Ieri un negozio è stato fatto esplodere nella città del monte... e sempre ieri, nella città del mare, qualcuno è riuscito nuovamente a rompere la finestra della Tonnara di Bivona. Era il 21 settembre quando l'avevamo inchiodata per mettere in sicurezza i suoi interni.
Vetri rotti su... vetri rotti giù! Episodi diversi, messaggi diversi... ma l'indignazione è la medesima.
Ancora una volta constatiamo che il territorio, le cose... non ci appartengono: qualcun'altro si arroga sempre il diritto di imporre il suo volere rispetto ai progetti di riscatto.
Non bisogna cedere nemmeno di un passo. Il diritto ceduto da uno è perso per tutti.
Abbiamo segnalato la finestra rotta all'Amministrazione Comunale ma siamo sicuri di dover nuovamente andare a ripararla noi!
Ed allora tanti auguri a tutti noi, per un 2009 all'insegna della comprensione, solidarietà e moralità!
mercoledì 31 dicembre 2008
sabato 20 dicembre 2008
L'ULTIMO VIAGGIO DEL VEGA...
Oggi il VEGA ha compiuto il suo ultimo viaggio...
lunedì 8 dicembre 2008
LA TONNARA... DI SCALFARI: UN RACCONTO DEL PASSATO PER GUARDARE AL NOSTRO FUTURO
E' possibile che la prossima settimana saremo impegnati ad organizzare l'anniversario della proposta di legge per l'istituzione del Comune di Porto Santa Venere. Nell'attesa di darvi informazioni più precise è il caso di intrattenervi con un regalo. Un racconto molto bello, scritto tra il 1916 ed il 1921 da un vibonese che scelse di trascorrere gli ultimi suoi anni di vita a Bivona. Si chiamava Antonino Scalfari... ed il racconto s'intitola "LA TONNARA". La sua biografia è ben riassunta dai suoi familiari in premessa... ed il suo racconto era a noi sconosciuto fin quando un amico del web, noto come "vento di Calabria", non ci ha dato la possibilità di conoscerlo, condividendo la scelta di renderlo noto a tutti i nostri amici.
Buona lettura.
Buona lettura.
sabato 29 novembre 2008
GENTE DI MARE... CHE HA IL DIRITTO DI ESSERLO!
Siamo "gente di mare" ... ed il nostro percorso identitario non può prescindere dalla valorizzazione di quanto la relazione tra noi ed il mare ha prodotto, nei secoli, nella nostra comunità.
Era il 2005 ed una troupe del canale satellitare Mediolanum Channel, per il programma "Gente di Mare" venne a scoprire la nostra costa e le nostre tonnare. "Non immaginavamo che in Calabria ci fossero storie di pescatori e tonnaroti", fu il loro esordio, ma ne venne fuori un belllissimo servizio dedicato alle "Storie di Tonnara" sulla nostra costa, con una interessantissima intervista al Rais Nunzio Canduci.
Quel servizio oggi lo vogliamo regalare a quanti vorranno unirsi a noi in questo percorso identitario, mentre come forte monito e sdegno, lo vogliamo far "vedere" a quanti ciecamente ostacolano da sempre l'istituzione del Museo della Civiltà del Mare presso l'ormai troppo silente Tonnara di Bivona. Che la Gente di Mare... ritorni in Calabria!
Era il 2005 ed una troupe del canale satellitare Mediolanum Channel, per il programma "Gente di Mare" venne a scoprire la nostra costa e le nostre tonnare. "Non immaginavamo che in Calabria ci fossero storie di pescatori e tonnaroti", fu il loro esordio, ma ne venne fuori un belllissimo servizio dedicato alle "Storie di Tonnara" sulla nostra costa, con una interessantissima intervista al Rais Nunzio Canduci.
Quel servizio oggi lo vogliamo regalare a quanti vorranno unirsi a noi in questo percorso identitario, mentre come forte monito e sdegno, lo vogliamo far "vedere" a quanti ciecamente ostacolano da sempre l'istituzione del Museo della Civiltà del Mare presso l'ormai troppo silente Tonnara di Bivona. Che la Gente di Mare... ritorni in Calabria!
venerdì 7 novembre 2008
IL VEGA II NON SI SALVERA'...
Confesso di camminare con un certo magone lungo la banchina del Molo Verde: scorgo sempre il "VEGA II" in condizioni peggiori, appesantito dalle acque che infilandosi lentamente tra il fasciame, ne riempiono la pancia ed i legni della cabina che si lasciano ormai cadere in acqua.
Dispero ormai di poter fermare tale degrado e di salvarne quanto ne rimane.
Non ne pubblico una foto per evitare lo strazio!
Nonostante la disponibilità delle nostre aziende a trasportarlo gratuitamente, nessun interlocutore istituzionale si è degnato di riconoscere un valore a questo storico peschereccio: nessuno vuole portarlo in salvo nei pressi della Tonnara di Bivona; per loro è un elemento di disturbo.
Così... tutto è immobile, cieco e sordo. Nessuno risponde più al telefono, nessuno sente il "dovere" di dare risposte!
Il silenzio non lascia mai presagire nulla di buono... e così il silenzio avvolge anche il destino della Tonnara di Bivona ed il progetto del Polo Museale della Civiltà del Mare (del quale allego scheda inviata a tutti i nostri enti pubblici)... un silenzio che però lascia intravvedere il più grande difetto di quel progetto: quello di essere stato ideato ed elaborato da noi, appartenenti a quei cittadini ormai bollati come "autonomisti" della marina!
E così... come per ogni cosa ritenuta da noi e per noi importante, anche quel progetto non si sottrarrà al destino di non essere accolto e perseguito, quando non osteggiato con improbabili alternative...
Confesso di essere stanco di "tallonare" l'assessore o il dirigente... il RUP o il RUC... o lo stesso sindaco.
Con grande stanchezza osservo il destino distruttivo a cui non riuscirò a sottrarre il VEGA, o a quello che ormai caratterizza la recente storia della Tonnara, quello di essere per qualcuno solo "occasione di cassa" ed a cui noi, con i nostri sogni ed utopie, offriamo ingenuamente il fianco.
"Ma 'stu Vega? Viditi 'ca massimu 'ntà 'stu misi... l'avimu 'i disarmari!" e vai... a trovare spiegazioni che non convincono più nemmeno te stesso... così come non convincono quelle usate per giustificare un "vedremo..." date ad un inatteso pescatore che a giorni dovrà "disarmare" anche il suo vecchio peschereccio!
Ma prima o poi questa stanchezza passerà ed il malessere si trasformerà in indignazione.
Nell'attesa... è forse utile farvi leggere un articolo sulla storia della Tonnara di Bivona scritto per la rivista SPOLA, che ha visto nel numero dedicato al mare calabrese, la collaborazione di Maurice Aymard, Predrag Matvejević, Vito Teti, Vincenzo Saggiomo, Daria Povh, Francesco Marcianò, Felice Arena, Domenico Cersosimo, Aurelia Sole, Annarosa Macrì, Vincenzo Padula, Lello Greco, Antonino Mazza, Fabio Fiori, Assunta Scorpiniti, Ettore Iani, Alfonsina Bellio, Francesco Turano, Antonio Scuticchio,Maria Teresa Iannelli, Stefano Mariottini, Marilisa Morrone Naymo, Francesca Travierso.
Un breve articolo ma utile per comprendere il valore "unificante" per l'intera costa vibonese di quel monumento di archeologia industriale, che ormai da 20 anni attende di essere valorizzato per come deve.
Da oggi, anche per combattere terapeuticamente il malessere, condividerò con voi quanto ho raccolto sulla storia delle tonnare della nostra provincia e sul mondo dei nostri pescatori.
Non riuscirò a salvare il VEGA II? Allora vorrà dire che salverò, donandeveli, ogni "memoria" che le sue fibre di legno contenevano!
A. Montesanti
Dispero ormai di poter fermare tale degrado e di salvarne quanto ne rimane.
Non ne pubblico una foto per evitare lo strazio!
Nonostante la disponibilità delle nostre aziende a trasportarlo gratuitamente, nessun interlocutore istituzionale si è degnato di riconoscere un valore a questo storico peschereccio: nessuno vuole portarlo in salvo nei pressi della Tonnara di Bivona; per loro è un elemento di disturbo.
Così... tutto è immobile, cieco e sordo. Nessuno risponde più al telefono, nessuno sente il "dovere" di dare risposte!
Il silenzio non lascia mai presagire nulla di buono... e così il silenzio avvolge anche il destino della Tonnara di Bivona ed il progetto del Polo Museale della Civiltà del Mare (del quale allego scheda inviata a tutti i nostri enti pubblici)... un silenzio che però lascia intravvedere il più grande difetto di quel progetto: quello di essere stato ideato ed elaborato da noi, appartenenti a quei cittadini ormai bollati come "autonomisti" della marina!
E così... come per ogni cosa ritenuta da noi e per noi importante, anche quel progetto non si sottrarrà al destino di non essere accolto e perseguito, quando non osteggiato con improbabili alternative...
Confesso di essere stanco di "tallonare" l'assessore o il dirigente... il RUP o il RUC... o lo stesso sindaco.
Con grande stanchezza osservo il destino distruttivo a cui non riuscirò a sottrarre il VEGA, o a quello che ormai caratterizza la recente storia della Tonnara, quello di essere per qualcuno solo "occasione di cassa" ed a cui noi, con i nostri sogni ed utopie, offriamo ingenuamente il fianco.
"Ma 'stu Vega? Viditi 'ca massimu 'ntà 'stu misi... l'avimu 'i disarmari!" e vai... a trovare spiegazioni che non convincono più nemmeno te stesso... così come non convincono quelle usate per giustificare un "vedremo..." date ad un inatteso pescatore che a giorni dovrà "disarmare" anche il suo vecchio peschereccio!
Ma prima o poi questa stanchezza passerà ed il malessere si trasformerà in indignazione.
Nell'attesa... è forse utile farvi leggere un articolo sulla storia della Tonnara di Bivona scritto per la rivista SPOLA, che ha visto nel numero dedicato al mare calabrese, la collaborazione di Maurice Aymard, Predrag Matvejević, Vito Teti, Vincenzo Saggiomo, Daria Povh, Francesco Marcianò, Felice Arena, Domenico Cersosimo, Aurelia Sole, Annarosa Macrì, Vincenzo Padula, Lello Greco, Antonino Mazza, Fabio Fiori, Assunta Scorpiniti, Ettore Iani, Alfonsina Bellio, Francesco Turano, Antonio Scuticchio,Maria Teresa Iannelli, Stefano Mariottini, Marilisa Morrone Naymo, Francesca Travierso.
Un breve articolo ma utile per comprendere il valore "unificante" per l'intera costa vibonese di quel monumento di archeologia industriale, che ormai da 20 anni attende di essere valorizzato per come deve.
Da oggi, anche per combattere terapeuticamente il malessere, condividerò con voi quanto ho raccolto sulla storia delle tonnare della nostra provincia e sul mondo dei nostri pescatori.
Non riuscirò a salvare il VEGA II? Allora vorrà dire che salverò, donandeveli, ogni "memoria" che le sue fibre di legno contenevano!
A. Montesanti
giovedì 9 ottobre 2008
UN CONSIGLIO? SUL PETCOKE... PENSIAMOCI DOMANI!
Peccato! Avevo fatto i salti mortali per essere a Vibo alle 18,10: completato in fretta dei lavori da consegnare, controllati i compiti di matematica, presa la macchina, fatta benzina, accompagnato figli in palestra e via! 12 Kilometri di curve, ricerca di parcheggio... percorso a piedi fino al Piazza Martiri d'Ungheria, salito le scale... ma mentre le salivo qualche consigliere comunale le scendeva. Brutto segno. 18,20 aula ormai deserta. Qualche assessore gironzola per le poltrone vuote. Ad uno racconto della "messa in sicurezza", non delle aree alluvionate ma della Tonnara, e della sua finestra rotta finalmente chiusa: mi sorride in viso vispetto con un "grazie" ed una stretta di mano che non mi convince. Non chiedo spiegazioni perchè dovrei ricordargli chi dei due è l'amministratore, ma francamente... preferisco scordarlo. L'altro parla delle ZFU. Ci credeva veramente ed ancora spera in una soluzione favorevole; se anche non andasse in porto la scelta del CIPE, la Regione sarà costretta a rimediare all'immeritata esclusione. Come si fa ad inserire nelle ZFU un'area ATERP (quartiere prevalentemente di case popolari)? Eh! Certo che così c'ho il disagio socio-economico ma che attività imprenditoriali da agevolare ci pianto? Bar e pizzerie?Allora tanto valeva farlo su Piscopio, così vincevamo di sicuro, ma per fare cosa? Un'altra panetteria! Non fa una grinza! Poi ricordo il motivo del mio essere lì e chiedo ad altri: "II Consiglio?.. il PETCOKE?"... Domani! In seconda convocazione! Alcune voci ribadiscono che l'argomento è serio, e che bisogna avere la certezza dei numeri perchè sull'argomento nel suo complesso si sarebbero rilevate parecchie irregolarità.
Rientro deluso! Irregolarità? Beh! Non è certo regolare fare tanta strada e fatica per assistere ad un Consiglio Comunale che non si celebra perchè in prima convocazione non conveniva. Potevano almeno avvisare i cittadini della marina che era inutile salire... in prima! Mah! Praticamente perso un pomeriggio: ad averlo saputo prima! Decido di scrivere velocemente queste due righe, giusto perchè avevo promesso ad alcuni di farlo, ma diventa difficile trovare la foto adatta. Assurdo, ma sul web non trovo una foto del consiglio comunale di Vibo riunito in assise. Assurdo! Perdo altro tempo ma dopo un pò rinuncio: mi accontenterò dell'unica trovata, con i boyscout in posa nella sala consiliare! La scelgo, sì! Forse è ancora più simbolica per una seduta sul PETCOKE andata deserta!
mercoledì 24 settembre 2008
L'ADDIO... AD UN PEZZO DELLA NOSTRA STORIA E L'ARRIVEDERCI A DOMANI DEL PET-COKE!
Ore 18,00: la motonave WORLD TRADER PRIMO non ha finito il suo lavoro: in realtà sembra si sia posta in rada, per dar precedenza all'imbarco di un'altra nave. Dopo la sosta al largo riaccosterà domattina al Molo Nero.
PRESENTE:
La distruzione dell'ex-Gaslini giunge all'epilogo, così sotto i colpi delle ruspe spariscono quei maestosi forni, testimonianza delle abilità legate alla nostra storia industriale... Altrove li avrebbero preservati, "nobilitando e radicando" le nuove strutture al territorio, da noi spariscono definitivamente! Si decide sempre sulla nostra testa, sul "nostro" territorio!
PASSATO:
E' come se avessero nuovamente distrutto la vecchia chiesa di S. Venera o la Tonnara di via Emilia.
Sopravvissute a decine di alluvioni, soccombono per l'ignoranza amministrativa monteleonese ed il servilismo dei "marinati". Ogni altra parola è una ferita.
PRESENTE:
La distruzione dell'ex-Gaslini giunge all'epilogo, così sotto i colpi delle ruspe spariscono quei maestosi forni, testimonianza delle abilità legate alla nostra storia industriale... Altrove li avrebbero preservati, "nobilitando e radicando" le nuove strutture al territorio, da noi spariscono definitivamente! Si decide sempre sulla nostra testa, sul "nostro" territorio!
PASSATO:
E' come se avessero nuovamente distrutto la vecchia chiesa di S. Venera o la Tonnara di via Emilia.
Sopravvissute a decine di alluvioni, soccombono per l'ignoranza amministrativa monteleonese ed il servilismo dei "marinati". Ogni altra parola è una ferita.
lunedì 22 settembre 2008
MISSION "CLOSE THE WINDOW"!
Nell'ottobre 2007 qualcuno, rompendo una finestra lato strada, entrò nella Tonnara di Bivona portandosi via qualche oggetto legato ai tonnaroti. Qualcosa lasciarono... così come lasciarono il vetro e la finestra rotte!
Denuncia, articoli sui giornali, etc... ed in più pregammo l'amministrazione comunale di riparare quella piccola finestra: altri sarebbero potuti entrare; la pioggia depreziava l'opera, molte altre cose al suo interno potevano essere prese di mira da altri vandali, tra l'altro, considerando che c'era ancora una ditta che eseguiva lavori di "restauro" nel resto della struttura, suggerimmo di inserire delle sbarre, al pari delle altre lato strada.
Nulla, non ci fu nulla da fare! Passò l'inverno, arrivò l'autunno... poi l'estate. Nulla! Eppure telefonammo direttamente al Sindaco, alcune volte a qualche assessore... altre al dirigente!
Nulla! "Ora mandiamo un operaio". Forse una volta un operaio andò, perchè un giorno scoprimmo l'imposta chiusa. Il giorno dopo però l'imposta mancò del tutto!
Ieri è ufficialmente iniziata stagione autunnale 2008... ed il pensiero che le prossime stagioni sarebbero "passate" allo stesso modo dell'anno scorso è stato lacerante. Basta telefonate genuflesse o indignate!
Finestra chiusa. Missione compiuta.
Non sappiamo quanto sopravviverà chiusa quella finestra... certo è che ci si sente molto meglio: lo abbiamo fatto noi! Nonostante quasi 20 anni di restauri, quasi 3 milioni di euro spesi, e nessun amministratore in grado di fare una determina di 3 euro per chiodi e tavole... passi che nessuno vuole realizzarci presto un museo ma evitare un'altro inverno con l'acqua dentro è il minimo da fare. Basta con le stanze allagate, piene di rifiuti e cacche, vetri e muffe varie. Ma voi, se la vedrete nuovamente aperta... che farete?
sabato 23 febbraio 2008
"L’ANIMALIU D'U MARICEJIU"
L'avevamo promesso ed ora eccoci quì ad accontentare non solo gli amanti della poesia dialettale ma anche quelli, per lo più giornalisti, del moderno termine "marinate".
Come già detto "marinate" è il toponimo che sostituì quello del "maricello", termine che indicava un laghetto creatosi, dinanzi al Castello di Bivona con il progressivo arretramento della linea di costa ed il formarsi di una duna di sabbiosa.
Le prime iniziative di bonifica de Il Maricello si debbono a Gioacchino Murat, le ultime nei primi anni del '900: nacquero così le marinate.
In questo lasso di tempo il Maricello, o meglio 'U Maricejiu", fu fonte di ispirazione di quello che fu forse il più importante poeta dell'800 vibonese, Vincenzo Ammirà (1821-1890). Vi facciamo dono dei suoi versi, che hanno il merito di descrivere con ironia un "mondo costiero" a molti sconosciuto e la fama di luogo inospitale, tanto da animare l'esistenza di un mostro. Nell'immagine si vede chiaramente il sistema dunale che diede vita al Maricello, proprio sopra il nome di Porto Salvo.
Mammama, chi ribeju! Chi fracassu!
Cu’ di ccà grida, cui di ja schiamazza;
Votati duvi voi ca vidi chiassu
Gugghi la genti comu muschi ‘nchiazza;
Nu gridu paru, dàssami mu passu,
Nu ‘mbutta ‘mbutta, ‘mpatica, scavazza;
Cu’ si sgargia gridandu e cui trapila,
Cu’ voli pemmu ammazza cui mu ‘mpila.
Unu dicija chi fu, n’autru chì abbinni,
N’autru si menti li mani a li ganghi,
Ccà torci grossi, ja temperapinni
Hacci, runciagghia, faccettuni e vanghi;
A mari a mari, e nuju ccà si tinni,
Armamundi di runghi e di falanghi;
E chi vidisti sciabuli e pistuni
Cacciari quant’avi Muntalaguni.
Cu’ jìa di ccani, cui di ja tornava,
Cui pigghiava la via di la Marina,
Cui li zinnari a trippa si sciuppava,
Cui ciangendu dicia: Guarda arrujina!,
Cui la giberna avanti si votava,
Mu vidi si d’oggetti l’avia china,
E petri jettaluci e furminanti
Cu’ cercava ammucciuni e cui davanti.
‘Ntra chiju menzu, comu nu sturdutu,
Guardava lu terribili ribeju,
Com’aceju di l’acqua combattutu,
Criditimi c’ancora no mi reju;
Mi cridia ca di Turchi eranu venutu
A la Marina ‘ncuni caraveju;
E ad unu vecchiareju addimandai
La causa mu mi dici di lu guai.
Un’animaliu bruttu mi rispusi
‘nc’è di lu Mariceju ‘ntra li canni,
havi lu gargi russi ed arraggiusi,
cchiù di bonu verru havi li zanni;
li pedi finca a l’unghi havi pilusi,
havi la cuda longa setti canni,
havi la testa quantu nu ruvaci,
e l’occhi sbijicati di conaci.
N’autru vinni di costa e subbramisi:
Non è serpenti, no, esti acejazzu;
N’autru si vota e dici: nu ferisi
Vitti na cosa quantu nu palazzu,
Cu la testa auta e cu li corna tisi,
Ma corna mai veduti a mazzu a mazzu;
N’autru dici: Spaventu! È cuccutrigghiu;
N’autru vacca marina e n’autru nigghiu.
Poi cu na vuci assai piatusa e mesta,
Dissi lu vecchiu: Guarda, e mi mustrau,
Ogni angulu, ogni porta, ogni finistra,
Tuttu vi comu ciangi; mo mi restau
Mu viju a novantanni st’autra festa!
E, la testa vasciandu, sospirau;
E ‘nfatti ad ogni locu era lamentu
Comu a mari ‘ntempesta fa lu ventu.
Nuju cchiù cusi, nuju chiovu azzippa,
Mèrijanu majistra e lavandara,
Nuju a Bigona ‘nc’è chi chianta o scippa,
E’ la terra di li frutti a tri solara;
Crapi e pecuri s’inchinu la trippa,
Pecchi non vaci cchiù la cilonara;
E avanti ogni pagghjiaru, ogni caseja
Crisciu l’erba di ventu e l’ardicheja.
Non jiano li trabaculi a piscari,
Amureju e no rizza si vidia,
L’affritti sbenturati marinari
Eranu pizzicuni, arrassu sia!
Tremavanu di stari a menzu mari,
Tremavanu di jiri ‘ncumpagnia;
E l’animaliu ognunu jestimava
Pe la fami canina ch’assaggiava.
Cascettuni già jia pe lu pajisi
Cu la trumbetta, e allungu li campani
Dicianu, iati ja, Muntalonisi,
Jocati comu è solitu li mani,
Comu quandu a l’Abbati, chi ndi ‘mpisi
Quantu vozzi e vrusciau l’aggenti sani,
Facistivu mu piscia e pemmu roci
Prestu pe duvi vinni coci coci.
Cu poti filu filu pemmu cunta
Li cosi chi non sugnu registrati?
Di ccà, di jà, di ‘nzonduvè ndi spunta
Chi parinu diavuli arraggiati:
Ognunu esti nu crapiu chi junta
E dici a l’autri: Calati, Calati;
Cui sbafantija, cui ndi voli centu,
E a cui l’anchi ‘nci ‘ncrina lu spaventu.
Avanti avanti e propija a lu locu
Di l’Arangu chiamatu, ch’aspettava
Nc’era autr’aggenti, ma non era pocu,
Chi pregava, ciangia, chi jestimava:
Poi tutti si jungiru e parìa focu,
Chi jettanu calandu, a lava a lava,
E arrivaru a lu lagu a na volata
E jeu, gridandu, cu la mazza armata,
Jiani trovammu nu gran parapigghia
D’aggenti d’ogni cetu ed ogn’arrazza!
Cu voli mu scummenti, oh maravigghia!
Sulo chiju animaliu mu ammazza;
Cui cu lu chiaccu vivu mu lu pigghia,
Cui mu lu stendi mortu cu na mazza;
E gridavanu tutti comu cani,
Chi n’autru morzu venenu a li mani.
Ogni lanza stratantu no rejia
Portandu aggenti senza riposari,
E cui mezzi mu ‘mbarca non avia,
S’adattava a la megghiu a camminari;
Tuttu lu Pizzu ja si ricogghia,
Cu’ rina rina, e cui venia pe mari
Varchi ‘ntra l’undi, guzzareji ‘nterra,
Paria ‘nzumma Vigona ca fa guerra.
Quand’Unu, chi paria nu pampijuni,
Si misi pemmu parra di stu modu:
Cu’ di ccà grida, cui di ja schiamazza;
Votati duvi voi ca vidi chiassu
Gugghi la genti comu muschi ‘nchiazza;
Nu gridu paru, dàssami mu passu,
Nu ‘mbutta ‘mbutta, ‘mpatica, scavazza;
Cu’ si sgargia gridandu e cui trapila,
Cu’ voli pemmu ammazza cui mu ‘mpila.
Unu dicija chi fu, n’autru chì abbinni,
N’autru si menti li mani a li ganghi,
Ccà torci grossi, ja temperapinni
Hacci, runciagghia, faccettuni e vanghi;
A mari a mari, e nuju ccà si tinni,
Armamundi di runghi e di falanghi;
E chi vidisti sciabuli e pistuni
Cacciari quant’avi Muntalaguni.
Cu’ jìa di ccani, cui di ja tornava,
Cui pigghiava la via di la Marina,
Cui li zinnari a trippa si sciuppava,
Cui ciangendu dicia: Guarda arrujina!,
Cui la giberna avanti si votava,
Mu vidi si d’oggetti l’avia china,
E petri jettaluci e furminanti
Cu’ cercava ammucciuni e cui davanti.
‘Ntra chiju menzu, comu nu sturdutu,
Guardava lu terribili ribeju,
Com’aceju di l’acqua combattutu,
Criditimi c’ancora no mi reju;
Mi cridia ca di Turchi eranu venutu
A la Marina ‘ncuni caraveju;
E ad unu vecchiareju addimandai
La causa mu mi dici di lu guai.
Un’animaliu bruttu mi rispusi
‘nc’è di lu Mariceju ‘ntra li canni,
havi lu gargi russi ed arraggiusi,
cchiù di bonu verru havi li zanni;
li pedi finca a l’unghi havi pilusi,
havi la cuda longa setti canni,
havi la testa quantu nu ruvaci,
e l’occhi sbijicati di conaci.
N’autru vinni di costa e subbramisi:
Non è serpenti, no, esti acejazzu;
N’autru si vota e dici: nu ferisi
Vitti na cosa quantu nu palazzu,
Cu la testa auta e cu li corna tisi,
Ma corna mai veduti a mazzu a mazzu;
N’autru dici: Spaventu! È cuccutrigghiu;
N’autru vacca marina e n’autru nigghiu.
Poi cu na vuci assai piatusa e mesta,
Dissi lu vecchiu: Guarda, e mi mustrau,
Ogni angulu, ogni porta, ogni finistra,
Tuttu vi comu ciangi; mo mi restau
Mu viju a novantanni st’autra festa!
E, la testa vasciandu, sospirau;
E ‘nfatti ad ogni locu era lamentu
Comu a mari ‘ntempesta fa lu ventu.
Nuju cchiù cusi, nuju chiovu azzippa,
Mèrijanu majistra e lavandara,
Nuju a Bigona ‘nc’è chi chianta o scippa,
E’ la terra di li frutti a tri solara;
Crapi e pecuri s’inchinu la trippa,
Pecchi non vaci cchiù la cilonara;
E avanti ogni pagghjiaru, ogni caseja
Crisciu l’erba di ventu e l’ardicheja.
Non jiano li trabaculi a piscari,
Amureju e no rizza si vidia,
L’affritti sbenturati marinari
Eranu pizzicuni, arrassu sia!
Tremavanu di stari a menzu mari,
Tremavanu di jiri ‘ncumpagnia;
E l’animaliu ognunu jestimava
Pe la fami canina ch’assaggiava.
Cascettuni già jia pe lu pajisi
Cu la trumbetta, e allungu li campani
Dicianu, iati ja, Muntalonisi,
Jocati comu è solitu li mani,
Comu quandu a l’Abbati, chi ndi ‘mpisi
Quantu vozzi e vrusciau l’aggenti sani,
Facistivu mu piscia e pemmu roci
Prestu pe duvi vinni coci coci.
Cu poti filu filu pemmu cunta
Li cosi chi non sugnu registrati?
Di ccà, di jà, di ‘nzonduvè ndi spunta
Chi parinu diavuli arraggiati:
Ognunu esti nu crapiu chi junta
E dici a l’autri: Calati, Calati;
Cui sbafantija, cui ndi voli centu,
E a cui l’anchi ‘nci ‘ncrina lu spaventu.
Avanti avanti e propija a lu locu
Di l’Arangu chiamatu, ch’aspettava
Nc’era autr’aggenti, ma non era pocu,
Chi pregava, ciangia, chi jestimava:
Poi tutti si jungiru e parìa focu,
Chi jettanu calandu, a lava a lava,
E arrivaru a lu lagu a na volata
E jeu, gridandu, cu la mazza armata,
Jiani trovammu nu gran parapigghia
D’aggenti d’ogni cetu ed ogn’arrazza!
Cu voli mu scummenti, oh maravigghia!
Sulo chiju animaliu mu ammazza;
Cui cu lu chiaccu vivu mu lu pigghia,
Cui mu lu stendi mortu cu na mazza;
E gridavanu tutti comu cani,
Chi n’autru morzu venenu a li mani.
Ogni lanza stratantu no rejia
Portandu aggenti senza riposari,
E cui mezzi mu ‘mbarca non avia,
S’adattava a la megghiu a camminari;
Tuttu lu Pizzu ja si ricogghia,
Cu’ rina rina, e cui venia pe mari
Varchi ‘ntra l’undi, guzzareji ‘nterra,
Paria ‘nzumma Vigona ca fa guerra.
Quand’Unu, chi paria nu pampijuni,
Si misi pemmu parra di stu modu:
Chiuditi chissi vucchi di cistuni,
Attentu ognunu a mia mu staci e sodu,
Dassati fari a mia chi su mastruni,
Jeu vogghiu sta faccenda pemmu assodu.
Ccà ‘nu tò tò si ‘ntisi, poi quetaru
E ad iju tutti quanti si votaru.
Di ccà veniti vui cu li scupetti,
Vui cu li runchi a chija vanda jati,
Vui cu vanghi, cu sciabuli e faccetti
Attempu rina rina caminati;
Vui cu li cordi jati a setti a setti
E a li quattru puntuni vi posati,
Minati, ttà, sparati appena spunta,
E ligatilu forti nommu junta.
Stavanu tutti quanti cu li lanzi,
Cui volia pemmu ammazza e pemmu sgrupa,
Cui dicia vogghiu armari li vilanzi,
Cui, ‘nchi, cumpari, fazzu mu s’allupa;
Cui jeu minu allorbuni a scattapanzi,
Mi carricu e lu sbranu comu lupa.
Eccu si senti na gridata lesta
E! e! minati ca cacciau la testa.
Cui di ccà, cui di jà si libbarau,
Comu quandu si dici arrumbuluni;
Nudu nudu, cui tuttu si jettau,
Cui stezzi sulu ‘mpittula e cazuni;
Cui comu si trovava si minau,
Cu na cazetta misa e nu scarpuni
Attentu ognunu a mia mu staci e sodu,
Dassati fari a mia chi su mastruni,
Jeu vogghiu sta faccenda pemmu assodu.
Ccà ‘nu tò tò si ‘ntisi, poi quetaru
E ad iju tutti quanti si votaru.
Di ccà veniti vui cu li scupetti,
Vui cu li runchi a chija vanda jati,
Vui cu vanghi, cu sciabuli e faccetti
Attempu rina rina caminati;
Vui cu li cordi jati a setti a setti
E a li quattru puntuni vi posati,
Minati, ttà, sparati appena spunta,
E ligatilu forti nommu junta.
Stavanu tutti quanti cu li lanzi,
Cui volia pemmu ammazza e pemmu sgrupa,
Cui dicia vogghiu armari li vilanzi,
Cui, ‘nchi, cumpari, fazzu mu s’allupa;
Cui jeu minu allorbuni a scattapanzi,
Mi carricu e lu sbranu comu lupa.
Eccu si senti na gridata lesta
E! e! minati ca cacciau la testa.
Cui di ccà, cui di jà si libbarau,
Comu quandu si dici arrumbuluni;
Nudu nudu, cui tuttu si jettau,
Cui stezzi sulu ‘mpittula e cazuni;
Cui comu si trovava si minau,
Cu na cazetta misa e nu scarpuni
‘Ntra chiji harci currijandu a sguazzu
Ed acchiapparu la testa di lu… cazzu.
Ed acchiapparu la testa di lu… cazzu.
Vincenzo Ammirà
Poesie Dialettali
Edizioni G. Froggio, 15 febbraio 1929
Prem. Off. Tipografica G. Froggio, Vibo Valentia.
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