o siano dè <bb> beneficij, o d'altro vengono dirette alli giudici stranieri, onde per questa via entrano molti disordini <cc>, e la giurisdiz(io)ne <dd> s'empie dè beneficiati rifiuta ti, e cacciati <ee> dagli altri come turbolenti, di poco sapere, e poco buoni costumi, e ve li vedete innanzi quando meno ve la pensate.
Che però, sin / [10] à tanto che q(uest)a vja non si rompe, o chiunque con far allibrare q(uest)a abb(adi)a nella Dataria sempre avremo <ff> dè fastidij, con poca stima e riputation nostra.

Fra pochi giorni s'aspetta qui il marchese della Sambuca, d. Giulio Pignatelli, f(rate)llo del duca di Mont.ne, per assister al governo di questo stato : sarebbe bene che v(ostra) r(everenza) procurasse col p. g(e)n(er)ale, e col sig(no)r cardinal protettore gli raccomandassero gl'interessi di q(uest)a n(ost)ra abb(adi)a, / [15] che, com'intendo è un sig(no)r molto più, et affezionato <gg> alla Comp(agni)a.

Scrissi a v(ostra) r(everenza) m'ottenesse la facoltà di applicare le transaz(io)ni <hh> e pene alla fabbrica <ii> della chiesa abbaziale; <jj> un'inibitoria <kk> contro quelli che presumessero di vessare gli officiali, e ministri <ll> di quest' abb(azi)a ; un precetto del n(ostr)o p(ad)re alli f(rate)lli Fran(ces)co Palma, e Fran(ces)co  Vigoriti, che volessero rive lare tutti li pregiudizij, e danni, che hanno fatto, o fatto fare, o sanno es sersi / [20] fatto <mm> nell'usurpaz(io)ne et occupazione delli beni stabili, e mobili dell'abb(adi)a; e facessero una fede autentica, come quella parte della marina di Bivona, ora posseduta da q(uest)a corte ducale <nn> era p(ri)ma in dominio dell'abb(adi)a, e non è in tutto terra scoperta per la ritirata <oo> del mare, come falsam(en)te hanno deposto alcuni nemici degl'interessi dell'abb(adi)a.

Tutte queste provvisioni <pp> aspetto da v(ostra) r(everenza), e la prego per fine  ad avvisarmi le rimesse fattale dal p. / [25] De Nevares per registrarle nel libro mastro, et a far dilig(en)ze alla Ripa Grande <qq> per qualche ritratto del denaro da rimborsarsi qui da me, raccomandando mi intanto di cuore alli s(uoi) s(antissimi) s(acrificij) <rr> et or(azio)ni .

Monteleone, 13 gennaio <ss> 1668.

D(i) v(ostra) r(everenza)
(...)
Ind(egnissi)mo servo in (Cristo), Giorgio Plevinoschi.//

giovedì 14 maggio 2020

1975. Salvatore Settis, Vito Capialbi

CAPIALBI, Vito

di Salvatore Settis - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 18 (1975)

CAPIALBIVito. - Nacque a Monteleone di Calabria (oggi Vibo Valentia) il 30 ott. 1790 da Vincenzo e da Anna Marzano; la famiglia, ascritta al patriziato di Benevento e poi di Stilo, era giunta a Monteleone alla fine del secolo XV, e vi vantava una lunga tradizione culturale.

Un Galeazzo Capialbi aveva istituito nella sua casa monteleonese, nel 1514, un museo lapidario; Giovanni Antonio (1540-1593), giureconsulto e poeta, era stato fra i promotori dell'Accademia degli Incostanti, che ebbe vita in Monteleone per circa un secolo; Giuseppe (1636-1675), giureconsulto, aveva pubblicato nel 1659 una storia di Monteleone.

Il C., rimasto presto orfano del padre, fu dalla madre affidato (1798) ai basiliani del collegio di S. Spirito; il C. vi ebbe maestri l'abate F. I. Pignatari, arcade, G. De Luca, M. Clari, che sarà arcivescovo di Bari, R. Potenza. Tornato in casa nel 1804, intraprese studi di diritto civile e canonico, sotto la guida del giureconsulto E. Pisani, mentre l'arciprete Cesare Crispo lo indirizzava nello studio della teologia. Il suo ingresso nella ristretta élite culturale di Monteleone è segnato dall'ammissione (1809) all'Accademia Florimontana Vibonese, che era stata fondata nel 1765, e della quale era allora principe l'abate Pignatari.

Un momento cruciale nella vita del C. è segnato dal decennio francese, durante il quale Monteleone divenne capoluogo della Calabria Ulteriore. In quegli anni il C. ricoprì numerose cariche pubbliche, e dovette attivamente interessarsi della pubblica amministrazione e dell'economia della regione. La restaurazione borbonica segna la fine di questo impegno del C. nella vita pubblica; e scrivendo nel 1848 a G. Melzi, egli lo assicurerà che, "trovandosi nell'età di anni 57, non si farà saltare certo il grillo di scrivere su soggetti politici"; "la mia applicazione innocua, dal 1815 fin ora, si è rivolta all'Archeologia, ed alla Storia specialmente ecclesiastica di queste provincie" (Epistole, p. 329). All'amico F. S. Petroni aveva dichiarato nel 1833 di voler stare procul civilibus undis, col "triplice vantaggio d'accrescere le mie sostanze, e i miei capitali; educare i miei figli; ed aumentare ed estendere le conoscenze letterarie"; ma a questa dichiarata scelta di una vita tutta intorno alle occupazioni domestiche e di studioso si accompagna un accorato rimpianto dei "beati giorni di gioia, ed ilarità" di Monteleone: quelli del Regno francese, per reazione ai quali la città era stata poi del tutto trascurata dal governo borbonico (Epistole, pp. 383 ss.).

Agli interessi di questo periodo si rifà una lettera scritta nel 1833 all'abate D. Sonni (pubblicata nelle Epistole, pp. 123-131), sulla Vera sorgente,e lo stato attuale della mendicità nelle Calabrie ...e i mezzi più conducenti onde riparare alla pubblica miseria. Causa della povertà non è per il C. né la né la scarsa fertilità della terra; né ancora l'insufficiente esercizio di arti e mestieri, o l'insalubrità dei luoghi; le vere cause sono invece indicate nella "mancanza d'istruzione, di vita metodica, e di virtù pubblica nel basso popolo"; nei "pesi, che direttamente gravitano sul popolo", fra cui specialmente le imposte sul macinato e sul sale; nella mancanza di "incoraggiamenti, senza di cui non si possono perfezionare le arti, e i mestieri"; infine nella "mancanza de' soccorsi accortamente somministrati". Nella polemica contro chi "meschinamente dilapida" i fondi di beneficenza il C. trova accenti di violento sdegno che erano, forse, quelli della sua giovinezza: e non meno netta è la condanna di chi dona alle chiese e ai conventi senza preoccuparsi del "sollievo dei poveri", cui "poco, o nulla siffatte donazioni influiscono". Come primo rimedio è indicata l'abolizione dell'imposta sul macinato, e una forte riduzione di quella sul sale; ma ad esse si deve accompagnare, per il C., un'accorta distribuzione delle opere pubbliche e ne' siti, ove il bisogno de' popoli è più urgente"; un'organizzazione di pubblica assistenza indipendente da ogni autorità sia amministrativa che ecclesiastica; infine la fondazione del grande orfanotrofio delle Calabrie, al quale il C. vede affidata l'utopistica funzione di "accrescere, e perfezionare le arti, ed i mestieri..., diffondendo col mezzo de' suoi alunni la istruzione, i principi della morale, ed i metodi di vita".

Dal 1815 in poi gli studi del C. sono inestricabilmente connessi con la sua attività di collezionista, che lo portò a formarsi una larga biblioteca con un cospicuo fondo di incunaboli e manoscritti, in grandissima parte provenienti dai monasteri soppressi, e un notevole museo di iscrizioni e antichità greche, romane e medievali. Intorno a problemi di storia locale principia ad esercitarsi il C. come studioso, con memorie lette nell'Accademia Florimontana, prime fra le quali sembrano essere - da una sua lettera al numismatico viennese A. Steinbüchel, del 1819 - una sulle stamperie esistite in Monteleone, un'altra sulla storia dell'Accademia stessa (Epistole, p. 33). Di qui il C. passò alle biografie di suoi concittadini (primi F. I. e D. Pignatari), cominciando, nel vol. VIII, la collaborazione alla Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, per la quale scriverà alcune decine di vite, estendendo a mano a mano la sua competenza all'intera Calabria; e anche la sua collaborazione a giornali comincia con un necrologio dell'abate Pignatari (Mercurio messinese del 7 marzo 1827). Ma l'amicizia di Karl Witte, iniziata quando questi si era recato a Monteleone nel 1819, e durata assai a lungo, mette in contatto il C. con gli archeologi tedeschi che, a Roma, avevano fondato il circolo degli Iperborei, E. Gerhard e Th. Panofka; sicché, dopo uno scambio di lettere durato alcuni anni, il Gerhard invitava, il 26 maggio 1829, il C. ad entrare nell'appena fondato Instituto di corrispondenza archeologica come socio corrispondente, offrendogli di scrivere per le Memorie dell'Instituto "illustrazioni appoggiate sopra monumenti d'arte, e di epigrafia finora incogniti..., specialmente... le produzioni archeologiche della sua patria". Nasce così la prima memoria del C., il Cenno sulle mura d'Ipponio, seguito da un Giornale degli scavi di Montelione - che eran poi le casuali scoperte donde eran venuti oggetti della collezione del C. - e dai Monumenti letterati, in gran parte della sua stessa raccolta (tutto nelle Memorie dell'Instituto, II, [1832], pp. 159, 193). A questo stesso filone, nato dal desiderio del C. di illustrare l'antica storia della sua patria e insieme gli oggetti del suo privato museo, apparterranno ancora altre opere degli anni seguenti, come la memoria su Mesma e Medama (quattro edizioni fra il 1838 e il 1848).

Anche quest'opera - dove il C. avanza la non più sostenibile ipotesi della duplicità di Mesma e Medma - Medama - nasceva dal desiderio di illustrare una moneta della sua collezione, della quale già nel 1825 aveva scritto al canonico Andrea De Jorio (Epistole, p. 53) e nel 1827 a Melchiorre Delfico (Mesma e Medama..., Napoli 1848, p. 4). Nella quarta ediz. il C. aggiungeva Nuovi motivi comprovanti ladualità delle medesime; e, ripubblicando questi separatamente l'anno successivo, vi aggiungeva una biografia dell'abate N. M. Pacifico, già possessore di un'altra moneta mesmea. Solo per questa tenue ragione il C. introduce nel suo libro la figura dell'abate Pacifico, ma in realtà egli ne prende l'occasione per pronunciare un'amara e dura condanna dell'uccisione del Pacifico nella reazione napoletana del 1799, congiungendogli nel rimpianto il Conforti, D. Cirillo, E. Fonseca Pimentel: "quasi unico accenno di un sentire politico, che per il resto si limita a espressioni di lealismo verso la Sede apostolica (p. es. rifiutando le tesi lamennaisiane del Livre du peupleEpistole, p. 19).Ma già nella lettera al Gerhard del 24 ott. 1829 affiorava un diverso modo di intendere la propria missione di dotto: "sento come l'idea dell'Istituto è di escludere i monumenti della bassa antichità dal suo lavoro;... ad ogni modo ella ignora che nelle raccolte vi è bisogno di tutto, anche del Medio Evo (Epistole, p. 77). Anche questo interesse del C. sorgeva dalle mura domestiche, che avevano accolto numerosissimi documenti e manoscritti da conventi soppressi, e insieme oggetti e iscrizioni e sculture medievali; e proprio il carattere e la provenienza di tutto ciò porterà il C. specialmente verso la storia ecclesiastica.

A questo settore della sua attività appartiene la prima opera del C. di vasto respiro, le Memorie per servire alla storiadella santaChiesa miletese (Napoli 1835), che oltre alla più antica storia delle due diocesi di Vibona e Tauriana, che nel 1081 furon riunite a formare la nuova di Mileto, e alla serie cronologica dei vescovi miletesi (con relative notizie biografiche) contiene una raccolta di quarantatré diplomi e documenti, metà dei quali inediti, e dieci conservati nella sua stessa biblioteca. Secondo identico schema saranno poi costruite le Memorie per servire alla storia della santa Chiesa tropeana (Napoli 1852), a cui sono unite quelle della diocesi di Amantea, aggregata a Tropea nel sec. XI; qui il C. pubblica numerosi altri documenti, dei quali nove exdomestico archivo. Com'è scritto nella prefazione a queste ultime, analoghe opere progettava il C. per le diocesi di Catanzaro, di Squillace, di Oppido e di Reggio; da questo ed altro materiale nasce La continuazione dell'Italia Sacra dell'Ughelli per i vescovadi di Calabria, che sarà pubblicata postuma, a cura del nipote Hettore Capialbi, nell'Archivio storico della Calabria (1912-16: estr. anticip., Napoli 1913), e completata con frammenti inediti per cura di L. Franco, Pagine inedite di V. C. sulla storia dei vescovadi diCalabria, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, IV (1934), pp. 181-194Fra le altre sue opere si ricorderà la Lettera... sopra alcunimonumenti del Medioevo esistenti in Calabria, pubbl. nel giornale messinese IlFaro, IV (1836), 11-12, in cui si dà notizia per la prima volta della Cattolica di Stilo, e le Mem. delle tipografie calabresi (Napoli 1834), pubbl. poi con quelle delle Biblioteche di Calabria (Napoli 1836; ripubbl. a cura di C. F. Crispo, nell'Archivio storico per la Calabria e la Lucania, IX-XI [1939-1941], e poi in vol., Tivoli 1941).

Queste ricerche fecero scoprire al C. il miserevole stato e la continua dispersione degli archivi calabresi, specialmente ecclesiastici e su questi egli volle riferire al VII congresso degli scienziati, che si tenne in Napoli nell'autunno 1845 (la sua relaz. è ristampata nel cit. volume Memorie delle tipografie calabresi, 1941). Nella stessa occasione il C. pubblicava, dedicandoli agli scienziati del congresso, i Documenti inediti circa la voluta ribellione di Fra' Tommaso Campanella (Napoli 1845), dove erano per prima volta editi, di su un ms. dal C. ricuperato, e da lui ritenuto autografo, un'autodifesa del Campanella - che l'Amabile riconoscerà scritta nel 1620 - e frammenti delle sole autodifese di laici che di quel processo siano note, Giov. Paolo e Muzio de Cordova.

Il C. aveva avuto il ms. dell'autodifesa del Campanella - la cui autografia attende ancora di esser verificata - da un Conestabile stilese, discendente di Giov. Battista Conestabile, a cui il Campanella lo aveva dato nel 1626. Incerta invece è la provenienza dell'altro ms., quello dell'autodifesa dei due de Cordova, non più conservato nella Biblioteca Capialbi, dov'è però l'apografo che il C. ne aveva tratto per la stampa. Il censore Biagio Roberti costrinse il C. a sopprimere alcune frasi dell'autodifesa del Campanella, facendo figurare illeggibile il ms. in quei luoghi, e vietò la pubblicazione integrale dell'autodifesa dei de Cordova: di tutto ciò diede poi avviso il C. in un foglio stampato e diffuso nel 1848. Tutto il materiale da lui approntato per la stampa sarà in seguito raccolto ed edito da L. Franco, Documenti campanelliani, Parma 1935.

Nel 1846 doveva recarsi a Genova, per l'VIII congresso degli scienziati italiani; ma non risulta che abbia compiuto il viaggio, come nulla si sa di sue escursioni fuori del Regno. Del resto, se numerosi furono i suoi viaggi in Calabria, non sembra che abbia visitato altre regioni, mentre si recò più volte a Napoli (almeno nel 1820, 1840, 1842, 1845, 1847), e sempre con buon frutto per le ricerche che andava compiendo.

Anche se non seguendo un filo unico, l'operosità del C. fu interamente volta, dopo gli interessi politici della giovinezza, all'illustrazione di tutti i possibili aspetti, fino i più minuti, della storia locale prima di Monteleone, poi via via dell'intera Calabria. L'unione degli studi di archeologia ed epigrafia classica con quelli di diplomatica medievale e di storia ecclesiastica, e di storia della cultura calabrese nell'età umanistica (Memorie di Rutilio Zeno e Aurelio Bienato, Napoli 1848), degli archivi, delle biblioteche (raccolse testi dialettali ad es. delle prefiche di Pizzo: Epistole, p. 319 ss.), appare in lui frutto di meditato senso della continuità di genti e civiltà sulla stessa terra: quasi ne scrivesse, egli estensore di quasi cento vite di uomini illustri, altrettanti capitoli di una gigantesca biografia. Ma sdegnando "il desiderio sposato dagli scrittori municipali di nobilitare il proprio paese", poteva scrivere: "Mi ho stabilito io un canone rigoroso di raffrenare siffatta municipal passione, e ridurre nelle meschine mie scritture la Storia al fatto" (Memoriesul clero di Montelione, Napoli 1843, p. 20). Il senso del provinciale isolamento è in lui più forte di quello dell'immensa utilità del suo lavoro; e si traduce in continue richieste di aiuto bibliografico ai dotti di tutta Italia, ai quali però di continuo fornisce a sua volta indicazioni e notizie. Questa fitta corrispondenza, poi in parte pubblicata (fra i suoi destinatari A. Mai, T. Mommsen, B. Borghesi, il duca di Luynes, P. S. Mancini, P. Galluppi, oltre a quelli già nominati), e le opere a stampa gli valsero a Monteleone la carica di segretario perpetuo dell'Accademia Florimontana, e fuori la nomina a socio di moltissime accademie, fra cui la Pontaniana e l'Ercolanese in Napoli, i Georgofili e la Colombaria in Firenze, l'Acc. Lucchese di scienze lettere ed arti. Nel 1842 Gregorio XVI lo nominò cavaliere di S. Gregorio Magno; nel 1847 Pio IX gli conferì il titolo, trasmissibile, di conte. L'opera vasta e varia e la grande rinomanza ne hanno fatto, si può dire fino ad oggi, un modello ideale per gli studiosi calabresi di storia locale; dalla massa dei quali però sempre il C. si distingue se non altro per l'ampiezza degli interessi e la consapevolezza del carattere di evasione e disimpegno politico (seppure talora ostentato come un traguardo positivo) che aveva assunto per lui l'attività erudita: ma sempre in mezzo al rimpianto per i pensieri e le idee del decennio francese.

Il C. morì nella sua casa di Monteleone il 30 ott. 1853. La sua biblioteca, ancora raccolta nella sede originaria ( e dopo un suo spostamento ad altra parte del palazzo riordinata da Luigi Franco nel 1932), resta, coll'archivio e la collezione archeologica, il miglior monumento dell'attività del C., anche se sinora tutto, o quasi, ciò ch'egli stesso non pubblicò può dirsi inedito. E l'unico suo ritratto mai pubblicato è quello - tuttora conservato a Vibo in casa Capialbi - che si trova riprodotto, in antiporta alla seconda ediz. (Tivoli 1941) delle Memorie delle tipografie calabresi.

Oltre alle opere citate e ad altre minori molto pubblicò il C. nei giornali Il Maurolico e Il Faro di Messina, nel Calabrese e in altri giornali napoletani; questi ed altri scritti furono per sua cura riuniti nei primi due volumi di Opuscoli varii (Napoli 1840 e 1849; per il III volume, cfr. infra).

Fonti e Bibl.: Fonte primaria per la vita e le relazioni culturali del C. sono le sue Epistole, stampate come tomo III degli Opuscolivari, (Napoli 1849); altre lettere sono state poi pubblicate da D. Zangari, V. C.ad Agostino Gervasio (Lettere inedite), in Riv.critica di cultura calabrese, II (1922), estratto; cfr. anche L. Franco, Lettere inedite di Pasquale Galluppi a V. C., in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, XXII (1953), pp. 113-34; e cfr. ancora Componimenti inmorte di Anna Marzano Capialbi da Montelione,scritti da vari amici a conforto del Cav. V. C. perla morte dell'ottima sua madre, Napoli 1841; e, sulla figlia premortagli, Annetta, Ilmodello dellefanciulle,delle matrone e delle vedove, Napoli 1850. Manca una biografia del C. compilata sui numerosi documenti e lettere conservate ancora nella sua biblioteca. Di lui hanno dato notizie biobibliografiche G. Giucci, Degli scienziati italiani formanti parte del VII Congresso in Napolinell'Autunno del MDCCCXLV notizie biografiche, Napoli 1845, pp. 188-190; F. S. Palomba, Notizie storiche sulla vita del conte V. C., Messina 1854; O. Simonetti, Funebre laudaziono del conte V. C., Monteleone 1892 (con la più ampia bibliografia, ma ricca di errori ed anche incompleta); O. Dito, La storia calabrese..., Rocca San Casciano 1916, pp. 82-87; V. Galati, Lastoriografia calabrese..., in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, I (1931), pp. 32-34; L. Aliquò Lenzi-F. Aliquò Taverriti, Gli scrittoricalabresi, Reggio Calabria 1955, I, pp. 142-144. In gen. sulla biblioteca Capialbi, cfr. L. Franco, V. C. e la sua biblioteca in Vibo Valentia, in Arch.stor. per la Calabria e la Lucania, XXIII (1955), pp. 485-488. Dei manoscritti, solo 42 (prob. meno della metà di quelli esistenti) sono stati descritti da F. Carabellese, in G. Mazzarinti, Inventarii..., VII, pp. 195-205 (il n. 34, Expositio super Canticha cantichorum, risulta donato a B. Mussolini e da questo a M. Horthy, essendone autore un certosino ungherese). Un catalogo degli incunaboli è stato pubblicato in Boll.della Soc. di storiapatria per leCalabrie, I (1944), 3-4. Le iscrizioni furono viste dal Mommsen nel 1873 e si trovano nel Corpus inscript. Lat., X. Alcuni bronzi greci furono pubblicati da P. E. Arias, Bronzetti ined.di provenienza italiota, in La Critica d'arte, V (1940), pp. 1-5 (cfr. U. Zanotti-Bianco, in Arch.stor. per la Calabria e la Lucania, X [1940], pp. 367-372). Alcune gemme sono state studiate da Gr. Pugliese Carratelli, Gemme magiche in Calabria, in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, XXII (1953), pp. 23-30. Infine, per le monete (quasi tutte passate per eredità in proprietà Patroni-Griffi a Napoli), G. Procopio, Il medagliere dellacollezione Capialbi a Vibo Valentia, in Annali dell'Istituto ital. di numismatica, II (1955), pp. 172-181. La grandissima parte del materiale, ivi comprese le lettere dei corrispondenti del C., è tuttora inedita e inesplorata; un prezioso saggio di ciò che ancora vi si può trovare è la serie di documenti pubblicati da A. Guillou, La Théotokosd'Agia-Agathé (Oppido)..., Paris 1972. Sul ms. di T. Campanella, v. L. Amabile, Fra' T. Campanella..., I, Napoli 1882, pp. VII ss.





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mercoledì 13 maggio 2020

1960. Silvio Giuseppe Mercati, Nicolò Alemanni.


ALEMANNI, Nicolò

di Silvio Giuseppe Mercati - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

ALEMANNINicolò. - Nacque ad Ancona il 12 genn. 1583 da famiglia oriunda di Andros. Alunno del Collegio greco di Roma, si distinse nello studio del greco e del latino. Benché ordinato sacerdote di rito latino, insegnò con plauso in detto collegio, ove ebbe discepoli Leone Allacci e Francesco Arcudio. Fu maestro privato di greco al futuro cardinale bibliotecario Scipione Cobelluzzi, dal quale venne proposto come segretario al cardinale Scipione Borghese. Nominato nel 1614 primo custode della Biblioteca Vaticana e dell'allora annesso Archivio di Castel S. Angelo, svolse un'intensa attività di ricerche storiche, letterarie e antiquarie, i cui primi frutti sono la magistrale edizione principe di Procopii Caesariensis Anecdota... Arcana historia,Lugduni 1623 (v. il favorevole giudizio di Giacomo Haury nei prolegomeni all'edizione teubneriana di Procopio), e il De Lateranensibus parietinis a... Francisco Cardinali Barberino restitutis,Romae 1625, ristampato a Leida, 1723, nel Thesaurus Antiquitatum Italiae del Grevio, VIII, 4, e a Roma nel 1756 a cura di Giovanni Bottari, che premise una breve biografia dell'autore e aggiunse il De Triclinio di Cesare Rasponi e il De Sacris Imaginibus di Giuseppe Simone Assemani. Al dotto autore di queste opere Urbano VIII, prima d'iniziare gli scavi attorno alla Confessione di S. Pietro per la posa delle colonne del baldacchino berniniano, richiese una risposta per iscritto ai dubbi, alle obiezioni e ai pericoli che venivano prospettati contro l'esecuzione di scavi in un luogo tanto venerando.
Consegnata la risposta, il cui contenuto è conosciuto soltanto per il riassunto fattone dal canonico Ugo Ubaldii (non dal signor R. Ubaldi, come si legge in Armellini, Le Chiese di Roma),il30 giugno 1626 si iniziarono gli scavi, ai quali doveva assistere anche l'Alemanni. Questi, però, colpito, come qualche altro assistente, da febbre perniciosa l'11 luglio, morì il 25 e fu sepolto nella chiesa dei SS. Quattro Coronati.
La morte dell'A, fu una grave perdita non solo per il buon proseguimento degli scavi, che sarebbero stati da lui zelantemente sorvegliati e illustrati colla sua varia erudizione antiquaria, ma anche per gli studi, perché sospese l'elaborazione e la stampa di opere Importanti, cui l'A. attendeva.
Il Mai deplora che sia miseramente perito 1'. opus maius et immensi laboris", il De Ecclesiasticis Antiquitatibus.
Però non tutto è andato perduto. Nei fondi Vaticani (specialmente Barberiniano)e Vallicelliani si trovano abbozzi e frammenti sulle antichità cristiane, che confermano il giudizio del Mai: "Erat vir Rio multarum litterarum summeque versatus in omni genere artium optimarum, ecc.".
Tra le opere quasi pronte per la stampa il Mai scelse il Liber Annalis seu Kalendarium illustratum,che pubblicò in appendice alla Vita Leonis Allatii di Stefano Gradio in Nova Patruin Bibliotheca,VI, 2, Romae 1853, pp. XXIX-XL dal cod. Borgiano latino 156 di mano di Gaetano Marini. Questo dotto commentario ad un Calendario runico inciso su tavolette di bossolo, ora scomparse, è sfuggito agli studiosi, perché sepolto fra testi patristici e bizantini e non corredato dalle figure. Esso deve essere riedito integralmente, colla riproduzione delle cinque tavolette, di cui si conservano due decalchi, e delle singole figure intercalate nel testo. Erano in avanzata elaborazione i De antiqua ecclesiastica praerogativa loci libri duo,cioè: Liber I. Petrus Apostolus sive de antiqua ecclesiastica praerogativa in Sacris;Liber II. Legati Romani, sive de... in Synodicis;ove si spiega perché nelle monete talora S. Paolo è alla destra di S. Pietro. Meno avanzati sono i numerosi capitoli e appunti sulla vita e sulle opere di S. Giovanni Crisostomo, il cui corpo, nel maggio 1626, venne traslato nell'altare del coro di S. Pietro.
L'opuscolo Adversus Cappellum et Casaubonum pro Baronio Cardinale et loanne Budaemone Societatis Iesu a confutazione di passi di I. Cappelli Vindiciae pro Isacco Casaubono,Francofurti 1619, termina con un'acre invettiva in trimetri giambici greci. Alieno dalla moda di fare sfoggio di poesie d'occasione greche e latine, ai Carmina in Columnam Pauli V in Exquilinum translatam il "Bibliothecae Vaticanae Chartophylax" contribui con soli cinque distici latini. Che ben conoscesse la metrica greca lo attesta un inedito suo commentario greco al De Metris di Efestione. Della sua dottrina e dei tesori della Vaticana fece larga parte agli studiosi: ad esempio al p. Gretser per l'edizione dello ῾Οδηγός di Anastasio Sinaita, all'Ughelli per l'Italia sacra (diploma di Ruggiero II per Mileto), al p. Giacomo Mercati con Risposte ad alcune proposte sopra il Simbolo di Athanasio,inedite.
Come medita può considerarsi l'accennata Risposta ad alcuni vani sospetti richiesta da papa Urbano VIII, della quale esistono alcune copie.
È di mano dell'A, l'istruzione data dal cardinale bibliotecario Cobelluzzi a Leone Allacci per il trasporto della biblioteca Palatina di Heidelberg, ristampata da C. Mazzi, Leone Allacci e la Pala tina di Heidelberg,Bologna 1893.
Sarebbero perduti i due opuscoli in lingua greca ᾿Ιατροσοϕία e Περὶ ᾿Αττικοῦ λόγου elogiati da Giovanni Cottunio, Graecorum Epigrammatum libri duo,Patavii 1653.Monco e inesatto deve quindi ritenersi il giudizio che dà il Comparetti dell'A. nella prefazione a Le Inedite di Procopio: "Nella sua vita breve, oltre a qualche scritto di numismatica, non fece altro che lavorare assiduamente per la Editio princeps", mentre invece si sofferma sui violenti attacchi che vennero mossi dopo la morte dell'A, in difesa di Giustiniano, soprattutto contro Procopio e il suo editore accusati di falsità. L'A. ne aveva già preparata una ristampa corretta e integrata del principio e dei passi scabrosi relativi a Teodora che si conserva nel Barberiniano stampato J.V. 44 e 45.

Bibl.: E. Legrand, Bibliographie hellénique ou description raisonnée des ouvrages publiés par des Grecs au dix-septième siècle,III, Paris 1895, pp. 202-207, 522 s.; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés.,I, coll. 1330 a. Sull'importanza dell'A. quale editore di Procopio, nell'ambito della polemica antigiustinianea, v. S. Mazzaruno, La fine del mondo antico,Milano 1959, pp. 107-109. Benché abbia scritto pochissimo in italiano, parlano dell'A.: G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini,Ferrara 1722, p. 421 (confusione con la famiglia fiorentina degli Alamanni); G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia,I, 1, Brescia 1753, p. 264 s.; F. Vecchietti, Biblioteca Picena,I, Osimo 1790, pp. 75-77. V. in Osservatore Romano del 14 febbr. 1960 il sunto di una comunicazione di S. G. Mercati all'Accademia romana di archeologia su N. A. e gli scavi intorno alla Confessione di S. Pietro nel 1626.Epigrafe sepolcrale in O. Raggi, Monumenti sepolcrali eretti in Roma agli uomini celebri,I, Roma 1841, pp. 381-383. Facsimile calligrafico in Sussidi per la consultazione dell'Archivio Vaticano I, Città del Vaticano 1926, tav. II. 4.







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